Intervista agli anarchici greci dell’AK sulla situazione nel loro Paese.

Intervista di Sean Matthews del movimento irlandese Workers Solidarity Movement ad anarchici greci del Movimento Anti-autoritario (AK), pubblicata in italiano sul sito Anarkismo lo scorso 22 Gennaio.

 

” Intervista ad anarchici greci sulla situazione in Grecia

 

Lo scorso weekend in una delle più ampie dimostrazioni di forza dell’ultimo decennio, migliaia di anarchici hanno manifestato contro lo sgombero violento degli squats di Villa Amalias, di Skaramagka e di Patision Streets ad Atene ed anche contro il clima molto pesante di repressione che la polizia e lo Stato hanno sviluppato nel paese degli ultimi mesi. Qui sotto l’intervista con uno dei più numerosi gruppi anarchici greci – il Movimento Anti-Autoritario (AK) sull’attuale fase politica e sociale in Grecia, sulla minaccia rappresentata dall’estrema destra e naturalmente sull’intervento del movimento anarchico.

Potete darci qualche elemento di contesto sulla crisi in corso, sul programma di austerità in Grecia e sui suoi effetti sulla classe lavoratrice?

La crisi attuale ha colpito la società greca in profondità. La disoccupazione e la povertà sono aumentate enormemente. Ci sono famiglie senza cibo o senza elettricità. Ogni giorno che passa ci sono persone che perdono il loro lavoro. Un sacco di persone se ne vanno all’estero per cercare lavoro. E noi pensiamo che questo sia solo l’inizio. Siamo di fronte davvero ad un altro esperimento della “dottrina dello shock”.

L’anarchismo ha forti radici in molte zone del mondo. Quando si è sviluppato in Grecia e quali sono adesso i suoi punti di forza e di debolezza?

Gli anarchici sono presenti in Grecia dal 1900. Tuttavia, la grande crescita del movimento anarchico greco si è avuta negli anni ’80. Ci sono tanti punti di forza e di debolezza. Possiamo menzionare la partecipazione e la solidarietà alle lotte sociali dei lavoratori, degli immigrati o dei detenuti, la forza dei giovani, la lotta contro la repressione e contro il capitalismo. Bisogna fare una menzione speciale della lotta e degli scontri contro i tagli e le misure di austerità del FMI.

Che cos’è il Movimento Anti-Autoritario (AK), a quale tipo di attività e di lotte partecipa in termini di campagne sindacali e sul territorio?

AK è una rete di assemblee in alcune città del paese. Partecipiamo ad una varietà di lotte. Al momento la nostra campagna principale è quella a supporto dei lavoratori della fabbrica “VioMe”, che sono in procinto di prendersi la fabbrica per lavorarci in modo auto-organizzato, poi c’è la lotta in solidarietà con gli abitanti di Halkidiki, Kilkis e Tracia, contro le miniere d’oro che verranno aperte in queste regioni (un investimento veloce e diretto che sarebbe una catastrofe per loro) ed in genere il sostegno alle lotte locali contro la scelte catastrofiche e sfruttatrici dello Stato e del capitale. In Tessalonica facciamo parte anche di 2 centri sociali (“Micropolis” e “Scholeio”), in cui al momento stiamo cercando di creare nuove forme auto-organizzate e strutture di solidarietà economica e sociale per rispondere alla crisi e per lavorare verso la proposta di un diverso stile di vita, in una società diversa. Come vedi, la situazione oggi è critica in Grecia e ci sono fondamentalmente 2 strade da scegliere: l’abbruttimento di massa o la creatività. In questo processo noi collaboriamo con un sacco di persone e di gruppi in Tessalonica ed in tutta la Grecia, che lavorano a progetti simili ai nostri. Infine, ma non ultimo, il nostro impegno nella lotta antifascista che costituisce un fattore cruciale dato che il partito neo-nazista in Grecia continua a crescere….

Quanti anarchici sono detenuti nelle carceri greche?

Ce ne sono più di 20. Per lo più sono accusati di lotta armata.

Molta stampa estera come il giornale “The Guardian” ha posto l’enfasi sulla preoccupante crescita del partito di estrema destra Alba Dorata, facendo confronti con la Repubblica di Weimar dei primi anni ’30.

Chi sono questi e cosa fanno gli anarchici e gli anti-fascisti per combattere la loro influenza?

C’è una crescita dei neo-nazisti e non solo del partito di estrema destra Alba Dorata. Non solamente la crisi, ma anche lo Stato hanno procurato questa crescita. Alba Dorata è sempre stato uno strumento nelle mani dello Stato, laddove la polizia non poteva intervenire. Lo Stato ha agito in modo più nazista degli stessi nazisti. La creazione di centri di detenzione per rifugiati, le percosse contro i manifestanti, contro i rifugiati, le recenti torture di anti-fascisti nei commissariati di polizia, la ben nota fratellanza tra la polizia ed Alba Dorata (il 50% della polizia ha votato per loro)… Tutto ciò sta portando ad una crescita dei nazisti.

Con lo sviluppo di Alba Dorata, c’è stato anche uno sviluppo del movimento anti-fascista. A parte l’informare la società sul ruolo di Alba Dorata e sui suoi rapporti con la polizia, c’è anche una lotta per tenerli lontano dalle strade e per minimizzare la loro presenza nella società. Finora, sembra che siamo in grado di farlo, nonostante l’appoggio che loro ricevono dallo Stato.

Qual è la vostra visione sulla crescita del partito di estrema sinistra Syriza? E’ stato votato dal molti anarchici nelle ultime elezioni?

Prima di tutto, Syriza non è per niente un partito radicale. Ricordiamo il benvenuto datogli dopo le ultime elezioni. “Diamo a Syriza il benvenuto nell’inferno autoritario”. Syriza ha ottenuto questo risultato grazie al movimento di Piazza Syntagma, ma non è il movimento. E’ un partito di sinistra che lotta per il governo. Non sappiamo quanti anarchici abbiano votato per Syriza. Possiamo dire che la nostra assemblea – in Tessalonica – non ha votato affatto.

Nonostante più di una dozzina di scioperi generali, l’attuale governo di Nuova Democrazia continua ad imporre feroci misure di austerità su ordine del FMI e della UE. Quale pensate sarà il prossimo passo e quale ruolo dovrebbero svolgere gli anarchici in queste lotte?

Non è facile prevedere la prossima mossa. Una cosa abbiamo capito, dopo aver lottato per 3 anni contro un regime deliberatamente repressivo, e cioè che i modi “tradizionali” di lottare contro le loro politiche non sono efficaci in questa situazione. Per cui oggi, stiamo cercando di creare nuovi legami con diverse parti della società che possano aiutarci a resistere ed a costruire qualcosa di nuovo. Cerchiamo di dimostrare alla società che c’è un’alternativa senza lo Stato e senza il capitalismo. E’ una strada dura ed in salita, lo sappiamo, ma non lotteremmo per questo se non pensassimo che può essere possibile. Noi non parliamo a nome di tutti gli anarchici, ma solo delle nostre scelte e della nostra strategia come AK.

Quale ruolo possono avere gli anarchici degli altri paesi per aiutare il movimento greco?

La solidarietà è la cosa più importante in questo momento. La solidarietà aiuta le persone a lottare e dà coraggio. E’ vitale anche fare pressione sulle autorità. Dà speranza vedere che ci sono compagni e persone fuori della Grecia che ci sono vicini e che seguono ciò che accade qui. Così non ci sentiamo soli in questo attacco da parte dello Stato e del capitale. Inoltre noi siamo sempre disponibili ad incontri ed a collaborazioni con gruppi e collettivi europei ed in particolare dei paesi PIIGS per condividere riflessioni, esperienze e forme di lotta. Non dovremmo essere soli in questo momento. Voi non dovreste essere soli. Dobbiamo stare insieme. Per queste ragioni lo scorso anno abbiamo partecipato alla rete anticapitalista europea M31 (http://march31.net/).
Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali.

Altri links:

Occupied London – aggiornamenti ed analisi dalle strade della Grecia (in lingua inglese)
Greece’s uncertain future – un breve documentario “

Sulla rivolta sociale in corso in Slovenia.

Fonte: Anarkismo, pubblicato il 18/12/2012.

 

” Rivolta di massa in Slovenia

La scintilla ha acceso la rivolta contro l’elite politico-economica e contro l’intero sistema capitalistico

La Slovenia è scossa dalla prima rivolta di massa degli ultimi 20 anni e dalla prima rivolta in assoluto contro il sistema politico, contro le politiche di austerity, tanto che in alcune città sta assumendo un carattere anti-capitalista.

In meno di tre settimane ci sono state 35 manifestazioni in 18 città, dove più di 70.000 persone sono scese in piazza insieme. Le manifestazioni si sono spesso trasformate in scontri con la polizia che cerca di reprimerle violentemente. 284 persone sono state arrestate, alcune sono state rilasciate, altre no. Molti sono i feriti.

Tutto è iniziato a metà di novembre con le persone che protestavano contro il corrotto sindaco della seconda città della Slovenia, Maribor (già dimessosi). Lo slogan che scandivano era Gotof je (sei finito) che è stato poi utilizzato contro quasi tutti i politici sloveni. In pochi giorni le proteste si sono diffuse in tutto il paese. Stanno diventando sempre più il canale tramite cui le persone esprimono la rabbia verso le condizioni generali in cui versa la società: niente lavoro, nessuna sicurezza, nessun diritto, nessun futuro.

Le manifestazioni sono decentrate, antiautoritarie e non gerarchiche. Ci sono persone che non hanno mai preso parte ad una manifestazione prima d’ora. Ci sono manifestazioni in villaggi e città in cui non si era mai vista una sola protesta fino ad oggi. Le persone stanno creando nuove alleanze, diventano compagni di lotta e sono determinate ad andare avanti fino a che serve. Non sappiamo per quanto riusciranno a restare nelle strade. Ma una cosa è sicura. Le persone stanno sperimentando il processo di emancipazione e stanno acquistando quella voce che gli era stata sempre strappata con la violenza nel passsato. E questo è qualcosa che nessuno gli può più togliere. Qui sotto il comunicato dei gruppi della Federation for Anarchist Organizing (FAO).


 

Nessuna discriminazione, sono tutti finiti!

Negli ultimi giorni la storia ci è caduta addosso con tutta la sua forza. La rivolta a Maribor ha dato inizio a ciò che solo pochissimi immaginavano fosse possibile: il popolo auto-organizzato che mette lo sceriffo locale all’angolo, quindi lo costringe a fuggire in disgrazia. Questa è stata la scintilla che ha acceso una rivolta ancora più grande contro l’elite politico-economica e contro l’intero sistema capitalistico. Noi non abbiamo la sfera di cristallo per sapere cosa succederà, ma ciò di cui siamo certi è che non possiamo aspettarci nulla da romanticherie e atteggiamenti naif, ma possiamo attenderci molto dall’organizzazione e dal coraggio.

Dal basso verso l’alto e dalla periferia verso il centro

Mentre le proteste si diffondevano in tutto il paese, si trasformavano in crescente rivolta contro l’elite al potere e contro l’ordine esistente. Persone di ogni regione stanno usando creativamente i loro dialetti per esprimere lo stesso messaggio ai politici: voi siete tutti finiti. Il carattere decentralizzato della rivolta è uno degli aspetti chiave degli eventi succedutisi. Un altro aspetto è il fatto che l’intero processo fin qui sviluppatosi è del tutto dal basso; non ci sono dirigenti dal momento che le persone non sono rappresentate da nessuno. Al fine di difendere questa solidarietà tra le persone ed al fine di impedire che la rivolta venga recuperata dalla classe politica, è esattamente il decentramento che dobbiamo difendere, promuovere e rafforzare!

Polizia ovunque, giustizia da nessuna parte

Che la polizia si mostri brutale verso le proteste è cosa che non dovrebbe sorprendere. Ciò che sorprende sono le illusioni di guadagnarsi l’appoggio della polizia. E’ vero che la polizia non è l’obiettivo primario di questa rivolta e che lo scontro tra la polizia ed manifestanti non ne costituisce l’unico e definitivo orizzonte. Il bersaglio del popolo in questo conflitto è la classe politica e capitalista ed il sistema nella sua globalità. Tuttavia è anche assolutamente vero che la polizia non è nostro alleato ed in ragione del ruolo che essa svolge all’interno del sistema non potrà mai ed in nessun modo essere alleata di questa rivolta. Non ce lo dimentichiamo: la polizia fa parte dell’apparato repressivo dello Stato. La sua funzione strutturale è quella di difendere l’ordine esistente e gli interessi della classe dominante. Non ha importanza quanto possano essere sfruttati gli individui in uniforme! Finché eseguono gli ordini dei loro superiori essi restano poliziotti e poliziotte. Solo quando si sottraggono a questi ordini, potranno diventare parte della rivolta.

Nutrire qualsiasi illusione sul fatto che la polizia possa stare dalla nostra parte è dunque essere naif fino all’estremo. L’intervento della polizia su queste manifestazioni degli ultimi giorni è stato davvero così non problematico come qualcuno lo dipinge e davvero a favore del popolo in strada? Abbiamo già dimenticato la brutale repressione delle proteste a Maribor e le minacce di Gorenak (ministro degli interni) di dare la caccia a tutti gli organizzatori delle proteste “illegali”?

Non siamo sorpresi nemmeno dal moralismo che si fa sui “rivoltosi” e sulla “violenza”, che si è sviluppato sui social network. il Governo ed i media ci hanno lanciato l’osso e qualcuno c’è subito cascato. Ma cosa sono alcune decine di vetrine rotte, una porta del municipio abbattuta ed i sanpietrini divelti da una strada in confronto alla violenza strutturale dello Stato? Una gioventù senza futuro, la disoccupazione, la precarietà, la riduzione della scolarità, la riduzione dei pasti nelle scuole pubbliche, il decremento di assistenza negli asili, i tagli alla sanità, i tagli ai fondi per la formazione e la ricerca, l’allungamento forzato dell’età pensionabile, il taglio di salari e pensioni, la riduzione delle ferie, il taglio all’edilizia popolare, gioventù forzata a vivere in appartamenti in affitto o con i genitori fino ad età adulta, negazione di ogni diritto agli omosessuali, ai migranti, alle donne ed alle persone la cui origine sociale non rientra tra le religioni e le etnie maggioritarie e molto altro ancora. Per non parlare della corruzione, del nepotismo, del clientelismo e della criminalità della classe dominante. Ci costringono a lavorare di più, ma i frutti del nostro lavoro finiscono sempre nelle mani della classe capitalista. Questo sfruttamento è ciò che costituisce il cuore di questo sistema. Diteci ora, chi commette violenza contro chi? Come osare condannare persone a cui è stato rubato ogni futuro? La gioventù è arrabbiata e non ha niente da perdere. Basta col condannarli; dobbiamo insieme rimettere a fuoco i problemi reali.

Ancora più pericolosi sono i vari appelli per l’auto-repressione e per la cooperazione con la polizia. Non dobbiamo già fare i conti con inaccettabili livelli di sorveglianza, con l’uso delle telecamere e con la repressione? Ci vengono a proporre costoro di aiutare la polizia nella caccia ai “rivoltosi”, consegnarli alla polizia e quindi escludere tanti giovani dalla rivolta a cui hanno contribuito in modo significativo? Cooperare con la polizia significa spararci sui piedi e condannare i giovani che esprimono le loro posizioni in modo più diretto significa divenire strumentali al blocco di ulteriori sviluppi del potenziale di questa rivolta.

Oggi infrangere una vetrina è un atto che viene definito violento dalle autorità. Ma deve essere chiaro che lo stesso metro può essere ben presto applicato a tutte le forme di protesta che non saranno approvate o permesse dalle stesse autorità, che non saranno abbastanza passive e perciò non saranno completamente benevoli. Che sia chiaro agli occhi di questo sistema che ci umilia, che ci deruba e ci reprime anno dopo anno, che siamo tutti rivoltosi. Ancora una volta ribadiamo la nostra piena solidarietà a tutti gli arrestati, chiediamo il loro immediato rilascio, chiediamo di mettere fine alla persecuzione giudiziaria e mediatica nei loro confronti e che vengano resi nulli i provvedimenti amministrativi e le sanzioni emesse a carico delle persone che hanno partecipato alle proteste.

Potere al popolo, non ai partiti politici

Dopo l’iniziale esplosione della rivolta, quando la creatività delle masse si è pienamente manifestata, si è aperto anche un nuovo spazio per la riflessione strategica. Se vogliamo che la rivolta si sviluppi in direzione di un movimento sociale con concrete rivendicazioni, scopi e prospettive, dobbiamo trovare modalità per articolare queste stesse rivendicazioni, che sono già espresse nella rivolta, e pervenire alla forma organizzativa che possa rendere possibile questo processo. Altrimenti la rivolta entrerà rapidamente in agonia e le cose resteranno come sempre.

Per quanto riguarda le rivendicazioni dobbiamo precedere passo dopo passo ed iniziare coll’assumere quelle che sono già state espresse dalla rivolta. Sicuramente dobbiamo preservare quelle strutture del welfare come la sanità e l’istruzione. Dobbiamo anche preservare gli esistenti diritti dei lavoratori. Detto questo dobbiamo altrettanto chiaramente dichiarare che non stiamo lottando per la preservazione del vecchio sistema. Se non possiamo permettere che ci vengano tolti i diritti che abbiamo conquistato con le lotte del passato, dobbiamo altresì mantenere una prospettiva strategica di fondo. Finché esisteranno il capitale e lo Stato, resteranno anche i progetti di sfruttamento e di oppressione nel sistema scolastico, nella sanità ed in tutto il sistema del welfare. Ecco perché dobbiamo auto-organizzarci in queste strutture e non solo negoziare per le briciole. I diritti non sono garantiti per sempre, bisogna conquistarseli con la lotta!

Un segmento della corrotta elite politica si accorgerà forse che nei fatti sono tutti finiti ed abbandoneranno lo scenario politico. Ma ben presto verranno sostituiti da nuovi politici che nuovamente, senza ottenere alcuna legittimazione popolare, prenderanno delle decisioni in nostro nome. I loro interessi non sono i nostri, e ce lo dimostrano ogni giorno i numerosi esempi di nepotismo, di corruzione e di riforme anti-crisi che ci stanno spingendo sempre di più ai margini della società ed oltre.

Ecco perché se ne devono andare via tutti, dal primo all’ultimo. Sarebbe molto ingenuo e naif credere che da qualche parte ci sono politici puri e non corrotti, politici che hanno nel loro cuore nient’altro che il nostro interesse, politici che ci porterebbero fuori dalla crisi e che attendono solo che noi li si voti alle prossime elezioni. E’ il sistema politico ed economico con le sue caratteristiche autoritarie e gerarchiche che rende impossibile poter vivere in modo non alienato e secondo i nostri desideri ed i nostri bisogni. Finché ci sarà il capitalismo, finché una minoranza governa sulla maggioranza e ci spinge ai margini della vita sociale ed economica, le nostre non saranno che vite vuote. Se non resistiamo e se non lottiamo per l’alternativa, ci sarà sempre qualcuno che governerà per noi; i patriarchi nelle famiglie, i decani e la burocrazia studentesca nelle università, i padroni sul lavoro ed i politici al governo. La falsa democrazia che ci offrono in forma di elezioni non è l’unica forma possibile di organizzare la nostra vita sociale.

Organizziamoci lì dove viviamo, dove lavoriamo e dove studiamo

Se vogliamo che questa rivolta e le sue rivendicazioni producano un vero potere sociale, dobbiamo auto-organizzarci. Quando parliamo di organizzazione della rivolta, pensiamo necessariamente a forme che sono diverse dalle modalità di organizzazione socio-politica a cui siamo adusi. Dobbiamo organizzarci dal basso, senza gerarchie e dirigenti; ovunque siamo sfruttati ed oppressi: nei nostri quartieri, nei posti di lavoro, nelle istituzioni della formazione. I contadini dovrebbero unirsi in cooperative; le cooperative dovrebbero connettersi con l’ambiente urbano. L’auto-organizzazione dovrebbe essere spontanea e creativa; dovrebbe sviluppare libere relazioni e stabilire strutture che favoriscano la piena emancipazione degli individui. Dovrebbe seguire i principi della democrazia diretta, della mutua solidarietà, dell’anti-autoritarismo e dell’anti-fascismo.

Quale metodo iniziale per organizzarci suggeriamo l’istituzione di assemblee a democrazia diretta che sono state la prassi dei movimenti insorgenti in tutto il mondo negli ultimi due anni. Possiamo organizzarci localmente in piccoli gruppi ed insieme dare forma al futuro riconoscendo i nostri bisogni e quindi i bisogni delle città e dei villaggi. Insieme possiamo avanzare proposte e scoprire le nostre potenzialità, tanto da accorgerci che siamo noi stessi capaci di realizzare più o meno tutto della nostra vita. Questo è come costruiremo un’unità fatta di fratellanza e sorellanza, in cui ci sia abbondanza per tutti, ma nulla per coloro che vorrebbero governarci.

Il passo successivo potrebbe essere il coordinamento mutualistico di questi gruppi e la stabilizzazione di nuove forme di organizzazione di questa rivolta dispersa ed in evoluzione. Suggeriamo che, sulla base dei nostri principi comuni, ci si unisca in un fronte di gruppi, di organizzazioni e di individualità. Questo fronte dovrebbe essere ideologicamente aperto, inclusivo e basato su rivendicazioni comuni. Dovrebbe essere un fronte organizzato orizzontalmente, senza organismi centrali e senza burocrati; e basato sull’autonomia degli individui e su un processo decisionale fondato sulla democrazia diretta.

Invitiamo tutti i gruppi, le organizzazioni e le individualità che si ritrovano con queste proposte ad organizzarsi nelle loro comunità locali in assemblee aperte, che possano più tardi connettersi l’un l’altra. Riprendiamoci le nostre vite tutti insieme!
Dalle strade e dalle piazze, 6 dicembre 2012

Federation for Anarchist Organizing (FAO), Slovenia

Traduzione a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali.

http://a-federacija.org inter@a-federacija.org

 

Cronologia della rivolta

(Città, data, numero di partecipanti, numero di arresti, numero di feriti):Maribor (Marburgo), mercoledì, 21 novembre, 1.500 persone
Maribor, lunedì, 26 novembre, 10.000 persone, 31 arresti (tutti rilasciati il giorno seguente)
Lubiana, martedì, 27 novembre, 1.000 persone
Jesenice, mercoledì, 28 novembre, 200 persone
Kranj (Cragno), giovedì, 29 novembre, 1.000 persone, 2 arresti
Lubiana, venerdì, 30 novembre, 10.000 persone, 33 arresti, 17 feriti
Koper (Capodistria), venerdì, 30 novembre, 300 persone
Nova Gorica (Nuova Gorizia), venerdì 30 novembre, 800 persone
Novo Mesto (Nova Urbe), venerdì 30 novembre, 300 persone
Velenje, venerdì 30 novembre, 500 persone
Ajdovščina (Aidussina), venerdì 30 novembre, 200 persone
Trbovlje, venerdì 30 novembre, 300 persone
Krško, sabato, 1 dicembre, 300 persone
Maribor, lunedì, 3 dicembre, 20.000 persone, 160 arresti, 38 feriti
Lubiana, lunedì, 3 dicembre, 6.000 persone
Celje (Cilli), lunedì, 3 dicembre, 3.000 persone, 15 arresti
Ptuj (Poetovio), lunedì, 3 dicembre, 600 persone
Ravne na Koroškem, lunedì, 3 dicembre, 500 persone
Trbovlje, lunedì, 3 dicembre, 400 persone
Jesenice, martedì, 4 dicembre, 300 persone, 41 arresti
Brežice, martedì, 4 dicembre, 250 persone
Lubiana, mercoledì, 5 dicembre, protesta degli studenti davanti alla Facoltà di Arti, 500 persone
Lubiana, giovedì, 6 dicembre, protesta degli studenti davanti al parlamento, 4.000 persone
Koper, giovedì, 6 dicembre, 1.000 persone, 2 arresti
Kranj, giovedì, 6 dicembre, 500 persone
Izola (Isola d’Istria), giovedì, 6 dicembre, 50 persone
Murska Sobota, venerdì, 7 dicembre, 3.000 persone
Bohinjska Bistrica, venerdì, 7 dicembre, 50 persone
Ajdovščina, venerdì, 7 dicembre, 150 persone
Lubiana, venerdì, 7 dicembre 3.000 persone
Nova Gorica, sabato, 8 dicembre, 300 persone
Brežice, domenica, 9 dicembre 200 persone
Lubiana, lunedì, 10 dicembre, 100 persone
Maribor, lunedì, 10 dicembre, 200 persone (protesta di solidarietà per i fermati)
Ptuj, lunedì, 10 dicembre, 200 persone

ANNUNCIATE:

Lubiana, giovedì, 13 dicembre
Maribor, venerdì, 14 dicembre
SLOVENIA (in ogni città), 21 dicembre

La polizia fa parte dell'apparato repressivo dello Stato. La sua funzione strutturale è quella di difendere l'ordine esistente e gli interessi della classe dominante.

Quale metodo iniziale per tale organizzazione suggeriamo l'istituzione di assemblee a democrazia diretta che sono state la prassi dei movimenti insorgenti in tutto il mondo negli ultimi due anni.

Vedi anche:

-Radio Blackout, “Rivolta sociale in Slovenia”, con intervista a due compagni di Maribor.

Irlanda: oltre 15mila persone manifestano contro i piani di austerità del governo.

Oltre 15000 persone hanno manifestato Sabato scorso a Dublino contro i piani di austeritá del governo, che prevedono la ricaduta dei costi della crisi economica sulle spalle delle classi sociali meno abbienti. La protesta è stata organizzata da Dublin Council of Trade Unions (Consiglio sindacale di Dublino) e Campaign against the Household and Water Taxes (Campagna contro le tasse sul bilancio e sull’acqua) con l’intenzione di fare pressioni sul governo e in opposizione alle politiche di tagli alla spesa sociale e tassazione delle classi subalterne da esso promosse. Come sottolinea un comunicato dell’organizzazione anarchica Workers Solidarity Movement, i cui membri erano presenti alla manifestazione, “una marcia non è certo sufficiente a sconfiggere le politiche di austeritá ed il sistema capitalista che le impone. Dobbiamo portare lo spirito combattivo dell’odierna manifestazione nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle nostre comunita e continuare ad organizzare”.

(Qui una raccolta di foto della manifestazione di Sabato 24 Novembre a Dublino).

#2: 14 Novembre, uno sciopero europeo.

Le foto sopra, riprese dall’alto in diverse cittá spagnole, dovrebbero dare un’idea di cosa sia stato (perlomeno in termini numerici) lo sciopero generale europeo del 14 Novembre appena trascorso. Nella sola Spagna hanno aderito,secondo fonti sindacali, 10 milioni di persone, il che significa trasporti bloccati, voli nazionali ed internazionali cancellati, scuole e uffici vuoti, ospedali funzionanti solo per le emergenze, nessuno in fabbrica, molti negozi chiusi. Stesso discorso per il Portogallo. In Italia lo sciopero era stato proclamato in modo parziale dalla CGIL (solo 4 ore), ma ad animarlo sono stati diversi sindacati di base, con una forte partecipazione studentesca. Buona adesione allo sciopero anche in Grecia ed alle manifestazioni di solidarietá che hanno avuto luogo in Gran Bretagna, Belgio (dove hanno scioperato i ferrovieri) e Francia (130 cortei in tutto il Paese). Numerose le azioni solidali in altri Paesi nei quali non si scioperava tra cui Polonia, Germania, Danimarca, Austria e Olanda, anche se con un numero esiguo di partecipanti.

In Portogallo (nella foto: il blocco anarcosindacalista sfila a Porto), dove ci sono stati cortei in più di 40 cittá, gli scioperanti hanno subíto durante tutto l’arco della giornata aggressioni da parte della polizia, sicuramente innervosita dal gran numero di persone che hanno circondato il parlamento a Lisbona. Per quanto riguarda l’adesione allo sciopero in Spagna è esemplare il caso della città di Vigo, in Galizia, che ha visto scendere per strada 150mila persone a fronte di 300mila abitanti: sicuramente molti di più di quelli che sono andati a votare alle scorse elezioni per il rinnovo del parlamento. In forte crescita la partecipazione nei diversi cortei a blocchi esplicitamente anticapitalisti in contrasto con quelli dei sindacati riformisti, basti pensare al blocco anticapitalista che ha sfilato a Barcellona con più di 30mila partecipanti. Numerose, al di lá dei cortei di massa, le azioni delocalizzate organizzate tra l’altro dalle diverse sezioni del sindacato anarchico spagnolo CNT. Durante il percorso dei cortei, un pò dappertutto sono state prese di mira diverse banche in modo simbolico, con lancio di uova e vernice, inoltre vi sono stati momenti di tensione nei pressi di alcuni negozi tenuti aperti dai proprietari nonostante lo sciopero. In molte occasioni la polizia ha usato la forza contro gli scioperanti, attaccando cortei, picchetti e persone isolate, non solo in Spagna (dove gli sbirri in alcuni casi hanno addirittura sparato pallottole di gomma contro i manifestanti e, specialmente a Madrid, Barcellona e Valencia, hanno ferito decine di persone in modo indiscriminato) e Portogallo, ma anche in Italia, dove sia a Torino che a Roma si sono avute cariche e scontri con i soliti pestaggi da parte di quelli che “fanno solo il loro lavoro” contro altri lavoratori. A Torino occupato simbolicamente il grattacielo del colosso bancario Intesa San Paolo, a Palermo bloccate dagli/lle studenti/esse le rotaie alla stazione centrale, così come a Napoli; in Piemonte azione solidale dei No Tav che in prima mattinata hanno bloccato l’autostrada A32, a Milano oltre alla manifestazione della CGIL (3000 persone) e a quella degli studenti (5000 persone) anche i/le lavoratori/trici dell’ospedale San Raffaele hanno sfilato organizzati nei sindacati di base (tra cui l’USI). A Bologna solo 1000 persone hanno partecipato al breve corteo della CGIL, mentre dieci volte superiore è stata l’affluenza numerica al corteo organizzato dai COBAS Scuola. Altre manifestazioni significative anche a Genova, Firenze e Pisa, dove è stata occupata la famosa torre pendente, simbolo della cittá. Sostanzialmente tranquillo (dove per “tranquillo” si intende senza scontri) lo sciopero di sole 3 ore in Grecia, che ha visto ad Atene diverse migliaia di lavoratori/trici, studenti/esse e disoccupati/e sfilare di fronte al parlamento portando con sè le bandiere di Portogallo, Spagna e Italia in segno di solidarietà internazionale con gli altri Paesi del sud Europa duramente colpiti dalla crisi economica. Una calma quasi inquietante in un Paese sull’orlo della rivolta di massa.

(Nelle foto sopra:[1] lavoratori in sciopero bloccano le rotaie nel nord di Bruxelles e [2] corteo a Bruxelles;[3] Corteo dei Sans Papier a Parigi; [4] manifestazione a Londra; [5] Solidarietà internazionale e [6] corteo ad Atene). Qui invece trovate alcuni video delle manifestazioni in diverse cittá spagnole.

14 Novembre, uno sciopero europeo.

Europe on strike against austerity: live updates

Notizie, aggiornamenti, foto e video dai luoghi dello sciopero, raccolti in un articolo in inglese su Libcom, aggiornato nello spazio dedicato ai commenti.

Comunicato della FdCA sullo sciopero generale europeo del 14 Novembre

Fonte: Anarkismo. Per altre informazioni consiglio di tenersi aggiornati navigando sul sito multilingue interamente dedicato all’iniziativa.

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” 83° Consiglio dei Delegati della FdCA

Reggio Emilia, 28 ottobre 2012

14 novembre, primo sciopero generale europeo

Da costruire, da continuare


Mentre continua l’affondo dell’offensiva del capitale, che usa la crisi e le politiche economiche per restringere spazi, conquiste e diritti acquisiti dai lavoratori e dalle lavoratrici è sempre più evidente quanto la fase renda ancora più difficile forme di aggregazione e di prassi collettiva che emergano dall’antagonismo dei lavoratori.

Questa è una fase difficile e apparentemente senza speranza che ci vede tutti coinvolti nell’ostinarci a aprire spazi politici e di lotta per uscire dal pantano nel quale siamo stati spinti dalla ristrutturazione del capitale, economico e finanziario. Una ristrutturazione che è in atto su più livelli e che continua a guadagnare dalla crisi da un punto di vista economico, ma anche normativo e sociale. Il capitalismo ha di fatto incassato la deregolamentazione del lavoro, con cui contribuire a mettere all’angolo ogni forma di sindacalismo conflittuale e rivendicativo, continua a ridurre servizi pubblici come scuola e sanità e a modularli con enti bilaterali in differenziati livelli di accesso in base al reddito di ciascuno, cerca di distruggere ogni solidarietà sociale con la scientifica distruzione dei contratti collettivi nazionali di categoria.

Sempre più emerge l’incompatibilità del punto di vista dei lavoratori e delle lavoratrici sul nuovo impianto autoritario che coinvolge ogni attività lavorativa, pubblica e privata, che ha assunto come centrale il comando gerarchico sulla forza lavoro, in termini di diritti e di salario, diretto ed indiretto.

E anche se questo percorso si è svolto all’ombra della complicità sindacale e politica, esso è destinato ad essere messo in discussione dai protagonisti che ne stanno pagando le disastrose conseguenze. In tutta Europa la dittatura finanziaria fatta di autoritarismo padronale e di vincoli di bilancio è un attacco diretto alla condizione di vita del proletariato europeo, ed ancora una volta nella storia sono i lavoratori e le lavoratrici ad essere chiamati a prendere nelle proprie mani il proprio destino, politico e sociale.

Il 14 novembre i lavoratori sono chiamati a uno sciopero europeo, il primo segnale di risposta internazionale a un attacco portato in tutto il continente in forme diverse ma sempre durissime dalla borghesia europea ed i suoi governi contro la classe lavoratrice. E ai lavoratori va restituita la titolarità delle lotte, che saranno tanto radicali quanto i lavoratori e le lavoratrici sapranno costruirle e esserne protagonisti.

Protagonisti al di là delle appartenenze sindacali, e unificando finalmente rivendicazioni e dissenso; protagonisti al di là e nonostante la frammentazione, al di là e nonostante le logiche di bottega o di piccolo cabottaggio di chi ha scelto un’adesione al minimo sindacale da giocare più sui tavoli interni che nelle piazze, a dimostrazione della subalternità culturale e politica di buona parte del ceto sindacale, ma a conferma anche del differente impegno e sostegno a fianco della ristrutturazione del capitale e delle cadute che questa ha sulla società in termini generali.

Che siano finalmente i lavoratori in prima persona ad uscire dalla subalternità imposta dall’ideologia del capitale e dalla collaborazione sindacale, residuo di vent’anni di sconfitte figlie di un sistema di relazioni sociali ormai saltato e non più in grado di reggere lo scontro.

Con uno sciopero generale che sia dei lavoratori e delle lavoratrici e non delle sigle sindacali, che coinvolga precari e studenti, licenziati e cassintegrati, partite IVA e dei migranti.

Con uno sciopero che va costruito prima, città per città, con assemblee, e che non deve finire a fine giornata senza darsi poi appuntamento per continuare a costruire mobilitazioni.

Per ripartire alla conquista di spazi di agibilità politica e sindacale, fuori e dentro i luoghi di lavoro, rivendicando salario, orario, diritti, uguaglianza, pensioni decorose ed un welfare pubblico, che garantisca una scuola pubblica e laica a tutti.

Passaggi che oggi sembrano lontane utopie. Ma saranno i soli che potranno evitare la guerra tra poveri, tra indigeni e stranieri, nella cornice di un precariato diffuso dove si sta insinuando la barbarie e dove vien meno sempre più la solidarietà di classe.

Nostro compito, come sempre è quello di stare a fianco dei lavoratori, nei posti di lavoro e nelle piazze; perché la nostra condizione di donne ed uomini operai, impiegati, insegnanti, contadini, pensionati, studenti, precari e disoccupati, lavoratori al nero, esodati, partite IVA malpagate è la condizione mutabile all’interno di queste categorie di salariati sfruttati che stanno pagando quella che comunemente viene chiamata crisi, per nascondere il gigantesco saccheggio in atto di risorse economiche ed ambientali, di diritti e di civiltà.

Consiglio dei Delegati

Federazione dei Comunisti Anarchici

31 ottobre 2012 “

7 Novembre: proteste a Cagliari.

Ieri 7 Novembre ha avuto luogo a Cagliari una grossa manifestazione organizzata dalla cosiddetta Consulta Rivoluzionaria. L’iniziativa, definita dagli organizzatori come “Assemblea generale del Popolo Sardo” e che ha visto la partecipazione di alcune migliaia di persone, è nata dopo mesi di incontri e dibattiti tra le diverse componenti della Consulta. I motivi della protesta sono molteplici e non suoneranno certo nuovi a chi conosce la realtá sarda: gli alti tassi di disoccupazione, ormai cronica, e la chiusura di realtá produttive spesso avviate in modo avventuristico da multinazionali che lasciano dietro di sé persone senza lavoro, danni ambientali e distruzione dell’economia locale spinge molti giovani ad emigrare da una terra che è stata sempre gestita con piglio colonialista dallo stato centrale italiano, grazie anche al supporto della locale classe dirigente. Un’isola che è in parte laboratorio di pratiche repressive e in parte “pattumiera”, da un lato occupata da carceri- anche “speciali”- e da numerose installazioni militari dove si stoccano armamenti nucleari ( La Maddalena) e si sperimenta con i proiettili all’uranio impoverito (Teulada e Quirra), dall’altro cementificata e deturpata per gli interessi dei più ricchi e potenti e a favore del turismo d’élite, una terra alla quale la classe dirigente preferisce elargire qualche briciola di assistenzialismo piuttosto che allentare la morsa delle banche e delle sanguisughe di Equitalia, dove ad essere senza prospettive ed a sentirsi disperati sono tanto gli studenti quanto i pastori, gli agricoltori, i piccoli imprenditori ed artigiani, i lavoratori che rischiano di perdere il loro impiego (come quelli dell’ Alcoa o della Carbosulcis, per citare i due casi più recenti e più noti) e quelli che un impiego lo hanno già perso o non lo trovano affatto. Sono proprio questi soggetti e queste realtá ad aver partecipato alla manifestazione tenutasi sotto il palazzo della Regione Sardegna nella centralissima Via Roma a Cagliari, un’iniziativa preceduta da una serie di misure di sicurezza grottesche messe in atto dalle autoritá evidentemente timorose che l’esasperazione dei/lle partecipanti potesse trasformarsi in concrete esplosioni di rabbia. Come aspetto “coreografico” non si poteva fare a meno di notare alcuni cappi con nodi scorsoi, appesi accanto ai nomi delle istituzioni ritenute maggiormente colpevoli dell’attuale situazione: Regione, Governo centrale, Equitalia, banche, INPS, agenzia delle entrate…

Da sottolineare la forte adesione da parte di organizzazioni indipendentiste, che si rispecchia anche nelle rivendicazioni tese all’autodeterminazione in materia economica dell’isola ed alla valorizzazione della cultura e dell’identitá sarda. Ma sará veramente una soluzione quella dell’indipendenza? Serve a molto avere un proprio Stato con governanti della propria terra che stilano documenti nelle lingue locali quando poi continuano ad esistere disuguaglianze sociali e sfruttamento del lavoro salariato? Ci si può sentire liberi sapendo che comunque il capitale che comanda è quello internazionale e che, se anche così non fosse, il capitale nazionale o locale non è cosa migliore? Queste sono solo alcune delle contraddizioni con le quali la Consulta Rivoluzionaria e chi la appoggia dovranno fare i conti, fermo restando le sacrosante ragioni di fondo che animano l’iniziativa e le potenzialitá insite nelle proposte finora avanzate e nei loro eventuali sviluppi. Tra chi era in piazza c’é chi ha la consapevolezza di rappresentare in qualche modo un’avanguardia, con la convinzione che in molti si uniranno in un futuro prossimo alle lotte. Lo sviluppo degli eventi mostrerà se questi hanno avuto ragione, se finalmente si è innescato un processo di reale ribellione nei confronti di uno stato di cose intollerabile che permane da troppo tempo e quali saranno i frutti di questo processo.

La vera natura della crisi economica.

Qual’è la vera natura della crisi economica attraversata attualmente dal sistema capitalista? Di sicuro molti di voi avranno sentito innumerevoli spiegazioni a riguardo, tesi diverse e spesso contrastanti a seconda di chi le propone, in buona fede o meno. È colpa della natura umana, dell’egoismo e dell’istinto predatorio? Oppure le istituzioni preposte al controllo ed alla regolamentazione del mercato e della finanza non hanno agito come avrebbero dovuto ed ora occorre riformarle per evitare nuovi disastri? Hanno ragione gli economisti keynesiani-trattino-socialdemocratici, quando dicono che lo Stato dovrebbe avere più controllo sull’economia, o i loro avversari neoliberisti, che sostengono che le cause della crisi siano da ricercare nell’intromissione degli Stati in quello che dovrebbe essere un mercato veramente libero e deregolamentato basato interamente sull’iniziativa dei privati? Le radici della crisi risiedono nella cultura e nella mentalitá di questo o quell’altro Paese? A mio parere nessuna di queste spiegazioni può ritenersi soddisfacente, anche se ognuna di esse potrebbe contenere un fondo di veritá. Quello che sfugge ai piú, o che non si vuole ammettere perché significherebbe ammettere il fallimento dell’attuale sistema economico nel suo insieme, è che non solo questa crisi, ma LE crisi economiche sono un fattore ciclico del sistema capitalista. Riscoprire Marx? In effetti l’analisi che l’economista tedesco fece a suo tempo del sistema capitalista è tutt’ora in gran parte valida ed è difficile negare, onestamente, che egli abbia avuto ragione su molte cose- così come, a mio modesto parere, ha avuto torto su altre. Ed è proprio basandosi su un’analisi di tipo marxista che il sociologo britannico esperto di geopolitica David Harvey tenta di spiegare la crisi, come si può vedere nel video animato che trovate qui sotto in italiano. Un’analisi su basi piú solide non l’ho trovata- ma esiste? Intanto capire l’attuale situazione di crisi é anche e soprattutto la condizione essenziale per poter elaborare e proporre soluzioni e risposte ad essa ed al sistema che l’ha generata, rifiutando di subire passivamente un corso degli eventi devastante ed annichilente.

Spostata la data dello sciopero generale in Spagna, sarà il 14 Novembre.

Il sindacato di base spagnolo CGT ha deciso di spostare la data delllo sciopero generale in Spagna, precedentemente indetto per il 31 Ottobre, al 14 Novembre 2012. La decisione deriva dal fatto che proprio per il 14 Novembre è stato proclamato da decine di sindacati uno sciopero generale che coinvolgerà numerosi Paesi dell’ Unione Europea. La CGT, si legge in un comunicato in lingua spagnola, ha preso tale decisione rispondendo alle esigenze della popolazione e della classe lavoratrice che ora più che mai, in una fase di crisi economica dalle conseguenze sociali devastanti, necessita unitá di azione tra le diverse organizzazioni sindacali, fermo restando il mantenimento delle rivendicazioni, delle motivazioni e degli obiettivi sui quali si basava la precedente convocazione di sciopero generale per il 31 Ottobre. Il 31 Ottobre come data di convocazione di sciopero in Spagna verrá mantenuta eventualmente dalle realtá locali e dai comparti che lo ritenessero necessario, per il resto rimarrà comunque una “giornata di mobilitazione sociale attiva” che prevede mobilitazioni, occupazioni, cortei, azioni dirette, sciopero del consumo ecc…, anche in preparazione dello sciopero del 14 Novembre.