Incontro anarchico internazionale a St-Imier.

L’incontro della Prima Internazionale antiautoritaria svoltosi nella cittadina svizzera di St-Imier nel 1872 rappresentò un evento storico della massima importanza nella storia del movimento anarchico. Oggi, a 140 anni di distanza, diverse organizzazioni anarchiche hanno dato vita ad un nuovo congresso che si terrà sempre a St-Imier dall’8 al 12 Agosto 2012. Il proposito del congresso non è meramente commemorativo, nelle intenzioni degli organizzatori/trici si vuole stabilire un dialogo fra diverse realtà ed organizzazioni dell’ anarchismo sociale al fine di coordinare nel presente e nel futuro teorie e pratiche emancipatorie, ecologiste, federaliste ed autogestionarie.

A chiunque interessasse avere ulteriori informazioni sulle organizzazioni promotrici e partecipanti, sugli argomenti di discussione previsti e sulla logistica dell’evento consiglio di leggere le due circolari del comitato organizzatore dell’incontro, ma soprattutto di visitare il sito internet dedicato all’evento.

Per i morti di Utoya.

Un’anno fa più un giorno, 69 ragazzi e ragazze venivano uccisi dal fanatismo e dalle idee reazionarie di un individuo che ha raccolto i frutti di anni di propaganda islamofoba e antiimmigratoria, propaganda di idee e concetti ritenuti con indifferenza o addirittura con compiacenza “normali” finché non si traducono negli atti di un personaggio perfettamente lucido ma definito pazzo per comodità degli stessi che smerciano quelle idee e quei concetti. I ragazzi e le ragazze morti ammazzati da Breivik quel 22 Luglio del 2011 mentre partecipavano all’annuale campeggio del Partito Laburista Norvegese li sento lontani da me per le loro idee politiche, ma vicinissimi per il modo in cui sono morti: cancellati dall’odio di chi vuole affermare un modello sociale fondato sull’intolleranza, sull’uniformità culturale e sull’oscurantismo religioso, annientati da chi non si ferma nemmeno di fronte a persone inermi. Il terrore scatenato da Breivik ha radici che attechiscono anche in Paesi definiti progressisti e benestanti, è un terrore che alberga nelle pieghe di una società che non sa fare i conti con i propri conflitti sociali e culturali, con le proprie contraddizioni, con l’intolleranza e l’indifferenza latenti che non dovrebbero lasciare nessuno indifferente e ignorante di fronte all’imminenza della catastrofe.

Svezia: sindacalista della SAC aggredito e minacciato di morte.

Un membro del sindacato anarchico svedese Sveriges Arbetares Centralorganisation (SAC) di Västerorts ha ricevuto minacce di morte da persone legate all’organizzazione criminale Werewolf Legion (“legione dei lupi mannari”). Con un coltello puntato alla gola é stato costretto a ritirare diverse rivendicazioni nei confronti di un’agenzia di lavoro interinale. Si tratta di un’aggressione all’intero movimento sindacale. Anders Knutsson, segretario per le pubbliche relazioni della SAC, chiede a governo e polizia di prendere sul serio questo caso.

All’origine di violenze e minacce vi é un conflitto lavorativo fra membri del sindacato e un’agenzia interinale che opera nel settore alberghiero e della gastronomia. La SAC aveva chiesto un colloqui con l’imprenditore per via di due casi non conformi alla legge di licenziamenti, trattenute di denaro e mancato pagamento di denaro spettante ai lavoratori durante le ferie. Dopo un primo incontro, l’imprenditore ha preteso che gli incontri successivi si svolgessero solo alle sue condizioni, ma ciò non é mai avvenuto. Invece il 2 Luglio sei persone sono entrate con la violenza nell’abitazione del rappresentante sindacale, giudati da un ex leader della gang criminale Werewolf Legion, fratello dell’imprenditore proprietario dell’agenzia di lavoro interinale. Gli aggressori, dopo aver colpito più volte alla testa il sindacalista, gli hanno puntato un coltello alla gola e lo hanno costretto a chiamare l’agenzia di lavoro interinale alla quale ha dovuto promettere di ritirare le richieste fino ad allora avanzate. Dopo la telefonata, il sindacalista é stato informato dall’ex leader dei Werewolf e fratello dell’imprenditore di avere da adesso un debito di mezzo milione di corone svedesi nei confronti della gang criminale e che nel caso non lo avesse pagato entro un mese sarebbe stato ucciso. Durante l’aggressione nell’abitazione del sindacalista si trovavano anche sua moglie e i suoi figli, rinchiusi dagli aggressori in un’altra stanza.

La SAC segue da tempo con preoccupazione lo sviluppo del mercato del lavoro interinale. Solo pochi imprenditori rispettano gli accordi contrattuali. Solo in rari casi vengono rispettate le condizioni di lavoro, il pagamento delle giornate di vacanza ed altre regole. Spesso gli stipendi vengono pagati in nero e gli imprenditori delle agenzie interinali hanno legami con personaggi dalla lunga carriera criminale, con i quali si dedicano non di rado al riciclaggio di denaro sporco. Era solo una questione di tempo prima che questi imprenditori iniziassero ad usare la violenza e le minacce di morte contro i sindacalisti. La SAC chiede che la polizia ed il ministro svedese per il lavoro Hillevi Engstrom prendano sul serio questi sviluppi e costringano le agenzie di lavoro interinale, attraverso un apposito programma, a rispettare le leggi svedesi e gli accordi lavorativi.

Comunicato stampa originale in svedese e traduzione in tedesco. Traduzione dal tedesco all’italiano mia.

Nota mia: non ho molta (ok, non ne ho per nulla…) fiducia negli appelli a governi e polizie. Spero solo che i/le compagni/e della SAC sappiano adottare le contromisure necessarie a garantire l’incolumità degli attivisti del sindacato per poter proseguire con successo le lotte per i diritti dei/lle lavoratori/trici.

Firenze: assemblea pubblica e dibattito sulla gestione dei terremoti e delle “emergenze”.

Fonte: Informa-Azione.

” A CHI ANCORA CREDE NELLE ISTITUZIONI
I terremoti sono sempre più spesso utilizzati dallo Stato per sperimentare fino a che punto può spingersi il controllo, fino a che punto può arrivare la sopportazione della gente. Quello che i media non vi diranno mai è che all’interno dei campi della PROTEZIONE CIVILE i terremotati non possono consumare cioccolata, alcool, caffè e, nel modenese, persino tabacco. Che gli viene impedito di riunirsi, di distribuire volantini, di protestare. Circondati da autentici check-point di militari, “volontari” e sbirri di ogni tipo, devono mostrare i documenti tutte le volte che entrano ed
escono. Che devono indossare permanentemente braccialetti di identificazione. Che chi non accetta la Protezione di Stato si vedrà tagliato fuori dai fondi per la ricostruzione e non avrà più una casa, né la propria né un’altra.
Ieri all’Aquila, oggi in Emilia, lo Stato si allena a tenere in pugno, ricattare e sradicare un’intera popolazione, sperimentando forme di controllo che oggi vengono applicate all’”emergenza”, ma che presto verranno imposte all’intera società. La Protezione Civile, con i suoi illimitati poteri, è insieme una sorta di super-polizia e la lunga mano della speculazione a venire.
Ma alcuni non ci stanno e danno vita a campi autogestiti, minacciati di sgombero.
Vogliamo sostenere queste esperienze e insieme chiederci come spezzare i meccanismi di coercizione dello Stato. Contro una pelosa Protezione, per una reale auto-organizzazione.

Ne parliamo con alcuni testimoni diretti.

18 luglio a partire dalle ore 18.00 – in Piazza D’Azeglio

ASSEMBLEA PUBBLICA E DIBATTITO
con alcuni compagni che partecipano all’esperienza dei campi autogestiti e alcuni dell’Aquila

in serata aperitivo con cibo tutto offerta libera tutto benefit e

a seguire proiezione

PUNTO DI RACCOLTA DI GENERI DI NECESSITA’ (alimenti non deteriorabili, coperte, giocattoli, assorbenti, pannolini ecc) PER I CAMPI AUTOGESTITI (E NON PER QUELLI DELLA PROTEZIONE CIVILE!) ”

Qualcosa sulla Grecia.

Della Grecia abbiamo sentito parlare recentemente sui principali organi di “informazione” per due motivi principali: i campionati europei di calcio e le elezioni per il rinnovo del parlamento nazionale. Entrambe gli argomenti hanno a mio parere la stessa importanza, con la differenza che almeno il calcio, nonostante tutte le magagne, rimane pur sempre un’entusiasmante forma di intrattenimento. Il discorso sulle elezioni greche ci è stato presentato dalla stampa di pensierounicolandia come una battaglia tra sostenitori vs. affossatori dell’Euro e delle misure di austerità per uscire dalla crisi economica, ma in realtà le differenze tra le posizioni della coalizione di sinistra SYRIZA (che non é esatto definire “radicale” perché nulla di radicale sta in parlamento o ambisce a starci) e quelle dei socialdemocratici del PASOK e dei liberal-conservatori di Nea Dimokratia non sono sulla permanenza nell’ Euro o sull’accettazione o meno del memorandum dell’austerità, quanto sulle condizioni di tale permanenza e su possibili alleggerimenti di tali misure. Il mio sottovalutare l’importanza delle elezioni non é una posizione isolata, tant’é che proprio molti dei/lle diretti/e interessati/e aventi diritto al voto in Grecia decisero di astenersi: il 40%, astensione record -e i record sono fatti per essere battuti…

Ora, più che interessarmi di quale forza politica avrà l’onere o l’onore di mettere in pratica direttive di massacro sociale decise dall’èlite economica dominante, mi chiedo come la cosiddetta crisi economica (in realtà crisi di tutto un modello socioeconomico dato per vincente e inamovibile dagli esperti pagati per convincerci che tanto non serve a nulla ribellarsi perché nulla si può cambiare e viviamo nel migliore dei mondi possibili) vada a ripercuotersi sul tessuto sociale greco e quali siano le contromisure adottate da chi mette in pratica i principi anarchici e antiautoritari, ma anche semplicemente da chi tenta di sopravvivere in un contesto come quello dell’attuale crisi. Ho quindi letto col passare del tempo un certo numero di articoli e testimonianze e visto qualche documentario o videoinchiesta che dir si voglia, ottenendo un approssimativo quadro della situazione che, se da un lato risulta allarmante e sconfortante, dall’altro conferma quello che gli/le anarchici/che vanno dicendo (e possibilmente facendo) da sempre. Da un lato cresce il numero dei disoccupati, aziende e piccole imprese meno competitive falliscono, c’é chi si suicida e c’é chi emigra, aumentano i consensi non solo elettorali nei confronti di partiti fascisti e xenofobi -lampante è l’esempio del movimento neonazista Chrysi Avgi- i cui militanti usano la violenza nelle strade, spesso con la complicità passiva o attiva delle forze dell’ordine, per terrorizzare e colpire fisicamente immigrati, omosessuali, emarginati e persone politicamente “non gradite”. A questo quadro di disperazione, rassegnazione e accanimento su capri espiatori con conseguenti guerre tra poveri, degno dei più realistici romanzi distopici, fa da contraltare la tenacia di chi non solo si sforza quotidianamente di sopravvivere, ma tenta anche di autogestire la propria vita al di là delle regole e dei ritmi imposti dalle politiche di austerità. Nascono cooperative di produzione e consumo diretto, scambi di prodotti e servizi su base di accordi volontari senza l’uso del denaro, mense popolari, nuove situazioni di aggregazione e socialità non commerciali. A fronte della disastrosa situazione del sistema sanitario i lavoratori ospedalieri occupano le strutture di cura; non solo per sfuggire alla disoccupazione, ma per divenire padroni del proprio lavoro, gli operai occupano le fabbriche che i padroni dichiarano fallite; quelli del “movimento di solidarietà, disobbedienza e resistenza” ALANYA dirottano il traffico automobilistico evitando di farlo passare per i caselli autostradali a pagamento; laddove la corrente elettrica é stata tagliata per punire chi non é in grado di pagarla, i collegamenti vengono ripristinati dagli utenti; le obliteratrici su tram e autobus vengono messe fuori uso consentendo alla gente di poter viaggiare gratis. Accanto a questi ed altri innumerevoli esempi vi é la resistenza quotidiana alle prepotenze e violenze poliziesche e fasciste, la solidarietá con gli immigrati e gli emarginati, la difesa degli spazi occupati e autogestiti minacciati di continuo con sgomberi ed arresti degli occupanti.

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C’é da chiedersi quale piega prenderanno col passare del tempo gli eventi, come si svilupperanno le lotte e le pratiche di autogestione, se prevarranno la disperazione e la rassegnazione ad una vita di stenti e sacrifici inutili o la voglia di lottare per riappropriarsi della propria dignitá e felicità, se le svolte ancor più autoritarie che si profilano all’orizzonte avranno o meno la meglio sul desiderio di libertà e sulla volontá di molti di scrollarsi di dosso il peso di un sistema parassitario dagli effetti intollerabili. La storia non é finita e le sue pagine vengono scritte quotidianamente, il cammino é lungo e riguarda tutti noi, abitanti o meno di quel territorio geografico chiamato Grecia.

Solidarietà a Maurizio Ferrari, in isolamento nel carcere di Cuneo.

Fonte: Anarchaos.

” Maurizio cementato vivo nel carcere di Cuneo. Sabato manifestazione di solidarietà

Il 26 gennaio, sei mesi dopo le imponenti manifestazioni in Valsusa, un’operazione della Procura di Torino ha portato a perquisizioni in tutta Italia e all’arresto di 26 compagni/e, di cui tre si trovano ancora in carcere.

Fra gli scopi dell’inchiesta, il tentativo di dividere ed intimorire il movimento No Tav e chiunque si opponga alle imposizioni dettate dall’alto. Proprio in questi giorni è cominciato il processo, nel tribunale di Torino, contro i 46 No Tav inquisiti.

Uno di questi, Maurizio Ferrari, trasferito il 16 giugno dal carcere di Milano a quello di Cuneo, sta subendo un pesante accanimento: isolamento (nessun contatto con gli altri detenuti, in cella e all’aria da solo), blocco della posta, nessuna possibilità di ricevere libri o altro materiale, vessazioni continue.

Di fronte a questa situazione è importante dare una risposta concreta: per questo indiciamo un presidio di solidarietà con Maurizio e con tutte le prigioniere e i prigionieri che quotidianamente subiscono l’oppressione del carcere.

SABATO 14 LUGLIO, ORE 16
PRESIDIO FUORI DALLE MURA DEL CARCERE CERIALDO DI CUNEO, VIA RONCATA.

Ora e sempre No Tav

 

Solidarietà a tutti e tutte i No Tav inquisiti

 

Maurizio, Juan, Alessio liberi subito!

 

Contro il carcere e la società che lo crea!

 

Tutte e tutti liberi!

 

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Maurizio Ferrari, resistente No Tav prigioniero dal 26 gennaio è stato trasferito dal 16 giugno nel carcere di Cuneo, dove viene sottoposto a regime di isolamento duro, blocco della posta in entrata e in uscita, mancata consegna di libri e letture che gli vengono spediti, aria da solo in un cortiletto di cemento. Sperano di piegarlo con questa totale privazione di relazioni umane, ma sappiamo che il compagno sta resistendo a testa alta. 

Invitiamo tutte e tutti i solidali a inviare telegrammi e lettere per rompere l’isolamento a cui è sottoposto Maurizio, per fare pressione sui suoi aguzzini e sulla direzione del carcere di Cuneo. 

 

Maurizio Ferrari

C.C. via Roncata 75 12100 Cuneo”

Speriamo che oltre alla vergogna perdano pure qualcos’altro…

Articolo tratto da Umanità Nova (online) dell’ 8 Luglio 2012, n.24 anno 92.

” Sbirri senza vergogna

Federico Aldrovandi
Sbirri senza vergogna

«Che faccia da culo che aveva sul tg…una falsa e ipocrita…spero che i soldi che ha avuto ingiustamente possa non goderseli come vorrebbe…adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie» e ancora «Infatti è successo un fatto analogo a Trieste dopo il nostro, con delle responsabilità reali da parte dei colleghi e nessuno ne ha saputo nulla, io mi vergognerei di usare la politica e la mediaticità per far valere una falsa giustizia…VEGOGNATEVI TUTTI COMUNISTI DI MERDA…». Questo è quanto ha scritto su un social network il poliziotto Paolo Forlani, un assassino, che ha ucciso nel settembre 2005 a Ferrara, insieme ad altri tre agenti, un ragazzo di 18 anni, Federico Aldrovandi. Le parole erano dirette alla signora Patrizia Moretti, la madre del ragazzo assassinato. La Cassazione, il 21 giugno 2012, aveva reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo ai 4 poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. In particolare la quarta sezione penale aveva respinto il ricorso presentato dalla difesa dei 4 agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d’Appello di Bologna il 10 giugno del 2011. Secondo la sentenza l’agire dei poliziotti ha trasceso i limiti consentiti: Federico è deceduto, dunque, per un arresto cardiaco a seguito del pestaggio da parte dei poliziotti, e non riferibile, in alcun modo, all’abuso di stupefacenti. Inoltre c’è stata senz’altro cooperazione colposa nella condotta degli agenti, per via della comune scelta di azione, della consapevolezza di agire insieme, fattore che gli imponeva di controllare anche l’azione dei colleghi e nel caso di regolarla. Ma nessuno dei poliziotti è andato in carcere, visto che 3 anni sono coperti dall’indulto…e neanche hanno rischiato il posto di lavoro, infatti sono ancora tutti in servizio ma trasferiti in un’altra città. Le dichiarazioni dell’agente erano state postate sulla bacheca interattiva del gruppo «Prima Difesa», amministrato da Simona Cenni, neofascista (ex-coordinatrice regionale di Azione Sociale-Marche) che «tutela gratuitamente per cause di servizio tutti gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e Forze Armate». Tra i commenti, oltre a quello del poliziotto condannato, c’è qualcuno che paragona Federico a un «cucciolo di maiale» e la signora Moretti, madre di Federico, ha ritenuto opportuno presentare ai carabinieri di Ferrara una denuncia-querela per diffamazione contro il gruppo-associazione «Prima Difesa». Saputo della querela, Forlani tentò di correre ai ripari chiedendo pubblicamente scusa tramite l’Ansa: “Voglio chiedere perdono per quel mio contegno estemporaneo ed assurdo”, rispedite prontamente al mittente da tutta la famiglia Aldrovandi. “E’ meglio che lasci perdere! Le sue scuse? La coscienza doveva parlargli 7 anni fa all’alba di quella mattina. Non ci può esser assoluzione per ciò che ha detto” ha dichiarato Patrizia Moretti, mentre Lino Aldrovandi, padre di Federico, aggiunge: “… non mi interessa davvero quello che dice, e in merito a Ferrara e ai comunisti di merda, io non sono comunista ma se queste persone hanno collaborato a far emergere la verità, ben vengano, io non ho mai chiuso le porte a nessuno”. Rimane il riferimento di Trieste, che forse alludeva al Commissariato di Villa Opicina, dove ci fu il sequestro di una ragazza ucraina di 32 anni, Alina Bonar Diachuk. In particolare il dirigente dell’Ufficio immigrazione della questura di Trieste, Carlo Baffi, è indagato per omicidio colposo e sequestro di persona in relazione al “suicidio” della ragazza: la giovane è morta il 16 aprile scorso in una cella della questura, dove era stata rinchiusa illegalmente in attesa dell’espulsione. Un suicidio che era apparso da subito poco credibile, e che aveva fatto scattare una indagine che ha portato all’incriminazione di Baffi per sequestro di persona e omicidio colposo. Durante la perquisizione nell’abitazione dell’agente e nel suo ufficio, all’interno della Questura del capoluogo friulano, i finanzieri e i poliziotti trovarono busti, foto e poster di Mussolini, i libri “Mein Kampf” di Adolf Hitler, la “Difesa della razza” di Julius Evola, “La questione ebraica” di Julius Streicker e altro materiale antisemita. Il suo avvocato, Paolo Pacileo, ha presentato subito un’istanza al Tribunale del Riesame per l’annullamento del verbale di sequestro dei libri e dell’altro materiale, tra cui sei proiettili di pistola non denunciati e una copia della targhetta dell’Ufficio immigrazione delle dimensioni di un foglio protocollo, sulla quale era inserita a destra una foto di Mussolini e a sinistra la scritta “il dirigente dell’ufficio epurazione” in caratteri romani simili a quelli usati nel Ventennio. Proprio il ritrovamento di questa targa innescò la perquisizione della casa di Carlo Baffi. Durante le indagini gli inquirenti hanno sequestrato 49 fascicoli in originale relativi ad altrettanti cittadini extracomunitari anch’essi, in attesa dell’espulsione, detenuti illegalmente al commissariato di Opicina. Una pratica consolidata, un vero e proprio sistema che è assai improbabile che abbia avuto per protagonista il solo Baffi, che però per ora rimane l’unico indagato: le vittime del poliziotto sono, per quello che finora è dato sapere, tutti cittadini stranieri. Pronta la presa di posizione dell’ANFP (Associazione Nazionale Funzionari di Polizia) in sostegno del dirigente dell’Ufficio Immigrazione, che fa polemica politica con la magistratura definendosi fortemente perplessa sul sequestro di oggetti personali e di libri operato presso l’ufficio ed il domicilio del funzionario e lamentandosi dell’acquisizione dei soli testi che costituiscono espressione del pensiero di estrema destra, mentre si sarebbe ritenuto di tralasciare quelli che si riferiscono, per contro, all’ideologia di estrema sinistra. Il sodalizio sindacale poliziesco polemizza insinuando: “se il sequestro effettuato mira all’individuazione di elementi utili ai fini delle indagini, appare evidente come la doverosa documentazione del contestuale possesso di testi di entrambe le nature – peraltro assolutamente fisiologico per un funzionario che, come il collega BAFFI, ha prestato servizio presso una Digos – rischi di essere irrimediabilmente compromessa dalla incomprensibile “obliterazione” di elementi di significato opposto rispetto a quelli di pretesa rilevanza.” L’associazione, quindi, cerca di giustificare Baffi buttandola sul suo lavoro presso la Digos. Ora, d’accordo che un “poliziotto che sa fare il suo mestiere” deve essere informato sulle varie ideologie, però forse non è richiesto ad un funzionario di polizia di possedere nel proprio ufficio e nella propria abitazione busti, foto e poster del duce stile altarini e soprattutto una scritta che paragona il suo incarico con l’ufficio epurazione del regime. Visto che il 70% dei funzionari della Polizia di Stato sindacalizzati si riconosce nell’ANFP, quindi nel comunicato sovracitato, pare evidente che il legame tra neofascismo e Polizia di Stato sia molto stretto, o quantomeno lo è nella cultura, al di la della propaganda ingannevole antistatalista e antipoliziesca di alcuni gruppi o partiti fascisti. Che la polizia italiana fosse fascista lo aveva già dichiarato pubblicamente il quotidiano britannico «Guardian» nel luglio del 2008 in un articolo in cui si occupò dei fatti di Genova. Il giornale londinese spiegava alcune pratiche usate sui civili, picchiati senza pietà, in modo sistematico, non per ottenere una confessione ma semplicemente per il gusto sadico di infliggere un dolore. In un’inchiesta di sette pagine intitolata «La sanguinosa battaglia di Genova», il Guardian denunciò: «Questo non è il comportamento di un gruppo di esaltati. Questo è fascismo». Durante i pestaggi alla scuola Diaz e le torture nel carcere di Bolzaneto, racconta il quotidiano britannico, i poliziotti parlavano in modo entusiastico di Mussolini e Pinochet. I loro cellulari avevano suonerie con le tradizionali canzoni del ventennio. E i prigionieri furono costretti a dire più volte «Viva il Duce» o «Un, due, tre, viva Pinochet». Non stiamo parlando di un fascismo messo in atto da dittatori «con gli stivali neri e la bava alla bocca» ma del pragmatismo di politici dalla faccia pulita. «Il risultato però – dice il Guardian – è molto simile. Genova ci insegna che quando lo Stato si sente minacciato, la legge può essere sospesa. Ovunque».
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“Fratelli di TAV” e “I peccati della Maddalena”.

“Fratelli di TAV” é un documentario-inchiesta diretto da Manolo Luppichini e Claudio Metallo, realizzato nel 2008, che rivela quali siano gli “effetti collaterali” del progetto dell’alta velocità ferroviaria. Attraverso interviste a ingegneri, economisti, sindacalisti, scrittori/trici, operai, attivisti/e del movimento NO TAV ed altre persone “comuni”, il ducumentario fa luce sugli interessi economici legati al faraonico progetto TAV e sui legami fra la grande opera e la criminalità organizzata, mettendo in evidenza le conseguenze nefaste del progetto anche attraverso le testimonianze di persone direttamente danneggiate. Mafie, corruzione politica, sprechi di denaro pubblico, militarizzazione del territorio, violenza poliziesca, devastazione ambientale, danni irreparabili al tessuto sociale ed economico locale: c’é tutto questo dietro il progetto TAV, che però di fronte a sé trova l’accanita resistenza della popolazione della Val Susa e di tutti/e i/le resistenti e solidali che da ormai vent’anni lottano contro una truffa vantaggiosa per pochi e disastrosa per i più. In appendice al documentario il video “I peccati della Maddalena”, anch’esso realizzato da Luppichini, breve cronaca dello sgombero da parte del braccio violento della legge di quella che venne ribattezzata la Libera Repubblica della Maddalena, avvenuto nel Giugno del 2011. Buona visione, informatevi e informate!