Quanto vale la vita di un povero?

Ice T ha ragione: quando si tratta di poveri, nessuna vita ha importanza. Non avevano importanza le vite degli immigrati tedeschi, italiani, irlandesi, polacchi che sbarcavano negli Stati Uniti d’America fuggendo da carestie, persecuzioni, miseria endemica e disoccupazione. Gli ultimi arrivati, soprattutto se poveri, prima di venir integrati ed inseriti in una narrazione mitopoietica fasulla, subivano il peggior sfruttamento, l’emarginazione e la discriminazione anche di fronte alla legge. Anche chi negli USA non ci era andato per volontà propria, come gli africani, venne trattato prima da schiavo, poi da inferiore, dopo ancora -fino ad oggi- come cittadino di serie B. “Ma se anche un afroamericano è riuscito a diventare presidente…”, sento dire da molti. Beh, è quello che Malcolm X avrebbe chiamato un “negro da cortile”. Espressione colorita che nasconde una grande verità, come l’espressione “to have a Chinaman’s chanche”: cercate cosa significa, è molto interessante. Magari fate anche una ricerchina sul perchè negli USA esistano frasi quali “Driving while black” o “Shopping while black”, cosa ciò significhi e cosa significhi nel concreto essere neri o mulatti o comunque non WASP negli States. Interrogatevi sul linguaggio, sui valori che veicola, provate a immaginare come si combinino le varie forme di esclusione e di oppressione e come aumenti la probabilità di esserne vittime im base ai requisiti che vengono attribuiti ad una persona, al modo di catalogarla… afroamericano+omosessuale o donna+latinoamericana, ad esempio.

Per il sistema non conta la tua vita. Conta quanto sei utile o quanto chi ha il potere decisionale ti ritiene tale. Ti usano da vivo, ti schiacciano fino alla morte, ti usano anche da morto: quasi tutti pensano che Martin Luther King Jr. fosse sempre stato un pacifista, nonviolento e moderato, a scuola ci insegnano così, ma questa è una forma di whitewashing. Impariamo a comprendere il linguaggio e le forme dell’oppressione, impariamo a vederle e ad opporci ad esse, perchè la morale è che, quando si tratta di poveri, nessuna vita conta. È ora di riaffermare il valore delle nostre vite e di quelle dei nostri fratelli e sorelle, ovunque essi/e si trovino, senza farci più fregare da chi ci vuole divisi e sconfitti.

“It’s unfortunate that we even have to say ‘Black Lives Matter’
I mean, if you go through history nobody ever gave a fuck
I mean, you can kill black people in the street, nobody goes to jail, nobody goes to prison
But when I say ‘Black Lives Matter’ and you say ‘All Lives Matter’
That’s like if I was to say ‘Gay Lives Matter’ and you say ‘All Lives Matter’
If I said, ‘Women’s Lives Matter’ and you say ‘All Lives Matter’, you’re diluting what I’m saying
You’re diluting the issue
The issue isn’t about everybody, it’s about black lives, at the moment
But the truth of the matter is, they don’t really give a fuck about anybody
If you break this shit all the way down to the low fucking dirty-ass truth
We say that ‘Black Lives Matter’
Well truthfully they really never have
No one ever really gave a fuck
Just read your bullshit history books
But honestly it ain’t just black
It’s yellow, it’s brown, it’s red
It’s anyone who ain’t got cash
Poor whites that they call trash
They can’t, fuck with us
Once they realise we’re all on the same side
They can’t, split us up
And let them prosper off the divide
They can’t, fuck with us
Once they realize we’re all on the same side
They can’t, split us up
And let them prosper off the divide
Don’t fall for the bait and switch
Racism is real, but not it
They fuck whoever can’t fight back
But now we gotta change all that
The people have had enough
Right now, it’s them against us
This shit is ugly to the core
When it comes to the poor
No lives matter
America’s always been
A place that judge my skin
And racism is real as fuck
Ain’t no way to play that off
And in the eyes of the law
Black skin has always stood for poor
This is basic shit
They know who they fucking with
They can’t, fuck with us
Once they realise we’re all on the same side
They can’t, split us up
And let them prosper off the divide
They can’t, fuck with us
Once they realize we’re all on the same side
They can’t, split us up
And let them prosper off the divide
Don’t fall for the bait and switch
Racism is real, but not it
They fuck whoever can’t fight back
But now we gotta change all that
The people have had enough
Right now, it’s them against us
This shit is ugly to the core
When it comes to the poor
No lives matter
You never see them pulling rich people out of their cars in their neighbourhoods because they know they got lawyers
They know they’ll sue their ass
They can tell who to fuck with
Unfortunately, black or brown skin has always meant poor
They’re profiling you kid
They know you can’t fight back, but we about to
Investigators say they are reviewing body camera and dashcam video of Tuesday’s shooting
Police say that Keith Lamont Scott did have a gun in his hand when an officer shot him
But a new picture of the scene shows something at Scott’s feet
A source tells our Charlotte affiliate it may be a gun
But people in the neighbourhood say the father of four was holding a book instead
Officer Vinson was in plain clothes when the shooting happened
He was not wearing a body worn camera
But we are told that three other officers wore theirs
The department is under increasing pressure to release police videos from the shooting
But the police chief says he will not do that right now because of the investigation (ladies and gentlemen. This shit is deeper than racism)
Don’t fall for the bait and switch
Racism is real, but not it
They fuck whoever can’t fight back
But now we gotta change all that
The people have had enough
Right now, it’s them against us
This shit is ugly to the core
When it comes to the poor
No lives matter
This shit is ugly to the core
When it comes to the poor
No lives matter
This shit is ugly to the core
When it comes to the poor
No lives matter “

Neofascisti: teste di legno e teste di cazzo.

Al più tardi dai tempi dello scandalo di “Mafia Capitale” anche i più distratti si sarebbero dovuti rendere conto di quali siano i veri ideali e i veri interessi delle organizzazioni neofasciste. In realtà ci si sarebbe dovuti accorgere da tempo di come stanno realmente le cose, sulla base di parecchi fatti analoghi, ma tant’è, meglio tardi che mai. E visto che nemmeno oggi è troppo tardi, ecco l’ennesima notizia a riprova che al di sopra di qualsiasi altro valore professato dai  patridioti orfani del duce ce n’è uno che conta più di tutti: il denaro. Anche a costo di fottere i propri camerati.

Questa, se il resto non fosse sufficiente, è l’ennesima prova di quale sia la natura di certe organizzazioni e dei personaggi che le compongono. Già dai tempi della loro fuga  in Gran Bretagna nel 1980 per sfuggire ai processi e alle condanne per reati di terrorismo comminate dai tribunali italiani, Roberto Fiore e Massimo Morsello, da bravi terzaposizionisti, scelsero la posizione che maggiormente gli faceva gola: quella degli affari. Con l’aiuto dell’amichetto xenofobo Nick Griffin crearono l’agenzia Meeting Point, collegata con l’italiana Easy London, iniziando a riempirsi le tasche nel loro esilio dorato, mentre Fiore lavorava per la tanto odiata perfida albione in qualità di agente dei servizi segreti dell’MI6. Rientrati comodamente in Italia con la calorosa accoglienza di diversi deputati del centrodestra, i due si occupano del neofondato partito Forza Nuova, il cui leader indiscusso rimane fino a oggi Roberto Fiore (Morsello morirà di malattia nel 2001). Occuparsi del partito significa non solo promuovere iniziative razziste, sessiste, omofobe, anticomuniste, antisemite e antiziganiste che vanno dagli insulti agli attentati dinamitardi (come quello compiuto nel 2000 da Andrea Insabato, simpatizzante di FN, contro la sede del quotidiano Il Manifesto) ai pestaggi per i quali ci si serve di adolescenti senza bussola né valori, manipolati a dovere. Tra un corteo “Prima gli italiani!”, un commento razzista victim blaming e un attacchinaggio di manifestini d’insulto a froci negri, si trova anche il tempo di fare affari. E siccome pecunia non olet, gli affari si fanno un pò con tutti, tanto col Vaticano quanto con la Russia, anche usando militanti ignari come prestanome. Con tutta una serie di belle aziendine dai nomi anglofoni molto cool e trendy è certamente più facile occuparsi delle esigenze degli italiani poveri ai quali banche, immigrati e massoni avrebbero tolto tutto, difendere la famiglia tradizionale da aborto, gay e educazione sessuale e promuovere i sani valori dell’anticomunismo e della supremazia della razza bianca. Magari i vertici forzanovisti negheranno l’evidenza (tanto sono allenati a negare, vedi l’Olocausto), ma i fatti sono sotto gli occhi di tutti. Alla prossima occasione in cui li vedrete sfilare nella vostra città al grido di “Tutto per la Patria!” forse avrete occasione di chiedergli quanto sia patriottica la loro modalità di fare politica. Intanto accontentatevi della genuinità delle loro meravigliose idee che, in una società decente, costerebbero badilate sul grugno a chi le professa e non indifferenza e spallucce.

Questioni di razza, questioni di classe.

“[…]La società del K-Lager non faceva che portare al parossismo la selezione del mondo esterno, non era un’altra realtà ma soltanto un’esasperazione inaudita dell’ordine di fuori. […] Una costante mi si faceva strada nella mente: come a Frankfurt, anche a Dachau i ricchi, i potenti, non c’erano. Ma se nei campi annessi agli stabilimenti industriali lo si poveva capire – a una fabbrica occorrono lavoratori, non signori – in un K-Lager la cosa era sospetta: non c’erano forse antinazisti nell’alta società europea? O non erano perseguitati?                                                                                                           Gli  stessi ebrei erano quasi tutte creature rastrellate nei ghetti mitteleuropei, una marea d’artigiani, operai, piccolissimi commercianti, qualche pugno d’intellettuali, soprattutto medici, chimici, ingegneri, cioè coloro che disponevano d’un “capitale mentale” (come dicevano i nazisti) che poteva tornar comodo al Terzo Reich. I grossi finanzieri, i veri benestanti erano riparati all’estero. La discriminazione economica era dunque ancora più forte di quella razziale. Non ne era per caso la base? Le vite ebree come ostaggi, come carne da baratto… […]

[…] Abbiamo calcolato che anche tra i triangoli rossi i ceti medi erano una minoranza. Chi cadeva sistematicamente nelle mani della Gestapo erano gli operai, i manovali. Secondo lei, questo succedeva perché di fatto erano molto più numerosi i lavoratori comunisti che non gli intellettuali della stessa fede. Secondo me invece ciò provava comunque che la discriminazione economica prevaleva anche su quella ideologica:         “Scusami Ellen, se pure in tema d’idee i nazisti colpiscono di più gli ignoranti, significa che anche in politica il loro primo metro di giudizio è il denaro, perché ignoranti, si sa, sono i poveri”.                                                                                                                        “Non puoi confondere le cose in questo modo…” replicava la donna prendendo a sbattere un qualche straccio contro il piano di cemento ondulato del lavatoio: “Le idee contano sempre, tanto più contro dei bruti come i nazisti”.                                                     “Altro se contano!” ribattevo io. “Specialmente l’idea che in questo mondo i soldi contano più di tutto”. ”

(Luce d’Eramo, Deviazione, 1979)

Too little, too late: gli assassini razzisti Zimmerman e Roof assaggiano un pò di giustizia.

Un ragazzo di colore cammina per le strade di Sanford, Florida, USA. Ha in mano un pacchetto di caramelle e una bibita, la testa coperta dal cappuccio della sua felpa per ripararsi dalla pioggia. Va di fretta, sta andando a casa della fidanzata del padre. È la sera del 26 febbraio del 2012. Il ragazzo si chiama Trayvon Martin, ha diciassette anni e non arriverà a compierne diciotto: un vigilante privato gli spara a seguito di una colluttazione dopo averlo seguito credendolo, a suo dire, un malintenzionato sotto l’effetto di droga. Il vigilante, tale George Zimmerman, viene processato per omicidio di secondo grado e, il 13 Giugno del 2013, la giuria lo dichiara innocente. Il caso scatena negli USA un acceso dibattito sul razzismo e su una controversa legge di matrice repubblicana in materia di diritto all’autodifesa, la “Stand-your-ground law“. Zimmerman viene da più parti tacciato di razzismo, cosa che lui nega sottolineando le sue origini latinoamericane e portando a testimoniare a suo favore in tribunale alcuni suoi amici di colore. Di certo non si tratta del primo razzista a non avere un pedigree da WASP, né del primo razzista ad avere qualche “amico di colore” da mettere in bella mostra come alibi, così come è certo che Zimmerman non ha un gran bel carattere, essendo stato coinvolto, dopo il processo, in alterchi durante i quali ha fatto uso di violenza fisica e mostrato senza troppi problemi un’arma da fuoco. A proposito di arma da fuoco: quella usata per freddare Trayvor Martin è stata venduta all’asta da Zimmerman lo scorso Maggio per 250mila $, denaro con il quale egli dichiara di voler sostenere non meglio specificati “gruppi d’interesse”.

La Mother Emanuel African Methodist Episcopal Church, è una chiesa di Charleston, nella Carolina del Sud, USA, fondata nel 1816 dopo la scissione dalla chiesa metodista bianca nella quale dominava il razzismo. Uno dei membri fondatori fu Denmark Vesey, uno schiavo che comprò la propria libertà con il denaro vinto ad una lotteria, ma che non riuscì coi pochi soldi risparmiati col suo duro lavoro di muratore ad affrancare la moglie e la figlia, anch’esse schiave. Nel 1822 Vesey venne impiccato insieme ad altri 34 uomini dopo un processo svoltosi in segreto per essere stato accusato di aver organizzato una cospirazione atta ad uccidere i proprietari di schiavi a Charlestone, liberare gli schiavi e fuggire ad Haiti. La Mother Church venne bruciata da razzisti bianchi. Ricostruita definitivamente solo nel 1865, diverrà quasi un secolo più tardi uno dei centri della protesta per i diritti civili. Quella della chiesa e della comunità di fedeli che l’ha animata nel corso del tempo è una storia notevole, quasi simbolica e non sono in pochi a saperlo. Tra questi il giovane ventunenne suprematista bianco Dylann Roof, che il 17 Giugno del 2015 apre il fuoco sui/lle fedeli radunati/e dentro la chiesa, uccidendone 9. Catturato poche ore dopo dalla polizia, Roof si trova attualmente in carcere, il processo che lo vede imputato è iniziato il mese scorso. Su un sito web registrato da Roof pochi mesi prima che compisse la strage egli esterna le proprie convinzioni sulla superiorità della razza bianca e afferma che è stato l’omicidio di Trayvon Martin ad “aprirgli gli occhi”, perchè sono necessarie “azioni drastiche” per riaffermare il potere bianco in Nord America e in Europa.

Chi semina vento raccoglie tempesta”: un verso biblico che si sente citare spesso. Chissà se quel 17 Giugno di un’anno fa nella chiesa metodista di Charleston, durante l’ora di lettura della Bibbia, si discuteva anche di quel passaggio dell’ Antico Testamento. Di certo si tratta di un detto adatto a commentare quel che è accaduto pochi giorni fa ai due assassini nominati poco sopra. George Zimmerman si trovava in un ristorante nella zona di Sanford l’ultimo fine settimana di Luglio. Notando un tizio con un tatuaggio della bandiera degli Stati Confederati d’America, (la stessa bandiera che Dylann Roof mostra con orgoglio in alcune foto postate sul suo sito web, un simbolo considerato razzista da molti, non solo negli States), gli fa i complimenti e si identifica come “quello che ha sparato a Trayvon Martin”, per confermarlo tira addirittura fuori la carta d’identità. A quel punto un altro avventore del locale, identificato semplicemente come Eddie, si avvicina e gli dice “You’re bragging about that? You better get the fuck out of here” (“Te ne stai vantando? È meglio che ti levi dal cazzo”). Ne segue un’accesa discussione, al termine della quale Eddie sferra un potente cazzotto al volto di Zimmerman, lasciandolo sanguinante con gli occhiali fracassati per poi dileguarsi a bordo di una Harley Davidson prima del sopraggiungere della polizia. Pochi giorni dopo, la mattina del 4 Agosto, Dylann Roof viene assalito da un altro detenuto nel carcere di Charleston, nel quale è recluso in attesa di giudizio. L’aggressore, il 26enne di colore Dwayne Stafford, colpisce Roof provocandogli lividi e abrasioni. Intanto Stafford è appena uscito di prigione in attesa del suo processo che lo vede imputato per rapina: ha potuto pagarsi la cauzione grazie ai 100mila $ donati anonimamente da parecchie persone in un arco di tempo brevissimo su un sito di raccolta fondi appena diffusasi la notizia del pestaggio ai danni di Roof. Uno dei commenti più frequenti che gira per il web riguardo i due casi di giustizia “sommaria” nei confronti dei due razzisti: troppo tardi, troppo poco. A me piace pensare che ci siano persone che ancora hanno il coraggio di non tacere e di non stare ferme di fronte al razzismo ed alle sue manifestazioni concrete e mi piace anche pensare che, almeno qualche volta, anche se in piccolo, chi semina raccoglie.

Buonista un cazzo.

Quante volte ho sentito lanciare l’accusa di “buonismo” nei confronti di persone che si preoccupavano sinceramente per i diritti di minoranze, categorie sociali deboli, soggetti discriminati? Troppe, direi. Tra quelli/e che hanno sempre in bocca la parola “buonista”, pronti/e a sputarla contro chiunque mostri anche solo un minimo di empatia umana, c’è chi sul politicamente scorretto, sull’insulto gratuito, sulla provocazione a fini reazionari e sullo stivale premuto in faccia al debole e all’oppresso ci ha costruito la propria carriera politica. Uno di questi tanti, troppi personaggi regolarmente ospiti di quei salotti televisivi che sono la morte della cultura e del confronto fra opinioni argomentate con logica e fatti, uno di quei personaggi che mangiano a sbafo grazie ad un lauto stipendio da carica istituzionale alla faccia di chi lavora veramente o un lavoro non riesce a trovarlo nonostante gli sforzi, uno che fino a ieri intratteneva il pubblico con provocazioni atte a offendere e avvilire omosessuali, migranti, donne, musulmani, italiani/e meridionali, vittime delle disuguaglianze sociali con veri e propri siparietti capaci di mandare in visibilio i suoi aberranti soci razzisti forcaioli, uno di quelli che godono nel veder annegare gli immigrati nel Mediterraneo e che potendo brucerebbero i campi rom o li spianerebbero con la ruspa, che vorrebbero negare diritti fondamentali a chi secondo loro ama in modo diverso dalla “norma” o crede in un Dio che non è il loro, che trattano gli esseri umani che loro ritengono inutili o dannosi per la loro causa come spazzatura, uno di quelli che proliferano in un sistema di corruzione e malaffare ma sono sempre pronti a scagliare la prima pietra, uno di quelli che hanno fatto dell’odio nei confronti del diverso il loro pane quotidiano, uno di questi ladri di ossigeno, per concludere, s’è levato dai piedi. Per sempre. L’unico rammarico è che non si sia portato dietro tutti i suoi degni compari, ma mi rendo conto che sarebbe chiedere troppo. La sua scomparsa rende il mondo un posto migliore? Io, da buonista, penso che la risposta sia sì. Magari solo un pochettino, ma d’altra parte mi piace pensare che non siano solo i migliori quelli che se ne vanno, prima o poi tocca a tutti/e e in casi come questo, meglio prima che poi. Peace and love!

Più di mille parole.

Ci sono immagini capaci di comunicare verità e spiegare situazioni più di quanto possano fare mille parole. Eppure i discorsi, tanto nella loro profondità e complessità quanto riassunti finchè possibile in poche parole, sono indispensabili, anche se non sempre vengono recepiti. C’è chi antepone paure irrazionali, pregiudizi e informazioni sbagliate e non verificate a fatti e analisi, rifiuta il confronto ed è sordo a qualsiasi argomento. Con queste persone spesso accade di discutere fino allo sfinimento, sempre che stiano ad ascoltare, per poi accorgersi di aver parlato al vento. Si può spiegar loro come tutte le “culture” siano in fondo multiculture, non siano monolitiche, si evolvano col tempo, siano soggette a cambiamenti e commistioni e come la “nostra” non sia necessariamente migliore di altre; si può far presente che le cause che costringono le persone ad abbandonare i luoghi nelle quali sono nate hanno solitamente origini sociali, politiche ed economiche e che per far sì che nessuno/a sia costretto/a ad emigrare è indispensabile risolvere il problema alla radice in un’ottica emancipatoria, egualitaria ed antiautoritaria; si può far presente che gli/le immigrati/e, in determinate circostanze, fanno comodo al capitalismo e quando non fanno più comodo vengono criminalizzati, deportati o costretti comunque a tornare da dove sono venuti o ghettizzati nel Paese nel quale si trovano; si può ricordare come colonialismo e imperialismo abbiano gettato le basi per le tragedie odierne che hanno luogo in Siria, Iraq, Mali, Nigeria, Somalia, Libia, Afghanistan e altrove, si può far presente come ancora oggi ai potenti nostrani faccia comodo supportare dittature, tacere sulle violazioni dei diritti umani, fomentare divisioni etnico-tribali, esportare armi ed evitare la via diplomatica per risolvere i conflitti ricorrendo a interventi militari quando conviene; si può smontare ogni menzogna diffusa dal primo ignorante di passaggio sui privilegi concessi agli/lle immigrati/e e sui danni che essi provocherebbero alla nostra economia/cultura/nazione… Si può, si deve. Costi quel che costi, col rischio di farsi disprezzare o peggio da chi sputa veleno e sentenze senza conoscere i fatti, senza interrogarsi, senza avere un briciolo di umanità né di solidarietà. Prima o poi qualcuno dei/lle nostri/e interlocutori/trici drizzerà le orecchie, aprirà gli occhi, accenderà il cervello. Vale la pena tentare: con le immagini, le parole, la musica, coi fatti concreti, sempre e comunque.

Lyrics:

Wrong place of birth, wrong papers, wrong accent
“Your presence here is unacceptable accident“
They turn backs on them, puppetry level’s excellent
They’re spitting lies in their eyes and never hesitate

You know what I’m saying, it’s time to spare your prayers
They look the other way for terrorists, smugglers and slavers
But if you’re running for your life, trying to escape the slaughter
They’ll let your wife die and feast on your sons and daughters

Poison the water, the feast of legalized murder
Their lies about human rights don’t cost a quarter
They bomb your home, let the beast roam, close the border
And feed the world another tale by double-tongued reporter

Forward to the past, Can I ask? Do you remember
How the allies were sending people back to gas chamber?
Beware the beast, at least you know what to expect
The circle closes and the history repeats itself

Hook 2x:
Papers, please! They get you on your knees
Straight face, race to the death, Deaf to your pleas
Who’s the real illegal people, who’s the real disease?
We’re all immigrants, We’re all refugees.

The circle closes and the history repeats itself
Like 80 years ago abandoning those to the death
Who happened to be born on the wrong side of the fence
Ignoring obvious atrocities and cries for help

Not all was apathy – fallacy, lost humanity
Progressive wanna-be society begets another malady
No remedy, humanitarian calamity
another people denied the right to live with vanity

Another Human race catastrophe,
Another instance of entitled masses showing lack of empathy
Authorities are waging war, you people lie in idleness
Refuse to take responsibility for leaders’ violence

Communities of hypocrites reveal their rotten values
“Civilized world” devoid of basic principles of kindness
Close minded, close the borders: entry denied
The price of economic comfort is their innocent lives

Hook 2x:
Papers, please! They get you on your knees
Straight face, race to the death, Deaf to your pleas
Who’s the real illegal people, who’s the real disease?
We’re all immigrants, We’re all refugees.

Face the facts, no thanks, “Your passport lacks stamps
Please go back for war, torture and the death camps”
Join the ranks, labeled as illegal people
Cursed by those who suck blood from golden calf’s nipple

Broken families, tragedies, who the devil is
They put another spiked wall on the land they’ve seized
Barbed wire, peace expires, lost evidence
Infection of the whole soul, unknown genesis

Contro tutti i nemici della libertà.

Una giornata di merda. Per chi rispetta la vita umana, per chi ama la libertà che da oggi sarà più limitata che mai, per chi odia i confini degli Stati che verranno chiusi impedendo l’accesso di chi fugge dallo stesso terrorismo che oggi ha colpito gli/le abitanti di Parigi. Un giorno di merda, ma non l’unico, non solo in un posto. Tutti parlano di Parigi, pochi di Beirut, troppi dimenticano i morti sotto le bombe francesi in Libia, Mali, Siria. Qualcuno dice che si tratta della strage più grave avvenuta in Francia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, altri però ricordano quei morti del 1961, algerini che manifestavano nella capitale contro il colonialismo e che vennero massacrati dalla polizia, i cadaveri gettati nella Senna, più di 200 i morti. La chiamano democrazia, Stato di diritto, ma è retta da interessi economici di pochi, si mantiene con guerre, sfruttamento, controllo ed oppressione, si fonda sulla disuguaglianza, sulle divisioni, sul dominio. C’è chi a quest’ordine di cose vorrebbe sostituire forme ancor peggiori di dominio, oppressione, discriminazione, punizione per chi non accetta l’ordine imposto. E c’è chi si sfrega le mani e ne approfitta per attizzare l’odio razzista e xenofobo. Siamo sotto attacco, è vero: ci attaccano le guerre condotte in altri Paesi e gli attentati terroristici “a casa nostra”, gli Stati con il loro imperialismo, i loro eserciti, le loro polizie, le loro misure “low and order”, le loro frontiere, i loro interessi che non sono i nostri, ci attaccano gli oscurantisti e i fondamentalisti religiosi, i razzisti e i nemici della solidarietà umana. La nostra lotta, non da oggi, la conduciamo su diversi fronti: chiedetelo ai/lle compagne di Ankara e di Kobane, di Damasco e di Parigi e chiedetelo pure a me. Daesh colpisce, gli islamofobi ringraziano, i governi ne approfittano, mentre a pagarne le conseguenze sono coloro i/le quali cadono vittime del terrorismo, di quello che si esprime coi kalashnikov che sparano su persone a caso per le strade e nei locali di una qualisiasi cittá europea o di quello che fa strage sotto forma di interventi militari “liberatori”, in Irak come in Afghanistan, in Libia come in Siria. Chiedetevi da dove nasce il problema, chiedetevi da dove arrivano Al-Qaeda, ISIS, Al-Nusra, Boko Haram, chiedetevi da dove pescano consensi Front National, English Defence League, Pegida e Lega Nord. Riflettete con luciditá anche nei momenti nei quali la ragione viene sopraffatta dalle emozioni e agite di conseguenza, come quei/lle dimostranti che a Lille, durante una manifestazione per le vittime di Parigi, hanno avuto la lucidità e la fermezza necessarie per respingere un gruppo di razzisti che si volevano unire al corteo. Una piccola buona notizia in una giornata di merda come tante, non l’unica, non l’ultima.

Lieber Afrikaner/Cari africani.

Video satirico tedesco del 2011 sullo splendido rapporto di amicizia tra l’Europa ed i popoli africani e sul generoso trattamento riservato agli immigrati nel vecchio continente. La traduzione in italiano è opera mia.

“Caro africano, già in passato noi europei abbiamo diffuso nel tuo continente benessere e felicità e anche oggi mandiamo a te ed ai tuoi governi molti soldi e molti regali. Naturalmente sappiamo che non tutti da te sono pronti per la democrazia, ma noi siamo tolleranti: finché il commercio funziona, noi non ci immischiamo…altri Paesi, altri costumi! Ma, nel caso con il commercio qualcosa non vada per il verso giusto, ti mandiamo volentieri i nostri “aiutanti per l’economia” in soccorso, perché se l’economia va bene anche le persone stanno bene. Così tutti ci guadagnano qualcosa, noi europei riceviamo da te un pó di materie prime e risorse naturali e ti regaliamo in cambio i prodotti della nostra civilizzazione europea…anche la tua numerosa prole ne risulta contenta! Dopo tutta questa nostra generosità comprendiamo il fatto che tu voglia venire in Europa per ringraziarci personalmente, perciò sosteniamo tutti i Paesi attraverso i quali dovrai viaggiare in modo che essi possano costruire le infrastrutture necessarie a rendere il tuo viaggio il più confortevole possibile. E non é tutto, caro africano: se ce l’hai fatta ad arrivare fino al Mediterraneo, verrai aiutato dai nostri amichevoli dipendenti del Frontex, che faranno in modo che tu non ti perda nell’ immensità del Mediterraneo e ti offriranno lezioni gratuite di nuoto. E visto che ogni anno aumentiamo i finanziamenti per Frontex , loro potranno assicurarti che tu abbia sempre abbastanza acqua a bordo e, lavorando contemporaneamente con i tuoi parenti africani, trasformeranno il fondale marino in una bella passerella. Caro africano, quando ( se ) arrivi da noi in Europa, noi teniamo pronta per te una confortevole sistemazione dove puoi finalmente riposarti in pace dopo il faticoso viaggio durato mesi e puoi partecipare alla nostra lotteria per ottenere l’asilo: se vinci puoi rimanere da noi in Europa e guardare ad un roseo futuro. Se però non vinci non devi comunque essere triste, caro africano, perché ricevi comunque come premio di consolazione un biglietto gratuito per il viaggio di ritorno in Africa…e lì il tempo é molto migliore che qui da noi in Europa!”

Si scrive tragedia, si legge massacro.

“Coloreremo il mare con il vostro sangue”, minacciavano i jihadisti dell’ ISIS lo scorso Febbraio in uno dei loro deliranti video rivolti all’Italia. A tingere il Mar Mediterraneo non è però il sangue degli italiani, ma quello di migliaia di disperati/e partiti/e su imbarcazioni di fortuna dalle coste del Nord Africa, che finiscono spesso per perdere la vita nel tragitto. Due giorni fa, di fronte a più di 900 migranti vittime dell’ennesima tragedia della disperazione, massmedia e politici di tutta Europa fanno a gara nel proclamare il proprio sdegno e nell’individuare cause e soluzioni per evitare che certi drammi si ripetano in futuro. Fatta la somma delle dichiarazioni che vanno per la maggiore, provenienti da diverse istituzioni e rappresentanti politici e governativi, il messaggio potrebbe suonare all’incirca così: “servono più fondi e mezzi per rendere sicuro il Mar Mediterraneo, le politiche di accoglienza dei rifugiati richiedenti asilo vanno migliorate, va combattuto il traffico di esseri umani e puniti più severamente gli scafisti, le persone che fuggono verso l’Europa vanno aiutate a casa loro”. Lo sciacallaggio degli scafisti e la minaccia dell’ISIS e dei conflitti locali come cause, gli aiuti allo sviluppo per i Paesi fonte di emigrazione e il pattugliamento marittimo come soluzioni…Tutto qui? Di quei 900 esseri umani periti in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa, molti provenivano da Iraq e Afghanistan, Paesi invasi e devastati da guerre imperialiste scatenate da potenze occidentali per puri interessi economici e strategici. È vero che molti fuggono dalle violenze perpetrate da gruppi fondamentalisti islamici, ma è indispensabile ricordare che, prendendo l’esempio della Nigeria, Boko Haram è un problema recente, mentre a devastare ambiente ed economie locali e a spargere il terrore sono da decenni le compagnie petrolifere che rapinano i/le nigeriani/e delle ricchezze della loro terra, fomentando guerre locali e foraggiando regimi autoritari, mettendo a ferro e fuoco i villaggi che si oppongono all’avvelenamento della terra ed alle condizioni di vita miserabili riservate ad ampie fasce della popolazione private delle più elementari fonti di sostentamento. Anche in Siria, mancando la benchè minima volontà da parte delle potenze interessate “a distanza” dal conflitto di risolverlo con la dipolomazia, gruppi come l’ISIS hanno avuto la possibilità di rafforzarsi ed espandere il proprio raggio d’azione grazie al sostegno delle potenze occidentali, che ancora fino a poco tempo fa appoggiavano quest’organizzazione in chiave anti-Assad. A far fuggire tante persone dai loro luoghi di origine sono perciò conflitti, dittature e disastri economici che hanno spessissimo origine nella volontà da parte degli Stati “ricchi” di mantenere ed espandere le proprie ricchezze ed il proprio dominio. D’altra parte, al di là dell’ipocrisia e della retorica dei politicanti europei, di fronte a crescita, competitività, espansione sul mercato, produttività, aumento del prodotto interno lordo, le vite umane contano ben poco, specialemnte se sono quelle di abitanti di Paesi “poveri”. Aiutarli a casa loro dovrebbe significare lasciarli in pace, liberarli dalla morsa delle multinazionali, del debito, delle occupazioni militari, dalla devastazione del territorio, dalle dittature per procura e dai gruppi di mercenari, ma tutto ciò è impensabile per le potenze occidentali. Fuggiti/e verso l’Europa, i/le migranti che sopravvivono al viaggio e agli aguzzini che glielo organizzano devono vedersela con la burocrazia, col razzismo statale e con quello di quei/lle cittadini/e europei/e che temono di perdere i loro privilegi o i loro diritti per mano dei/lle nuovi/e arrivati, non rendendosi conto che i diritti li si conquista con la lotta unitaria di tutti/e gli/le oppressi/e e sfruttati/e e li si perde quando ci lascia dividere da chi ha interesse a dominarci per poterci meglio sfruttare. Ed è proprio lo sfruttamento, il più brutale, che attende gli/le immigrati/e che riescono a rimanere nel vecchio continente. Manodopera a basso costo che esegue le mansioni più logoranti, faticose e pericolose in cambio, nel migliore dei casi, di una scarsa remunerazione e senza la possibilità di far valere i propri diritti legali. Ci sono però una minoranza di immigrati/e che hanno ottimi titoli di studio, esperienza lavorativa in settori particolari: questi servono all’economia “emersa”, pertanto sono ufficialmente i benvenuti ed anche i politici neoliberisti e della destra moderata li accolgono volentieri. Gli/le altri/e vanno bene come carne da macello, capri espiatori, bassa manovalanza, argomenti di bassa lega per partiti e movimenti razzisti, fonte di guadagno per organizzazioni legali e criminali, valvola di sfogo per frustrati e ignoranti incapaci di ribellarsi contro chi è veramente causa della miseria delle loro vite. E pensare che chi fugge verso la Fortezza Europa cerca solo una vita normale. Forse non tutti/e immaginano che ad aspettarli/e ci sia proprio la normalità, con le fauci spalancate, pronta a sbranarli.

PEGIDA e il razzismo che avanza in Germania.

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Sembrano esserci riusciti, gli islamofobi tedeschi, a trovare un contenitore ed una strategia appropriati per portare per le strade  il loro messaggio con un seguito consistente di seguaci. Dopo i tentativi falliti di creare un nutrito movimento di protesta conto immigrazione ed islam, portati avanti già da alcuni anni a questa parte dalle organizzazioni della destra populista PRO- (PRO-Deutschland, PRO-NRW, Pro-Köln, ecc…), a manifestare per le strade di diverse città tedesche è stata recentemente l’iniziativa HO.GE.SA (“Hooligans Gegen Salafisten”, “hooligans contro i salafisti”), animata da frange violente del tifo calcistico in gran parte autodichiaratesi apolitiche e da personaggi legati ad ambienti di estrema destra. Nonostante alcuni successi di partecipazione numerica, come nel caso della manifestazione tenutasi a Colonia lo scorso 26 Ottobre alla quale parteciparono dalle 4000 alle 4500 persone, l’HO.GE.SA non è un movimento attraente per il cittadino medio tedesco avente tendenze reazionarie e razziste, al quale si rivolge invece il messaggio tanto semplice quanto facente leva su sentimenti irrazionali, sciovinismo e darwinismo sociale del movimento PEGIDA (“Patriotische Europäer Gegen Islamisierung Des Abendlandes”, “patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente”). Difatti le manifestazioni organizzate da e con gli hooligans sono situazioni nelle quali la folla si scatena dando sfogo alla violenza in buona parte fine a se stessa, ma anche indirizzata verso il “diverso”, come nel caso del grosso corteo a Colonia, iniziato con lanci di bottiglie e bengala e aggressioni contro negozi e persone dall’aspetto “straniero”, proseguito col rovesciamento di una camionetta della polizia e interrotto infine dalle cosiddette forze dell’ordine. Il movimento di protesta PEGIDA, attivo dall’autunno 2014, promette invece di non voler usare la violenza: esso si rivolge ai cittadini tedeschi preoccupati per le politiche a loro dire troppo permissive in materia di immigrazione, riecheggiando in parte rivendicazioni fatte proprie dal partito euroscettico e ultraconservatore AfD (“Alternative für Deutschland”, “Alternativa per la Germania”) e presentandosi come movimento che intende difendere la libertà di opinione ed il benessere tedesco, minacciati dall’avanzare dell’islamismo in Germania e dai troppi diritti e sussidi concessi agli immigrati, promuovendo passeggiate in diversi  centri tedeschi per richiamare l’attenzione della classe politica e della cittadinanza su tali problematiche.

Ma guardiamo più da vicino le idee di questi “patrioti europei antiislamici”. Nella sostanza le loro richieste sono simili a quelle di diversi partiti e movimenti europei della destra populista, moderate nei toni dei proclami ufficiali rintracciabili sul web, ma più radicali quando espresse nelle piazze o nelle conversazioni private. Accanto al classico euroscetticismo in nome della sovranità nazionale si evidenziano chiare posizioni razziste, laddove si paventa una minaccia da parte di culture diverse da quella locale o più genericamente da quella “occidentale” con particolare riferimento al mondo islamico, si accusano i  migranti di voler abusare di diritti e ammortizzatori sociali e si associa la presenza di “stranieri” all’aumento della criminalità, anche quando i dati statistici non supportano queste tesi; l’unico tipo di immigrazione accettabile è quello di persone qualificate ed istruite che possano giovare al benessere economico della Nazione e che vogliano integrarsi alla svelta, il tutto in una chiara ottica di darwinismo sociale ed in funzione sciovinista. È d’obbligo qundi un richiamo ai valori tradizionali, perciò anche alla famiglia come classico nucleo composto da uomo e donna con ruoli ben definiti ( ecco l’elemento omofobo e sessista, nemmeno troppo latente) ed al “popolo tedesco” come “comunità nazionale” che dovrebbe venir interpellata nelle decisioni prese dal parlamento: qui non è tanto la critica parziale alla democrazia rappresentativa che dovrebbe saltare all’occhio, quanto la volontà di richiamarsi al “modello svizzero”. In questo quadro reazionario, discriminatorio ed esclusivo non può certo mancare il richiamo all’ordine calato dall’alto e mantenuto con la violenza dallo Stato, laddove si chiedono più mezzi e poteri per la polizia (ironico, quella stessa polizia attaccata dai manifestanti dell’ HO.GE.SA. a Colonia…). Abbozzando un’analisi sociologica, risulta evidente che a raccogliersi attorno alla sigla PEGIDA sono persone bisognose di un’identità di gruppo, che si sentono minacciate da un possiblie decadimento del loro benessere e che rivalutano se stesse individualmente, superando i propri complessi d’inferiorità e le proprie incertezze, attraverso la marginalizzazione e l’attacco nei confronti di categorie di persone considerate “inferiori”. Bisognosi di una guida e di un contenitore all’interno del quale esprimere la propria rabbia, sono spesso resistenti ad argomenti razionali e dati di fatto che contrastino con le loro tesi. L’unico motivo per il quale un movimento come PEGIDA si dichiara avverso al neonazismo -smentendosi nei fatti- è la volontà di entrare a far parte di un discorso politico che non venga ritenuto né resti marginale e possa quindi attrarre maggiori consensi ed attenzione anche da parte della classe politica dominante.

Sarebbe opportuno inoltre gettare uno sguardo, oltre che alle idee promosse da PEGIDA, anche ai personaggi che animano il movimento. Il fondatore dell’iniziativa protestataria è un certo Lutz Bachmann. Classe 1973, di Dresda, un passato turbolento alle spalle fatto di processi e condanne per guida in stato d’ebbrezza, furto e rapina, calunnia, istigazione a delinquere, violazione della legge sul pagamento degli alimenti (Verletzung der Unterhaltspflicht) e lesioni, Bachmann riuscì per alcuni anni a sottrarsi alla giustizia tedesca emigrando (!) in Sudafrica , Paese dal quale venne cacciato dopo esser stato trovato per due volte in possesso di cocaina. Tra i promotori delle singole manifestazioni si trovano esponenti dei movimenti PRO-, mentre tra i partecipanti sono riconoscibili elementi noti del neonazismo organizzato e alcuni di quegli Hooligans, sedicenti apolitici, che hanno partecipato ad altre manifestazioni promosse sotto la sigla HO.GE.SA. Anche alcuni politici del Partito AfD non disdegnano mostrarsi alle “passeggiate” islamofobe prendendo addirittura all’occorrenza la parola sul palco. Eppure, nonostante alcune di queste tanto inequivocabili quanto ingombranti presenze, le “tranquille” e “pacifiche” passeggiate organizzate da PEGIDA sono riuscite ad attrarre “comuni cittadini” il cui latente razzismo si combina con un’attitudine poco incline allo scontro violento o al teppismo: poco importa se poi ai margini di tali “passeggiate” non siano mancate aggressioni contro manifestanzi antirazzisti ad opera degli elementi meno inquadrati nel concetto di facciata del “cittadino medio preoccupato”. L’epicentro delle proteste islamofobe è Desda, dove ogni Lunedì si svolgono le passeggiate di PEGIDA. Il numero di partecipanti è salito dalle 350 persone della prima iniziativa svoltasi lo scorso 20 Ottobre alle 10-15mila del 15 Dicembre (nona manifestazione finora). In altre città le derivazioni locali di PEGIDA ( DüGIDA a Düsseldorf, KAGIDA a Kassel, WüGIDA a Würzburg, BOGIDA a Bonn…) hanno avuto meno successo, ma in alcuni casi hanno potuto comunque contare sulla presenza di diverse centinaia di partecipanti.

Di fronte al triste spettacolo di razzisti che tentano di rendere popolari e accettabili le loro idee gli/le antifascisti/e e antirazzisti/e non sono rimasti/e a guardare. A Dresda, pur essendo spesso in inferiorità numerica, hanno bloccato in almeno due occasioni i cortei di PEGIDA, in altre città si sono presentati all’appuntamento in forze numericamente superiori: esemplare è il caso di Bonn, dove alla prima iniziativa di BOGIDA hanno preso parte 300 persone, alle quali 1600 controdimostranti hanno impedito non solo di “passeggiare”, ma anche di tenere un qualsiasi comizio udibile a distanza, subissando i razzisti radunati in pochi metri quadri con fischi, slogan e musica. È proprio la superiorità numerica, unita a strategie appropriate alla situazione in corso, l’elemento principale sul quale possono contare in diversi casi gli/le oppositori/trici di PEGIDA nel contrastare e impedire le iniziative razziste. A monte rimane indispensabile un lungo e paziente lavoro quotidiano di contrasto di qualsiasi tendenza razzista, sessista, omofoba, sciovinista e nazionalista, in qualsiasi forma tali tendenze si manifestino.