Buonista un cazzo.

Quante volte ho sentito lanciare l’accusa di “buonismo” nei confronti di persone che si preoccupavano sinceramente per i diritti di minoranze, categorie sociali deboli, soggetti discriminati? Troppe, direi. Tra quelli/e che hanno sempre in bocca la parola “buonista”, pronti/e a sputarla contro chiunque mostri anche solo un minimo di empatia umana, c’è chi sul politicamente scorretto, sull’insulto gratuito, sulla provocazione a fini reazionari e sullo stivale premuto in faccia al debole e all’oppresso ci ha costruito la propria carriera politica. Uno di questi tanti, troppi personaggi regolarmente ospiti di quei salotti televisivi che sono la morte della cultura e del confronto fra opinioni argomentate con logica e fatti, uno di quei personaggi che mangiano a sbafo grazie ad un lauto stipendio da carica istituzionale alla faccia di chi lavora veramente o un lavoro non riesce a trovarlo nonostante gli sforzi, uno che fino a ieri intratteneva il pubblico con provocazioni atte a offendere e avvilire omosessuali, migranti, donne, musulmani, italiani/e meridionali, vittime delle disuguaglianze sociali con veri e propri siparietti capaci di mandare in visibilio i suoi aberranti soci razzisti forcaioli, uno di quelli che godono nel veder annegare gli immigrati nel Mediterraneo e che potendo brucerebbero i campi rom o li spianerebbero con la ruspa, che vorrebbero negare diritti fondamentali a chi secondo loro ama in modo diverso dalla “norma” o crede in un Dio che non è il loro, che trattano gli esseri umani che loro ritengono inutili o dannosi per la loro causa come spazzatura, uno di quelli che proliferano in un sistema di corruzione e malaffare ma sono sempre pronti a scagliare la prima pietra, uno di quelli che hanno fatto dell’odio nei confronti del diverso il loro pane quotidiano, uno di questi ladri di ossigeno, per concludere, s’è levato dai piedi. Per sempre. L’unico rammarico è che non si sia portato dietro tutti i suoi degni compari, ma mi rendo conto che sarebbe chiedere troppo. La sua scomparsa rende il mondo un posto migliore? Io, da buonista, penso che la risposta sia sì. Magari solo un pochettino, ma d’altra parte mi piace pensare che non siano solo i migliori quelli che se ne vanno, prima o poi tocca a tutti/e e in casi come questo, meglio prima che poi. Peace and love!

Germania: la fregatura del salario minimo garantito.

ImageDal 1 Gennaio di quest’anno in Germania è entrata in vigore la legge sul salario minimo che prevede una retribuzione oraria non inferiore agli 8,50 € lordi all’ora. L’approvazione della legge, nata dal compromesso tra socialdemocratici e cristiano-democratici, è stata festeggiata dai primi come conquista sorica e accettata dai secondi come compromesso necessario per governare in una coalizione allargata. Le voci critiche nei confronti della nuova legge provengono da una parte da diversi sindacati e dal partito di sinistra Die Linke (che lamentano limitazioni al ribasso sul salario stabilito ed esclusione  di alcuni settori lavorativi), dall’altra da economisti neoliberisti, banche e imprenditori (che parlano di possibili perdite di posti di lavoro e freno alla competitività tedesca sui mercati internazionali a causa dell’aumento dei costi del lavoro). Una posizione ancor più critica è quella, manco a dirlo, espressa dagli/lle anarcosindacalisti/e, che evidenziano come provvedimenti di tale natura nascano in primo luogo dall’esigenza da parte di Stato e capitale di evitare malumori e proteste nelle fila dei/lle lavoratori/trici affinchè venga mantenuta la pace sociale. Senza dover spaccare il capello in quattro, si può far notare subito come questa legge, prima di essere approvata, sia rimasta imbalsamata per decenni nell’agenda politica di diversi riformisti di sinistra, finendo poi per garantire nell’anno di grazia duemilaquindici un salario lordo minimo orario di soli 8,50 € nello Stato con una delle economie più forti all’interno dell’UE, mentre in altri Paesi europei sono già previsti per legge salari minimi più alti: in Irlanda 8,65 €, nei Paesi Bassi 9,07 €, in Belgio 9,10 €, in Francia 9,53 € ed in Lussemburgo 11,10 €. Esistono poi una serie di categorie lavorative il cui contratto collettivo prevede salari più bassi rispetto a quello di 8,50 €, ad esempio parrucchieri 8 € (Ovest) e 7,50 € (Est), industria delle carni 8 €, settore agrario e forestale 7,40 € (Ovest) e 7,20 (Est). Anche dipendenti dell’industria tessile e dell’abbigliamento, distributori di giornali, impiegati/e nelle lavanderie, impiegati da agenzie iterinali, minorenni non qualificati, liberi collaboratori (free lance), apprendisti e praticanti non hanno diritto al salario minimo, così come non lo hanno i disoccupati a lungo termine per i primi sei mesi di reimpiego, i cosiddetti “1 Euro jobber/innen” e i detenuti. Tirando le somme, se è vero che quasi 4 milioni di lavoratori in Germania vedranno aumentato il proprio stipendio in seguito ala legge appena entrata in vigore (già questo è un indicatore di quanto bassi fossero i salari per molti fino a ieri), molti/e altri/e lavoratori/trici non beneficeranno subito degli aumenti o probabilmente non ne beneficeranno mai, oppure in altri casi otterranno aumenti previsti negli anni a venire che non saranno pari a quelli dei/lle loro colleghi/e più “fortunati/e”, rimanendo quindi dipendenti di serie B. Viene fatto notare inoltre che la tariffa di 8,50 € lordi all’ora non garantirà pensioni al di sopra della soglia di povertà, inoltre già in passato spesso il rapporto tra tassazione sugli stipendi  e reale potere d’acquisto ha in pratica reso insufficienti gli aumenti salariali.

Eppure, pur non essendo il salario minimo garantito, come ho appena fatto notare, una grande conquista per la classe lavoratrice, molti datori di lavoro faranno il possibile per non pagarlo. Alcuni trucchi che potrebbero impiegare sono la mancata retribuzione di ore di straordinario, riduzione formale delle ore di lavoro, assunzione di collaboratori free lance e modifica in tal senso dei contratti esistenti, impiego di lavoratori “affittati” da agenzie di lavoro interinale, mancato pagamento di pause sul lavoro /disponibilità di servizio/ reperibilità, impiego per periodi inferiori ai 6 mesi di disoccupati a lungo termine, calcolo in busta paga di indennità e mance… Alcune di queste pratiche sono illegali, tutte rappresentano comunque mezzucci per risparmiare sui costi del lavoro e intascare maggiori profitti a spese dei più deboli. Spetta ai/lle dipendenti, nel caso i loro diritti non venissero rispettati, organizzarsi e lottare sempre e senza esitazioni per pretendere che almeno le conquiste minime finora ottenute non rimangano lettera morta.