Forlì e Padova: due nuove occupazioni.

Fonte: Morire Contro.

” NUOVA OCCUPAZIONE A FORLI’

Via Maceri 22:un edificio di 3 piani, centinaia di metri quadrati, più di 40 appartamenti perfettamente fruibili ma sigillati e  abbandonati:infinite possibilità di utilizzi per la città negate dalla  stessa legge, lo stesso decoro, le stesse istituzioni che definiscono (e puniscono!) “delinquenti” coloro che posti come questo lo riaprono e lo liberano per tutti. A Forlì l’emergeza spazi (abitativi e non solo) la conosciamo bene e la conosciamo da anni:più di 40 persone private di un alloggio già dall’inizio di Ottobre cercavano un tetto rivolgendosi al Comune che li  ha scaricati alla Caritas (che adotta regole umilianti per i pernottamenti fino ad arrivare alle perquisizioni degli effetti personali) senza contare tutti coloro che, perchè privi di un semplice  pezzo di carta, non possono nemmeno domandare assistenza se non al prezzo di finire internati (C.I.E.) e/o cacciati via dal suolo italico. E poi tutti quelli che dormono al parcheggione Montefeltro?! I ragazzi di Forlì senza un solo spazio di socialità alternativo agli alcolici recinti ricreativi di pub e discoteche?! Tutti quelli che vorrebbero proporre iniziative e rinnovare le città e si trovano solo ordinanze poliziesche sempre più restrittive e porte in faccia?! Come conciliare queste evidenti necessità con l’immobilismo colpevole delle istituzioni che, dal canto loro, sono proprietarie di dozzine (se non centinaia) di appartamenti/locali/edifici/palazzi/terreni sfitti e abbandonati?! Noi non potevamo sopportare questa meschina privazione e ci siamo dati una risposta:occupare uno spazio comunale (perciò di tutti) e autogestirlo per dimostrare che un’alternativa radicale si può realizzare, senza più chiedere, senza più confidare nei “delegati”, senza mai più chinare il capo di fronte alle ingiustizie ritenute, a torto inevitabili e incontrovertibili. Agire in prima persona. Non per “diritto” ma per necessità.

 

Spazio Occupato MaceriA
(Parallela corso G. Regnoli)

 

Fonte: Informa-Azione.

” Padova – Nasce la Baracca Occupata

riceviamo e diffondiamo:

Oggi 27/11 abbiamo occupato lo stabile abbandonato dall’Università di Padova all’interno del complesso di ingegneria in via Marzolo, perché sentiamo l’esigenza di riprenderci un posto dove si possano far nascere percorsi di critica alla società e al sapere, dove creare una socialità autentica e dove la cooperazione prenda il posto di una competizione sempre più simile ad una guerra tra poveri. Uno spazio dove riproporre la pratica della solidarietà verso espressioni diverse della stessa lotta, che ci vedono protagonisti nelle nostre università, nelle scuole, nei quartieri, nei posti di lavoro e nelle fabbriche.
Uno spazio autogestitito dove attraverso il confronto quotidiano si riescano a rompere gli automatismi a cui finiamo per conformarci passivamente, frutto di una socialità arida e individualizzata. Spazi dove le decisioni vengano prese collettivamente e dove le pratiche siano comuni.
Per sapere le iniziative e vivere un nuovo spazio di libertà e uguaglianza passate a trovarci!

gli studenti e studentesse autorganizzati dell’ex Baracca

http://baraccaoccupata.noblogs.org/

Incendio in una fabbrica tessile del Bangladesh provoca più di 100 morti.

Fonte: Campagna Abiti Puliti.

Nuovo incendio in Bangladesh. Oltre 100 morti

tazreenLa Clean Clothes Campaign, insieme ai sindacati e alle organizzazioni impegnate per i diritti dei lavoratori in Bangladesh e in tutto il mondo, chiede un intervento immediato da parte dei marchi internazionali a seguito dell’incendio divampato in Dhaka – Bangladesh nei giorni scorsi, in cui hanno perso la vita più di 100 operai tessili.

I lavoratori morti e feriti stavano producendo indumenti per brand internazionali del tessile quando la loro fabbrica, la Tazreen Fashions, è andata a fuoco. Secondo il loro sito internet, la Tazreen produceva per una moltitudine di ben noti marchi, tra cui C&A, Carrefour, KIK e Walmart. La Clean Clothes Campaign è convinta che questi soggetti abbiano dimostrato negligenza per non aver preso contromisure efficaci ai problemi di sicurezza evidenziati da incendi precedenti, divenendo responsabili per l’ennesima tragica perdita di vite umane.

Molti dei lavoratori hanno trovato la morte mentre cercavano di scappare dal palazzo a sei piani; altri, non potendo scappare, sono arsi vivi. Il bilancio delle vittime continua a salire mentre i soccorritori cercano di farsi largo tra le macerie della fabbrica devastata. Un vigile del fuoco presente sulla scena ha riferito che non c’era nessuna uscita antincendio all’esterno dell’edificio. Le prime analisi suggeriscono che il fuoco sia partito da un corto circuito elettrico. La causa dell’80% di tutti gli incendi industriali in Bangladesh è dovuto a cablaggi difettosi.

“Molti brand sanno da anni che molte delle fabbriche in cui scelgono di produrre sono delle trappole mortali. Il loro fallimento nell’adottare misure adeguate è una negligenza criminosa” ha detto Ineke Zeldenrust della Clean Clothes Campaign.

Insieme ai partner bengalesi, la CCC chiede un’inchiesta indipendente e trasparente sulle cause dell’incendio, per una piena e giusta compensazione da pagare alle vittime e ai loro familiari e per individuare le azioni necessarie a prevenire simili tragedie in futuro.

“L’ennesima perdita di vite umane, sacrificate sull’altare di un modello industriale che produce profitti per i grandi gruppi internazionali a discapito dei lavoratori impiegati senza diritti nelle fabbriche per l’export, fortifica la nostra convinzione che occorrono cambiamenti strutturali, concreti e rapidi per rimuovere la cause alla base di tragedie come queste” continua Deborah Lucchetti di Abiti Puliti, la CCC italiana.

La CCC, insieme ai sindacati e alle organizzazioni per i diritti dei lavoratori, ha messo a punto un piano d’azione specifico che include un programma di ispezioni indipendenti e trasparenti, una rivalutazione obbligatoria degli edifici in cui si riforniscono i marchi internazionali, una ricognizione di tutte le leggi e le norme di sicurezza esistenti, un impegno a pagare prezzi adeguati a coprire i costi e il coinvolgimento diretto dei sindacati in corsi di formazione per i lavoratori su salute e sicurezza. La CCC invita nuovamente i marchi a sottoscrivere immediatamente questo piano d’azione.

I datori di lavoro e il governo bengalese devono assumersi la loro parte di responsabilità. Il governo deve effettuare un’indagine immediata sulle cause dell’incendio e perseguire coloro la cui negligenza ha causato la morte di queste donne e uomini. Inoltre, deve investire in un programma di ispezioni in tutto il Paese per accertare che gli edifici attualmente in uso siano adatti allo scopo cui sono destinati e rispettino gli standard di sicurezza. Tutti gli imprenditori in Bangladesh devono immediatamente rivedere le procedure di sicurezza in vigore nelle loro fabbriche, effettuare controlli alle strutture e agli impianti elettrici e, soprattutto, impegnarsi a collaborare con i sindacati per formare i loro operai sulle procedure di sicurezza e recepire le loro istanze.

La CCC continuerà a lavorare con i partner sul campo per accertare la dinamica esatta dei fatti e pretendere giustizia per le vittime di questa ennesima tragedia. Nel frattempo chiede a tutti coloro che operano nel settore dell’abbigliamento in Bangladesh di passare ai fatti attraverso un’azione significativa e concreta per evitare che un’altra terribile perdita di vite si ripeta in futuro.”

Vedi anche: “Bangladesh: Mehr als 100 Arbeiterinnen bei C&A-Zulieferfirma verbrannt” articolo in tedesco pubblicato sul sito della FAU.

Irlanda: oltre 15mila persone manifestano contro i piani di austerità del governo.

Oltre 15000 persone hanno manifestato Sabato scorso a Dublino contro i piani di austeritá del governo, che prevedono la ricaduta dei costi della crisi economica sulle spalle delle classi sociali meno abbienti. La protesta è stata organizzata da Dublin Council of Trade Unions (Consiglio sindacale di Dublino) e Campaign against the Household and Water Taxes (Campagna contro le tasse sul bilancio e sull’acqua) con l’intenzione di fare pressioni sul governo e in opposizione alle politiche di tagli alla spesa sociale e tassazione delle classi subalterne da esso promosse. Come sottolinea un comunicato dell’organizzazione anarchica Workers Solidarity Movement, i cui membri erano presenti alla manifestazione, “una marcia non è certo sufficiente a sconfiggere le politiche di austeritá ed il sistema capitalista che le impone. Dobbiamo portare lo spirito combattivo dell’odierna manifestazione nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle nostre comunita e continuare ad organizzare”.

(Qui una raccolta di foto della manifestazione di Sabato 24 Novembre a Dublino).

L’altra Israele.

Nel momento in cui scrivo vige finalmente la tregua, ma le vittime dell’aggressione israeliana nella striscia di Gaza, giunta al suo settimo giorno, sono salite a 164: persone con nomi e cognomi, con le loro vite alle quali è stata posta fine per mano del governo e delle strutture militari di uno Stato che non vuol sentire ragioni e va avanti nel tempo con la sua politica fatta di massacri, razzismo, prepotenza, una politica che nuoce in primo luogo ai palestinesi ma anche, collateralmente, agli stessi cittadini israeliani. Questi ultimi si trovano a dover vivere sotto la costante minaccia di attentati compiuti da persone disperate, alle quali i governi israeliani succedutisi negli anni hanno tolto sempre piú la speranza di una vita dignitosa e di una soluzione equa e pacifica del conflitto. Il terrorismo dello Stato d’Israele non viene perciò appoggiato da tutti/e gli/le israeliani/e: chi si rifiuta di obbedire all’autoritá e di partecipare ai soprusi, alla negazione di diritti elementari ed ai massacri nei confronti della popolazione di Gaza fa parte per ora di una minoranza di persone consapevoli e coraggiose che si spera diventi col tempo sempre più numerosa. Quelle che seguono sono solo alcune tra le tante storie di cittadini/e israeliani/e che hanno voltato le spalle al nazionalismo, al militarismo, al lavaggio del cervello imposto dai dogmi religiosi, all’obbedienza cieca, in nome di altri valori.

Natan Blanc, diciannovenne di Haifa, preferisce la prigione all’arruolamento nell’esercito;

Manifestazione di attivisti/e israeliani nel centro di Tel-Aviv contro l’attacco a Gaza, 15 Novembre;

Sbirri impediscono manifestazione di attivisti/e israeliani a Gerusalemme contro l’attacco a Gaza, 15 Novembre;

Obiettori/trici di coscienza israeliani;

Noam Gur and Alon Gurman refuses to serve in the Israeli military;

Refuseniks and Israeli Soldiers speaks out;

La storia di Jonathan Ben Artzi;

Lettera di un obiettore di coscienza israeliano;

Anarchici contro il muro.

Appello per la situazione a Gaza.

Fonte: Anarchaos.

“nov 15 2012

Appello per la situazione a Gaza

riceviamo e diffondiamo:

La situazione in Gaza, Palestina si è aggravata negli ultimi giorni.
Il numero dei morti cresce di ora in ora.
Il portavoce delle forza di occupazione israeliane (IOF) ha dichiarato che se necessario sono pronti a procedere con un attacco via terra.
Non è chiaro quale sarà la portata di questa nuova operazione, chiamata Clopud of Pillar, ne’ in quanto tempo si concluderà. Non vogliamo creare allarmismi inutili, ma contribuire a tenere alta l’attenzione.
Vi inoltriamo un messaggio di Adie, attivista del movimento ISM che in questo momento si trova a Gaza:

“Cari tutti, vi chiediamo tutto il supporto possibile per la popolazione assediata della Striscia di Gaza. 
Qui a Gaza, oltre 10 persone sono state uccise fino a questo momento nell’operazione israeliana chiamata “Pilastro della Difesa”, nelle ultime 7 ore; tra loro, molti bambini tra cui Raneen Arafat, 7 anni, e un bambino di 11 mesi. Abbiamo visto corpi carbonizzati di bambini morti e feriti riversarsi all’ospedale Al-Shifa di Gaza city e negli altri ospedali dislocati nella Striscia. 50 attacchi aerei su tutta la Striscia fino ad ora.
Esplosioni assordanti ci hanno scosso tutti, come le bombe atterrate vicino a noi nelle strade intorno alle università. Forti esplosioni si stanno verificando tutto intorno a noi a Gaza City mentre scrivo, intere famiglie sono state ferite. Possiamo sentire anche gli spari dalle navi da guerra israeliane. Si dice che sia possibile che molto presto ci sia l’invasione di terra. 
Più di 330 bambini sono stati uccisi nell’ultima sanguinaria operazione come questa, Piombo Fuso, che ha ucciso più di 1400 persone in totale, per lo più civili. Stiamo testimoniando da ospedali, strade e aree bombardate. Quanti, terrorizzati nelle loro case, perderanno la vita entro domani, o dopo i giorni degli attacchi aerei, via terra e via mare che Israele ha annunciato. 

VOI POTETE FARE LA DIFFERENZA. MUOVETEVI. AGITE ADESSO PER FERMARE UN’ALTRO BAGNO DI SANGUE A GAZA. L’IMMOBILISMO DEL MONDO CI HA PORTATI A QUESTO PUNTO.”

Ci impegnamo a mantenere aggiornata la pagina facebook della rete:
https://www.facebook.com/ReteItalianaIsm?fref=ts
Inoltre vi consigliamo inoltre alcuni siti in cui trovare informazioni di prima mano:
Sito del PCHR, non è aggiornato in tempo reale, ma ha le informazioni più attendibili che si trovino in rete:
http://www.pchrgaza.org/portal/en/
Maan news, è la più rapida ma talvolta da notizie imprecise:
http://www.maannews.net/eng/Default.aspx
E volendo, anche haaretz:
http://www.haaretz.com
In italiano:
http://ilblogdioliva.blogspot.it/
http://nena-news.globalist.it/
http://www.infopal.it/

su facebook:

in inglese:
https://www.facebook.com/7aso00on?fref=ts
https://www.facebook.com/updatefromgaza?fref=ts
https://www.facebook.com/ICAI2?fref=ts
https://www.facebook.com/oppalestine?fref=ts

in italiano:
https://www.facebook.com/pages/Vittorio-Arrigoni/290463280451?fref=ts
https://www.facebook.com/groups/WeAreAllOnTheFreedomFlotilla2/?fref=ts

Rete Italiana ISM “

#2: 14 Novembre, uno sciopero europeo.

Le foto sopra, riprese dall’alto in diverse cittá spagnole, dovrebbero dare un’idea di cosa sia stato (perlomeno in termini numerici) lo sciopero generale europeo del 14 Novembre appena trascorso. Nella sola Spagna hanno aderito,secondo fonti sindacali, 10 milioni di persone, il che significa trasporti bloccati, voli nazionali ed internazionali cancellati, scuole e uffici vuoti, ospedali funzionanti solo per le emergenze, nessuno in fabbrica, molti negozi chiusi. Stesso discorso per il Portogallo. In Italia lo sciopero era stato proclamato in modo parziale dalla CGIL (solo 4 ore), ma ad animarlo sono stati diversi sindacati di base, con una forte partecipazione studentesca. Buona adesione allo sciopero anche in Grecia ed alle manifestazioni di solidarietá che hanno avuto luogo in Gran Bretagna, Belgio (dove hanno scioperato i ferrovieri) e Francia (130 cortei in tutto il Paese). Numerose le azioni solidali in altri Paesi nei quali non si scioperava tra cui Polonia, Germania, Danimarca, Austria e Olanda, anche se con un numero esiguo di partecipanti.

In Portogallo (nella foto: il blocco anarcosindacalista sfila a Porto), dove ci sono stati cortei in più di 40 cittá, gli scioperanti hanno subíto durante tutto l’arco della giornata aggressioni da parte della polizia, sicuramente innervosita dal gran numero di persone che hanno circondato il parlamento a Lisbona. Per quanto riguarda l’adesione allo sciopero in Spagna è esemplare il caso della città di Vigo, in Galizia, che ha visto scendere per strada 150mila persone a fronte di 300mila abitanti: sicuramente molti di più di quelli che sono andati a votare alle scorse elezioni per il rinnovo del parlamento. In forte crescita la partecipazione nei diversi cortei a blocchi esplicitamente anticapitalisti in contrasto con quelli dei sindacati riformisti, basti pensare al blocco anticapitalista che ha sfilato a Barcellona con più di 30mila partecipanti. Numerose, al di lá dei cortei di massa, le azioni delocalizzate organizzate tra l’altro dalle diverse sezioni del sindacato anarchico spagnolo CNT. Durante il percorso dei cortei, un pò dappertutto sono state prese di mira diverse banche in modo simbolico, con lancio di uova e vernice, inoltre vi sono stati momenti di tensione nei pressi di alcuni negozi tenuti aperti dai proprietari nonostante lo sciopero. In molte occasioni la polizia ha usato la forza contro gli scioperanti, attaccando cortei, picchetti e persone isolate, non solo in Spagna (dove gli sbirri in alcuni casi hanno addirittura sparato pallottole di gomma contro i manifestanti e, specialmente a Madrid, Barcellona e Valencia, hanno ferito decine di persone in modo indiscriminato) e Portogallo, ma anche in Italia, dove sia a Torino che a Roma si sono avute cariche e scontri con i soliti pestaggi da parte di quelli che “fanno solo il loro lavoro” contro altri lavoratori. A Torino occupato simbolicamente il grattacielo del colosso bancario Intesa San Paolo, a Palermo bloccate dagli/lle studenti/esse le rotaie alla stazione centrale, così come a Napoli; in Piemonte azione solidale dei No Tav che in prima mattinata hanno bloccato l’autostrada A32, a Milano oltre alla manifestazione della CGIL (3000 persone) e a quella degli studenti (5000 persone) anche i/le lavoratori/trici dell’ospedale San Raffaele hanno sfilato organizzati nei sindacati di base (tra cui l’USI). A Bologna solo 1000 persone hanno partecipato al breve corteo della CGIL, mentre dieci volte superiore è stata l’affluenza numerica al corteo organizzato dai COBAS Scuola. Altre manifestazioni significative anche a Genova, Firenze e Pisa, dove è stata occupata la famosa torre pendente, simbolo della cittá. Sostanzialmente tranquillo (dove per “tranquillo” si intende senza scontri) lo sciopero di sole 3 ore in Grecia, che ha visto ad Atene diverse migliaia di lavoratori/trici, studenti/esse e disoccupati/e sfilare di fronte al parlamento portando con sè le bandiere di Portogallo, Spagna e Italia in segno di solidarietà internazionale con gli altri Paesi del sud Europa duramente colpiti dalla crisi economica. Una calma quasi inquietante in un Paese sull’orlo della rivolta di massa.

(Nelle foto sopra:[1] lavoratori in sciopero bloccano le rotaie nel nord di Bruxelles e [2] corteo a Bruxelles;[3] Corteo dei Sans Papier a Parigi; [4] manifestazione a Londra; [5] Solidarietà internazionale e [6] corteo ad Atene). Qui invece trovate alcuni video delle manifestazioni in diverse cittá spagnole.

14 Novembre, uno sciopero europeo.

Europe on strike against austerity: live updates

Notizie, aggiornamenti, foto e video dai luoghi dello sciopero, raccolti in un articolo in inglese su Libcom, aggiornato nello spazio dedicato ai commenti.

Timur Kacharava, sette anni fa.

Timur Kacharava era il chitarrista della band hardcore russa Sandinista!, anarchico e di conseguenza antifascista, impegnato in numerose attivitá politiche nella sua comunitá. Era proprio da un’azione del gruppo Food Not Bombs di San Pietroburgo, cittá nella quale viveva e studiava alla facoltá di filosofia, che Timur stava tornando la sera del 13 Novembre 2005, quando venne aggredito ed accoltellato insieme al suo amico e bassista della band da un gruppo di circa 12 neonazisti. Il bassista, Maksim Zgibaj, sopravviverà all’assalto nonostante diverse ferite gravi, Timur no. Timur, vent’anni, morirá sul luogo dell’aggressione. Il fatto che sette degli aggressori siano stati in seguito processati e condannati (uno solo, ritenuto materialmente responsabile dell’omicidio, a 12 anni di carcere, gli altri a pene lievi per complicitá) non è particolarmente consolante, poichè nulla riporterà in vita un compagno ucciso e perchè le condanne dei tribunali di uno Stato, quello russo, che fa scudo ai neonazisti e li usa in modo ipocrita e strumentale per mantenere un apparato autoritario e per fomentare le solite guerre tra poveri, sono solo un modo per tranquillizzare l’opinione pubblica di fronte ad un fenomeno che non si vuole combattere alla radice. La verità è che, al contrario di quanto stabilito dal processo, quella nella quale morì Timur Kacharava fu un’aggressione pianificata nel tempo e meticolosamente organizzata da parte di personaggi i cui camerat(t)i sfilano ancora oggi per le strade russe protetti dalla polizia e aggrediscono ogni anno centinaia di immigrati, antifascisti, avvocati, giornalisti che indagano sull’estremismo di destra, omosessuali e attivisti per i diritti umani, spesso con esito mortale. La verità, nuda e cruda, è che tutto questo non si esaurirà spontaneamente, si deve fare qualcosa per fermarlo. E, come diceva Timur, “Chi se non noi, quando se non ora?”.

La band Sandinista! si è sciolta a seguito dell’omicidio di Timur, dopo aver pubblicato un solo album.

Comunicato della FdCA sullo sciopero generale europeo del 14 Novembre

Fonte: Anarkismo. Per altre informazioni consiglio di tenersi aggiornati navigando sul sito multilingue interamente dedicato all’iniziativa.

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” 83° Consiglio dei Delegati della FdCA

Reggio Emilia, 28 ottobre 2012

14 novembre, primo sciopero generale europeo

Da costruire, da continuare


Mentre continua l’affondo dell’offensiva del capitale, che usa la crisi e le politiche economiche per restringere spazi, conquiste e diritti acquisiti dai lavoratori e dalle lavoratrici è sempre più evidente quanto la fase renda ancora più difficile forme di aggregazione e di prassi collettiva che emergano dall’antagonismo dei lavoratori.

Questa è una fase difficile e apparentemente senza speranza che ci vede tutti coinvolti nell’ostinarci a aprire spazi politici e di lotta per uscire dal pantano nel quale siamo stati spinti dalla ristrutturazione del capitale, economico e finanziario. Una ristrutturazione che è in atto su più livelli e che continua a guadagnare dalla crisi da un punto di vista economico, ma anche normativo e sociale. Il capitalismo ha di fatto incassato la deregolamentazione del lavoro, con cui contribuire a mettere all’angolo ogni forma di sindacalismo conflittuale e rivendicativo, continua a ridurre servizi pubblici come scuola e sanità e a modularli con enti bilaterali in differenziati livelli di accesso in base al reddito di ciascuno, cerca di distruggere ogni solidarietà sociale con la scientifica distruzione dei contratti collettivi nazionali di categoria.

Sempre più emerge l’incompatibilità del punto di vista dei lavoratori e delle lavoratrici sul nuovo impianto autoritario che coinvolge ogni attività lavorativa, pubblica e privata, che ha assunto come centrale il comando gerarchico sulla forza lavoro, in termini di diritti e di salario, diretto ed indiretto.

E anche se questo percorso si è svolto all’ombra della complicità sindacale e politica, esso è destinato ad essere messo in discussione dai protagonisti che ne stanno pagando le disastrose conseguenze. In tutta Europa la dittatura finanziaria fatta di autoritarismo padronale e di vincoli di bilancio è un attacco diretto alla condizione di vita del proletariato europeo, ed ancora una volta nella storia sono i lavoratori e le lavoratrici ad essere chiamati a prendere nelle proprie mani il proprio destino, politico e sociale.

Il 14 novembre i lavoratori sono chiamati a uno sciopero europeo, il primo segnale di risposta internazionale a un attacco portato in tutto il continente in forme diverse ma sempre durissime dalla borghesia europea ed i suoi governi contro la classe lavoratrice. E ai lavoratori va restituita la titolarità delle lotte, che saranno tanto radicali quanto i lavoratori e le lavoratrici sapranno costruirle e esserne protagonisti.

Protagonisti al di là delle appartenenze sindacali, e unificando finalmente rivendicazioni e dissenso; protagonisti al di là e nonostante la frammentazione, al di là e nonostante le logiche di bottega o di piccolo cabottaggio di chi ha scelto un’adesione al minimo sindacale da giocare più sui tavoli interni che nelle piazze, a dimostrazione della subalternità culturale e politica di buona parte del ceto sindacale, ma a conferma anche del differente impegno e sostegno a fianco della ristrutturazione del capitale e delle cadute che questa ha sulla società in termini generali.

Che siano finalmente i lavoratori in prima persona ad uscire dalla subalternità imposta dall’ideologia del capitale e dalla collaborazione sindacale, residuo di vent’anni di sconfitte figlie di un sistema di relazioni sociali ormai saltato e non più in grado di reggere lo scontro.

Con uno sciopero generale che sia dei lavoratori e delle lavoratrici e non delle sigle sindacali, che coinvolga precari e studenti, licenziati e cassintegrati, partite IVA e dei migranti.

Con uno sciopero che va costruito prima, città per città, con assemblee, e che non deve finire a fine giornata senza darsi poi appuntamento per continuare a costruire mobilitazioni.

Per ripartire alla conquista di spazi di agibilità politica e sindacale, fuori e dentro i luoghi di lavoro, rivendicando salario, orario, diritti, uguaglianza, pensioni decorose ed un welfare pubblico, che garantisca una scuola pubblica e laica a tutti.

Passaggi che oggi sembrano lontane utopie. Ma saranno i soli che potranno evitare la guerra tra poveri, tra indigeni e stranieri, nella cornice di un precariato diffuso dove si sta insinuando la barbarie e dove vien meno sempre più la solidarietà di classe.

Nostro compito, come sempre è quello di stare a fianco dei lavoratori, nei posti di lavoro e nelle piazze; perché la nostra condizione di donne ed uomini operai, impiegati, insegnanti, contadini, pensionati, studenti, precari e disoccupati, lavoratori al nero, esodati, partite IVA malpagate è la condizione mutabile all’interno di queste categorie di salariati sfruttati che stanno pagando quella che comunemente viene chiamata crisi, per nascondere il gigantesco saccheggio in atto di risorse economiche ed ambientali, di diritti e di civiltà.

Consiglio dei Delegati

Federazione dei Comunisti Anarchici

31 ottobre 2012 “