Laura Gòmez e gli/le altri/e: quando la repressione non ha bisogno di scuse.

Il 24 Aprile scorso è stata arrestata in Spagna Laura Gòmez, segretaria organizzativa del sindacato anarchico spagnolo CGT-Barcellona. Questa compagna si trova attualmente agli arresti in attesa di processo con l’accusa di incendio doloso. L’accusa si riferisce ad un episodio avvenuto durante lo sciopero generale indetto in Spagna da diversi sindacati anarchici (i maggiori dei quali CNT e CGT) il 29 Marzo di quest’anno al quale hanno partecipato, solo per citare Barcellona, 50mila persone. Fra le tante azioni, legali o illegali, messe in campo durante lo sciopero, quellla che è costata l’incriminazione della compagna Gòmez consiste nell’aver incendiato di fronte alla sede della Borsa di Barcellona un cartone contenente fac-simili di banconote: un’azione legalmente annunciata e attuata in presenza di vari organi di stampa. A chi dovesse stupirsi di fronte all’assurdità dell’accusa va ricordato come gli organi repressivi non abbiano necessariamente bisogno di un motivo per colpire, un capo d’accusa può venir inventato di sana pianta da chi tiene il coltello dalla parte del manico, perchè le leggi non solo sanno essere ingiuste, ma non sono nemmeno uguali per tutti. In un momento nel quale in Spagna aumenta il numero di senzatetto, la disoccupazione sale, lo sfruttamento si fa sempre piú feroce e le condizioni di vita per le classi subalterne peggionano considerevolmente giorno dopo giorno, mentre si annuncia che l’Unione Europea si appresta a salvare altre banche del Paese dal fallimento. qualsiasi segnale di lotta e ribellione, a prescindere dalle forme che esso assume, viene represso in modo da creare un esempio che spaventi e minacci quegli/lle oppressi/e che, sempre più numerosi, si mettono in testa di opporsi a Stato e capitale.

Una situazione fin troppo simile si riproduce anche in Italia, sia per quanto riguarda la crisi che per quanto concerne le misure repressive adottate contro qualsiasi forma di dissenso. Uno degli esempi piú recenti riguarda il rinvio a giudizio di ventuno militanti del circolo bolognese Fuoriluogo, accusati/e di associazione a delinquere aggravata dalla finalita di eversione, il tutto per azioni che, nel caso i/le responsabili siano realmente da individuare fra gli/le accusati/e, sono di responsabilità dei singoli individui che le compiono.Di fronte a certi eventi lo stupore e l’indignazione dovrebbero lasciar spazio alla consapevolezza dei meccanismi repressivi, sostanzialmente immutati nel tempo e nei luoghi, ed alla solidarietà unita alla volontá di proseguire lotte di vitale importanza per il riscatto degli oppressi, degli esclusi e degli sfruttati.

Visita il blog in solidarietà a Laura Gòmez e firma l’appello per la sua liberazione (in spagnolo/castigliano ed in catalano).

Occupato edificio di proprietà della provincia a Bologna.

Il comunicato che segue è tratto dal sito Anarchaos, che a sua volta lo riprende da emiliaromagna.indymedia.org:

” Bologna- Perchè abbiamo occupato lo stabile di via Libia 67

La sera del 13 aprile abbiamo occupato lo stabile di proprietà della provincia situato in via Libia 67 A Bologna in risposta agli espropri dei terreni della popolazione della Val Susa, legalizzati il giorno 11 aprile, per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.

Da tempo il ritornello “portare la Valle in città” sta rimbalzando in tutta Italia arrivando ad oltrepassarne i confini. Siamo convinti che questo significhi innanzitutto riportare in ogni città la determinazione che le lotte dei valsusini hanno avuto nel corso degli ultimi 20 anni, per riuscire ad individuare in ogni territorio le pieghe delle contraddizioni di questo sistema e ad infilarsi al loro interno per contrastarle.
Viviamo in territori violentati in nome delle scelte economico-politico-strategiche di chi detiene le chiavi del potere.
Lorsignori ci parlano di “valorizzazione del territorio” e di “riqualificazione” e per farlo rendono i nostri quartieri e le nostre valli degli eterni cantieri con la promessa di farci vivere in luoghi migliori, più efficienti, più funzionali, più sicuri… ma ciò che resta è solo la devastazione delle lobbies del cemento.
Progettano il futuro sulla base di un efficientismo economico che non risponde a null’altro se non ali loro stessi profitti chiedendo però enormi sacrifici a tutti noi.
Puntano a relegare nelle periferie dell’esistente chi è sfruttato, perchè se alzasse la testa sarebbe troppo pericoloso.
Incarcerano chi si oppone ai loro meccanismi di sfruttamento e devastazione perchè in questa società è necessario restare allineati per far parte del gioco.
Riempiono le strade di valle e di città di sbirri e militari per abituarci alla loro presenza e alla loro idea di sicurezza basata su una violenza bruta ma legalizzata.

Il mondo che vogliamo non è solo un mondo senza TAV. Questo ci ha insegnato la lotta che da anni va avanti in Val di Susa.
A Bologna abbiamo occupato uno stabile di proprietà della provincia che come ultima destinazione ha avuto quella di sede della polizia municipale. Dopo due bandi di vendita andati a vuoto l’area di via Libia 67 è rimasta inutilizzata.
Vogliamo condividere con tutto il quartiere questo spazio, per farne un luogo aperto e non un fortino (come dicono i giornali in questi giorni), per creare un luogo di socialità autentica e non quella che ci impone chi non sa far altro che costruire centri commerciali, per condividere ciò che ciascuno di noi conosce e sa fare, per sviluppare legami diversi da quelli che ci impongono il lavoro, la velocità del denaro, la paura di non saper cos’altro cercare.

Temono la libertà perchè le loro gerarchie non la possono controllare, non ne conoscono la bellezza e non la conosceranno mai.

OCCUPANTI NO TAV VIA LIBIA 67 – BOLOGNA”