Ciò che è giusto e ciò che è legale.

Risultati immagini per erri de lucaIl prossimo 19 Ottobre si terrà il processo che vede imputato lo scrittore Erri De Luca, accusato di aver sostenuto la legittimità del sabotaggio come mezzo di lotta contro il progetto dei treni ad alta velocità. I pm che imbastiscono l’accusa, i ben noti Rinaudo e Padalino, come sempre dediti all’attacco del movimento NO-TAV, chiedono per De Luca una condanna a 8 mesi di carcere.

Il 15 Agosto, nella zona della Renania, in Germania, un migliaio di manifestanti del coordinamento Ende Gelände hanno bloccato i lavori nella miniera di carbone a cielo aperto del colosso energetico RWE, per protestare col metodo dell’azione diretta e della disobbedienza civile contro la devastazione ambientale e l’inquinamento. Sono piovute, oltre che manganellate e spray urticante, anche 800 denunce, che hanno colpito non solo gli/le attivisti/e ma anche alcuni/e giornalisti/e presenti sulla scena. La RWE ha gentilmente messo a disposizione della polizia, oltre che il personale della sicurezza privata, i propri mezzi per poter provvisoriamente fermare e identificare gli/le attivisti. O meglio, lo Stato ha come sempre messo a disposizione le proprie forze repressive per difendere gli interessi della grande proprietà privata.1 La collusione tra apparati repressivi statali e interessi capitalisti è ovvia: difesa del capitale e degli interessi economici über alles und überall. Ma disobbedire ad una legge di uno Stato, creata oggi e revocabile domani dai pochi che detengono il potere, non è la stessa cosa che disobbedire ad una legge fondamentale della natura (e della logica, direi!) che impone che il pianeta nel quale tutti/e noi viviamo vada salvaguardato per noi e per le future generazioni piuttosto che depredato e devastato. Nel primo caso si rischiano gogne mediatiche, processi, multe,  mesi o anni di carcere o comunque provvedimenti restrittivi della libertà personale, nel secondo caso si rischia la catastrofe, l’annichilimento del genere umano e delle altre specie viventi che popolano la Terra. Mettere im pratica azioni che contrastino con la logica del profitto ai danni della vita, della salute, del benessere collettivo o anche solo giustificare tali azioni verbalmente può anche essere un reato per uno Stato, per un sistema giudiziario, ma è senza ombra di dubbio un fatto non solo legittimo, ma necessario da un punto di vista etico, se l’etica è degna di questo nome. Dov’è la violenza? Nel danneggiamento di un macchinario usato per portare a termine un’opera nefasta, nel bloccare un’attivitá nociva, o nell’opera nefasta e nell’attività nociva? E cosa istiga alla resistenza attiva contro un’ingiustizia, un sopruso, un male arrecato a noi e alla terra sulla quale viviamo: le parole di una qualsiasi persona, più o meno nota che sia, che parla con coscienza e senza timore, o forse il sopruso, l’ingiustizia, il male di per sé? Chi lotta contro la devastazione ed il saccheggio delle risorse comuni deve sempre porsi problemi di ordine morale, mentre i nostri nemici si pongono quelli di ordine legale, perchè le leggi -almeno quelle artificiali, create da chi serve il sistema dominante- sono dalla loro parte. Dalla nostra parte c’è il coraggio di dire ciò che si pensa e di agire in prima persona senza scioccamente affidarsi alle false soluzioni e alle parole vuote di chi il problema lo ha creato, c’è la costanza e l’affetto nel tendere la mano a chi lotta con noi e si trova in difficoltà. Rispetto e solidarietà per Erri De Luca e per chiunque diventi un granello di sabbia nell’ingranaggio dell’ingiustizia che il sistema chiama giustizia.

Ci sono molti modi di uccidere una persona…

“Ci sono molti modi di uccidere una persona: si può infilare a qualcuno un coltello nel ventre, toglierli il pane, non guarirlo da una malattia, ficcarlo in una casa inabitabile, massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra. Solo pochi di questi modi sono proibiti nel nostro Stato.”

L’aforisma di Bertolt Brecht qui sopra mi torna in mente troppo spesso, ogni volta in cui sento parlare di morti sul lavoro, ossimoriche “missioni di pace” o “interventi umanitari”, privatizzazione della sanità, emarginazione, catastrofi evitabili ma non evitate, sfruttamento, alienazione, respingimenti in mare di migranti, repressione poliziesca ed altro ancora. È anche il primo pensiero che m’è venuto in mente leggendo le motivazioni della sentenza del processo per la morte di Stefano Cucchi: non che mi aspettassi una spiegazione sincera, motivata e priva di palesi contaddizioni per quella che è stata una sentenza che conferma quanto diceva Brecht anni orsono, solo che la certezza, confermata ripetutamente nel tempo, che la giustizia non passa per i tribunali e che pertanto abbiamo ben ragione noi anarchici/che a non credere a quel tipo di “giustizia”, non è di conforto. Il proibizionismo in tema di droghe, l’emarginazione, il pregiudizio, la mala informazione, il sistema di sorveglianza-controllo-punizione e gli attori che fanno in modo che questo sistema continui ad assolvere la funzione di tritacarne per il quale è stato concepito non solo non sono proibiti nel “nostro” Stato, ma ne sono parte integrante. Non è la morte che uccide, essa è solo la conseguenza di una serie di azioni atte a provocarla.

http://3.bp.blogspot.com/_P7d7vj1g_ZY/SwNMYgb_MEI/AAAAAAAAACY/cwR2fB-G0_4/s320/1257075165367_01050b20.jpg

Per chi volesse farsi un’idea di come si sia svolta la vicenda di Stefano Cucchi consiglio la lettura di un libro doloroso ma necessario, che potere trovare anche qui: http://www.globalproject.info/it/produzioni/non-mi-uccise-la-morte-download-gratuito/5378

Appello per il sostegno ad alcuni/e compagni/e anarchici/che sotto processo.

Appello pubblicato sul sito di Umanità Nova:

” 10.000 euro di solidarietà

Cari compagni e compagne,
siamo obbligati a fare appello alla vostra solidarietà attiva. Numerosi compagni e compagne della Federazione Anarchica Torinese sono sotto processo per la loro attività politica e sociale. Abbiamo in corso ben due maxi processi per la nostra attività antirazzista, un processo per antifascismo, uno per antimilitarismo, uno per il nostro impegno nel movimento No Tav.
Banali azioni di informazione e lotta sono entrate nel mirino della magistratura. Un presidio antirazzista diventa violenza privata, una performance antimilitarista un’offesa alla sacralità dell’esercito, il buttare via un manifesto fascista danneggiamento, un’azione popolare di contrasto al Tav viene perseguita con durezza.
Alcuni di noi hanno già subito nel recente passato condanne per la propria attività politica. Alcuni di noi rischiano la galera.
Siamo convinti che il miglior modo per rispondere alla repressione dello Stato consista nel continuare con ancora maggior impegno le lotte nelle quali siamo impegnati.
Siamo anche convinti che campagne pubbliche di appoggio ai compagni finiti nel mirino della magistratura possano riportare sul terreno della lotta le vicende che lo Stato vorrebbe relegare in un’aula di tribunale.
I processi hanno anche un costo molto elevato, sia per gli avvocati che per tutte le carte che la burocrazia della repressione pretende.
Ci servono urgentemente circa 10.000 euro.
Non siamo in grado di farcela da soli.

Il conto corrente postale cui potete inviare i vostri contributi è il numero – 1013738032 – intestato a Maria Margherita Matteo, Torino.
I compagni e le compagne della Federazione Anarchica Torinese

Per info e contatti:
fai_to@inrete.it
338 6594361 “

Nessuno stupore, solo disgusto.

Fonte: Anarchaos.

” Terni – dure cariche degli sbirri contro gli operai

Botte da orbi a Terni. Gli sbirri impazziscono e bastonano pesantemente gli operai. Teste rotte e scontri duri sui binari.

Questa mattina a Terni si è svolto un enorme corteo degli operai delle Acciaierie. La situazione alla Thissen Kroup si è fatta pesante dopo che i padroni – gli assassini della strage di Torino – hanno annunciato la decisione di vendere.

Migliaia di persone si sono messe in marcia da Viale Brin, dove si trova l’ingresso principale dello stabilimento, attraversando il centro cittadino fino alla Prefettura. Ma lì non si sono fermati e si sono diretti verso la stazione, con lo scopo di bloccare i binari.

La polizia a quel punto ha tirato fuori l’armatura e in assetto antisommossa ha fatto cordone per evitare l’ingresso al piazzale davanti alla stazione,

Nonostante la rabbia, gli operai si sono limitati a spingere con forza sugli scudi, la catena di celerini che sotto la spinta di tutto il corteo ha dovuto spezzarsi.

Conquistato il piazzale davanti alla stazione il corteo ha puntato dritto sui binari. E’ stato lì che la polizia, velocemente ricompattatasi davanti all’ingresso della stazione, ha manganelato con una ferocia che raramente si era vista in Umbria. 

La mattanza però non ha fermato la rabbia dei manifestanti, che hanno reagito con la giusta durezza e sono riusciti, comunque, a conquistare i binari. 

Uno sfregio per i tutori dell’ordine, una sconfitta inaudita – che andava vendicata.

E così di punto in bianco, quando la situazione ormai era tornata tranquilla, la nuova carica contro migliaia di persone che si trovavano sui binari.

Teste rotte, gente che inciampa sui sassi, tafferugli pesantissimi. Una carica cieca, tanto che un celerino ha rotto la testa persino al sindaco di Terni. Il quale in questo momento è in ospedale con diversi punti di sutura. Le legnata deve aver rimesso qualche rotella a posto nella capoccia del primo cittadino, il quale, ancora insangunato come un vitello, mentre lo portavano al pronto soccorso, ha espresso commenti di improbabile durezza per uomini come lui: “la classe operaia” – ha detto proprio così! – “ha già difeso la fabbrica dai tedeschi, rischiando di rimanere sotto le bombe, e la difenderà dagli attacchi della polizia”.

 

Che la sbirraglia questa volta abbia pisciato fuori dal vaso lo si nota dalla sterminata colonna di commenti di condanna da parte di personaggi che di solito non perdono occasione per leccare gli scarponi deli robocop. Questa volta invece, onorevoli e senatori piddini, i sindacalisti, persino il tg3 locale, che ha mandato le immagini evidenti dell’aggressione sbirresca, hanno espresso unanima condanna verso il comportamento della polizia.

Dalla corrispondenza di un compagno presente ”

Nota  a margine: ovviamente le forze dell’ordine non solo presentano un’altra versione dei fatti, come al solito ridicola, ma la rafforzano col potere a loro concesso da parte dello Stato che detiene il monopolio della violenza. Prima pestano, a volte ammazzano, poi trovano un capro espiatorio. Sta a vedere che è sempre colpa delle vittime, alle quali a conti fatti non rimane nemmeno l’illusione di una giustizia concessa da quello Stato che, come ormai dovrebbe essere ben chiaro, di regola non condanna i suoi servi e meno che mai se stesso.

R/esiste.

Articolo tratto da Umanità Nova online:

” R/esiste

Grecia

Se si dovessero usare due parole per descrivere gli ultimi 15 giorni in Grecia, per gli anarchici una della due sarebbe “repressione”.
Lo stato greco, barcollante e sul punto di cedere su tutti i fronti ad ogni richiesta della troika e dell’estrema destra, pur di riuscire a mantenere lo status quo, ha dato il via ad un nuovo giro di repressione contro tutti gli esempi di resistenza attiva contro la la realtà che le classi dirigenti stanno cercando di imporre.
Repressione, contro i compagni arrestati per aver partecipato al gruppo rivoluzionario “Epanastatikos Agonas” (Lotta Rivoluzionaria) i quali sono stati condannati a pene illogiche: 86 anni a Nikos Maziotis e Pola Roupa, 87 anni a Costas Gournas.
Repressione, per i media alternativi del movimento; dopo le pressioni dell’estrema destra e del ministro della pubblica sicurezza, con un ordine giudiziario sono stati bloccati athens.indymedia.org, radio 98 fm, radio entasi.
Repressione, per gli immigrati °clandestini° imprigionati nel campo di concentramento di Corinto, i quali, dopo essersi ribellati alle continue angherie alle quali erano sottoposti dai guardiani-aguzzini ed aver deciso di iniziare lo sciopero della fame, hanno subito l’attacco delle “forze dell’ordine” con lacrimogeni, getti d’acqua e persino fucilate.
Repressione, contro gli abitanti di Ierissos, in Chalkidiki, dove interi paesi si battono contro la distruzione della foresta per la creazione di una gigantesca miniera d’oro; dove la notte tra il 9 e il 10 Aprile, due abitanti sono stati rapiti dalle loro abitazioni da agenti dell’antiterrorismo per essere arrestati per presunta partecipazione all’attacco contro i container della ELDORADO GOLD e la loro distruzione.
Ma l’altra parola, sicuramente sarebbe “resistenza”.
Resistenza, con la solidarietà ai compagni in carcere oppure in clandestinità.
Resistenza, con la solidarietà ai media bloccati e con tanta voglia di far sentire di nuovo la voce del movimento, di non lasciar vincere quelli che cercano di soffocare la verità. Perché la lotta deve essere multiforme.
Resistenza, per i detenuti al lager di Corinto, i quali continuano a domandare quello che è ovvio: essere trattati da esseri umani.
Resistenza, per gli abitanti di Ierissos arrestati, e non solo dagli anarchici, né solo verbale ma con i fatti: la notte stessa del loro arresto, i loro compaesani hanno dato fuoco alla stazione di polizia di Ierissos (precedentemente evacuata dai poliziotti per ovvio timore di rappresaglie da parte degli abitanti, tanto che per la furia di scappare i poliziotti hanno lasciato dietro pure delle armi…), ed il giorno seguente si sono recati in massa davanti alla centrale di polizia di Poligyros, dove erano provvisoriamente detenuti i due, per manifestare. E Sabato 13 Aprile, due grandi manifestazioni, una ad Atene (foto qui: http://www.social-revolution.gr/2013/04/13-2013.html) ed una a Salonicco, in solidarietà alla lotta contro le miniere.
Perché in questo momento, bisogna combattere tutti assieme, su tutti i fronti contemporaneamente, con ogni mezzo disponibile.

Giorgos,
Gruppo Comunisti Libertari, Atene

Riaperto il processo per i risarcimenti ai familiari delle vittime del massacro di Kunduz.

Il 4 Settembre del 2009 a Kunduz, Afghanistan, due aerei militari statunitensi bombardavano due camion cisterna di carburante (destinati a rifornire strutture delgli eserciti di occupazione) precedentemente sequestrati da guerriglieri afghani, nelle immediate vicinanze dei quali si trovavano numerosi civili intenti a prelevare benzina. Il bilancio del bombardamento, secondo fonti NATO, è stato di 142 tra morti e feriti, tra i quali numerosi bambini. L’ “uomo” che diede l’ordine di bombardare, mentendo in parte ai piloti stessi che compirono l’azione, era un ufficiale tedesco, Georg Klein.
Klein non solo non è stato mai condannato per il massacro (al contrario dei due piloti che ricevettero in seguito al bombardamento da loro compiuto sanzioni disciplinari, nonostante avessero ripetutamente messo in discussione l’ordine ricevuto prima di eseguirlo), ma è stato addirittura promosso generale. La Germania ha offerto ai familiari delle vittime del massacro 5000 Dollari ciascuna; lo stipendio di un generale di brigata dell’esercito federale tedesco è di 11000 Euro mensili. Ora, dopo che diverse indagini a suo carico sono state sospese, Klein si trova di nuovo a dover fare i conti con un processo. Alcuni familiari delle vittime del massacro di Kunduz chiedono risarcimenti più alti e sono riusciti, anche grazie al reperimento di nuove prove, ad ottenere un nuovo processo, iniziato ieri 17 Aprile presso il tribunale superiore (Oberste Landgericht) di Bonn. Di fronte al tribunale, ridecorato per l’occasione da ignoti, hanno protestato 30/40 antimilitaristi/e, per ricordare che quanto avvenuto a Kunduz il 4 Settembre del 2009 è stato un massacro a danno di civili e che dagli eserciti non ci si può aspettare nulla di diverso.
(Sui muri del tribunale imbrattati con vernice rossa si possono leggere le scritte “COLONNELLO KLEIN=ASSASSINO” e “KUNDUZ=MASSACRO [ad opera]DELL’ESERCITO TEDESCO”).

Repressione 15 Ottobre: breve aggiornamento su processi e azioni solidali.

Dei 25 inquisiti per gli scontri occorsi il 15 Ottobre 2011 a Roma, la giudice per le indagini preliminari, lo scorso 4 Aprile, ne ha rinviati a giudizio 18 e ne ha prosciolti 7. Il processo nei confronti dei 18 rinviati a giudizio sulla base di risultanze fotografiche e video e di testimonianze di agenti di polizia e carabinieri avrà inizio presso la 9° Sezione del Tribunale di Roma il prossimo 27 giugno. Intanto non mancano le azioni solidali nei confronti degli inquisiti: oltre ad un presidio di 200 persone svoltosi di fronte al tribunale ed a cortei solidali a Firenze e Genova, l’11 Aprile si terrà nuovamente un presidio di fronte al tribunale di Piazzale Clodio a Roma, sede del riesame sulla posizione di Davide Rosci, attualmente detenuto nel carcere di Viterbo.

Op. Ixodidae: Resoconto processo e dichiarazione dei/lle compagni/e.

Fonte: Informa-Azione.

“La disinfestazione non è riuscita

Il 27 febbraio, il tribunale di Trento ci ha assolto dall’accusa di “associazione sovversiva con finalità di terrorismo”. Il procuratore aveva chiesto dai 3 anni e 4 mesi ai 5 anni, ma il maldestro castello di carte è crollato. Per cui a Massimo è stata revocata la custodia cautelare. Il giorno dopo si sono conclusi i termini anche per l’altra sua custodia cautelare (emessa dal tribunale di Torino per i fatti di Chianocco, cioè la cacciata di una troupe televisiva, il 29 gennaio 2012, da un blocco NO TAV in Valsusa), per cui, dopo sei mesi, ritrova la “libertà” e il suo posto di combattimento… (ah, tanto per cambiare, come molti altri ha il divieto di andare in Valsusa).
Siamo di nuovo assieme grazie alla solidarietà dei tanti compagni, compagne e non solo che sono stati al nostro fianco. A loro la nostra gratitudine e il nostro arrivederci, sulle strade o sui sentieri della rivolta e del mutuo appoggio.
Il nostro pensiero è per i compagni e i fratelli ancora imprigionati.

Di seguito la nostra dichiarazione:

Dichiarazione degli anarchici imputati al tribunale di Trento

Il gioco delle parti su cui si basa la Giustizia di Stato prevede che voi ci accusiate e che noi, a testa bassa, veniamo qui a difenderci. Ma noi non accettiamo le parti, sia perché non riconosciamo lo Stato sia perché il gioco è palesemente truccato.
Se avessimo a che fare con reati specifici e con l’esibizione di cosiddette prove, questo processo non sarebbe nemmeno cominciato. E questo non lo diciamo noi. Lo dicono le carte giudiziarie.
Nella ordinanza di custodia cautelare che trattiene ancora agli arresti domiciliari uno di noi si definiscono “oscure le ragioni addotte dall’accusa, che si limita a semplici considerazioni astratte”.
Nella richiesta di arresti inoltrata dalla Procura si legge: “Deve ritenersi che indizi in ordine alla sussistenza del reato associativo ben possono essere desunti da elementi di prova relativi ai reati-fine, anche quando essi siano stati ritenuti insufficienti allo stesso esercizio dell’azione penale per tali reati”. In termini ancora più chiari: l’associazione “è premessa doverosa per valutare con correttezza e valorizzare quali ‘indizi’ delle circostanze che, diversamente, avrebbero valore ‘neutro’ dal punto di vista probatorio”.
Insomma, senza ricorrere ad una fantomatica associazione di cui la Digos di Trento si è inventata persino l’acronimo (“G.A.I.T.”, “Gruppo Anarchico Insurrezionalista Trentino”), ciò che i PM Amato e Ognibene avrebbero in mano è presto detto: un pugno di mosche. E questo nonostante il mastodontico dispositivo di controllo tecnologico messo in campo: 148.990 contatti telefonici, 10 mila contatti ambientali, 18 mila comunicazioni telematiche, 14 mila dati gps, 92 mila ore di video, 12 mila fotografie.
Gli inquirenti stessi, d’altronde, dicono di non possedere né prove né gravi indizi per determinare chi ha compiuto le azioni anonime di cui siamo accusati; da quelle azioni si desumerebbe l’esistenza di un’organizzazione, di cui noi faremmo parte; la nostra partecipazione si desumerebbe, a sua volta, dalle azioni. E così via, in una sorta di cortocircuito logico.
Siamo un bel grattacapo per i loro teoremi. Il codice definisce l’associazione sovversiva un “legame formalmente distinto dai singoli partecipanti”, cioè un’organizzazione stabile nel tempo, con un’organigramma, dei ruoli ecc. – caratteristiche, queste, inconciliabili con l’informalità, l’orizzontalità e l’affinità che da sempre caratterizzano i nostri rapporti come quelli di tanti altri compagni. E infatti Digos e Procura si lanciano, sfidando la grammatica non meno che la storia, a ipotizzare un’organizzazione “piramidale e gerarchizzata” compatibile, miracolo!, con lo “spontaneismo anarchico”.
I teorici del “G.A.I.T” sono Digos e Procura, non certo noi. Il “G.A.I.T” non esiste di fatto; e questo per il semplice motivo che non può esistere di principio. Un’organizzazione piramidale e gerarchica, con tanto di capi, sottoposti, cassieri e manovali, è la negazione stessa dell’idea, dell’etica e della pratica anarchiche. Simili ruoli e il miserabile mondo che si portano appresso esistono nelle Procure, negli eserciti, nelle istituzioni dello Stato e nella società capitalista, non tra chi di tutto ciò vuole fare tabula rasa. Un’organizzazione nella quale gli individui sono degli intercambiabili strumenti ucciderebbe le nostre idee e i nostri sogni ancora prima che la rivoluzione cominci. Quando parlate di noi, pensate sempre di potervi guardare allo specchio. Ma noi siamo il disordine dei vostri sogni, la negazione vivente del vostro mondo ingiusto, noioso e insensato. Siamo tra quelli che non obbediscono perché si rifiutano di comandare. Siamo tra quelli che in un’aula di tribunale non cambierebbero mai il proprio posto con il vostro.
Il gioco è truccato, abbiamo detto. Non perché questo processo sia più “ingiusto” di tanti altri, ma perché la magistratura non è affatto un’istituzione neutra della società, bensì lo strumento del dominio di una minoranza sul resto della popolazione, degli sfruttatori sugli sfruttati, dei ricchi sui poveri. Un’istituzione fedele nei secoli, come si evince dal nome stesso dato all’operazione poliziesco-giudiziaria nei nostri confronti. Sapete meglio di noi chi usava il termine “zecche” per indicare comunisti, socialisti, anarchici – e a poco è servito il ridicolo latinorum con cui avete mascherato il vostro linguaggio fascista. D’altronde da quell’epoca e da quella scuola viene l’articolo del codice con cui ci avete arrestato (come altri vostri colleghi hanno fatto con migliaia di compagne e di compagni); articolo che la vostra bella democrazia negli ultimi trent’anni non ha fatto altro che aggravare. I dati relativi alle condanne inflitte dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato istituito da Mussolini non coincidono forse con quelli dei processi per “terrorismo”? Eccoci alla parolina magica.
Lo Stato di Portella della Ginestra, di piazza Fontana, di piazza della Loggia, della stazione di Bologna, dell’Italicus, di Ustica ecc. accusa noi di “terrorismo”, cioè di “violenza cieca e indiscriminata il cui fine è conquistare o consolidare il potere politico” (questa era la definizione che si trovava nei dizionari fino agli anni Settanta). Lo Stato dei bombardamenti in Iraq, Kosovo, Afghanistan, Libano, Libia accusa gli anarchici di voler “affermare coattivamente” i propri princìpi. Lo Stato di piazza Alimonda, della Diaz, di Bolzaneto, di Pinelli, Serantini, Lorusso, Cucchi, Aldrovandi, Bianzino, Lonzi, Mastrogiovanni e tanti, troppi altri accusa noi di “intimidire la popolazione”.
Nel mondo reale, che non si vede dai buchi della serratura da cui spiate noi e le nostre lotte, milioni di sfruttati, di poveri, di esclusi sono quotidianamente intimiditi, terrorizzati, avvelenati, uccisi dall’ordine sociale che difendete. Solo in Italia, ogni giorno quattro lavoratori non tornano a casa, e centosessanta persone crepano ogni anno in quelle galere dove ci avete più volte rinchiuso e dove abbiamo incontrato individui solidali e fraterni di sicuro più retti di voi.
Di fronte a questa guerra quotidiana condotta dalla classe proprietaria, vorreste che nessuno se la prendesse con le banche, con le agenzie interinali, con le tecnologie del controllo, con gli strumenti della morte e della devastazione ambientale. La collera è il solo capitale che gli sfruttati abbiano accumulato nella storia. E forse non è lontano il giorno in cui sarà per voi molto difficile attribuire ciò che vi spaventa a un pugno di anarchici; il giorno in cui sarà la popolazione povera e sottomessa a diventare una grande “associazione sovversiva”.
Ma torniamo alle carte. Nella fretta di assecondare il volere del ministro dell’Interno, vi siete decisamente lasciati andare. Accusate due di noi di aver orchestrato e diretto gli scontri del 3 luglio 2011 in Valsusa. Siamo dei NO TAV, e non da ieri, questo è vero. Ma ad assediare il cantiere-fortino del TAV a Chiomonte, il 3 luglio 2011, c’erano quarantamila persone; e non, come avete scritto senza vergogna nelle vostre carte, “circa 500 anarchici”. Curiosamente, la Procura di Torino non ci accusa di alcun reato specifico per tale giornata, mentre per quella di Trento avremmo pianificato tutto noi. Vi farebbe comodo sostituire una popolazione in lotta, che da vent’anni si oppone alla devastazione ad alta velocità della propria terra, con un pugno di “zecche”. Da disinfestare preferibilmente con quel gas CS di cui polizia, carabinieri e finanzieri il 3 luglio hanno sparato 4357 candelotti. Il movimento NO TAV ha già risposto a giornalisti e magistrati “siamo tutti black bloc”, ma l’autonomia e l’orizzontalità di una lotta per la terra, la dignità e la libertà non potete proprio tollerarle.
La Digos si spinge fino a scrivere che i partecipanti ai comitati NO TAV sarebbero, per noi, semplicemente degli “uomini di paglia” e il movimento “un serbatoio di risorse umane da utilizzare”. Non ci sono parole per commentare una simile sfrontatezza. Soltanto gli uomini di Stato e i capitalisti considerano le popolazioni “un serbatoio di risorse umane da utilizzare”, non certo gli anarchici. “Uomini di paglia”, poi, non sono forse i servitori per chi li comanda? Guardate le immagini dei vostri colleghi che alla Diaz hanno massacrato di botte persino delle persone anziane mentre erano sdraiate, e chiedetevi di cosa sono fatti quegli uomini lì.
Tra le vostre falsificazioni e la realtà di una lotta come quella NO TAV, in cui compagne e compagni hanno messo tutto il loro cuore, c’è un abisso – etico, umano, sociale.
Ma la Digos è riuscita ad accusarci perfino di aver strumentalizzato cinicamente la morte di Stefano Frapporti, un muratore di quarantanove anni fermato da due carabinieri in borghese e trovato, cinque ore dopo, morto nella cella numero 5 del carcere di Rovereto. Centinaia di persone – familiari, amici e tanti solidali – hanno manifestato per mesi la propria rabbia in città. Noi siamo già stati condannati per non esserci girati dall’altra parte, mentre l’inchiesta sulla morte di Stefano è stata, come al solito, archiviata. Nelle carte di Questura tutto questo scompare (proprio come sono scomparse le migliaia di persone che si sono battute in Valsusa il 3 luglio 2011): rimangono solo un “piccolo spacciatore” e gli anarchici “strumentalizzatori”. Il circolo “Frapporti-Cabana” nato a pochi metri dal luogo in cui Stefano è stato fermato quel maledetto 21 luglio 2009 è la migliore risposta ai vostri insulti all’intelligenza e alla dignità.
Il vostro spazio-tempo non è il nostro. Mentre siamo qui pensiamo alla gioventù ribelle che combatte nelle strade del Cairo. Pensiamo a quelle donne e a quegli uomini che in Grecia sono insorti per vivere senza lo Stato e senza i padroni. Pensiamo ai ragazzi condannati ad anni di carcere per essersi battuti a Genova nel 2001 e a Roma nel 2011. Pensiamo a quelle donne che in India si sono rivoltate contro la violenza maschilista e poliziesca. Pensiamo a tutte le donne e agli uomini morti nel Mediterraneo perché cercavano un po’ di pane e di libertà. Pensiamo a tutti quelli uccisi dalle vostre bombe. Pensiamo ai ragazzini palestinesi dagli occhi belli e dai cuori grandi. Pensiamo ai nostri compagni e ai nostri fratelli che resistono a testa alta nelle prigioni e nei lager di tutto il mondo. Pensiamo ai quattro compagni arrestati il 1° febbraio in Grecia e torturati dalla polizia. Pensiamo a tutti i ragazzi pestati nelle vostre caserme e nelle vostre galere. Pensiamo agli schiavi salariati nelle fabbriche militarizzate e nei campi di lavoro cinesi. Pensiamo agli animali, ai boschi, alle vallate e alle montagne che i vostri bulldozer e i vostri profitti devastano.
Pensiamo a tutto questo e non vorremmo vergognarci quando qualcuno ci chiederà, un giorno: “Mentre succedeva tutto ciò, voi che facevate?”. Vorremmo poter rispondere: “Abbiamo dato il nostro piccolo contributo con la testa, con il cuore e con le mani”.
Siamo il vostro imprevisto, la variabile non contemplata nei vostri calcoli.
Veniamo da lontano, e abbiamo lo stesso sogno che animava i contadini insorti nel 1525 in Germania: omnia sunt communia – visto che vi piace il latino.
Emettete pure le vostre sentenze. Noi voliamo più in alto.

Trento, ventisette febbraio 2013 ”

Operazione Brushwood- Sentenza processo d’appello: cade l’associazione sovversiva.

Il seguente comunicato è tratto dal sito Informa-Azione. Per altri articoli e comunicati sull’Operazione Brushwood consiglio di cercare sul sito Anarchaos, dove ne sono stati pubblicati parecchi nel corso degli sviluppi di questa operazione repressiva.

“riceviamo e diffondiamo:

Il Processo d’Appello per la cosiddetta operazione Brushwood si è concluso con una umiliante sconfitta per le tesi dell’Accusa, sostenuta dalla pm Manuela Comodi (quella che chiese 6 anni per una scritta su un muro e che ora è il pm dell’Operazione Ardire):

– Michele Fabiani (condannato a 3 anni e 8 mesi in primo grado, il pm ne aveva chiesti 9) è stato assolto per l’accusa di associazione sovversiva e condannato a 2 anni e 3 mesi per le minacce all’ex governatrice umbra Lorenzetti e per i danneggiamenti ai cantieri.

– Andrea Di Nucci è stato ASSOLTO DA TUTTE LE ACCUSE, in primo grado era stato condannato a 2 anni e 6 mesi (il pm ne chiese 8), ha trascorso un anno agli arresti.

– Dario Polinori è stato condannato a un anno (confermata la sentenza di primo grado, il pm ne aveva chiesti 6)

– Damiano Corrias, accusato solo di una scritta su un muro è stato condannato ad 11 mesi (in primo grado a 12 mesi, la Comodi in un attacco di pazzia chiese sei anni).

Per tutti è venuta meno l’associazione sovversiva con finalità di terrorismo.

Assalto al blindato cc del 15 Ottobre. Condanne a sei anni di carcere. Davide in sciopero della fame e della sete.

Fonte: Anarchaos.

” Assalto al blindato cc del 15 ottobre. Condanne a sei anni di carcere. Davide in sciopero della fame e della sete

Come rivendicato da tutti i media di regime, sono arrivate dure condanne per sei compagni accusati di aver attaccato e incendiato il blindato dei carabinieri in piazza il 15 ottobre del 2011, durante la manifestazione romana conclusasi con durissimi scontri in piazza san giovanni.

Il processo si è svolto con rito abbreviato, quindi le condanne sono state “depurate” di un terzo. Questo significa che la pena ritenuta giusta dal GUP sarebbe stata addirittura di 9 anni. Quindi per tutti una pena di 6 anni di carcere.

Un percorso, quello del rito abbreviato, che sempre più spesso si rivela una vera e propria trappola.

Segue la lettera di Davide Rosci che si dichiara innocente, afferma di essere stato solo a guardare il blindato in fiamme e proclama, affermando di non credere più nella giustizia, uno sciopero della fame e della sete ad oltranza.

 

 

COMUNICATO DI DAVIDE ROSCI

Quando sono stato arrestato il 20 aprile scorso, dissi che ero sereno; ciò che mi portava ad esserlo era la fiducia che riponevo nella giustizia, la consapevolezza che gli inquirenti non avessero in mano niente di compromettente e la percezione che, nonostante il grande clamore creato ad hoc dai mass-media, il processo fosse equo ed imparziale, così come previsto dalla legge.

Mi sbagliavo! Ieri ho visto la vera faccia della giustizia italiana, quella manipolata dai poteri forti dello stato, quella che si potrebbe tranquillamente definire sommaria. Una giustizia che mi condanna a pene pesantissime, leggete bene, solo per esser stato fotografato nei pressi dei luoghi dove avvenivano gli scontri. Avete capito bene, ieri sono stato punito non perché immortalato nel compiere atti di violenza o per aver fatto qualcosa vietato dalla legge, ma per il semplice fatto che io fossi presente vicino al blindato che prende fuoco.

Non tiro una pietra, non rompo nulla, non mi scaglio contro niente di niente. Mi limito a guardare il mezzo in fiamme in alcune scene, e in un’altre ridere di spalle al suddetto.

Tali “pericolosi” atteggiamenti, mi hanno dapprima fatto guadagnare gli arresti domiciliari (8 mesi) ed ora anche una condanna (6 anni) che definirla sproporzionata sarebbe un eufemismo.

Permettetemi allora di dire che la giustizia fa schifo, così come fa schifo questo “sistema” che, a distanza di anni e anni, dopo una lotta di liberazione, concede ancora la possibilità ai giudici di condannare gente utilizzando leggi fasciste. Si, devastazione e saccheggio è una legge di matrice fascista introdotta dal codice Rocco nel 1930, che viene sempre più spesso riesumata per punire dissidenti e oppositori politici solo perché ritenuti scomodi e quindi da annientare.

Basta! Non chiedetemi di starmi zitto e accettare in silenzio tutto ciò, consentitemi di sfogarmi contro questo sistema marcio, che adotta la mano pesante contro noi poveri cristi e che invece chiude gli occhi dinanzi a fatti ben più gravi come il massacro della Diaz a Genova e i vari omicidi compiuti dalle forze dell’ordine nei confronti di persone inermi come Cucchi, Aldrovandi, Uva e molti altri ancora.

Non posso accettarlo! Grido con tutta la voce che ho in corpo la mia rabbia a questo nuovo regime fascista che mi condanna ora a Roma per aver osservato un blindato andare in fiamme e che ora mi accusa di associazione a delinquere a Teramo, solo per non aver mai piegato la testa.

Non mi resta altro che percorrere la via più estrema per far sì che nessun’altro subisca quello che ho dovuto subire io e pertanto così come fece Antonio Gramsci, durante la prigionia fascista, anche io resisterò fino allo stremo per chiedere l’abolizione della legge di devastazione e saccheggio, la revisione del codice Rocco e che questo sistema repressivo venga arginato.

Comunico pertanto che da oggi intraprenderò lo sciopero della fame e della sete ad oltranza fino a quando non si scorgerà un po’ di luce in fondo a questo tunnel eretto e protetto dai soliti noti.

Concludo nel ringraziare i miei fratelli Antifascisti, gli splendidi ragazzi della Est, i firmatari del Comitato Civile, i tantissimi che mi hanno dimostrato solidarietà in questi mesi e soprattutto quanti appoggeranno questa battaglia.

Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere!

Rosci Davide ”