Qualcosa sulla Grecia.

Della Grecia abbiamo sentito parlare recentemente sui principali organi di “informazione” per due motivi principali: i campionati europei di calcio e le elezioni per il rinnovo del parlamento nazionale. Entrambe gli argomenti hanno a mio parere la stessa importanza, con la differenza che almeno il calcio, nonostante tutte le magagne, rimane pur sempre un’entusiasmante forma di intrattenimento. Il discorso sulle elezioni greche ci è stato presentato dalla stampa di pensierounicolandia come una battaglia tra sostenitori vs. affossatori dell’Euro e delle misure di austerità per uscire dalla crisi economica, ma in realtà le differenze tra le posizioni della coalizione di sinistra SYRIZA (che non é esatto definire “radicale” perché nulla di radicale sta in parlamento o ambisce a starci) e quelle dei socialdemocratici del PASOK e dei liberal-conservatori di Nea Dimokratia non sono sulla permanenza nell’ Euro o sull’accettazione o meno del memorandum dell’austerità, quanto sulle condizioni di tale permanenza e su possibili alleggerimenti di tali misure. Il mio sottovalutare l’importanza delle elezioni non é una posizione isolata, tant’é che proprio molti dei/lle diretti/e interessati/e aventi diritto al voto in Grecia decisero di astenersi: il 40%, astensione record -e i record sono fatti per essere battuti…

Ora, più che interessarmi di quale forza politica avrà l’onere o l’onore di mettere in pratica direttive di massacro sociale decise dall’èlite economica dominante, mi chiedo come la cosiddetta crisi economica (in realtà crisi di tutto un modello socioeconomico dato per vincente e inamovibile dagli esperti pagati per convincerci che tanto non serve a nulla ribellarsi perché nulla si può cambiare e viviamo nel migliore dei mondi possibili) vada a ripercuotersi sul tessuto sociale greco e quali siano le contromisure adottate da chi mette in pratica i principi anarchici e antiautoritari, ma anche semplicemente da chi tenta di sopravvivere in un contesto come quello dell’attuale crisi. Ho quindi letto col passare del tempo un certo numero di articoli e testimonianze e visto qualche documentario o videoinchiesta che dir si voglia, ottenendo un approssimativo quadro della situazione che, se da un lato risulta allarmante e sconfortante, dall’altro conferma quello che gli/le anarchici/che vanno dicendo (e possibilmente facendo) da sempre. Da un lato cresce il numero dei disoccupati, aziende e piccole imprese meno competitive falliscono, c’é chi si suicida e c’é chi emigra, aumentano i consensi non solo elettorali nei confronti di partiti fascisti e xenofobi -lampante è l’esempio del movimento neonazista Chrysi Avgi- i cui militanti usano la violenza nelle strade, spesso con la complicità passiva o attiva delle forze dell’ordine, per terrorizzare e colpire fisicamente immigrati, omosessuali, emarginati e persone politicamente “non gradite”. A questo quadro di disperazione, rassegnazione e accanimento su capri espiatori con conseguenti guerre tra poveri, degno dei più realistici romanzi distopici, fa da contraltare la tenacia di chi non solo si sforza quotidianamente di sopravvivere, ma tenta anche di autogestire la propria vita al di là delle regole e dei ritmi imposti dalle politiche di austerità. Nascono cooperative di produzione e consumo diretto, scambi di prodotti e servizi su base di accordi volontari senza l’uso del denaro, mense popolari, nuove situazioni di aggregazione e socialità non commerciali. A fronte della disastrosa situazione del sistema sanitario i lavoratori ospedalieri occupano le strutture di cura; non solo per sfuggire alla disoccupazione, ma per divenire padroni del proprio lavoro, gli operai occupano le fabbriche che i padroni dichiarano fallite; quelli del “movimento di solidarietà, disobbedienza e resistenza” ALANYA dirottano il traffico automobilistico evitando di farlo passare per i caselli autostradali a pagamento; laddove la corrente elettrica é stata tagliata per punire chi non é in grado di pagarla, i collegamenti vengono ripristinati dagli utenti; le obliteratrici su tram e autobus vengono messe fuori uso consentendo alla gente di poter viaggiare gratis. Accanto a questi ed altri innumerevoli esempi vi é la resistenza quotidiana alle prepotenze e violenze poliziesche e fasciste, la solidarietá con gli immigrati e gli emarginati, la difesa degli spazi occupati e autogestiti minacciati di continuo con sgomberi ed arresti degli occupanti.

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C’é da chiedersi quale piega prenderanno col passare del tempo gli eventi, come si svilupperanno le lotte e le pratiche di autogestione, se prevarranno la disperazione e la rassegnazione ad una vita di stenti e sacrifici inutili o la voglia di lottare per riappropriarsi della propria dignitá e felicità, se le svolte ancor più autoritarie che si profilano all’orizzonte avranno o meno la meglio sul desiderio di libertà e sulla volontá di molti di scrollarsi di dosso il peso di un sistema parassitario dagli effetti intollerabili. La storia non é finita e le sue pagine vengono scritte quotidianamente, il cammino é lungo e riguarda tutti noi, abitanti o meno di quel territorio geografico chiamato Grecia.

La lotta dei minatori delle Asturie.

Fonte: Finchè ghe n’è.

“Scioperi, cortei, blocchi, e scontri con la Polizia. Dopo la battaglia campale di lunedì in una piccola località delle Asturie i minatori riescono a respingere un assalto della Guardia Civil e festeggiano l’assoluzione di due compagni arrestati. Già si parla di movimento 15-M, dove la M sta per minatori.

Com’è possibile che uno dei più duri e violenti conflitti sociali in corso in Europa scompaia dai grandi mezzi di comunicazione europei? E’ possibile, soprattutto se si considera il potenziale effetto domino di quanto sta accadendo in alcune regioni dello Stato Spagnolo. Dov’è in corso, da giorni, una vera e propria battaglia campale tra migliaia di poliziotti mobilitati dal governo e migliaia di minatori, che si oppongono con forza ai tagli decisi dal governo Rajoy, tagli che mettono la parola fine a decine di migliaia di posti di lavoro e condannano alla desertificazione economica intere province.
Nelle scorse settimane i lavoratori delle miniere di carbone e di altri settori presi di mira dai tagli draconiani del governo hanno scioperato, organizzato cortei locali e blocchi stradali, alcuni di loro si sono rinchiusi nei pozzi. E sabato scorso in diecimila erano calati su Madrid, ricevendo una accoglienza a suon di manganellate e arresti.
Ma non è bastato, non è servito. Il Partido Popular non vuol sentire ragioni e ha deciso di mantenere il piano prestabilito. A quel punto la lotta si è fatta più dura: sciopero generale a tempo indeterminato e ‘selvaggio’, blocchi stradali fissi sulle principali arterie stradali e autostradali delle Asturie, combattiva regione autonoma sull’oceano atlantico, nel nord. Una tradizione operaia e di lotta che non si è smentita.
Sono cominciati così una serie di blocchi selvaggi dei binari del treno, delle strade statali e delle autostrade in numerosi punti, con una tecnica ‘mordi e fuggi’ che sta mettendo a dura prova le cosiddette forze dell’ordine.
Martedì alcune centinaia di minatori e attivisti dei sindacati di classe – nella regione è molto forte una scissione di sinistra delle Comisiones Obreras, la Corriente Sindical de Izquierda – sono riusciti a respingere e a cacciare gli agenti in tenuta antisommossa mandati dal Ministero degli Interni a sgomberare una barricata eretta sull’autostrada N-630, all’altezza di Ciñera de Gordón, piccola località a metà strada circa tra Oviedo e Leòn. I lavoratori avevano eretto la barricata e poi gli avevano dato fuoco, bloccando del tutto la circolazione stradale nella regione. Già il giorno prima nei pressi del piccolo centro asturiano si era svolta una incredibile carica contro i lavoratori da parte dei celerini, che avevano picchiato e inseguito i minatori fin dentro il paese coinvolgendo nella caccia all’uomo anche gli abitanti. Ma il giorno seguente è andata diversamente, e con tecniche di vera e propria guerriglia, e l’utilizzo di fionde e scudi di plexiglas, i minatori sono riusciti a respingere l’assalto della polizia nonostante l’uso massiccio da parte della Guardia Civil di lacrimogeni e pallottole di gomma. La ritirata dei reparti speciali è stata accolta con un boato di soddisfazione non solo da parte dei lavoratori in sciopero ma anche della gente del paese che ha più volte espresso solidarietà attiva alla lotta dei lavoratori del carbone.
Altri festeggiamenti, nelle ore successive, per l’assoluzione dei due minatori arrestati durante la precedente battaglia campale tra polizia e minatori nei dintorni di Santa Cristina de Lena, processati per direttissima ma non ritenuti colpevoli delle gravi accuse che gli erano state rivolte. Ma altri minatori e attivisti, in varie parti delle Asturie e nel resto dello Stato Spagnolo, sono tuttora in stato d’arresto oppure denunciati a piede libero per reati di resistenza, oltraggio e danneggiamenti.
In queste ore la mobilitazione continua, con numerosi blocchi e presidi, mentre il tavolo di trattativa tra governo e rappresentanti dei sindacati e di alcuni enti locali – quelli che verrebbero affondati dalla chiusura delle miniere – procede infruttuosa a causa dell’intransigenza dei rappresentanti del governo spagnolo.
Una intransigenza sui tagli del 63% agli aiuti pubblici alla produzione del carbone che ha fatto andare su tutte le furie addirittura il sindaco di Toreno (in provincia di León), che ieri ha definito il Ministro dell’Industria spagnolo e suo compagno di partito, José Manuel Soria, “tonto del culo”.
Intanto nello Stato Spagnolo gli scioperi e le mobilitazioni sociali contro le politiche suicide del governo Rajoy si moltiplicano e si fanno sempre più determinate: dai trasporti alla sanità, dalla scuola ai dipendenti pubblici. E già in molti parlano di nuovo Movimento 15M. Non la M di ‘maggio’ ma di “minatori”.”

Azioni di protesta in Polonia durante l’apertura di EURO 2012.

“L’8 Giugno si é aperto a Varsavia il campionato europeo di calcio. La città era piena di polizia, militari e tifosi. Il sindacato anarchico polacco ZSP-IAA e il comitato di difesa degli/lle inquilini/e hanno organizzato proteste contro la politica dell’evento. L’azione ha avuto luogo nei pressi dello stadio, in modo che migliaia di persone potessero prenderne atto. Abbiamo parlato del denaro speso per gli europei di calcio e del fatto che dell’evento profittano solo la UEFA (che é stata esentata dal pagamento delle tasse) e un pugno di inprenditori. Circa 26 miliardi di Euro sono stati spesi dallo Stato per l’evento – denaro che proviene dalle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici. Mentre la Polonia spende somme impressionanti per i giochi, i bambini soffrono la fame, le caffetterie delle scuole vengono privatizzate, i servizi sociali decurtati e i prezzi delle merci aumentati.

Un nostro compagno della ZSP ha anche ricordato nel suo intervento che un’impresa che ha costruito lo Stadio Nazionale di Varsavia ha dichiarato bancarotta a inizio settimana a causa del mancato ricevimento di pagamenti. Ciò significa che una quantità di ditte subappaltatrici e di dipendenti non hanno ricevuto le loro paghe. Questi hanno minacciato di bloccare il campionato europeo, ma non l’hanno fatto. I lavoratori e le lavoratrici impiegati nello stadio sono stati anch’essi truffati, poichè riceveranno paghe inferiori a quelle promesse. Anche loro hanno minacciato uno sciopero, senza però attuarlo. Questa situazione, nella quale le masse lavoratrici disorganizzate vengono sconfitte dal disfattismo in un Paese dove i sindacati sono concilianti con i nemici della classe lavoratrice, crea sempre più numerosi problemi sociali. I manifestanti invitano all’autoorganizzazione per potersi difendere contro questi abusi.

Una ghigliottina (Finta!,ndt) é stata esposta dai dimostranti, che hanno spiegato che, se la classe politica continuerà a tagliare la spesa sociale, saranno le teste dei politici a dover essere tagliate. Dopo la manifestazione alcuni compagni si sono recati nei pressi della stazione di polizia per protestare contro l’arresto di attiviste di Femen che avevano inscenato altre azioni di protesta allo stadio.”

Qui l’ articolo originale in inglese e qui la versione in tedesco. Traduzione in italiano mia (blackblogger).

Bergamo: contestazioni contro Mario Monti.

Fonte: Informa-Azione.

“Sabato 26 Maggio Bergamo ha visto la presenza del presidente del consiglio Mario Monti, convenuto in città a presenziare ed “onorare” il giuramento dei cadetti de l’accademia della guardia di finanza, vero e proprio braccio armato di un esecutivo “tecnico” di banchieri e finanzieri asserviti a capitalisti e bce che, col pretesto della crisi, cerca di far passare riforme di restrutturazione “lacrime e sangue” e rilancia un sistema che ci opprime con guerre egemoniche, devastazioni ambientali, dominio delle merci, controllo sociale/classista e razzismo di stato .
In vista di questa visita di cortesia si sono susseguite diverse azioni informative e di protesta delle varie anime del movimento bergamasco.
Dagli attacchinaggi alle accampate in piazza, dalle scritte e stencil al sabotaggio di una ventina di parchimetri e di qualche obliteratrice sui pulman cittadini, sotto lo slogan “oggi paga monti”.
Il giorno della visita, in una Bergamo blindata come poche altre volte, un corteo determinato e comunicativo di circa 500 persone ha percorso le vie cittadine a ridosso della zona rossa istituita dalla questura a protezione della celebrazione, fino ad arrivare in largo Porta Nuova, da dove si è attuata una contestazione “sonora” di disturbo al discorso di Monti in corso.
Infine, da segnalare la pochezza della contestazione attuata della lega nord. L’unico gesto concreto che è riuscito a mettere in campo in una terra che negli anni passati ne ha rappresentato un grosso bacino di voti, è stato sventolare uno striscione trainato da un piccolo aereo monomotore, simbolo del declino e della debolezza che sta attraversando il partito.
Rendiamo questa crisi irreversibile, facciamola finita con questa società diseguale e razzista! Questo è il momento!”

Spagna: giornate di lotta dal 29 Maggio al 15 Giugno.

Fonte: Anarkismo.

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“CGT, CNT e SO convocano le giornate di mobilitazione dal 29 maggio al 15 giugno


Questo maggio segna un anno di movimenti popolari che si sono presi le strade per dimostrare la loro indignazione in molteplici località del pianeta, dalla “primavera araba” passando per la porta del Sol fino ad arrivare ad Occupy Wall Street. L’esplosione di indignazione popolare del 15 maggio 2012 si è concretizzata in diverse assemblee di città e di quartiere, gruppi di lavoro ed un’estesa rete di comunicazione, di mobilitazione e di azione comune, che unisce tutte le lotte che collegano l’intera popolazione e che permette ad essa di affrontare le lotte in maniera organica e collettiva. Questo ci rende consapevoli che non siamo soli e che l’azione unita può cambiare le cose.

La CGT, la CNT e Solidaritat Obrera hanno sostenuto tutti i nostri militanti nelle mobilitazioni globali convocate dal 12 al 15 maggio, ed hanno invitato tutta la classe lavoratrice a scendere nelle piazze e nelle strade per partecipare alle azioni previste in quelle giornate. Come organizzazioni sindacali abbiamo fatto nostre le parole d’ordine espresse da questo movimento: “Non un euro per salvare le banche; istruzione e sanità pubbliche e di qualità; No alla precarietà; no alla Riforma del lavoro; Per una casa decente”.

Per continuare a lottare per i nostri diritti, convochiamo diverse giornate di mobilitazione a partire dal 29 maggio fino al 15 di giugno.

Le organizzazioni sindacali CGT, CNT e SO, dopo l’esito favorevole dello sciopero generale del 29 marzo e di fronte all’atteggiamento dei governi regionali per cui nulla è mutato rispetto alla Riforma del Lavoro, ai tagli ed al Patto Sociale, considerano assolutamente necessario per la classe lavoratrice, e specialmente per i poveri, continuare subito con le manifestazioni necessarie per mettere fine alla carneficina di diritti a cui viene sottoposta l’intera società.

Durante le giornate dal 29 maggio al 15 giugno faremo comizi, manifestazioni, presidi, scioperi dei consumatori, giornate di lotta e tutte quelle azioni che ci portino a denunciare l’attacco che stiamo subendo, per incamminarci verso un altro sciopero generale per la fine dei tagli brutali, per l’abrogazione della Riforma del Lavoro e per la restituzione di tutti i nostri diritti.

Sappiamo che per fare tutto ciò, bisogna unirsi e lavorare con quelle organizzazioni sindacali e sociali che stanno soffrendo questa situazione di ingiustizie, che si schierano contro il Patto Sociale e per la mobilitazione. Le invitiamo dunque a partecipare alle prossime iniziative.

CNT – Confederació Nacional del Treball
CGT – Confederació General del Treball
SO – Solidaritat Obrera

Traduzione dal catalano a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali.

Il vertice NATO di Chicago.

Fonte: Radio Blackout.

Il vertice NATO di Chicago

“Si è appena concluso il vertice NATO di Chicago. I ministri della guerra dei paesi dell’Alleanza hanno discusso dell’agenda dell’Alleanza Atlantica, sempre più candidata al ruolo di gendarme mondiale, con o senza l’egida delle Nazioni Unite. In questa prospettiva la NATO si dà una forma flessibile, multipolare, elastica, a rete, per intervenire mobilitando anche gli eserciti di Paesi che all’Alleanza strettamente intesa non hanno mai aderito, dall’Asia Centrale al Nord Africa, passando per l’Europa dell’Est.
Sempre meno un’alleanza che rappresenta un blocco di nazioni, sempre più la tutrice dell’ordine globale nel 21esimo secolo.
Un’alleanza che sembra corrispondere totalmente alle esigenze della Casa Bianca: condividere costi e responsabilità, ottimizzando i benefici.
Si lancia così la parola d’ordine di “smart defense” con oltre 20 progetti multinazionali.
Su questo ombrello “smart” e multipolare, veglierà lo scudo anti missilistico che – si apprende da Chicago – entro il 2015 sarà in grado di difendere i Paesi e le popolazioni dei 28 alleati dalla minaccia crescente di testate di vicini considerati ostili.
In epoca di crisi a Chicago hanno discusso di come fare la guerra spendendo meno, anche se l’ammiraglio Di Paola, il “tecnico” preposto alla Difesa nel governo Monti ha chiarito senza mezzi termini che prima vengono le esigenze della “sicurezza” poi si può parlare di spesa.
Per quanto riguarda il nostro paese la novità più importante riguarda la base di Sigonella, dove verranno collocati cinque droni e altri 600 militari.
A Chigaco hanno discusso anche di Afganistan, confermando il ritiro delle truppe per il 2012, un ritiro che sancisce la sconfitta degli Stati Uniti e dei loro alleati nel paese asiatico, nonostante 11 anni di guerra e occupazione militare feroce, tra torture, detenzioni extragiudiziali, terrorismo sistematico tra la popolazione.

Mentre era in corso il vertice migliaia di attivisti hanno manifestato a Chicago. Al termine della manifestazione la polizia ha caricato gli attivisti che rifiutavano di allontanarsi. Numerosi i feriti, 47 gli arresti.

Del vertice NATO, della guerra in Afganistan, delle nuove strategie di difesa abbiamo parlato con Stefano del Comitato contro Aviano 2000.”

Ascolta l’intervista direttamente sul sito di Radio Blackout.

Proteste studentesche di massa in Quebec.

È ormai dallo scorso Febbraio che circa 160mila studenti e studentesse protestano nella provincia canadese del Quebec contro l’aumento dellle tasse universitarie proposto dal premier Jean Charest, boicottando le lezioni e inscenando manifestazioni che hanno assunto in parte carattere violento anche a causa della scarsa volontá di aprire trattative sulla sostanza e non sulla forma degli aumenti delle tasse da parte del premier, impegnato a raccogliere consensi in vista della prossima tornata elettorale. Le proteste non si limitano però al tema delle tasse universitarie, ma hanno piuttosto assunto un carattere di contestazione generale nei confronti del governo della regione, soprattutto contro il cosiddetto Plan Nord che prevede ingenti investimenti per lo sviluppo del settore energetico e minerario in un’area di 1,2 milioni di km quadrati nel nord della provincia. Il piano, che promette la creazione di mezzo milione di posti di lavoro, non tiene conto della sostenibilità ambientale, è una potenziale svendita delle risorse del Quebec ed é fonte di corruzione per politici che promettono a potenziali investitori di lucrare sul progetto in cambio di “favori”, come recentemente è saltato fuori da uno scoop giornalistico dell’emittente in lingua francese CBC. Un’altro tema di contestazione è la legge discriminatoria proposta dal ministro federale dell’immigrazione Kenney, che limita l’accesso alla regione per chi non parla inglese o francese. Sia Charest che Kenney sono stati contestati da alcuni studenti mentre tenevano discorsi a porte chiuse sulle proposte in questione, mentre per le strade, oltre alle proteste in forma pacifica, avvenivano scontri tra alcuni studenti e la polizia in assetto antisommossa pronta a usare manganelli, spray al pepe e perfino pallottole di gomma contro il dissenso. Dal canto loro gli studenti hanno reagito con lanci di pietre ed altri oggetti, barricate e con azioni dirette contro veicoli della polizia e simboli del governo e del potere capitalista.

Quebec protests reach rowdy new level (with updates)

Per un report più completo in lingua inglese consiglio di visitare il relativo articolo su Libcom, che contiene aggiornamenti continui nello spazio riservato ai commenti così come numerose foto e video delle proteste.

Nessuna parabola discendente, solo una linea retta.

Leggo qua e là le notizie pubblicate sui quotidiani online e i relativi commenti dei/lle lettori/trici sulle vicende di attualitá che riguardano corruzione dei partiti, crisi economica e riforma del lavoro e mi stupisco. Mi stupisco del fatto che ci si stupisca. Come si fa a rimanere sorpresi nel venire a sapere che un partito che ha sbraitato per anni slogan populisti e qualunquisti del tipo “Roma ladrona” e “padroni a casa nostra” sia in realtá un covo di ladri e corrotti, insediati a Roma ma ladroni pure a casa loro, quando è evidente che la corruzione è un elemento imprescindibile del sistema politico dominante, un fattore intrinseco a qualsiasi tipo di dominio? Come ci si può lamentare oggi dell’inutilità dei sindacati confederali quando si è taciuto per anni sulla trappola della concertazione, quando numerosi esempi concreti dimostrano che lavoratori e lavoratrici in lotta sono stati spesso abbandonati da tali sindacati, quando per anni sono stati piallati, demoliti, rasi al suolo diritti conquistati con le dure lotte senza che gli organi teoricamente preposti alla tutela dei suddetti diritti muovessero un dito, com’é possibile che ci si sia fidati di personaggi che pur di difendere le proprie garanzie personali, le strutture di potere delle quali sono ai vertici, il sistema che gli permette di parassitare la classe lavoratrice sono disposti ad accettare di buon grado qualunque compromesso, giocando a perdere con la posta altrui, simulando inverosimili opposizioni fin troppo semplici da sputtanare? È necessario ritrovarsi senza un tetto sulla testa per rendersi conto che c’è qualcosa che non va nel sistema di tassazione applicato a chi produce effettivamente la ricchezza di un Paese? Bisogna aspettare scandali e procedimenti legali contro politicanti ladri e partiti sanguisughe per dover staccare la spina ad un sistema politico che non ha nulla a che vedere con la vera democrazia, “potere del popolo”? Si deve arrivare in prossimità del suicidio per capire che benessere e libertà in una società capitalista sono chimere blindate in una cassaforte alla quale hanno accesso in pochissimi? Quante conferme, quante prove, quante cazzo di catastrofi servono ancora per smetterla di stupirsi e iniziare invece, finalmente, a reagire?