Il pericolo Alba Dorata.

La crisi e il “sonno della ragione“.

Tra gli effetti più devastanti della crisi economica che colpisce la Grecia vi è l’ascesa di un movimento neonazista sempre più forte, dotato di un’ampia base di consensi anche attivi da parte di una popolazione stremata che si lascia sedurre e ingannare dalle promesse e dagli slogan xenofobi e populisti di un manipolo di teppisti che ora siede in parlamento e pattuglia le strade alla caccia di “nemici”. Il bersaglio facile è, come spesso accade, lo “straniero” e più in generale il “diverso”, accusato di rubare il lavoro ai greci,di minare le basi dei valori nazionali e di godere di fantomatici privilegi quando un numero sempre più crescente di persone soffre gli effetti delle misure varate dai governi agli ordini della troika BCE-UE-FMI. Questo movimento si chiama Chrysi Avgi (Alba Dorata), partito greco che si richiama esplicitamente all’ideologia nazista e al concetto di “sangue e suolo”. Fondato nel 1985 (e riconosciuto ufficialmente come partito nel 1993) dall’ex paracadutista Nikolaos Michaloliakos, Alba Dorata ha registrato rispettivamente il 6,97 % dei voti (21 seggi) alle elezioni nazionali greche svoltesi il 6 Maggio 2012 e il 6,92% (18 seggi) a quelle del 17 Giugno successivo . La maggior parte dei consensi al partito provengono dai ceti benestanti timorosi di poter perdere i loro privilegi, dagli abitanti di quartieri il cui mancato sviluppo economico suscita sentimenti di rancore nei confronti della classe dirigente e dagli agenti di polizia (si stima che oltre il 50% degli agenti delle forze dell’ordine avrebbe votato per Alba Dorata). Tra i sostenitori di Alba Dorata vi sono anche molti esponenti della scena black metal di ispirazione nazista (NSBM), tra cui musicisti delle bands Der Stürmer, Legion of Doom, Naer Mataron, oltre che i soliti teppisti senza arte nè parte reclutati soprattutto tra le tifoserie calcistiche. La scarsa conoscenza della storia e delle ideologie nazifasciste, della dittatura di Ioannis Metaxas, dell’occupazione italo-tedesca in Grecia durante la Seconda Guerra Mondiale, della guerra civile greca e della dittatura militare reazionaria dei colonnelli durata fino al 1973 gioca un ruolo importante soprattutto tra i più giovani, attratti dall’avventurismo e dalle presunte buone intenzioni del partito nei confronti dei greci “di sangue puro”.

I temi centrali sui quali questa organizzazione tenta- attualmente con successo- di raccogliere consensi sono l’antieuropeismo e l’opposizione all’immigrazione. Omofobia e antisemitismo (Michaloliakos ha negato pubblicamente la Shoah ed ha elogiato Hitler in alcuni suoi articoli di giornale, in particolare in quello del 1987 dall’inequivocabile titolo “Hitler per 1000 anni”, pubblicato sulla rivista che portava lo stesso nome dell’organizzazione da lui fondata) sono anch’essi parte integrante dell’ideologia del partito, seppure messi momentaneamente in ombra dalla piú intensa attivitá xenofoba/antiimmigratoria. Il populismo di stampo xenofobo dei membri dell’organizzazione si manifesta nelle loro iniziative da un lato “caritatevoli” (ad esempio la donazione di sangue destinato solo “a persone di comprovata origine greca” e la distribuzione gratuita di generi di prima necessità a persone indigenti anch’esse di comprovata origine greca, a sostegno della quale il partito ha anche aperto sedi a New York, Montreal e Melbourne per raccogliere fondi da destinare a quest’ultima attvitá), dall’altro si concretizza in aggressioni contro immigrati, persone di origine straniera e avversari politici. In tal senso basterà citare alcuni episodi saliti di recente alla ribalta della cronaca, vale a dire l’aggressione fisica in diretta televisiva durante un dibattito politico da parte di Ilias Kasidiaris, portavoce del partito neonazista, ai danni di una rappresentante del partito comunista e la distruzione di alcune bancarelle gestite da immigrati presumibilmente privi di licenza in un mercato nella città di Rafina, azione alla quale hanno preso parte attiva i deputati Giorgos Germenis e Panayiotis Iliopoulos. Tra gli avvenimenti di vecchia data che sarebbe opportuno ricordare vi è l’omicidio di due immigrati ed il ferimento di altri sette da parte del militante di Alba Dorata Pantelis Kazakos, che scatenò una sparatoria ne centro di Atene il 22 Ottobre 1999 poichè si sentiva insultato dall’incendio di una bandiera nazionale greca ad opera di tifosi albanesi durante l’incontro di calcio Grecia-Albania svoltosi il 6 Ottobre nella capitale greca. Anche il caso di Antonios Androutsopoulos, membro di spicco dell’organizzazione, colpevole del tentato omicidio di tre studenti di sinistra e latitante dal 1998 al 2005 -presumibilmente grazie ad agganci nell’ambiente delle forze dell’ordine- dovrebbe far riflettere. In particolare le aggressioni nei confronti di “stranieri” e immigrati da parte di picchiatori legati ad Alba Dorata sono all’ordine del giorno. Skordeli Themis, giá candidata del partito alle elezioni amministrative di Atene, e lo stesso Ilias Kasidiaris sono sospettati di aggressioni a sfondo razzista e pertanto sotto processo. Aggressioni che possono rivelarsi mortali, come nel caso dell’immigrato di origine irachena accoltellato a morte da un gruppo di razzisti in motocicletta la notte del 12 Agosto di quest’anno. Il fatto che il governo nel 2010 abbia promulgato una legge che prevede il pagamento di 100 € per ogni denuncia presentata alla polizia non aiuta, così come non aiuta il fatto che in molti casi siano gli stessi agenti di polizia a collaborare con le aggressioni razziste o a coprirle, mentre l’attuale governo conservatore presieduto da Samaras porta avanti una campagna denominata “Xenios Zeus” contro l’immigrazione clandestina che ha finora portato a diverse migliaia di arresti nei confronti di immigrati sprovvisti di documenti in regola, inviati solitamente in centri detentivi al confine con la Turchia in attesa di espulsione, centri detentivi che, come annunciato dal governo ad Aprile, aumenteranno di 30 unità nel 2014. È evidente quindi una convergenza almeno parziale di intenti tra governo e neonazisti nel trattamento dell’immigrazione, ritenuta un problema grave in tempo di crisi. Ovviamente sia i neonazisti che le istituzioni tacciono sul fatto che la manodopera straniera sia stata usata per anni- e viene tuttora usata- per svolgere mansioni faticose, pericolose e generalmente poco appetibili in cambio di un’infima retribuzione e di condizioni lavorative oltremodo pessime, che non possono essere contestate da persone la cui condizione è precaria e legalmente non garantita e le cui necessità immediate sono pressanti. Si tace ovviamente anche sul fatto che la Grecia sia divenuta solo di recente una meta (spesso solo di transito) per gli immigrati e che fino a vent’anni fa era un luogo di emigrazione piuttosto che d’immigrazione: a tale proposito basterà ricordare che Melbourne, la città australiana dove Alba Dorata ha aperto una propria sede, è considerata “la terza cittá della Grecia” visto l’elevato numero di residenti di origine ellenica.

Tra violenza e tentativi di smarcamento.

È evidente che l’ascesa di Alba Dorata crei preoccupazione, anche se solo formale, anche a livello internazionale. Quello che fino a pochi anni fa era solo un piccolo movimento considerato da molti ridicolo ma soprattutto innocuo è oggi un partito molto attivo con una base sociale ed elettorale presumibilmente destinata a crescere. Se da un lato esso prosegue con rinnovata intensitá gli attacchi violenti di stampo razzista e fascista, dall’altro tenta di accreditarsi come movimento serio, in grado di risolvere la complessa situazione di crisi nella quale versa il paese e di alleviare le sofferenze della popolazione con provvedimenti di efficacia immediata, facendo leva sulle paure più irrazionali di una societá attraversata da una crisi non solo economica ma anche sociale e culturale e sbandierando revanchismo nazionale e ostilitá, perlomeno a livello propagandistico, nei confronti dell’Unione Europea e della moneta unica. Da una parte si scatenano pogrom contro gli immigrati seminando terrore e insicurezza, dall’altro si fa presa su concetti securitari organizzando ronde e gruppi di difesa dei cittadini greci contro la presunta minaccia della criminalità straniera; da un lato si fa sfoggio pubblico di atteggiamenti marziali e violenza estetizzata, dall’altro ci si presenta come vittime della diffamazione orchestrata dalla stampa al servizio dei poteri forti e di non meglio precisati interessi stranieri; si palesano legami con l’ideologia nazista, il metaxasismo, il nazionalismo più estremo e si afferma contemporaneamente di non essere un movimento fascista, ma solo un’organizzazione che ha a cuore il destino ed il benessere del popolo greco. Resta da vedere quanto potrà durare questa impostazione apparentemente schizofrenica, ma tipica dei movimenti di ispirazione fascista in bilico tra due tendenze apparentemente inconciliabili, quella militantista e quella in doppiopetto impegnata a rendersi presentabile agli occhi dell’opinione pubblica nazionale e internazionale. È certo però che il pericolo derivato da Alba Dorata non è solo quello di un suo possibile aumento di peso ed influenza nel parlamento e nelle istituzioni greche, sebbene anche questa prospettiva non andrebbe trascurata né sottovalutata (attualmente alcuni sondaggi indicano i potenziali voti per il partito tra il 9% e il 12%). Il pericolo urgente e concreto che ci si trova ad affrontare è quello di un movimento organizzato, dotato di fondi, strutture, sedi, militanti violenti e consenso crescente tra alcune fasce della popolazione, oltre che appoggiato in forma sia attiva che passiva da elementi delle istituzioni (forze dell’ordine in primis).

La risposta antifascista.

Gli antifascisti greci tentano di contrastare le attivitá dei neonazisti attraverso la propaganda e l’azione diretta, non senza rischi per la propria incolumità personale. Il problema non sono solo gli attacchi da parte di militanti e sostenitori di Alba Dorata, ma anche la repressione poliziesca ai limiti della legalitá stessa. Di questa hanno fatto le spese, cito un caso recente, un totale di circa 40 antifascisti arrestati tra lo scorso 30 Settembre e i giorni successivi ad Atene a seguito di manifestazioni, sfociate in scontri, in solidarietà con un centro culturale tanzanese devastato nei giorni precedenti dai neonazisti. Gli arrestati, una volta rilasciati, hanno dichiarato di aver subito pestaggi, umiliazioni e torture di vario genere da parte di alcuni agenti di polizia protetti dall’omertà degli altri colleghi, che avrebbero anche minacciato di fornire a “quelli di Alba Dorata” le generalitá degli antifascisti vittime della brutalitá poliziesca se questi avessero denunciato pubblicamente la cosa (il fatto è poi stato sì denunciato, ma in forma anonima…). Ciò non impedisce comunque volantinaggi, affissioni, cortei motorizzati  e marce antifasciste, che a volte culminano in confrontazioni fisiche con gli estremisti di destra. Anche la distruzione di sedi di partito di Alba Dorata e il danneggiamento delle proprietà appartenenti a personaggi ad essa legati svolgono un ruolo importante nel campo dell’azione diretta antifascista. Uno dei casi piú emblematici in questo senso è l’attacco del 15 Marzo di quest’anno all’ufficio di Alba Dorata a Patrasso, inaugurato tre giorni prima: un centinaio di antifascisti/e hanno raggiunto in corteo l’ufficio, sono penetrati al suo interno ed hanno gettato dalla finestra materiale propagandistico dato poi alle fiamme, hanno divelto sanitari e spaccato tubature in modo da allagare il locale, hanno vergato scritte sui muri ed hanno danneggiato la struttura muraria a martellate rendendo così l’ufficio completamente inagibile. In altri casi si ricorre ad attacchi incendiari, come quelli dello scorso 12 e 22 Agosto, indirizzati rispettivamente contro l’ufficio di Alba Dorata a Pagrati e contro azienda e veicolo di proprietà di Efstathios Boukouras, candidato del partito. L’attivismo antifascista sembrava aver dato risultati positivi nel Dicembre del 2005, quando Michaloliakos dichiarò sciolta la sua organizzazione a seguito di scontri di strada con gli anarchici; i militanti e i quadri dirigenti di Alba Dorata rimasero però attivi in altri gruppi e il partito riprese ufficialmente le sue attivitá nel Marzo 2007.

Visti i collegamenti internazionali di Alba Dorata e la presenza di suoi militanti a iniziative organizzate da movimenti di estrema destra all’estero, è evidente che il problema non può essere circoscritto alla sola Grecia: quando parliamo di solidarietà internazionale dovremmo ricordare che la lotta che sta avvenendo in Grecia è una lotta che riguarda noi tutti/e, contro un problema, quello dell’estremismo di destra, che non possiamo permetterci il lusso di trascurare. Altrimenti rischiamo di trovarci di fronte agli stessi mostri originati dal “sonno della ragione” di fronte ai quali si trovarono i nostri nonni. Ma anche senza arrivare a tanto è sufficiente pensare al numero stimato di 500 aggressioni di stampo razzista avvenute in Grecia negli ultimi 6 mesi per spingerci a fare tutto ciò che è in nostro potere per supportare la lotta degli/lle antifascisti/e, in Grecia e ovunque ve ne sia bisogno.

Fonti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.

Un morto e almeno 50 arresti durante lo sciopero generale del 18 Ottobre in Grecia.

Il 18 Ottobre scorso in Grecia ha avuto luogo uno sciopero generale promosso dai sindacati riformisti Gsee e Adedy, al quale hanno partecipato, secondo le diverse fonti, dalle 25000 a più di 40000 persone, per protestare contro le nuove misure di austerità richieste dalla troika in cambio di nuovi aiuti finanziari al Paese (31,5 mld di €). Ad Atene, prima e durante i cortei di protesta degli scioperanti, la polizia ha operato arresti preventivi e attaccato gli assembramenti nei pressi di piazza Syntagma, facendo uso massiccio di granate assordanti e gas lacrimogeni ed impedendo l’accesso delle ambulanze sul luogo. Un manifestante di 65 anni, Xenophon Lougaris, lavoratore portuale disoccupato ed iscritto al sindacato stalinista PAME, è morto presumibilmente per arresto cardiaco provocato dalla massiccia quantità di gas lacrimogeni inalati. Diversi scontri sono scoppiati a seguito delle cariche poliziesche nel centro di Atene, a fine giornata si registravano un totale di almeno 50 arresti in tutto il Paese (nella capitale sono stati confermati 7 arresti a fronte di 103 fermi iniziali), diversi manifestanti hanno riportato ferite a seguito della violenza poliziesca, 5 di loro sono rimasti feriti in modo grave. Da segnalare la presenza di agenti in borghese cammuffati tra le file degli scioperanti e di neonazisti/neofascisti, accolti con slogan minacciosi e confrontazioni fisiche sopratutto da parte degli anarchici/antiautoritari.

Qualcosa sulla Grecia.

Della Grecia abbiamo sentito parlare recentemente sui principali organi di “informazione” per due motivi principali: i campionati europei di calcio e le elezioni per il rinnovo del parlamento nazionale. Entrambe gli argomenti hanno a mio parere la stessa importanza, con la differenza che almeno il calcio, nonostante tutte le magagne, rimane pur sempre un’entusiasmante forma di intrattenimento. Il discorso sulle elezioni greche ci è stato presentato dalla stampa di pensierounicolandia come una battaglia tra sostenitori vs. affossatori dell’Euro e delle misure di austerità per uscire dalla crisi economica, ma in realtà le differenze tra le posizioni della coalizione di sinistra SYRIZA (che non é esatto definire “radicale” perché nulla di radicale sta in parlamento o ambisce a starci) e quelle dei socialdemocratici del PASOK e dei liberal-conservatori di Nea Dimokratia non sono sulla permanenza nell’ Euro o sull’accettazione o meno del memorandum dell’austerità, quanto sulle condizioni di tale permanenza e su possibili alleggerimenti di tali misure. Il mio sottovalutare l’importanza delle elezioni non é una posizione isolata, tant’é che proprio molti dei/lle diretti/e interessati/e aventi diritto al voto in Grecia decisero di astenersi: il 40%, astensione record -e i record sono fatti per essere battuti…

Ora, più che interessarmi di quale forza politica avrà l’onere o l’onore di mettere in pratica direttive di massacro sociale decise dall’èlite economica dominante, mi chiedo come la cosiddetta crisi economica (in realtà crisi di tutto un modello socioeconomico dato per vincente e inamovibile dagli esperti pagati per convincerci che tanto non serve a nulla ribellarsi perché nulla si può cambiare e viviamo nel migliore dei mondi possibili) vada a ripercuotersi sul tessuto sociale greco e quali siano le contromisure adottate da chi mette in pratica i principi anarchici e antiautoritari, ma anche semplicemente da chi tenta di sopravvivere in un contesto come quello dell’attuale crisi. Ho quindi letto col passare del tempo un certo numero di articoli e testimonianze e visto qualche documentario o videoinchiesta che dir si voglia, ottenendo un approssimativo quadro della situazione che, se da un lato risulta allarmante e sconfortante, dall’altro conferma quello che gli/le anarchici/che vanno dicendo (e possibilmente facendo) da sempre. Da un lato cresce il numero dei disoccupati, aziende e piccole imprese meno competitive falliscono, c’é chi si suicida e c’é chi emigra, aumentano i consensi non solo elettorali nei confronti di partiti fascisti e xenofobi -lampante è l’esempio del movimento neonazista Chrysi Avgi- i cui militanti usano la violenza nelle strade, spesso con la complicità passiva o attiva delle forze dell’ordine, per terrorizzare e colpire fisicamente immigrati, omosessuali, emarginati e persone politicamente “non gradite”. A questo quadro di disperazione, rassegnazione e accanimento su capri espiatori con conseguenti guerre tra poveri, degno dei più realistici romanzi distopici, fa da contraltare la tenacia di chi non solo si sforza quotidianamente di sopravvivere, ma tenta anche di autogestire la propria vita al di là delle regole e dei ritmi imposti dalle politiche di austerità. Nascono cooperative di produzione e consumo diretto, scambi di prodotti e servizi su base di accordi volontari senza l’uso del denaro, mense popolari, nuove situazioni di aggregazione e socialità non commerciali. A fronte della disastrosa situazione del sistema sanitario i lavoratori ospedalieri occupano le strutture di cura; non solo per sfuggire alla disoccupazione, ma per divenire padroni del proprio lavoro, gli operai occupano le fabbriche che i padroni dichiarano fallite; quelli del “movimento di solidarietà, disobbedienza e resistenza” ALANYA dirottano il traffico automobilistico evitando di farlo passare per i caselli autostradali a pagamento; laddove la corrente elettrica é stata tagliata per punire chi non é in grado di pagarla, i collegamenti vengono ripristinati dagli utenti; le obliteratrici su tram e autobus vengono messe fuori uso consentendo alla gente di poter viaggiare gratis. Accanto a questi ed altri innumerevoli esempi vi é la resistenza quotidiana alle prepotenze e violenze poliziesche e fasciste, la solidarietá con gli immigrati e gli emarginati, la difesa degli spazi occupati e autogestiti minacciati di continuo con sgomberi ed arresti degli occupanti.

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C’é da chiedersi quale piega prenderanno col passare del tempo gli eventi, come si svilupperanno le lotte e le pratiche di autogestione, se prevarranno la disperazione e la rassegnazione ad una vita di stenti e sacrifici inutili o la voglia di lottare per riappropriarsi della propria dignitá e felicità, se le svolte ancor più autoritarie che si profilano all’orizzonte avranno o meno la meglio sul desiderio di libertà e sulla volontá di molti di scrollarsi di dosso il peso di un sistema parassitario dagli effetti intollerabili. La storia non é finita e le sue pagine vengono scritte quotidianamente, il cammino é lungo e riguarda tutti noi, abitanti o meno di quel territorio geografico chiamato Grecia.

Speriamo che oltre alla vergogna perdano pure qualcos’altro…

Articolo tratto da Umanità Nova (online) dell’ 8 Luglio 2012, n.24 anno 92.

” Sbirri senza vergogna

Federico Aldrovandi
Sbirri senza vergogna

«Che faccia da culo che aveva sul tg…una falsa e ipocrita…spero che i soldi che ha avuto ingiustamente possa non goderseli come vorrebbe…adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie» e ancora «Infatti è successo un fatto analogo a Trieste dopo il nostro, con delle responsabilità reali da parte dei colleghi e nessuno ne ha saputo nulla, io mi vergognerei di usare la politica e la mediaticità per far valere una falsa giustizia…VEGOGNATEVI TUTTI COMUNISTI DI MERDA…». Questo è quanto ha scritto su un social network il poliziotto Paolo Forlani, un assassino, che ha ucciso nel settembre 2005 a Ferrara, insieme ad altri tre agenti, un ragazzo di 18 anni, Federico Aldrovandi. Le parole erano dirette alla signora Patrizia Moretti, la madre del ragazzo assassinato. La Cassazione, il 21 giugno 2012, aveva reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo ai 4 poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. In particolare la quarta sezione penale aveva respinto il ricorso presentato dalla difesa dei 4 agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d’Appello di Bologna il 10 giugno del 2011. Secondo la sentenza l’agire dei poliziotti ha trasceso i limiti consentiti: Federico è deceduto, dunque, per un arresto cardiaco a seguito del pestaggio da parte dei poliziotti, e non riferibile, in alcun modo, all’abuso di stupefacenti. Inoltre c’è stata senz’altro cooperazione colposa nella condotta degli agenti, per via della comune scelta di azione, della consapevolezza di agire insieme, fattore che gli imponeva di controllare anche l’azione dei colleghi e nel caso di regolarla. Ma nessuno dei poliziotti è andato in carcere, visto che 3 anni sono coperti dall’indulto…e neanche hanno rischiato il posto di lavoro, infatti sono ancora tutti in servizio ma trasferiti in un’altra città. Le dichiarazioni dell’agente erano state postate sulla bacheca interattiva del gruppo «Prima Difesa», amministrato da Simona Cenni, neofascista (ex-coordinatrice regionale di Azione Sociale-Marche) che «tutela gratuitamente per cause di servizio tutti gli appartenenti alle Forze dell’Ordine e Forze Armate». Tra i commenti, oltre a quello del poliziotto condannato, c’è qualcuno che paragona Federico a un «cucciolo di maiale» e la signora Moretti, madre di Federico, ha ritenuto opportuno presentare ai carabinieri di Ferrara una denuncia-querela per diffamazione contro il gruppo-associazione «Prima Difesa». Saputo della querela, Forlani tentò di correre ai ripari chiedendo pubblicamente scusa tramite l’Ansa: “Voglio chiedere perdono per quel mio contegno estemporaneo ed assurdo”, rispedite prontamente al mittente da tutta la famiglia Aldrovandi. “E’ meglio che lasci perdere! Le sue scuse? La coscienza doveva parlargli 7 anni fa all’alba di quella mattina. Non ci può esser assoluzione per ciò che ha detto” ha dichiarato Patrizia Moretti, mentre Lino Aldrovandi, padre di Federico, aggiunge: “… non mi interessa davvero quello che dice, e in merito a Ferrara e ai comunisti di merda, io non sono comunista ma se queste persone hanno collaborato a far emergere la verità, ben vengano, io non ho mai chiuso le porte a nessuno”. Rimane il riferimento di Trieste, che forse alludeva al Commissariato di Villa Opicina, dove ci fu il sequestro di una ragazza ucraina di 32 anni, Alina Bonar Diachuk. In particolare il dirigente dell’Ufficio immigrazione della questura di Trieste, Carlo Baffi, è indagato per omicidio colposo e sequestro di persona in relazione al “suicidio” della ragazza: la giovane è morta il 16 aprile scorso in una cella della questura, dove era stata rinchiusa illegalmente in attesa dell’espulsione. Un suicidio che era apparso da subito poco credibile, e che aveva fatto scattare una indagine che ha portato all’incriminazione di Baffi per sequestro di persona e omicidio colposo. Durante la perquisizione nell’abitazione dell’agente e nel suo ufficio, all’interno della Questura del capoluogo friulano, i finanzieri e i poliziotti trovarono busti, foto e poster di Mussolini, i libri “Mein Kampf” di Adolf Hitler, la “Difesa della razza” di Julius Evola, “La questione ebraica” di Julius Streicker e altro materiale antisemita. Il suo avvocato, Paolo Pacileo, ha presentato subito un’istanza al Tribunale del Riesame per l’annullamento del verbale di sequestro dei libri e dell’altro materiale, tra cui sei proiettili di pistola non denunciati e una copia della targhetta dell’Ufficio immigrazione delle dimensioni di un foglio protocollo, sulla quale era inserita a destra una foto di Mussolini e a sinistra la scritta “il dirigente dell’ufficio epurazione” in caratteri romani simili a quelli usati nel Ventennio. Proprio il ritrovamento di questa targa innescò la perquisizione della casa di Carlo Baffi. Durante le indagini gli inquirenti hanno sequestrato 49 fascicoli in originale relativi ad altrettanti cittadini extracomunitari anch’essi, in attesa dell’espulsione, detenuti illegalmente al commissariato di Opicina. Una pratica consolidata, un vero e proprio sistema che è assai improbabile che abbia avuto per protagonista il solo Baffi, che però per ora rimane l’unico indagato: le vittime del poliziotto sono, per quello che finora è dato sapere, tutti cittadini stranieri. Pronta la presa di posizione dell’ANFP (Associazione Nazionale Funzionari di Polizia) in sostegno del dirigente dell’Ufficio Immigrazione, che fa polemica politica con la magistratura definendosi fortemente perplessa sul sequestro di oggetti personali e di libri operato presso l’ufficio ed il domicilio del funzionario e lamentandosi dell’acquisizione dei soli testi che costituiscono espressione del pensiero di estrema destra, mentre si sarebbe ritenuto di tralasciare quelli che si riferiscono, per contro, all’ideologia di estrema sinistra. Il sodalizio sindacale poliziesco polemizza insinuando: “se il sequestro effettuato mira all’individuazione di elementi utili ai fini delle indagini, appare evidente come la doverosa documentazione del contestuale possesso di testi di entrambe le nature – peraltro assolutamente fisiologico per un funzionario che, come il collega BAFFI, ha prestato servizio presso una Digos – rischi di essere irrimediabilmente compromessa dalla incomprensibile “obliterazione” di elementi di significato opposto rispetto a quelli di pretesa rilevanza.” L’associazione, quindi, cerca di giustificare Baffi buttandola sul suo lavoro presso la Digos. Ora, d’accordo che un “poliziotto che sa fare il suo mestiere” deve essere informato sulle varie ideologie, però forse non è richiesto ad un funzionario di polizia di possedere nel proprio ufficio e nella propria abitazione busti, foto e poster del duce stile altarini e soprattutto una scritta che paragona il suo incarico con l’ufficio epurazione del regime. Visto che il 70% dei funzionari della Polizia di Stato sindacalizzati si riconosce nell’ANFP, quindi nel comunicato sovracitato, pare evidente che il legame tra neofascismo e Polizia di Stato sia molto stretto, o quantomeno lo è nella cultura, al di la della propaganda ingannevole antistatalista e antipoliziesca di alcuni gruppi o partiti fascisti. Che la polizia italiana fosse fascista lo aveva già dichiarato pubblicamente il quotidiano britannico «Guardian» nel luglio del 2008 in un articolo in cui si occupò dei fatti di Genova. Il giornale londinese spiegava alcune pratiche usate sui civili, picchiati senza pietà, in modo sistematico, non per ottenere una confessione ma semplicemente per il gusto sadico di infliggere un dolore. In un’inchiesta di sette pagine intitolata «La sanguinosa battaglia di Genova», il Guardian denunciò: «Questo non è il comportamento di un gruppo di esaltati. Questo è fascismo». Durante i pestaggi alla scuola Diaz e le torture nel carcere di Bolzaneto, racconta il quotidiano britannico, i poliziotti parlavano in modo entusiastico di Mussolini e Pinochet. I loro cellulari avevano suonerie con le tradizionali canzoni del ventennio. E i prigionieri furono costretti a dire più volte «Viva il Duce» o «Un, due, tre, viva Pinochet». Non stiamo parlando di un fascismo messo in atto da dittatori «con gli stivali neri e la bava alla bocca» ma del pragmatismo di politici dalla faccia pulita. «Il risultato però – dice il Guardian – è molto simile. Genova ci insegna che quando lo Stato si sente minacciato, la legge può essere sospesa. Ovunque».
’Gnazio “

25 Aprile: troppo presto per festeggiare.

25 Aprile, festa della Liberazione d’Italia? Semmai “festa della resistenza”, visto e considerato che una vera liberazione non é mai avvenuta! Ma come, c’é qualcuno che pensa che il fascismo sia morto il 25 Aprile 1945? Spiegatemi allora da dove vengono la strage di Portella delle Ginestre, il massacro degli operai a Reggio Emilia nel 1960, gli studenti ed i lavoratori massacrati dai celerini ancora nei decenni successivi, investiti dalle camionette, uccisi da pallottole e lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo; di chi é la responsabilità della strategia della tensione e delle stragi di Stato, da Piazza Fontana in poi, chi ha messo in galera o ammazzato persone innocenti, chi ha dichiarato guerre “perché é un nostro dovere nei confronti dei nostri alleati internazionali, é una missione di pace/umanitaria”, chi ha fatto ( e in alcuni di questi casi fa tuttora ) strage di civili in Somalia, Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia? Chi sono i pochi che decidono per tutti, che pur di seguire il corso della Storia impoveriscono e gettano nella precarietà milioni di persone? Io non vedo nessuna liberazione, così come non la videro quei/lle partigiani/e che rimasero in montagna anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, che non accettarono il compromesso di una Costituzione tanto conciliante da non mettere in discussione i fondamenti dell’ingiustizia, dello sfruttamento e dell’autorità. Chi si arroga il diritto di mettere nello stesso calderone chiunque abbia partecipato alla resistenza o é un mistificatore oppure non conosce i fatti storici, ma nemmeno un pò: i “miei” partigiani non sono morti perché io potessi avere il diritto ( dovere, secondo qualche zelante difensore del totalitarismo di mercato in salsa parlamentarista ) di scegliere tra due o tre sfruttatori di partiti diversi andando a votare ogni cinque anni, non hanno combattuto contro l’invasione nazista per barattarla con l’invasione atlantista, non volevano cambiare il colore ad una dittatura nel nome di un ossimorico Stato socialista. I/le partigiani/e di cui parlo non si schierarono contro il fascismo quando ormai il vento aveva cambiato direzione, ma combatterono in Italia ed in esilio, braccati in Francia o schiacciati fra due fronti fascisti ( franchisti da una parte, stalinisti dall’altra ) durante la guerra civile spagnola, erano le stesse persone che avevano resistito al fascismo prima che questo salisse al potere, erano gli stessi che anche in galera o al confino o nei campi di concentramento continuavano a mantener salda la loro integritá, gli stessi che spesso venivano colpiti alle spalle dai falsi amici, nel Nord Italia come a Barcellona, nelle cittá occupate dagli invasori nazisti e dai repubblichini cosí come era già accaduto a Kronstadt o in Ucraina. La liberazione non é mai avvenuta, la resistenza non é mai finita: cambiano i tempi, le forme di lotta, il nome e il volto dei tiranni, ma non cambiano la necessità e la volontà di lottare. Questo é il miglior modo nel presente e nel futuro per ricordare chi combatté in passato, non per governare sugli altri, non per essere declamato nei discorsi retorici di qualche potente, non per venire strumentalizzato dai partiti, non per diventare cenere, ma per essere la fiamma della rivolta che é nostro dovere tenere accesa.
Loro vivono nella nostra lotta!

“La strage è fascista!”: Dossier degli antifascisti e antirazzisti pistoiesi su Cassero e Casa Pound.

Da alcuni giorni è disponibile online il dossier realizzato dagli antifascisti e antirazzisti pistoiesi sui legami tra Gianluca Cassero, autore della strage di Firenze del 13 Dicembre 2011 che è costata la vita a due ambulanti senegalesi, e l’organizzazione neofascista Casa Pound.

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