Dopo il Venticinque Aprile.

Il 25 Aprile del 1945 è la data ufficiale della liberazione d’Italia dal nazifascismo. In realtà, dopo l’insurrezione e la liberazione di città chiave del Nord Italia quali Milano e Torino, dovranno esserci ancora scontri e morti prima di arrivare alla cessazione delle ostilità tra forze di occupazione e antifascisti/e. A guerra ufficialmente conclusa, poi, c’è chi tra i/le partigiani/e si rifiuta di deporre le armi, in alcuni casi nella speranza di creare nella penisola italica una repubblica di stampo sovietico, in altri semplicemente proseguendo coerentemente la battaglia contro tutti gli occupanti, i governi, le autorità. Ma anche quelli/e, la maggioranza, che cercano di tornare alla normalità, dovranno constatare che la nuova Repubblica Italiana non mantiene le promesse di riequilibrio delle ingiustizie e disuguaglianze sociali, né si libera dall’eredità del fascismo: moltissimi fascisti verranno amnistiati (grazie anche alla volontà della dirigenza del Partito Comunista Italiano) e torneranno a ricoprire cariche amministrative di rilievo, i nuovi occupanti statunitensi determineranno il corso della politica e dell’economia italiane nei decenni a venire e le istituzioni repressive colpiranno duramente le diverse forme di lotta che verranno messe in atto dalla classe lavoratrice. La strage di Portella della Ginestra avvenuta il 1 Maggio del 1947 è solo uno degli episodi tra i più noti e i più gravi che testimoniano come la “repubblica democratica fondata sul lavoro” sia solo uno slogan vuoto di significato reale, un fatto reiterato dagli eventi occorsi a Reggio Emilia il 7 Luglio del 1960, dove persero la vita cinque operai per mano delle forze dell’ordine.

La canzone composta lo stesso anno dal cantautore Fausto Amodei ricorda i morti di Reggio Emilia e li ricollega idealmente ai morti della resistenza antifascita, Lauro Farioli come Duccio Galimberti, il sangue versato a Reggio Emilia come quello versato dai sette fratelli Cervi, la citazione di uno dei canti partigiani più noti (“fischia il vento”), i nemici sempre gli stessi, lo stesso il messaggio, perchè finchè non ci sarà giustizia, finchè non ci sarà liberazione non ci sarà pace. Amodei invita i morti emiliani a risorgere e a cantare l’inno comunista Bandiera Rossa, pur non essendo mai stato lui un militante del PCI, come invece lo erano Serri, Franchi, Tondelli, Reverberi e Farioli, cinque dei tanti morti in tempo di pace e democrazia, cinque nomi che mai dovremmo dimenticare, così come non dovremmo dimenticare che, anche oggi, il nemico è sempre lo stesso.

Ricordando ciò che non si sa: le foibe.

“Ma che cosa sa tuttora la maggioranza degli italiani sulla politica di sopraffazione del fascismo contro le minoranze slovena e croata (senza parlare dei sudtirolesi o dei francofoni della Valle d’Aosta) addirittura da prima dell’avvento al potere; della brutale snazionalizzazione (proibizione della propria lingua, chiusura di scuole e amministrazioni locali, boicottaggio del culto, imposizione di cognomi italianizzati, toponimi cambiati) come parte di un progetto di distruzione dell’identità nazionale e culturale delle minoranze e della distruzione della loro memoria storica?
I paladini del nuovo patriottismo fondato sul vittimismo delle foibe farebbero bene a rileggersi i fieri propositi dei loro padri tutelari, quelli che parlavano della superiorità della civiltà e della razza italica, che vedevano un nemico e un complottardo in ogni straniero, che volevano impedire lo sviluppo dei porti jugoslavi per conservare all’Italia il monopolio strategico ed economico dell’Adriatico. Che cosa sanno dell’occupazione e dello smembramento della Jugoslavia e della sciagurata annessione della provincia di Lubiana al regno d’Italia, con il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai crimini nazisti? Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio antislavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel Litorale adriatico, sullo sfondo della Risiera di S. Sabba e degli impiccati di via Ghega?”

(Enzo Collotti)

 

Il 10 febbraio si celebra in Italia per volere di un qualche decretolegge del 2004 il “giorno del ricordo”, uno degli ennesimi pasticci istituzionali nato dal connubio tra sensi di colpa e volontà revisionista di buona parte della “sinistra” parlamentare e volontà revisionista senza sensi di colpa da parte della “destra”. Quel che si è obbilgati a ricordare il 10 Febbraio è la tragedia delle foibe, almeno in teoria, perchè è impossibile ricordare ciò che non si sa. In un’occasione come questa risulta difficile scampare alle dichiarazioni retoriche, alle sceneggiate propagandistiche ed alle manipolazioni, impossibile farlo se non si hanno informazioni corrette sui fatti storici che occorsero in quella parte dei Balcani occupata militarmente dalle truppe italiane durante la Seconda Guerra Mondiale, ma anche negli anni precedenti- basterebbe parlare della pulizia etnica operata dagli italiani in Slovenia già nel primo dopoguerra mondiale…ma parlarne a chi? A quelli che stanno di fronte al televisore e si bevono la reinvenzione della storia ad uso e consumo di chi oggi vuole sdoganare il fascismo? Per chi non se la beve, per chi vuole capire le reali dimensioni della foiba nella quale si cade quando si lascia la memoria storica nelle mani di personaggi come Napolitano, Gasparri e soci, per chi non sa cosa sia avvenuto prima e dopo e vuole saperlo, ecco alcuni punti di partenza per iniziare a capire e avviare di conseguenza una riflessione seria sugli eventi in questione:

“L’invasione della Jugoslavia: crimini di guerra e lager fascisti per slavi”, da Anarcopedia;

“Fascist Legacy”, documentario della BBC (prima parte);

“Perchè l’Italia ricorda le Foibe ma non la pulizia etnica compiuta dai fascisti in Slovenia?”, dal sito Memoriastorica;

“Pulizia etnica all’italiana”, dal sito Osservatorio Balcani e Caucaso;

“La verità sulle foibe”, di Marco Ottanelli;

“Il cuore nel pozzo: un caso di revisionismo mediatico”, video.

Ghetto di Varsavia, settant’anni fa…

A settant’anni dall’insurrezione del ghetto di Varsavia ripropongo la mia recensione (già pubblicata sul mio vecchio blog ormai estinto) di un libro che lessi tempo fa e che mi colpì molto. In memoria e in onore di chi lottò in quei giorni, dentro e fuori dal ghetto, contro la barbarie nazista.

Un gruppo di bambini nel ghetto di Varsavia

Hic sunt leones… and the stars will bear witness for them.

“Bernard Goldstein, “Five Years in the Warsaw Ghetto”, Nabat Books (AK Press), ISBN 1 904859 05 4
” …here is a true story of mind-boggling feats of courage and hairbreadth escapes, of battling overwhelming evil against insurmountable odds. Here is a chance to rediscover the meaning of probably the most debased and emptied-out words in the English language: heroism.

The story of the Warsaw ghetto is one of the most heartbreaking and tragic in all of recorded history. Bernard Goldstein, who was already a semi-legendary figure as a socialist and leader of the Jews in Poland, was a central figure in this story. He was crucial in organizing the underground resistance when the Nazis occupied Warsaw, and one of the ten thousand survivors of the citys half million Jews. This is his story, written shortly after World War Two, of the five years in which a community was destroyed, and his tribute to the good, the bad, the cowardly and the heroic who died there. It is told in a plain-spoken, self-effacing and unsparing way that makes it that much more powerful.” (Dalla quarta di copertina del libro ).


Bernard Goldstein, ebreo polacco noto per la sua intensa attività politica nell’organizzazione socialista ebraica Bund, racconta in questo libro, scritto dopo la Seconda Guerra Mondiale, la sua drammatica esperienza come sopravvissuto del Ghetto di Varsavia, istituito nella capitale polacca dopo l’invasione delle truppe nazionalsocialiste come luogo dove confinare ebrei polacchi e deportati di altre nazionalità. In realtà definire “drammatiche” le vicissitudini narrate da Goldstein suona decisamente riduttivo; ciò che visse quest’uomo fu un continuo succedersi di orrori e vicende agghiaccianti difficilmente descrivibili: persecuzioni, deportazioni, massacri, privazione di ogni bene materiale, della libertà, della dignità, il tutto inferto in nome di un’ideologia infame e disumana. Tra i punti centrali della storia vissuta e raccontata dall’autore vi è uno degli episodi più eroici che la Storia abbia mai conosciuto, ovvero l’insurrezione degli/e ebrei/e del Ghetto di Varsavia, portata avanti da pochi/e sopravvissuti/e alle deportazioni nei lager nazisti, agli stenti ed alle esecuzioni sommarie, un’insurrezione disperata condotta con scarsissimi mezzi in una situazione che non offriva alcune speranze di sopravvivenza agli insorti.
Sullo sfondo della vicenda le vicissitudini umane, il coraggio e la codardia, la complicità di molti con gli occupanti nazisti ma anche i gesti di umana solidarietá compiuti da alcuni a rischio della propria incolumità; la fredda indifferenza delle potenze occidentali di fronte alla Shoah e il cinico opportunismo dell’Unione Sovietica.”

Ri-conosci il fascismo, continua a resistere!

Fonte: Informa-Azione.

RI-CONOSCI IL FASCISMO
CONTINUA A R-ESISTERE
10 giorni per ribadire l’importanza
della Resistenza a vecchi e nuovi fascismi.

Oggi più che mai è di fondamentale urgenza collettiva non soltanto recuperare e mantenere vivo quel percorso di memoria storica che attraverso decenni di resistenza ha opposto lotte ed anticorpi ai peggiori rigurgiti nazifascisti.
Ri-conoscere il fascismo significa ri-conoscerne, nel quotidiano, dinamiche e ritraduzioni, strategie e connessioni (in ogni condizione, contesto e territorio). Non a caso la storia ripete i suoi copioni. E proprio in periodi di “crisi economica” il terreno diventa nuovamente fertile per tutti quei processi di imbarbarimento
e fascistizzazione socio-culturale. Processi e dispositivi elaborati ad hoc: razzismi e politiche dell’esclusione, nazionalismi in nome di “purezze” identitarie, criminalizzazione di ogni forma di dissenso, isolamento dell’individuo e costruzione mediatica di capri espiatori verso cui convogliare l’insoddisfazione di masse ridotte a “sacrifici, lacrime e sangue”. Cupe strategie finalizzate a
conservare tutti quei privilegi politici ed economici di un potere autoritario e capitalista sempre più organico a banche e finanza mondiali.
Ri-conoscere i fascismi, oggi, significa per noi riappropriarsi di tutti quei momenti e di tutti quegli spazi di solidarietà collettiva nei quali confrontare/discutere priorità e necessità trasversali e ri-costruire pratiche e soluzioni dal basso. Perché ogni forma di dominio sull’esistente possa definitivamente scomparire. Da qui la necessità di organizzare, attraverso la
rete “Romagna mia”, una 10 giorni di confronto e dibattito sui temi del fascismo e
dell’antifascismo, sotto diverse angolazioni e plurime modalità, al fine di trovarsi più preparati e forti nella lotta.

 
VENERDI’ 12 APRILE
presso la Sala Bacchilega, Centro Sociale Castellano
V.le Umberto I 48, Castel Bolognese

DAL PORRAJMOS AI NUOVI GHETTI: L’APARTHAID PERMANENTE DEL
POPOLO ROM. (Incontro e dibattito ore 20.15)

Dopo la persecuzione e lo sterminio su base razziale di Rom e Sinti durante il regime nazifascista, permane ancora per questo popolo una condizione di segregazione sociale e di isolamento fisico e relazionale. Una minoranza confinata ai margini di questa società, costretta ad una R-esistenza nei nuovi ghetti istituzionali concepiti dall’antiziganismo dei nostri giorni.
I campi nomadi sono l’ennesimo prodotto di un pregiudizio etnico, il risultato dell’istituzionalizzazione, della segregazione e della discriminazione istituzionale che si consuma nelle nostre città tra l’indifferenza di molti… oggi come allora.

Ne parliamo con: Dimitris Argiropoulos, docente di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna, autore di saggi e ricerche sulla cultura del popolo rom.

Iniziativa organizzata da: COLL. POL. NUOVE RESISTENZE

SABATO 13 APRILE
presso il CSA GROTTA ROSSA, via della Lontra 40, Rimini

ARDITI DEL POPOLO, ANTIFASCISTI DAL 1921.

Nell’estate del 1921 nacquero gli Arditi del Popolo, reduci della prima guerra mondiale che, staccatisi dall’associazione nazionale Arditi d’Italia, erano voluti confluire in un’organizzazione nata per contrastare lo squadrismo fascista e guidata dal simpatizzante anarchico Argo Secondari. Gli Arditi del Popolo
raccoglievano anarchici, comunisti, sindacalisti e chiunque volesse opporsi alla violenza fascista spesso foraggiata e coadiuvata dai reali gendarmi. Ricordando chi si oppose al fascismo nascente non si guarda solo indietro nella nostra storia,
ma si possono trovare le similitudini con la recente situazione italiana. Praticando l’antifascismo nato con gli Arditi si contrasta il nascente neofascismo, che nulla ha da invidiare al movimento da cui prende ideologie e simboli, né per intolleranza, né per crudeltà. Oggi come ieri, chi ha a cuore la giustizia sociale, è antifascista!

ore 18 – Presentazione e proiezione di “Siam del popolo gli Arditi”
documentario a cura di Motta Andrea e Rasconà Paolo.
Sinossi: “Fondati per iniziativa di Argo Secondari, ex-tenente dei reparti d’assalto durante la prima guerra mondiale, nel 1921, gli Arditi del Popolo furono la prima espressione di resistenza popolare che si oppose con ogni mezzo al neonato squadrismo mussoliniano”.

a seguire – AperiCena vegan.

ore 21.00 – Presentazione del libro “gli Arditi del Popolo” di Andrea Staid.
“Ricordare il passato può dare origine ad intuizioni pericolose e la società stabilita sembra temere i contenuti sovversivi della memoria”

ore 22.00 – Concerto con Alessio Lega (intervallato da brani tratti dal libro “Gli Arditi del Popolo” di Andrea Staid).

 
DOMENICA 14 APRILE

presso la “piastra” del Parco “il Tondo” a Lugo
ore 14.30IL LUGHE’ ANTIFA CUP.
Mini campionato di calcetto per la libertà da ogni forma di fascismo e razzismo!

A seguire presso il CCA LUGHE’
ore 19.30 – AperiCena Vegana + proiezione di BANDITE, documentario del 2009 di Alessia Proietti sull’esperienza delle donne che dal ’43 al ’45 hanno combattuto nelle formazioni partigiane.

LUNEDI’ 15 APRILE
presso il CSA LA RESISTENZA

Ore 19.30 – Proiezione dello spettacolo teatrale MAI MORTI con Bebo Storti, testo e regia di Renato Sarti.
Renato Sarti ripercorre la nostra storia recente attraverso i racconti di un uomo mai pentito, per riflettere su quanto razzismo, nazionalismo e xenofobia, siano ancora difficili da estirpare.

a seguire – AperiCena Vegan.
ore 21.30ALLA RISCOPERTA DELLE CANTATE DI LOTTA E RESISTENZA con il concerto dei Berretto Frigio.

MARTEDI’ 16 APRILE
presso la Caffetteria “Dell’Amore”, P.le Foro Boario 13, Forlì
serata a cura di EQUAL RIGHTS FORLI’

ore 19 – Aperitivo/Buffet Vegan.
ore 20OLTRE L’ANTIFASCISMO.

Come il fascismo discrimina in base ad una presunta superiorità della razza; lo specismo lo fa in base alla specie. L’antispecismo è intrinsecamente antifascista perchè lotta per la libertà di ogni essere vivente e per la fine di ogni discriminazione e sfruttamento.
Riflessioni sull’antispecismo e approfondimento in merito alle infiltrazioni di gruppi di destra nel movimento di liberazione animale. Con la partecipazione dei redattori di “Veganzetta”.

MERCOLEDI’ 17 APRILE
presso lo SPAZIO LIBERTARIO “SOLE e BALENO”

MIMETISMO CULTURALE E REVISIONISMO STORICO: COME RICONOSCERE E
SMASCHERARE I NUOVI FASCISTI.

Una serata che si pone l’obiettivo di fare luce sull’attualità politica e l’evoluzione culturale del neofascismo in Italia, a partire dalle molteplici sfumature che ne differenziano i singoli gruppi di appartenenza. Dalle modalità attraverso le quali la propaganda di movimento tenta di adescare nuove giovani leve, paventando un’attitudine rivoluzionaria ed anti-statalista, alle reali finalità di inserimento progressivo nelle meccaniche della politica istituzionale e dei suoi apparati “democratici”. Dalla capacità di mimetizzarsi, in tempi di crisi e confusione ideologica, tra una miriade di movimenti anticapitalisti, riappropriandosi
indebitamente  di simboli e valori  già da tempo affermati da fazioni di opposta identità politica, al tentativo di sdoganare vecchia propaganda da regime a masse inconsapevoli e addomesticate dai mass-media.

ore 20.00 – Cena vegan
ore 21.00 – presentazione mostra/opuscolo a tema a cura dello spazio libertario “Sole e Baleno”.
ore 21.30 – Presentazione del libro “LE NUOVE CAMICE BRUNE. Il neofascismo oggi in Italia”. ed incontro con l’autore Saverio Ferrari dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre.
“Nel neofascismo italiano è in atto un’evoluzione: sempre più marcate si stanno manifestando le tendenze ad assumere o ricercare riferimenti non più solo nel ventennio mussoliniano, ma direttamente nel nazismo”.

GIOVEDI’ 18 APRILE
presso il C.S.A. SPARTACO

ESPERIENZE DI LOTTA ANTIFASCISTA. A COLLOQUIO CON NULLO MAZZESI, PARTIGIANO.

ore 19.00 – Aperitivo e mostra di pittura (N. Mazzesi).
ore 21.00 – Incontro con Nullo Mazzesi, testimonianze dirette di Resistenza e memorie tramandate: la “Settimana Rossa”.

VENERDI’ 19 APRILE
presso il C.S. BRIGATA 36

LA RESISTENZA E’ DONNA.
La lotta partigiana ha contenuto al suo interno esperienze che nel dopoguerra proseguiranno nella lotta per l’emancipazione delle donne. Uno dei primi passi di un percorso ancora lungo da compiere contro quella forma di fascismo tutt’oggi imperante incarnato dal patriarcato, che anche la cosiddetta società antifascista ha perpetrato fino ad oggi.

ore 19.00 – AperiCena vegetariana/vegan.
ore 20.00 – racconti e testimonianze di Resistenza partigiana nell’imolese, con Filippo Servadei, autore della tesi di laurea “Donne Resistenti” e Virginia Manaresi “Gina”, partigiana attiva sin dal 1943 e poi deportata nel campo di concentramento di Bolzano.
a seguire – proiezione del documentario “La mia Bandiera” e incontro con il regista Giuliano Bugani: la lotta di Liberazione ha rappresentato per molte donne una presa di coscienza della propria condizione, un’assunzione di responsabilità e ruoli che andavano oltre la sfera domestica a cui solitamente erano relegate.

SABATO 20 APRILE

ore 15.30 – concentramento alla stazione dei treni di Forlì.

CORTEO ANTIFASCISTA ATTRAVERSO FORLÌ, CITTÀ CHE STA
RI-FACENDO DEL FASCISMO LA PROPRIA ATTRATTIVA TURISTICA.

Monumenti storici e architettura del ventennio, mostre ed esposizioni strettamente legate agli anni del regime di Mussolini, nuovi fascisti che rialzano la testa, progetti europei di riqualificazione del fascismo…
LA RESISTENZA NON E’ FINITA!

dalle 19:30 – presso il CSA CAPOLINEA

DAX. 10 ANNI SENZA TE, 10 ANNI CON TE.

A dieci anni dall’uccisione per mano squadrista del compagno Dax (Davide Cesare) ricordata con la tre giorni di mobilitazioni del 15-16-17 marzo scorso a Milano, incontro con i/le compagni/e dell’Assemblea antifascista milanese e dell’Associazione “Dax vive”.

INCONTRO/DIBATTITO A TEMA: “FASCISMO E ANTIFASCISMO OGGI”.
PRESENTAZIONE DEL LIBRO “RIOT. STORIE DI ORDINARIA RESISTENZA”
(a cura di Bob Kolp – BePress, 2012)
Milano, Torino, Roma, Napoli, Palermo. Da nord a sud rigurgiti antiautoritari, antifascisti, antisistema. Parole gridate dal cuore della battaglia, tra nemici e  sangue versato. La narrazione è memoria generazionale. Riot è il racconto di una generazione contro.

PROIEZIONE DEI VIDEO “VIVA DAX LIBERO E RIBELLE”, “LA NOTTE NERA
DI MILANO” E “POLIZIA VIOLENTA. I BANDITI NON STANNO A GUARDARE”.

A seguire – AperiCena vegan e concerto dei PESTAFANGO (patchanka popolare da Ferrara) e djset antifà.

 
DOMENICA 21 APRILE
a cura di EQUAL RIGHTS FORLI’

SUL SENTIERO DELLA LIBERTA’ – Biserno / San Paolo in Alpe.

ore 10 – TESTIMONIANZE E RACCONTI PARTIGIANI. Presso il “Parco 8° Brigata Garibaldi”, Biserno – Santa Sofia – Forlì.

ore 13 – CAMMINATA ATTRAVERSO LUOGHI E RICORDI DELLA RESISTENZA ROMAGNOLA AL NAZIFASCISMO. Pranzo al sacco.

(in caso di pioggia l’iniziativa di questa giornata sarà annullata – per info: 3334278090)

Iniziativa a cura della rete “ROMAGNA MIA” collaborazione informale tra varie realtà
da anni attive sul territorio come punto di riferimento per una critica radicale al mondo odierno.
 
COLL. POL. NUOVE RESISTENZE
nuove.resistenze@libero.it

CSA GROTTA ROSSA
via della Lontra 40, Rimini
www.grottarossa-rimini.it

CCA LUGHE’
via delle industrie 23/2 Lugo
www.myspace.com/franfresca

CSA LA RESISTENZA
via della Resistenza 32, Ferrara
www.laresistenza34.wordpress.com
www.laboratoriosanchopanza.noblogs.org

EQUAL RIGHTS FORLI’
equalrights@inventati.org

SPAZIO LIBERTARIO “SOLE e BALENO”
subb. Valzania 27, Cesena (FC)
spazio.solebaleno@bruttocarattere.org
www.spazio-solebaleno.noblogs.org

C.S.A. SPARTACO
via Chiavica Romea 88, Ravenna
info@spartaco.org

C.S. BRIGATA 36
via Riccione 4, Imola
spaziosocialeimola@libero.it

CSA CAPOLINEA
via Volta 9, Faenza
www.csacapolinea.noblogs.org “

(Ancora) sull’astensionismo elettorale: botta e risposta.

Ho deciso di elencare alcune delle obiezioni che vengono rivolte più spesso nei confronti di chi afferma di non voler votare, corredate da quelle che sarebbero le mie risposte se tali obiezioni venissero rivolte a me personalmente- cosa che a volte è avvenuta…

-“Se non voti lasci che altri decidano chi ti deve governare”. Se invece andassi a votare eleggerei persone che in gran parte non rispettano il programma elettorale proposto agli/lle elettori/trici e che comunque non mi consultano prima di prendere decisioni, o meglio prima di ratificare decisioni prese altrove, insomma deciderei proprio che siano gli altri a governarmi senza nemmeno sapere fino in fondo chi sono questi “altri”. Inoltre se votassi non è detto che i delegati da me votati (nel caso vengano eletti!) riuscirebbero a far parte di un governo o perlomeno a influenzare le decisioni prese dal governo del quale non fanno parte. Se poi dovessero veramente formare un governo mostrerebbero il loro vero volto di burocrati aserviti alle esigenze del sistema economico. La democrazia rappresentativa è in teoria, tra le altre cose, una dittatura della maggioranza- nei fatti rappresenta solo un paravento per l’oligarchia che in realtà ci domina e decide per noi.

“Non votare non serve a cambiare le cose, col voto si può almeno provare”. Quante volte abbiamo/avete provato a cambiare le cose col voto? A cosa è servito? Solo a legittimare il potere delle istituzioni e le loro scelte che vanno in direzione opposta ai nostri interessi! Per cambiare qualcosa si deve agire in prima persona, non delegare ad altri il cambiamento. È chiaro che astenersi dal votare senza fare altro non serve, si deve andare oltre agendo in prima persona, proponendo in concreto alternative al sistema vigente e fornendo risposte pratiche alle nostre esigenze, cosa che i politicanti rinchiusi nei palazzi del potere mai hanno fatto né mai faranno.

“I nostri avi/ i partigiani sono morti perchè noi potessimo vivere in un sistema democratico. Votare significa anche onorare il loro sacrificio”. I nostri avi sono morti in tanti modi e per tanti motivi diversi. Molti sono morti sul lavoro, oppure di miseria e stenti o si sono suicidati perchè non avevano speranza nel futuro, altri sono stati uccisi dalla repressione e dalle galere, molti sono morti in guerre volute dai vari governanti degli Stati nei quali vivevano. Usare genericamente i morti per propagandare la scelta del voto mi sembra una cosa miserabile. In quanto ai partigiani, anch’essi erano tra loro diversi ed hanno combattuto per la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista portando avanti istanze diverse. C’erano repubblicani e monarchici, liberali e democristiani che volevano una (pseudo)democrazia in stile occidentale forzatamente condizionata dagli interessi statunitensi e comunisti che spesso si battevano per un regime su modello di quello sovietico, ma anche opportunisti che non disdegnavano un modello di governo autoritario solo in parte diverso dal fascismo che non avrebbe avuto bisogno nei fatti di conferme elettorali da parte del popolo e che si erano rivoltati contro il fascismo di Mussolini solo quando la guerra aveva preso una brutta piega. I partigiani che rappresentarono valori ai quali io mi sento vicino sono quelli che combatterono contro il nazifascismo ma che non accettarono l’occupazione americana, che sognavano una società libera senza sfruttati né sfruttatori e che non avevano certo rischiato o addirittura perduto le loro vite per una qualsiasi democrazia rappresentativa puramente simbolica con tutte le sue ipocrite costituzioni, istituzioni e autorità.

– “Il voto è servito a ottenere diritti civili e conquiste progressiste… Il diritto di voto stesso è una conquista civile!”. Le conquiste di diritti, per quanto parziali e pur sempre revocabili (revocabili da chi? Ma da governi “democraticamente” eletti!), sono state ottenute con lotte dure nei posti di lavoro, nelle scuole, per le strade, nella cosiddetta società insomma. Il parlamento le ha tutt’al più trasformate in leggi, smorzandone le reali potenzialità emancipatorie. Attraverso il processo di istituzionalizzazione delle rivendicazioni emancipatorie, queste perdono la loro carica rivoluzionaria e vengono integrate in un ambito comodo al sistema, ambito che contempla ovviamente anche il tanto decantato diritto di voto che serve in fondo solo a legittimare i governi nelle loro scelte nefaste ed antipopolari e può far esclamare ai governanti “se sto qui è perchè la maggioranza degli/lle elettori/trici mi ha votato!”.

– “La peggiore delle democrazie è pur sempre meglio della migliore delle dittature”. A ben guardare l’unica differenza è che almeno in una dittatura i sudditi hanno ben chiara la natura del sistema nel quale vivono e non vengono presi in giro dicendogli che godono della libertà di scelta e che il potere è nelle loro mani. Oltretutto non è raro che i confini tra dittature e governi cosiddetti democratici siano piuttosto sfumati e si basino su dettagli di forma. La scelta del meno peggio porta sempre al peggio e ci porta pure ad accettarlo, “non si sa mai, potrebbe andare peggio!”…che tristezza!

– “Se non vai a votare alcuni candidati verranno eletti lo stesso e un governo verrà formato, con o senza il tuo consenso. In più le schede nulle o bianche vengono conteggiate come premio di maggioranza per la coalizione vincitrice, in pratica se non voti regolarmente fai un favore al partito/coalizione che prende più voti”. Questa affermazione mostra implicitamente che il mio voto in pratica non vale una sega. Va da sè che governi vengono comunque formati senza il mio consenso. Per quanto riguarda l’annoso problema del “come astenersi”, devo ammettere di non sapere esattamente quale sia il più efficace. Esistono diatribe infinite sul web tra chi sostiene la tesi dei voti nulli distribuiti come premio di maggioranza e chi dice che ciò non sia vero, c’é chi cita leggi e chi con leggi controbatte, mentre c’é chi informa su come rendere ufficiale la propria astensione rifiutando la scheda presso il seggio- anche qui discussioni infinite sull’efficacia e sulla fattibilità di questo metodo. Personalmente, da quando ho deciso di non votare, non ho proprio messo piede in un seggio elettorale, ma a questo giro m’hanno spedito direttamente a casa il kit del “perfetto cittadino che fa il suo dirittodovere” con annessi certificato elettorale, schede e busta preaffrancata per rispedire il tutto, visto che secondo la legge sarei un cittadino italiano residente all’estero. Non ho ancora deciso se smaltire il tutto nel bidone della spazzatura previo stracciamento o se rispedire al mittente la scheda dopo averci scritto sopra qualcosa di più significativo di tutte le obiezioni all’astensionismo che ho sentito finora. Una frase breve ma molto significativa ce l’ho già in mente: “I MIEI SOGNI NON ENTRERANNO MAI IN UN’ URNA ELETTORALE”.

25 Aprile: troppo presto per festeggiare.

25 Aprile, festa della Liberazione d’Italia? Semmai “festa della resistenza”, visto e considerato che una vera liberazione non é mai avvenuta! Ma come, c’é qualcuno che pensa che il fascismo sia morto il 25 Aprile 1945? Spiegatemi allora da dove vengono la strage di Portella delle Ginestre, il massacro degli operai a Reggio Emilia nel 1960, gli studenti ed i lavoratori massacrati dai celerini ancora nei decenni successivi, investiti dalle camionette, uccisi da pallottole e lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo; di chi é la responsabilità della strategia della tensione e delle stragi di Stato, da Piazza Fontana in poi, chi ha messo in galera o ammazzato persone innocenti, chi ha dichiarato guerre “perché é un nostro dovere nei confronti dei nostri alleati internazionali, é una missione di pace/umanitaria”, chi ha fatto ( e in alcuni di questi casi fa tuttora ) strage di civili in Somalia, Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia? Chi sono i pochi che decidono per tutti, che pur di seguire il corso della Storia impoveriscono e gettano nella precarietà milioni di persone? Io non vedo nessuna liberazione, così come non la videro quei/lle partigiani/e che rimasero in montagna anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, che non accettarono il compromesso di una Costituzione tanto conciliante da non mettere in discussione i fondamenti dell’ingiustizia, dello sfruttamento e dell’autorità. Chi si arroga il diritto di mettere nello stesso calderone chiunque abbia partecipato alla resistenza o é un mistificatore oppure non conosce i fatti storici, ma nemmeno un pò: i “miei” partigiani non sono morti perché io potessi avere il diritto ( dovere, secondo qualche zelante difensore del totalitarismo di mercato in salsa parlamentarista ) di scegliere tra due o tre sfruttatori di partiti diversi andando a votare ogni cinque anni, non hanno combattuto contro l’invasione nazista per barattarla con l’invasione atlantista, non volevano cambiare il colore ad una dittatura nel nome di un ossimorico Stato socialista. I/le partigiani/e di cui parlo non si schierarono contro il fascismo quando ormai il vento aveva cambiato direzione, ma combatterono in Italia ed in esilio, braccati in Francia o schiacciati fra due fronti fascisti ( franchisti da una parte, stalinisti dall’altra ) durante la guerra civile spagnola, erano le stesse persone che avevano resistito al fascismo prima che questo salisse al potere, erano gli stessi che anche in galera o al confino o nei campi di concentramento continuavano a mantener salda la loro integritá, gli stessi che spesso venivano colpiti alle spalle dai falsi amici, nel Nord Italia come a Barcellona, nelle cittá occupate dagli invasori nazisti e dai repubblichini cosí come era già accaduto a Kronstadt o in Ucraina. La liberazione non é mai avvenuta, la resistenza non é mai finita: cambiano i tempi, le forme di lotta, il nome e il volto dei tiranni, ma non cambiano la necessità e la volontà di lottare. Questo é il miglior modo nel presente e nel futuro per ricordare chi combatté in passato, non per governare sugli altri, non per essere declamato nei discorsi retorici di qualche potente, non per venire strumentalizzato dai partiti, non per diventare cenere, ma per essere la fiamma della rivolta che é nostro dovere tenere accesa.
Loro vivono nella nostra lotta!