1-10 Agosto: azioni internazionali di propaganda contro la repressione.

La rete per la traduzione per la controinformazione Contra-Info ha recentemente lanciato un appello internazionale per dieci giorni (dal 1 al 10 Agosto) di propaganda contro la repressione. Nell’appello si invitava a mettere in atto azioni propagandistiche tramite graffiti, striscioni, volantinaggi o altro, su temi ritenuti importanti dalle realtà anarchiche per renderli noti nella società e per suscitare dibattiti al di là dei confini statali o linguistici. Di seguito le foto (tutte prese dal sito Contra-Info) di alcuni fra i tanti graffiti, striscioni e manifesti realizzati in diverse città e Paesi per l’occasione.

MALTA

UCRAINA

FRANCIA (vedi anche 1,2,3)

SERBIA

ARGENTINA

PORTOGALLO

GERMANIA

INGHILTERRA

SPAGNA (anche QUI)

CILE (anche QUI)

GRECIA (vedi anche 1,2,3,4,5…)

Incontro anarchico internazionale a St-Imier.

L’incontro della Prima Internazionale antiautoritaria svoltosi nella cittadina svizzera di St-Imier nel 1872 rappresentò un evento storico della massima importanza nella storia del movimento anarchico. Oggi, a 140 anni di distanza, diverse organizzazioni anarchiche hanno dato vita ad un nuovo congresso che si terrà sempre a St-Imier dall’8 al 12 Agosto 2012. Il proposito del congresso non è meramente commemorativo, nelle intenzioni degli organizzatori/trici si vuole stabilire un dialogo fra diverse realtà ed organizzazioni dell’ anarchismo sociale al fine di coordinare nel presente e nel futuro teorie e pratiche emancipatorie, ecologiste, federaliste ed autogestionarie.

A chiunque interessasse avere ulteriori informazioni sulle organizzazioni promotrici e partecipanti, sugli argomenti di discussione previsti e sulla logistica dell’evento consiglio di leggere le due circolari del comitato organizzatore dell’incontro, ma soprattutto di visitare il sito internet dedicato all’evento.

Colpirne dieci per educare tutti.

Il 13 Giugno scorso i carabinieri dei ROS comandati dal generale Giampaolo Ganzer, nell’ambito dell'”Operazione Ardire” ordinata dal famigerato pm di Perugia Manuela Comodi,  hanno perquisito una quarantina di abitazioni di anarchici ed hanno arrestato 10 persone, due delle quali si trovavano già in carcere rispettivamente in Germania e Svizzera. Le accuse mosse agli/lle indagati/e vengono tenute insieme dagli inquisitori dal solito collante, la tesi del “terrorismo internazionale”-stavolta con collegamenti in Grecia… Uno degli aspetti che salta per primo agli occhi in questa grottesca vicenda è il fatto che tre degli indagati siano accusati semplicemente di aver esposto uno striscione e di aver fatto scritte sui muri, in teoria roba da nulla, ma che inserita nel contesto dell’ “associazione sovversiva con finalità di terrorismo” può costare condanne penali pesantissime. Un’altra cosa da tenere in considerazione per capire meglio il contesto nella quale si sta svolgendo quest’operazione repressiva é la storia degli inquisitori di turno, efficacemente riassunta e commentata tra l’altro da questo articolo: http://www.globalproject.info/it/in_movimento/la-notte-dei-ganzer-viventi/11798.

Altretanto importante è l’attuale contesto sociale in Italia (e non solo): di fronte alle misure di austerity messe in atto da un governo tecnico che é diretta espressione dei poteri forti internazionali cresce l’insofferenza nei confronti dello Stato e dei suoi apparati, un’insofferenza che si manifesta spesso in forme confuse e contraddittorie, ma che indubbiamente preoccupa chi detiene il potere e difende l’ordine sociale esistente basato su diseguaglianza e sopraffazione. Gli anarchici non solo sono i capi espiatori di sempre da sacrificare sull’altare della coesione sociale e della fedeltá allo Stato ed ai suoi presunti valori, ma sono anche pericolosi istigatori che, nonostante le differenti proposte che possono avanzare i diversi gruppi o correnti, hanno la potenzialitá di mostrare agli sfruttati ed agli oppressi percorsi di liberazione dal giogo sempre più insopportabile del capitalismo ciclicamente in crisi ed intrinsecamente promotore di diseguaglianza sociale e dello Stato da sempre indifferente agli interessi della gran parte dei suoi cittadini ma che sempre pretende obbedienza e punisce chi non si allinea al pensiero unico dominante. È quindi logico che si vogliano togliere di mezzo i ribelli a prescindere dalle azioni che compiono e dalla loro reale pericolositá per gli apparati di potere: il terrorismo c’entra solo in quanto, come fin troppo spesso accade in questi casi, siamo di fronte alla famosa storia del bue che dà del cornuto all’asino, da una parte lo Stato con i suoi Ganzer e soci, dall’altro chi non vuole essere nè servo nè padrone e aspira ad un mondo radicalmente diverso da quello nel quale viviamo.

Solidarietà ai terremotati: notizie, informazioni e aggiornamenti dal web.

Quella che segue è una lista (incompleta e cronologicamente non ordinata) di notizie, informazioni ed aggiornamenti da siti anarchici sulla solidarietà ai terremotati in Emilia-Romagna espressa in queste settimane da individui e realtà organizzate del panorama libertario. Non resta altro da fare che contribuire appoggiando le iniziative autoorganizzate per aiutare chi in questo difficile frangente ha più bisogno, mettendo in pratica quelli che sono i nostri principi fondamentali.

“Solidarietà alle popolazioni terremotate”, da Umanità Nova;

“Benefit per i terremotati…”, da Informa-Azione;

“Terremoto: resoconto dai campi autogestiti”, da Informa-Azione;

“Per chi vuole andare dai terremotati emiliani”, da Anarchaos;

“Autostima e autogestione al tempo del terremoto”, da Italiani Imbecilli;

Blog dell’ USI di Parma.

Gabriel Kuhn, “Soccer vs. The State”.

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Gabriel Kuhn, “Soccer vs. The State. Tackling football and radical politics”, PM Press. ISBN 978-1-60486-053-5

“Soccer vs. The State. Tackling football and radical politics” è l’ultimo libro (per il momento non ancora tradotto in italiano) scritto da Gabriel Kuhn, attivista anarchico ed ex calciatore semiprofessionista di origine austriaca. L’opera tratta il legame tra “il gioco più bello del mondo” e l’attivismo politico, le idee emancipatorie, il cambiamento sociale. Il calcio è al giorno d’oggi uno sport pienamente inserito nel contesto capitalista, una miniera d’oro per multinazionali e altre grandi aziende, fonte di reddito eccessivo per i pochi professionisti che lo praticano; tra le tifoserie, sugli spalti degli stadi, sembrano abbondare gli episodi di razzismo, sessismo, omofobia e violenza… Eppure questo sport é nato come gioco della classe lavoratrice, un gioco capace di unire le persone al di là di confini nazionali, etnici, di genere, creando nuove esperienze di condivisione, collaborazione reciproca e socialità non commercializzata. È il calcio nella sua forma moderna a rappresentare un distacco dalle radici popolari, ma molti/e tifosi/e, allo stesso tempo attivisti/e politici/che, si oppongono attivamente sia alla strumentalizzazione del calcio come veicolo di idee reazionarie, discriminatorie ed antiemancipatorie, sia alla sua sempre più smaccata commercializzazione che esclude dal pubblico proprio quelle fasce popolari che furono in passato all’origine della sua nascita. Gli esempi di pratiche emancipatorie veicolate dal gioco del calcio e di tifoserie che portano avanti discorsi e pratiche contro razzismo, omofobia, sessismo, violenza di Stato, commercializzazione e politiche autoritarie abbondano nel libro di Kuhn, corredato da interviste, immagini, aneddoti, testi tratti da volantini e pubblicazioni varie, che nonostante non manchi di evidenziare i lati oscuri nel mondo del calcio, fornisce allo stesso tempo informazioni e spunti per sviluppare pratiche e lotte emancipatorie al suo interno. Per chiunque voglia  continuare a prendere a calci un pallone mentre sogna un mondo migliore e si impegna a costruirlo insieme agli/e altri/e.

25 Aprile: troppo presto per festeggiare.

25 Aprile, festa della Liberazione d’Italia? Semmai “festa della resistenza”, visto e considerato che una vera liberazione non é mai avvenuta! Ma come, c’é qualcuno che pensa che il fascismo sia morto il 25 Aprile 1945? Spiegatemi allora da dove vengono la strage di Portella delle Ginestre, il massacro degli operai a Reggio Emilia nel 1960, gli studenti ed i lavoratori massacrati dai celerini ancora nei decenni successivi, investiti dalle camionette, uccisi da pallottole e lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo; di chi é la responsabilità della strategia della tensione e delle stragi di Stato, da Piazza Fontana in poi, chi ha messo in galera o ammazzato persone innocenti, chi ha dichiarato guerre “perché é un nostro dovere nei confronti dei nostri alleati internazionali, é una missione di pace/umanitaria”, chi ha fatto ( e in alcuni di questi casi fa tuttora ) strage di civili in Somalia, Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia? Chi sono i pochi che decidono per tutti, che pur di seguire il corso della Storia impoveriscono e gettano nella precarietà milioni di persone? Io non vedo nessuna liberazione, così come non la videro quei/lle partigiani/e che rimasero in montagna anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, che non accettarono il compromesso di una Costituzione tanto conciliante da non mettere in discussione i fondamenti dell’ingiustizia, dello sfruttamento e dell’autorità. Chi si arroga il diritto di mettere nello stesso calderone chiunque abbia partecipato alla resistenza o é un mistificatore oppure non conosce i fatti storici, ma nemmeno un pò: i “miei” partigiani non sono morti perché io potessi avere il diritto ( dovere, secondo qualche zelante difensore del totalitarismo di mercato in salsa parlamentarista ) di scegliere tra due o tre sfruttatori di partiti diversi andando a votare ogni cinque anni, non hanno combattuto contro l’invasione nazista per barattarla con l’invasione atlantista, non volevano cambiare il colore ad una dittatura nel nome di un ossimorico Stato socialista. I/le partigiani/e di cui parlo non si schierarono contro il fascismo quando ormai il vento aveva cambiato direzione, ma combatterono in Italia ed in esilio, braccati in Francia o schiacciati fra due fronti fascisti ( franchisti da una parte, stalinisti dall’altra ) durante la guerra civile spagnola, erano le stesse persone che avevano resistito al fascismo prima che questo salisse al potere, erano gli stessi che anche in galera o al confino o nei campi di concentramento continuavano a mantener salda la loro integritá, gli stessi che spesso venivano colpiti alle spalle dai falsi amici, nel Nord Italia come a Barcellona, nelle cittá occupate dagli invasori nazisti e dai repubblichini cosí come era già accaduto a Kronstadt o in Ucraina. La liberazione non é mai avvenuta, la resistenza non é mai finita: cambiano i tempi, le forme di lotta, il nome e il volto dei tiranni, ma non cambiano la necessità e la volontà di lottare. Questo é il miglior modo nel presente e nel futuro per ricordare chi combatté in passato, non per governare sugli altri, non per essere declamato nei discorsi retorici di qualche potente, non per venire strumentalizzato dai partiti, non per diventare cenere, ma per essere la fiamma della rivolta che é nostro dovere tenere accesa.
Loro vivono nella nostra lotta!

Manifestazione nazionale a Pisa in ricordo di Franco Serantini.

A quarant’anni dalla morte dell’anarchico Franco Serantini, ucciso a Pisa dalla violenza di Stato mentre si opponeva ad un comizio fascista, l’assemblea degli anarchici toscani organizza per il 12 Maggio prossimo una manifestazione nazionale per ricordare il compagno ucciso e per rilanciare le lotte ed i valori nelle quali anche Franco credeva. Gli anarchici toscani che organizzano l’iniziativa scrivono tra l’altro nel loro comunicato-appello:

“Franco Serantini faceva parte del gruppo anarchico Pinelli di Pisa, che aveva sede in via San Martino. La volontà di lottare per una società di liberi e di eguali lo univa ai compagni ed a tanti altri giovani proletari, in una fase di grande fermento sociale; era sicuramente una pagina nuova della sua giovane e difficilissima vita, che aveva conosciuto l’abbandono, l’orfanotrofio e la durezza delle istituzioni.

L’impegno di Franco si dispiegava nelle iniziative sociali di quegli anni, come l’esperienza del “mercato rosso” nel quartiere popolare del CEP, ma anche, in senso specificamente politico, nella campagna contro la strage di Stato, per la difesa della memoria di Pinelli, per la scarcerazione di Valpreda e di altri compagni. Dopo le grandi lotte del ’68 e del ’69, padroni e fascisti cercavano di rialzare la testa rispondendo con la strategia della tensione e sferrando una feroce campagna antianarchica.

Il 5 maggio del 1972 Franco partecipa ad una presidio contro il comizio del fascista Niccolai. Il presidio viene duramente attaccato dalla polizia. Franco viene circondato sul Lungarno Gambacorti da un gruppo di poliziotti del I Raggruppamento celere di Roma, e pestato a sangue. Portato nel carcere Don Bosco, Franco sta male, ma le sue condizioni vengono ignorate, nonostante si aggravino rapidamente. Dopo due giorni di agonia e coma, Franco muore. E’ il 7 maggio 1972. I suoi funerali vedono una grande partecipazione popolare.

Anno dopo anno, si susseguono le manifestazioni di piazza in sua memoria. Inoltre, a Torino gli viene dedicata una scuola, a Pisa una lapide viene collocata all’ingresso di palazzo Thouar, dove Franco visse nell’ultimo periodo della sua vita. Negli anni nascerà in città la biblioteca a lui intitolata, e nella piazza S. Silvestro, nota a tutti come piazza Serantini, verrà posto un monumento dedicato a Franco, dono dei cavatori di Carrara.

In una situazione sociale e politica come quella che stiamo attraversando, in cui aumenta la stretta della repressione, in cui si giunge persino a parlare di leggi speciali contro gli anarchici, sentiamo la necessità di unirci in un momento di lotta comune. Per questo gli Anarchici Toscani invitano tutti i compagni a partecipare a livello nazionale alla manifestazione del 12 maggio. Una manifestazione che porterà in piazza non solo una parte della storia del Movimento Anarchico, ma anche un aspetto importante della memoria della città di Pisa.

A 40 anni di distanza da quei fatti siamo nuovamente di fronte ad un attacco feroce da parte dello Stato e dei suoi apparati repressivi contro ogni manifestazione di dissenso. Dai recenti arresti ai danni dei compagni e delle compagne del movimento NO TAV che da venti anni si oppone alla costruzione dell’alta velocità in val di Susa, passando per gli innumerevoli episodi di repressione e costante minaccia che gli apparati repressivi operano, ormai quotidianamente, nei diversi contesti di lotta. E accanto alla repressione attuata con manganelli e lacrimogeni, quella pervasiva e diffusa del controllo sociale contro tutti coloro che muovono una critica radicale al paradigma dominante e desiderano sperimentare la praticabilità di un metodo e di un agire basati sulla libertà, sulla giustizia sociale, sull’eguaglianza reale e soprattutto sulla solidarietà. Perché tutto questo è pratica rivoluzionaria.

La repressione ed il controllo sociale si realizzano massimamente nelle istituzioni totali e nelle strutture detentive. Ecco dunque le politiche razziste e la reclusione e deportazione dei migranti in istituzioni repressive come i CIE; ecco la recrudescenza neofascista, alimentata dalle istituzioni, dalla chiesa, dai padroni. Una violenza che si scatena, come nei casi di Torino e di Firenze, ora contro i rom, ora contro lavoratori senegalesi, ora contro qualsiasi settore sociale marginale.

Si cerca di dividere il fronte degli sfruttati, sempre più esteso a causa degli attacchi alle generali condizioni di vita, alimentando l’odio dello straniero e la rottura di meccanismi di solidarietà. In questo contesto, per i governi risulta fondamentale rafforzare il razzismo e il fascismo. Si rende quindi necessario oggi come 40 anni fa combattere con la solidarietà ogni forma di fascismo, razzismo ed esclusione. Per una società che spezzi le catene dei confini fisici e mentali che attualmente ci vengono imposti ed entro i quali ci vogliono costringere.

Facciamo appello a tutti coloro che vorranno scendere in piazza per ricordare Franco Serantini, anarchico, rivoluzionario.

Facciamo appello a tutti coloro che vorranno scendere in piazza contro la repressione, contro il razzismo, contro ogni fascismo.

Per una società di liberi e di eguali.”

L’appuntamento per la manifestazione è il 12 Maggio 2012 alle ore 15:00 in Piazza Sant’Antonio a Pisa.

Tobia Imperato, “Le scarpe dei suicidi”.

Ieri, 28 Marzo, ricorreva l’anniversario della morte di Edoardo “Baleno” Massari, sequestrato dallo Stato con l’accusa di attentati contro il progetto dell’alta velocità in Val Susa, accusa dalla quale verrà prosciolto solo quattro anni dopo essersi suicidato in carcere. Lo Stato ed il capitalismo uccidono in tanti modi: privano le persone dei mezzi di sostentamento, emarginano e costringono a violare le leggi stabilite dai vertici delle gerarchia sistemica,ingabbiano, fanno guerre, negano diritti e colpiscono chi li reclama. Ciò avviene tutti i giorni e continuerà ad avvenire finchè persisterà lo stato di cose attuale, finchè continueranno ad esistere gli Stati ed il capitalismo. Ricordare la vicenda di Baleno, Sole e Silvano è più importante che mai, non solo quando ricorre un tragico anniversario, ma perchè l’autore del libro che racconta la loro storia è lui stesso inquisito dallo Stato, privato della propria libertà; perchè il progetto del TAV incontra ancora un’accanita resistenza popolare che le autorità tentano di spezzare in tutti i modi, con la calunnia e con le menzogne tanto quanto con la violenza poliziesca, con i processi e le condanne; perchè la memoria vive nelle lotte quotidiane del presente e del futuro, che sono l’omaggio più concreto a chi ha pagato con la libertà e con la vita la propria scelta di opposizione all’orrore imposto dal sistema di dominio e sfruttamento.

 “A nosotros nos quieren muertos porque somos sus enemigos y no le servimos para nada porque no somos sus esclavos. (Ci vogliono morti perché siamo i loro nemici e non sanno che farsene di noi perché non siamo i loro schiavi)”. MARIA SOLEDAD ROSAS.

“Il 5 Marzo 1998 a Torino sono stati arrestati tre anarchici che abitavano la Casa di Collegno. Lo squat viene chiuso dalle autoritá. Contemporaneamente vengono attaccate altre due case occupate: l’Asilo é sgomberato mentre all’Alcova l’operazione non riesce. Edoardo Massari (Baleno), Maria Soledad Rosas (Sole) e Silvano Pellissero sono accusati dal PM Maurizio Laudi di essere gli autori di alcuni attentati, avvenuti in Val Susa, contro i primi cantieri del Treno ad Alta Velocitá. I tre arrestati si dichiarano estranei alle accuse avanzate nei loro confronti. Immediatamente nasce un vasto movimento di protesta contro la montatura di giudici, ROS e Digos, che si estende anche in altre cittá. Decine e decine di persone vengono intimidite, pestate, inquisite, denunciate, processate e condannate. Televisioni e giornali, di destra e di sinistra,- in servile ossequio al potere- scatenano una canea mediatica volta alla criminalizzazione dei posti occupati torinesi e degli occupanti. Gli squatter diventano il nuovo mostro da debellare.
Il 28 dello stesso mese Edoardo Massari muore impiccato nel carcere delle Vallette. l’11 Luglio successivo muore nell’identico modo anche Soledad Rosas, lei pure in stato di detenzione. Nel Gennaio 1999 Silvano, unico sopravvissuto all’inchiesta di Laudi, é condannato a 6 anni e 10 mesi dal giudice Franco Giordana. Verrá liberato solo nel Marzo 2002 dopo quattro anni di detenzione, in seguito alla sentenza della corte di cassazione che riconoscerá l’inconsistenza delle prove relative all’associazione eversiva (art. 270 bis). Ora che gli abitanti della Val Susa sono avvisati, decolla il progetto del treno veloce. A contrastare i programmi miliardari e altamente nocivi del potere, sono solo i pazzi ed i sovversivi. E finiscono male.
Seppelliti i morti, gli Assassini- premiati dallo Stato- vorrebbero dimenticare…”
(Dalla quarta di copertina della seconda edizione del libro).
Il libro di Imperato é edito dalle Autoproduzioni Fenix e non é soggetto a copy-right. Per scaricarlo gratuitamente o per acquistarlo clicca qui sopra.

Proprietà, possesso e furto.

L’ anarchico francese Pierre-Joseph Proudhon affermava che “la proprietà è un furto”, ma cosa intendeva dire esattamente? Che differenza c’è tra proprietà e possesso? Qual’è in linea di massima la posizione degli anarchici sulla legittimità o meno di proprietà e possesso? E sul furto? Per capire meglio questi concetti e per tentare di rispondere, pur senza avere pretese di esaustività, agli interrogativi appena posti, propongo la lettura di due testi, il primo tratto dalla sezione “citazioni sulla proprietà” di Anarchopedia, il secondo pubblicato sul sito Finimondo:

    ” <<Per capire bene la proprietà privata, bisogna distinguere tra una “proprietà” ed un “possesso”.

La “proprietà” è un monopolio su certi oggetti o privilegi protetti dallo stato, che potrebbero essere usati per lo sfruttamento d’altri. Un “possesso”, d’altra parte, è l’occupazione di certi oggetti che non possono essere usati per sfruttare altri (l’auto, il frigo, lo spazzolino da denti!! ecc) Per esempio, la casa dove uno vive è un possesso, invece se uno affitta questa casa ad altri, diventa una proprietà. Come, se uno usa un trapano per lavorare, questo trapano è un possesso, ma se assume un altro per usare il trapano, sistematicamente, il trapano diventa una proprietà. Anche se inizialmente, potrebbe essere difficile distinguere, questa distinzione aiuta moltissimo a capire la natura del capitalismo. Si tende ad usare la parola “proprietà” per tutto, dallo spazzolino da denti alla multinazionale, ma sono due cose diverse e con impatti sociali molto diversi. La differenza tra una proprietà ed un possesso si può vedere dai tipi di relazioni autoritari che generano. Per esempio, sul posto di lavoro, si capisce subito chi determina come debbano essere usati gli “oggetti” e chi effettivamente li debba usare. Questo porta ad un sistema quasi totalitario.

§         <<Nella società anarchica, non esisterebbero proprietà, ma soltanto possessi. Le case, come i mezzi di produzione, sarebbero possessi di chi li occupa, ma non ci sarebbe mai un diritto di proprietà, come nel sistema attuale. Pëtr Kropotkin affermava che lo stato era, “lo strumento per stabilire monopoli in favore della minoranza regnate.” Mentre certi di questi monopoli sono visibili, altri non si vedono e non hanno bisogno della forza per essere mantenuti.>>

§         <<Ci sono quattro tipi di proprietà che sono protetti dallo Stato:

1) Il potere di dare credito e denaro (la base del capitalismo bancario)

2) La terra e costruzioni (la base degli affitti)

3) I mezzi di produzione (la base del capitalismo industriale)

4) Le idee ed invenzioni (la base del copyright o “proprietà intellettuali”)

Mantenendo queste forme di proprietà, il capitalismo assicura che le condizioni oggettive dell’economia favoriscano il capitalista, con gli operai liberi soltanto di accettare i contratti di lavoro. Finché lo stato manterrà il controllo delle quattro condizioni suddette, il lavoratore può soltanto sognare l’emancipazione, ma non avverrà mai>>.

§         <<Il sistema attuale non può essere riformato, e quindi va distrutto, perché l’esistenza dello stato, “protettore” del monopolio dei poteri politici, giuridici, legislativi, militari e finanziari, permette l’esistenza dello sfruttamento, le classi sociali, l’oppressione ecc.

Anche certi sostenitori del capitalismo, riconoscono che la proprietà privata fu creata con la forza. Ma queste ammissioni contraddicono l’esistenza stessa della proprietà. L’utilizzo della forza rende illegittimo l’acquisizione di un oggetto. Il furto e vendita di un oggetto non rende la proprietà di un oggetto legittimo, tranne quando è acquistato in buon fede, ma certamente, questo non è il caso. Quindi, se l’iniziale acquisizione dell’oggetto era illegittimo, tutti i diritti seguenti sono pure loro illegittimi. L’appropriazione della terra necessita di uno stato che ne difenda il diritto. Senza uno stato, il popolo potrebbe liberamente usufruire delle risorse della terra per soddisfare i loro bisogni ed esigenze. Quindi, il privilegio e la proprietà sono la conseguenza dello stato>> (anonimo).”

 

“Furto ed espropriazione

Secondo il “Risveglio”, la soluzione anarchica del problema sta nella risposta al seguente questionario a cui, senza pretese ma con tutta franchezza, ci proponiamo di rispondere nell’ordine che troviamo.
 
– In linea generale è da consigliare o sconsigliare il furto?
Secondo noi, quando si tratta di fatti che sono proibiti dalla legge e quindi soggetti a sanzione penale, non si consigliano agli altri che con l’esempio proprio. Ma quando, indipendentemente dal nostro consiglio, codesti fatti sono avvenuti e l’autorità si cinge a giudicarli ed a punirli, noi abbiamo il diritto di giudicarli a nostra volta, di spiegarli se ne siamo capaci, di giustificarli anche, se, in coscienza, li consideriamo giustificabili. In quest’ultimo caso a noi incombe anzi il dovere di difenderne gli autori contro le rappresaglie e le vendette dell’autorità. Negli altri, noi non crediamo che l’anarchico possa mai associarsi alle repressioni della legge borghese.
 
– Giova o nuoce la pratica del furto alla nostra propaganda?
La grande massa degli uomini priva d’alcuna porzione del patrimonio sociale è vittima di un grande furto iniziale che è la proprietà privata. I detentori di privata proprietà hanno legittimato con la legge quel loro furto e con la legge hanno stabilito i modi e le forme con cui deve compiersi il trapasso della proprietà dalle mani di uno a quelle di un altro. E hanno chiamato furto tutti quei modi che non sono contemplati e giustificati dalle loro leggi.
Ma per noi, anarchici, il “furto” preveduto e punito dalla legge borghese ha lo stesso valore del contratto d’impiego industriale, d’affitto rurale od urbano, dell’appropriazione per eredità ecc.: è, cioè, un atto d’appropriazione a vantaggio personale senza corrispettivo di lavoro produttivo o di servizio utile.
Il furto è quindi possibile soltanto in regime di monopolio della ricchezza ed appartiene per sua natura all’ordine di cose fondato sulla proprietà privata.
Vuol dire questo che noi dobbiamo condannarlo a priori, come a priori condanniamo la rendita, l’interesse, lo sfruttamento capitalista, l’eredità?
No. Il disoccupato che ha fame è vittima del grande furto consumato ai suoi danni; e quando “ruba” si toglie una porzione della ricchezza che produsse e di cui fu arbitrariamente — per quanto legalmente — spogliato. Si sono trovati persino giudici borghesi disposti ad assolverlo.
Il diseredato che ruba compie — inconsapevolmente molte volte — un atto di rappresaglia contro coloro che, primi, l’hanno derubato e si restituisce nel possesso di ciò a cui ha in parte diritto — se è vero, come gli anarchici concordemente sostengono, che tutti gli uomini hanno eguale diritto all’uso della ricchezza sociale pel soddisfacimento dei propri bisogni.
La nostra propaganda si svolge in un ambiente dominato dalla morale borghese, tutta devozione ipocrita all’istituto della sacrosanta proprietà e non v’è dubbio che le nostre idee sulla proprietà stessa e sul furto si prestino ai nostri nemici per mettere in cattiva luce le nostre idee e i nostri caratteri.
Ma è pure certo che intorno all’istituto della proprietà noi abbiamo idee e sentimenti di recisa avversione; che il furto parziale illegale non può trovare presso di noi tanta ostilità quanta ve ne trova il furto totale legalizzato; che se non sempre noi riusciamo a giustificarlo, sempre lo spieghiamo come una conseguenza logica inevitabile dell’iniqua, ingiusta ripartizione del patrimonio sociale.
 
– Dato che un compagno si è trovato una prima volta a dover rubare, bisogna spingerlo a diventare un professionista del furto o distoglierlo?
Bisogna, prima di tutto, non lapidarlo, non schernirlo, non unire la nostra voce d’irosa riprovazione al coro vendicativo dei moralisti venali, dei poliziotti e dei giudici. Perché noi sappiamo — e non abbiamo come i moralisti venali, i poliziotti e i giudici alcuna ragione per fingere d’ignorarlo — che al “furto” non si è dato per passatempo, ma che profonde, spesso tragiche ragioni ve lo hanno spinto.
Poi, se ci sentiamo in vena di precettori, possiamo dirgli: compagno, l’anarchico non ruba mai, espropria, qualche volta. Nel furto la società d’oggi è specializzata ed è armata potentemente a reprimere quelle forme di furto che non le convengono. Rubando tu non risolvi nulla né per te né per gli altri. Non per te, perché dentro e fuori — più dentro che fuori — dalle galere, non avrai un momento di tregua; non per gli altri, perché quando tu riuscissi ad appropriarti la fortuna di un altro non avresti fatto che cambiare il titolare di una proprietà rimasta immutata sui diseredati costretti ad alimentarne col sudore e col sangue i privilegi. E se tu sei veramente anarchico non hai certo di mira di diventare un borghese. Siam d’accordo con te che i titoli della proprietà individuale sono nulli, che la rivoluzione sociale è inconcepibile ove non sia accompagnata dalla totale espropriazione della ricchezza dalle mani di coloro che arbitrariamente la detengono a beneficio di tutti; e se veramente l’inerzia t’umilia, se ti senti cuore e mente, volontà e spirito di sacrificio per lanciarti, sentinella avanzata, nella mischia sociale per sovvenire coi mezzi dell’espropriazione parziale ai molti infiniti bisogni della propaganda e della preparazione rivoluzionaria, nell’operosa attesa che l’ora scocchi al quadrante della storia dell’espropriazione totale, non noi cercheremo nei sacri testi della morale anarchica, la censura o l’anatema. Guarda però che l’attivo è dubbio ed irto di minacce; sicuro invece il passivo, di cui, con tutta probabilità, non resterà che l’esempio d’una rivolta e d’un sacrifizio maledetti dal nemico, scherniti dal volgo, sospetti ai tiepidi, che per riuscire suggestivi dovranno essere ed apparire incontaminati e puri.
E s’egli, compresa la gravità del compito che s’impone, si getta allo sbaraglio e diventa non “un professionista del furto” ma un espropriatore rivoluzionario anarchico — lapidateci, o moralisti censori — ma noi lo rispettiamo e l’ammiriamo come anche voi ammirate gli eroi che ritenete in regola coi precetti del vostro anarchismo morale e incompleto.
 
– Se v’hanno tra noi compagni di rara audacia, energia e potenza d’azione dobbiamo applaudirli di perderle in volgarissime imprese di furto o grassazione od augurare che servano ad atti d’importanza storica?
I compagni di rara audacia energia e potenza, hanno generalmente anche una chiara coscienza dei propri atti e fanno a meno così dei nostri applausi come dei nostri consigli. Sopratutto, i compagni così descrivibili, non conducono una vita volgare.
Conducono una vita di lotta in cui non è mai un minuto di tregua. Insorti contro il più geloso dei privilegi costituiti, quello per cui esistono sopratutto gli eserciti, le leggi, i giudici, le galere e la morale che nei millenni ha avvelenato la mente e il sangue dei diseredati d’ogni più paurosa superstizione, essi hanno contro di sé più che l’organizzazione dello stato e l’interesse dei privilegiati; hanno contro di sé il pregiudizio devoto delle masse, gli scrupoli atavici dei loro stessi compagni.
Sono soli, o quasi, a proclamare la giustizia della loro causa, e la proclamano offrendo l’olocauso della propria libertà, del proprio sangue, della vita.
E non è “volgarissima” impresa quella a cui s’accingono. La proprietà privata è come il monarcato, il parlamento, l’esercito, un’istituzione d’un ordine sociale che la rivoluzione da noi preconizzata aspira ad eliminare. Quando Bresci attenta al re, quando Vaillant attenta al parlamento, quando Masetti spara su di un colonnello, noi tutti comprendiamo che il loro atto ha un contenuto di giustizia ed è determinato da un’aspirazione alla libertà che palpita nei cuori dell’universale. Chi oserà negare che non sia un identico contenuto di giustizia nell’atto di Pini che espropria il ricco e restituisce alla collettività perché si armi a conquistare la libertà a cui ha incontestato diritto?
Di volgare nell’espropriazione rivoluzionaria è soltanto al paura dei borghesi e l’omaggio anarchico alla morale che li protegge.
In quanto ai nostri desideri, noi non possiamo che augurare che colui il quale si mette sul terreno dell’espropriazione rivoluzionaria sappia nella buona e nell’avversa fortuna mantenersi uomo di fede, degno delle idee d’emancipazione sociale che professa. Il trionfo della rivoluzione sociale sarà nello stesso tempo un atto di giustizia politica e d’espropriazione economica e nel quadro storico in cui quella matura un grande atto di giustizia economica può assurgere alla stessa importanza d’un grande atto di giustizia politica.
 
– Il genere di vita che deriva da tale illegalismo eleva od abbassa l’individuo?
E un genere di vita che comporta promiscuità pericolose. Per uno che ha coscienza, ve ne sono forse cinque o dieci che non ce l’hanno, o la perdono. Perché il denaro è corruttore e molti che cominciano coll’espropriare, finiscono poi per rubare nel senso volgare, borghese della parola.
Ma quell’uomo c’è, c’è stato, ci sarà sempre; la sua vita è fatta di sacrificio, di audacia e di fede e nessuno di noi ha il diritto di inveire contro di lui.
Del resto, poi, quell’ambiente non è più corruttore degli altri che in intensità. Tutta la società in cui viviamo è corruttrice. Ci sono i propagandisti dell’anarchia che adolescenti mossero i primi passi insieme a noi e son finiti al parlamento, al governo, nelle sinecure sindacali, o son rientrati nei ranghi della gente per bene che bada ai fatti suoi. Vuol dire questo forse che tutti i propagandisti vanno diffidati, condannati?
Non lo penso. L’anarchico che diventa ladro, è in rapporto a quello che diventa espropriatore, ciò ch’è l’anarchico finito in parlamento in rapporto all’anarchico rimasto anarchico: un transfuga.
 
– Cosa insegnano le esperienze già avute, in quale senso, cioè, sono concludenti?
Devo confessare la modestia delle mie esperienze in materia. Ma posso dire che se molti i quali amano atteggiarsi ad anarchici espropriatori hanno evidentemente mal compresa la propria vocazione — come molti che si credono altrettanti Bresci o Kropotkin hanno mal compresa la loro — esistono veramente uomini superiormente dotati che all’espropriazione rivoluzionaria si danno anima e corpo, con fede e disinteresse assoluti, convinti di affondare il piccone demolitore nel più solido istituto dell’ordine costituito, facendo opera due volte benemerita perché è esempio di ribellione in un campo chiuso dall’insuperata barriera di secolari devozioni e timori e perché il risultato delle loro audacie può servire ad alimentare le infinite iniziative rivoluzionarie che stanno loro a cuore.
Secondo il mio modo di vedere la loro attività ha, sinora, maggior valore in quanto è esempio di ribellione temeraria e di sacrifizio eroico, che non in quanto sia riuscita a sopperire ai bisogni delle altre attività rivoluzionarie. Ma, per me, il valore morale dell’esempio è infinitamente superiore a quello materiale del profitto. Non il denaro farà la rivoluzione sociale, ma il disprezzo del pericolo e delle sante istituzioni.
 
– L’ambiente in cui viene a trovarsi l’illegalista, la necessità di cedere la refurtiva a prezzi derisori, i contatti colla peggiore depravazione non fanno di lui un corrotto, uno sfruttato, un brutale?
Chi pone questa domanda pensa evidentemente ai ladri incoscienti, buttati al furto dalla cattiva conformazione della società, nei quali noi vediamo più delle vittime che dei colpevoli, contro i quali in ogni modo, noi lasciamo ai preti e ai giudici il triste compito d’inveire.
Noi discutiamo degli anarchici espropriatori, i soli che c’interessino, pel momento. E se non esitiamo a riconoscere che, dato l’ambiente in cui sono costretti a muoversi, possono essere facile preda dell’ingordigia dei ricettatori, quindi sfruttati, non riusciamo a comprendere perché debbano essere necessariamente dei corrotti e dei brutali.
Se hanno una coscienza illuminata da un grande ideale — ed allora soltanto restano anarchici — ed a questo, con abnegazione suprema, fanno dono della libertà e della vita, nel cimento quotidiano ineffabile; se nel martirio delle lunghe infernali detenzioni hanno dimostrato di saper essere uomini sempre, incutendo in ogni più avversa occasione ai loro stessi aguzzini, il rispetto alla loro dignità di uomini e di anarchici, vuol dire che quella coscienza può e sa resistere alle corrosioni dell’ambiente e che della rettitudine e della delicatezza dei sentimenti possono essere in grado di dare esempio, anziché riceverlo.
Si dirà ancora che qui si parla d’eccezioni e che la regola è ben diversa.
Ma non è così in tutto il movimento anarchico, la tutti i movimenti rivoluzionari dove molti possono bensì fregiarsi del nome, ma pochi vivono la sostanza intima dell’idea?
 
M.S.
 
 
[L’Adunata dei Refrattari, anno IX, n. 12 del 5 aprile 1930]”

“Fair elections do not happen”: manifestazione antigovernativa a Mosca.

Alcune immagini del blocco anarchico alla manifestazione contro il governo Putin svoltasi a Mosca il 4 Febbraio. Nonostante la temperatura di 19 gradi sotto lo zero e le solite provocazioni poliziesche, un totale di circa 100 000 persone hanno partecipato al corteo, alla faccia di chi ritiene che i russi non vogliano piú sentir parlare di attivismo politico.