Irlanda: Le responsabilità dello Stato e le Case Magdalen.

Fonte: Anarkismo.

” Irlanda: Le responsabilità dello Stato e le Case Magdalen

Una lavanderia Magdalen negli anni '40.

Pubblicata la relazione finale dell’inchiesta

Dopo 18 mesi di investigazioni, la commissione governativa – presieduta dal senatore Martin McAleese – nominata dal governo per stabilire i fatti riguardanti il coinvolgimento dello Stato irlandese nelle lavanderie Magdalen ha pubblicato la sua relazione finale (1). Il documento non ha disatteso le aspettative e stabilisce infatti che lo Stato era coinvolto direttamente nel sistema gestito dalle Case Magdalen, a gestione di ordini di suore cattoliche.

In passato lo Stato irlandese ha sostenuto di non avere avuto alcuna responsabilità nella questione, dal momento che si trattava di istituzioni private, ma le investigazioni dimostrano che lo stesso Stato appaltava contratti di gran valore alle Case Magdalen – esentando le lavanderie da qualsiasi obbligo a livello di contributi – e inoltre eseguendo periodiche ispezioni da parte dell’Ispettorato di Lavoro. Le Case Magdalen, in qualità di organizzazioni a scopo caritatevole, erano esenti dalle tasse (sulle imprese, sui redditi e quelle comunali).

I ricoveri

Uno degli aspetti esaminati dalla relazione del Comitato – che ha studiato 11.000 ricoverate dagli anni ’20 fino agli anni ’80 – era il modo in cui le donne furono ricoverate nelle Case Magdalen. In alcuni casi (circa il 16%) i ricoveri vengono definiti “autoricoveri”. Questa categoria include donne che cercavano ricovero a causa di povertà, abusi domestici o per essere rimaste senza casa.

Circa il 10% dei ricoveri erano su richiesta delle famiglie delle donne e quasi il 9% su richiesta di un prete cattolico.

Altri ricoveri furono effettuati su richiesta della NSPCC (Ente nazionale per la prevenzione di crudeltà ai bambini) e della Legio Mariae.

Comunque, la maggioranza dei ricoveri avvenne tramite organi dello Stato e in particolare dal sistema giudiziario, scolastico e sanitario, per un totale del 26% dei ricoveri. Va tenuto presente che che in Irlanda la Chiesa ha un importante ruolo sia nel sistema scolastico che in quello sanitario.

Per quanto riguarda la giustizia, le donne furono rinviate in custodia presso le Case Magdalen dai tribunali sia in attesa di processo che in libertà vigilata a fine pena. In quest’ultimo caso, la relazione nota che il personale necessario per vigilare mancava e spesso le corti irlandesi ricorrevano a personale volontario, generalmente proveniente da organizzazioni quali la Legio Mariae, l’Esercito della Salvezza (in casi riguardanti protestanti) e la Società San Vincenzo De Paoli (in casi di maschi). I reati per i quali queste donne erano state condannate andavano dall’omicidio, infanticidio o tentato suicidio a reati banali quali furto, atti che avrebbero potuto provocare scandalo, prostituzione o addirittura il non pagamento del biglietto sul treno. In alcuni casi la polizia stessa ha consegnato direttamente la donna alla Casa Magdalen.

Per sistema scolastico si intendono le cosiddette scuole industriali (istituite per bambini abbandonati, maltrattati e orfani) e le scuole riformatorio (in effetti carceri minorili). Sono già ben documentati gli abusi fisici e sessuali che avvenivano negli anni in questi luoghi. Comunque, la Commissione ha trovato molti casi di ragazze trasferite direttamente da queste scuole alle Case Magdalen (almeno 622 casi), ognuno dei quali consentito dalle leggi in vigore.

I rimandi alle Case Magdalen da parte dei servizi sanitari avvenivano da vari enti tra cui il Ministero della Salute, i dipartimenti sanitari delle autorità comunali e regionali, i servizi sociali, gli ospedali, gli ospedali e servizi psichiatrici, gli istituti per i disabili intellettuali e i cosiddetti Mother& Baby Homes. Quest’ultime erano istituzioni gestite dalla Chiesa ma finanziate dallo Stato, dove si ricoveravano giovane nubili incinte fino alla nascita del figlio, dopo il quale si cercava di persuadere la ragazza di darlo in adozione.

Gli abusi

Uno degli aspetti più importante del noto film di Peter Mullan, “Magdalene”, è quello delle sofferenze di queste donne nelle lavanderie. Lo scandalo è venuto alla luce nel 1993 con la scoperta di una fossa comune contenente oltre 150 corpi nei terreni di una delle Case Magdalen. Il film di Mullan, che seguiva un documentario della Channel 4 inglese, ha portato la storia a un pubblico molto più vasto. Una Commissione governativa nel 2009 ha confermato l’esistenza di abusi di ogni genere su bambini irlandesi in varie istituzioni, ma solo in seguito a un appello da parte del Comitato ONU contro la tortura, il governo irlandese si è sentito costretto ad avviare un’inchiesta formale per esaminare la responsabilità dello Stato in questo affare.

La sezione della relazione dedicato agli abusi fisici e psicologici è basata su interviste fatte a oltre 100 sopravvissuti delle Case Magdalen. Naturalmente di tratta di una minima parte del totale di persone trattenute o “ospitate” in queste istituzioni, ma è comunque indicativo delle condizioni nelle lavanderie. Quasi la totalità delle donne intervistate negano l’esistenza nelle lavanderie di abusi fisici, tranne in rarissimi casi, ma quasi tutte parlano di abusi psicologici. Emerge dalle interviste un’immagine di un luogo dove erano normali gli insulti delle suore (“bastarda”, “tua madre era illegittima”, “hai il diavolo in te”, “tuo padre è un ubriacone pedofilo”, “stai qui perché la tua famiglia non ti vuole”, ecc.), la fame, l’assenza di amicizie, il lavoro continuo. Parlano anche delle punizioni inflitte per varie infrazioni, anche minori, quali l’isolamento per più giorni, esclusione dalla cena, giacere per terra e baciarla. L’uso di radere la testa come punizione (o per altro motivo) era negato da tutte.

Ma la cosa che creava più terrore tra le donne della Case Magdalen era non sapere mai quando sarebbero uscite. In gran parte dei casi, il ricovero avvenniva senza indicazione della durata. Inoltre molte donne che sono uscite credevano che in qualsiasi momento avrebbero potuto essere di nuovo ricoverate, così prolungando l’agonia per anni dopo l’esperienza dentro l’asilo.

Il lavoro

Tutte le donne intervistate parlano di lavoro molto duro dov’era anche vietato parlare. Le mansioni includevano lavoro nella lavanderia e cucire. Anche nelle ore di ricreazione non c’era libertà, e le ragazze dovevano occuparsi lavorando a maglia o creando rosari. Alcune delle donne intervistate descrivevano la loro giornata così: “Preghiera, colazione, preghiera, lavoro, preghiera, lavoro, cena, preghiera”. La quantità di lavoro è intuibile quando si guarda l’elenco di alcuni dei clienti più importanti delle Lavanderie Magdalen: Áras an Uachtaráin (residenza del Presidente della Repubblica), la megafabbrica della Guinness, il teatro Gaiety, l’ospedale Dr Steevens’, la Bank of Ireland, il Ministero della Difesa, il Ministero dell’Agricoltura, CIÉ (azienda nazionale dei trasporti pubblici).

Nestor McNab

Nota:
1. L’intera relazione è online in inglese: http://www.idcmagdalen.ie/

Assalto al blindato cc del 15 Ottobre. Condanne a sei anni di carcere. Davide in sciopero della fame e della sete.

Fonte: Anarchaos.

” Assalto al blindato cc del 15 ottobre. Condanne a sei anni di carcere. Davide in sciopero della fame e della sete

Come rivendicato da tutti i media di regime, sono arrivate dure condanne per sei compagni accusati di aver attaccato e incendiato il blindato dei carabinieri in piazza il 15 ottobre del 2011, durante la manifestazione romana conclusasi con durissimi scontri in piazza san giovanni.

Il processo si è svolto con rito abbreviato, quindi le condanne sono state “depurate” di un terzo. Questo significa che la pena ritenuta giusta dal GUP sarebbe stata addirittura di 9 anni. Quindi per tutti una pena di 6 anni di carcere.

Un percorso, quello del rito abbreviato, che sempre più spesso si rivela una vera e propria trappola.

Segue la lettera di Davide Rosci che si dichiara innocente, afferma di essere stato solo a guardare il blindato in fiamme e proclama, affermando di non credere più nella giustizia, uno sciopero della fame e della sete ad oltranza.

 

 

COMUNICATO DI DAVIDE ROSCI

Quando sono stato arrestato il 20 aprile scorso, dissi che ero sereno; ciò che mi portava ad esserlo era la fiducia che riponevo nella giustizia, la consapevolezza che gli inquirenti non avessero in mano niente di compromettente e la percezione che, nonostante il grande clamore creato ad hoc dai mass-media, il processo fosse equo ed imparziale, così come previsto dalla legge.

Mi sbagliavo! Ieri ho visto la vera faccia della giustizia italiana, quella manipolata dai poteri forti dello stato, quella che si potrebbe tranquillamente definire sommaria. Una giustizia che mi condanna a pene pesantissime, leggete bene, solo per esser stato fotografato nei pressi dei luoghi dove avvenivano gli scontri. Avete capito bene, ieri sono stato punito non perché immortalato nel compiere atti di violenza o per aver fatto qualcosa vietato dalla legge, ma per il semplice fatto che io fossi presente vicino al blindato che prende fuoco.

Non tiro una pietra, non rompo nulla, non mi scaglio contro niente di niente. Mi limito a guardare il mezzo in fiamme in alcune scene, e in un’altre ridere di spalle al suddetto.

Tali “pericolosi” atteggiamenti, mi hanno dapprima fatto guadagnare gli arresti domiciliari (8 mesi) ed ora anche una condanna (6 anni) che definirla sproporzionata sarebbe un eufemismo.

Permettetemi allora di dire che la giustizia fa schifo, così come fa schifo questo “sistema” che, a distanza di anni e anni, dopo una lotta di liberazione, concede ancora la possibilità ai giudici di condannare gente utilizzando leggi fasciste. Si, devastazione e saccheggio è una legge di matrice fascista introdotta dal codice Rocco nel 1930, che viene sempre più spesso riesumata per punire dissidenti e oppositori politici solo perché ritenuti scomodi e quindi da annientare.

Basta! Non chiedetemi di starmi zitto e accettare in silenzio tutto ciò, consentitemi di sfogarmi contro questo sistema marcio, che adotta la mano pesante contro noi poveri cristi e che invece chiude gli occhi dinanzi a fatti ben più gravi come il massacro della Diaz a Genova e i vari omicidi compiuti dalle forze dell’ordine nei confronti di persone inermi come Cucchi, Aldrovandi, Uva e molti altri ancora.

Non posso accettarlo! Grido con tutta la voce che ho in corpo la mia rabbia a questo nuovo regime fascista che mi condanna ora a Roma per aver osservato un blindato andare in fiamme e che ora mi accusa di associazione a delinquere a Teramo, solo per non aver mai piegato la testa.

Non mi resta altro che percorrere la via più estrema per far sì che nessun’altro subisca quello che ho dovuto subire io e pertanto così come fece Antonio Gramsci, durante la prigionia fascista, anche io resisterò fino allo stremo per chiedere l’abolizione della legge di devastazione e saccheggio, la revisione del codice Rocco e che questo sistema repressivo venga arginato.

Comunico pertanto che da oggi intraprenderò lo sciopero della fame e della sete ad oltranza fino a quando non si scorgerà un po’ di luce in fondo a questo tunnel eretto e protetto dai soliti noti.

Concludo nel ringraziare i miei fratelli Antifascisti, gli splendidi ragazzi della Est, i firmatari del Comitato Civile, i tantissimi che mi hanno dimostrato solidarietà in questi mesi e soprattutto quanti appoggeranno questa battaglia.

Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere!

Rosci Davide ”

Capodanno contro il carcere, non solo in Italia.

Anche per questo fine anno sono stati organizzati in diverse parti d’Italia presidi e manifestazioni di solidarietà nei pressi di strutture detentive. Alcuni degli appuntamenti avranno luogo a Bergamo, Cosenza, Como, Tolmezzo (Udine), tutti il 31 Dicembre 2012. L’intento non è solo quello di dimostrare la propria solidarietà e vicinanza alle persone detenute denunciando allo stesso tempo le condizioni attuali delle carceri in Italia, ma anche e sopratutto quello di criticare l’esistenza stessa di ogni galera e della logica che le produce. Anche in altri Paesi, ad esempio in Germania, sono previste manifestazioni anticarcerarie per lo stesso giorno in diverse città.

Milano, 22 Dicembre: corteo contro la repressione.

Fonte: Informa-Azione.

“Il 27 ottobre a Cusago un rave party viene duramente represso con un violento attacco della celere. Il bilancio dell’operazione riporta una ragazza in coma per diversi giorni, un cane ucciso e decine di ragazz* feriti, diversi dei quali gravi. Nel sostanziale silenzio dei media, che si sono limitati a riportare il comunicato della questura, si è realizzato uno degli atti di polizia più violenti e insensati degli ultimi anni. L’operazione evidenzia chiare responsabilità da parte della Questura di Milano con l’avallo del DPA (Dipartimento delle Politiche Antidroga), responsabile di una dura politica repressiva e proibizionista. Le violenze di quel giorno, giustificate con motivazioni ipocrite sulla tutela della salute dei partecipanti, hanno avuto il chiaro intento di criminalizzare e reprimere un’esperienza libera ed auto-organizzata.

L’attacco si inquadra in un contesto più ampio di crescita delle azioni repressive, dalle quali si evince chiaramente quale sia la risposta messa in campo dalle istituzioni nella gestione del diffuso clima di conflitto sociale che stiamo respirando in Italia, come in tante altre parti di Europa. In questi mesi si assiste ad un inquietante aumento delle azioni violente da parte delle forze dell’ordine, con cariche a freddo contro persone, siano queste studenti, lavoratori o appartenenti a qualsiasi altro soggetto sociale politicamente attivo, “colpevoli” di manifestare dissenso per le politiche governative o per la difesa dei propri diritti, sgomberi di spazi sociali e di case occupate,perquisizioni, arresti e disparate misure restrittive a carico di attivisti, nel corso di operazioni repressive studiate a tavolino per delegittimare i movimenti di lotta.

Non possiamo accettare questa deriva violenta e autoritaria, in cui lo Stato usa il proprio braccio armato, le forze dell’ordine, ma sempre più spesso anche l’esercito, come in Valsusa, in difesa degli interessi di un sistema economico che ha dimostrato da tempo la propria inadeguatezza.

E’ in questo scenario che quanto accaduto a Cusago non può restare senza risposta: tutt* ci sentiamo chiamati in causa per difendere spazi di libertà, temporanei o stabili, nei quali continuare a coltivare la nostra opposizione al sistema vigente, attraverso lo sviluppo di pratiche controculturali vecchie e nuove, pratiche con cui affermiamo la nostra alterità rispetto alla mercificazione dell’esistenza che contraddistingue il modello sociale in cui stiamo vivendo.

Riteniamo quindi indispensabile riportare all’attenzione collettiva temi fondanti come autogestione e autoproduzione; riaffermiamo con forza la legittimità delle pratiche di riappropriazione di spazi, tempi e saperi. Rivendichiamo l’attualità dell’occupazione come atto in grado di ridare vita, temporaneamente o in maniera stabile, a zone autonome e liberate. Sfruttando gli sprechi e l’abbandono ci sottraiamo alle logiche del potere e del profitto, creiamo spazi pubblici di socialità in grado di autoregolarsi, sperimentiamo nuove modalità di relazione tra le persone.

Su questi presupposti si è costruito un percorso di confronto, aperto ed eterogeneo, tra soggetti di tutta Italia che in veste differente hanno a cuore la creazione di nuovi ragionamenti e pratiche comuni: tribe, spazi sociali, singole persone hanno popolato assemblee pubbliche durante le quali si è sancita la necessità di dare una prima forte risposta di piazza a tutte queste esigenze latenti, dando forma anche a interconnessioni tra differenti percorsi politici e sociali.

Il 22 dicembre manifesteremo per rivendicare le nostre azioni e denunciare questo clima di tensione attraverso una presenza consapevole nelle strade e nelle piazze, in grado di spezzare il meccanismo recriminatorio che ci circonda e portare la nostra voce e il nostro pensiero. Il corteo si concluderà con un presidio davanti al carcere di San Vittore, luogo simbolico e spina nel cuore del tessuto urbano milanese, per portare la nostra solidarietà a tutti coloro che subiscono l’oppressione dello stato e far sentire la nostra presenza attraverso la musica.

Concentramento h 14.30 – Piazzale Cairoli
Per info o adesioni: reclaimthestreets2k12@inventati.org

Adesioni

A.B.U. Corp – Pesaro
Art@Hack
Bass Narp – Torino
Blackquirex – Milano
Blame Society rec. – Brescia
Bodeguita Social – Milano
BUS 31-32 – Marseille (FR)
C.S. 28 Maggio – Brescia
C.S. LaBoje – Mantova
C.S.O. Rebeldia – Pisa
C.S.O.A. Xm24 – Bologna
Doggod – Brescia
DustiNN Crew
F.O.A. Boccaccio – Monza
Family tek – Roma
Fattoria Crew
IgnorArt Coll3ctive
Illegal Show Builderz
Illegal Tekno Kaos
Infoshock – Torino
Jihad507
Kernel panik – Roma
Killanation – Milano
Kimo Sound System
Lab57 – Bologna
Lapardè – Palermo
Lazzaretto Autogestito – Bologna
MKN Brigade – Brescia
Nameless – Napoli
Noize Soldiers Sound System – Aosta
Powaflowa – Varese
Officina Tsunami – Bologna
Officina Barabana sistema sonoro – Bologna
Osservatorio Antiproibizionista – Pisa
Otakon – Varese
Piraty Lab (Pirati Italiani) – Roma
Pyramid Head Music
SaboTAZ – Cremona
Souljah rebel – Brianza
Tiby Tribe – Cosenza
Troublemakers – Bologna
UrbanKaos “

Banane e lime.

Fonte: Macerie.

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Un bel cesto di Banane. Banane di Porta Palazzo, s’intende, banane ripiene di lime. Non un lime nel senso di frutto tropicale, ma proprio cinque seghetti da ferro, di quelli buoni per segare le sbarre. Le banane in questione erano in un pacco che un anarchico di Torino ha portato mercoledì pomeriggio all’ingresso del Cie di corso Brunelleschi, ma purtroppo le lime sono state beccate.

«Che faccia tosta! – esclama la guardia dopo la scoperta – immaginare che a consegnare nelle mani di un prigioniero gli strumenti per riguadagnarsi la libertà fosse proprio un ignaro poliziotto.» «Questo ha letto troppi fumetti!» ridacchiano in questura e nelle redazioni dei giornali. «Che ingenuo! – sentenzia il saggio – non sa che esistono i metal detector?» «E che stolto! – gli fa eco il prudente – non poteva farle portare da qualcuno meno in vista che passasse inosservato?»

Se a poliziotti e giornalisti è buona usanza non rispondere, a tutti gli altri vale forse la pena di dir qualcosa. Ai saggi, basta ricordare tutte le volte che nel recente passato i prigionieri del Cie di Torino (e non solo) le sbarre le han segate per davvero, e che quindi dei seghetti in qualche modo saranno pur entrati, anche se chi sia riuscito a gabbare i controlli, e in che modo, non è dato sapere. Ai prudenti, diciamo semplicemente che non si può aspettare che un altro faccia quel che va fatto, che non si può delegare agli altri quel che la coscienza detta di fare.

Forse le banane non sono il posto migliore per imboscarle, ma l’unica domanda da porsi riguardo alle lime da ferro, dunque, non è tanto se sia possibile farle entrare o chi possa farlo, ma per l’appunto il come riuscirci. Per scoprirlo, occorrerà semplicemente provarci e riprovarci ancora, e sempre, o fino a quando non ci saranno più sbarre da segare.

 

Un anno e mezzo di lime (senza banane)

Nell’aprile 2011 una ventina di reclusi tentano di evadere dal Cie di Bologna. Si sono aperti un varco tagliando una sbarra di ferro e poi hanno scavalcato la seconda recinzione: in quindici guadagnano la libertà, altri vengono fermati dalla polizia. Soltanto il giorno dopo, durante una perqusizione, verranno ritrovati alcuni seghetti artigianali usati per l’evasione.

Nel settembre 2011, in due differenti evasioni, più di trenta reclusi scappano dal Cie di Torino. Il 9 settembre ce la fanno in dodici: lavorando con dei seghetti da ferro per più di un mese, i reclusi dell’area viola si erano preparti un varco nella rete e si erano costruiti pezzi di metallo affilati per tenere lontane le guardie durante la fuga. Durante le perquisizioni effettuate nei giorni successivi, la polizia non troverà traccia dei seghetti, rimasti forse ben nascosti in qualche angolo segreto del Centro. Non passano neanche due settimane e il 22 settembre scoppia una sommossa nel Centro. Le serrature delle gabbie, danneggiate di nascosto nei giorni precedenti, vengono scardinate e si aprono nuovi varchi nelle reti. La polizia riesce a fermare e arrestare dieci fuggitivi, ma in ventidue riescondo ad evadere.

Nel dicembre 2011, sempre dal Cie di Torino, evadono ventisei reclusi. La notte di Natale, approfittando della carenza di personale e del mancato intervento del fabbro per riparare i danni alle gabbie, i reclusi di tutte le sezioni maschili inziano una sommossa. Quasi contemporaneamente escono dalle gabbie, attraverso varchi aperti nelle reti o forzando le porte. Molti vengono fermati, ma in ventuno riescono ad evadere. Nei giorni successivi la Polizia alza il livello di guardia e in una delle tante perquisizioni viene ritrovato un seghetto. I reclusi non si perdono d’animo e la notte di Capodanno ci riprovano. Nonostante la Questura avesse riempito il centro di carabinieri in antisommossa, i ragazzi dell’area blu escono dopo aver forzato la porta, si scontrano con le guardie, e iniziano a scavalcare il muro di cinta. Le volanti che controllavano il perimetro esterno del Centro riescono a catturare un solo evaso, altri cinque invece sono liberi.

Nel maggio 2012 è il turno dei reclusi del Cie di Modena. Il 12 la Questura ordina una perquisizione a sorpresa nel blocco 6 e scoppia una sommossa. Poliziotti e militari vengono aggrediti da una sessantina di reclusi armati di sbarre di ferro e sono costretti a rimandare la perquisizione. Aluni giorni dopo gli agenti riescono a fare irruzione nel blocco e trovano dieci metri di lenzuola di carta annodate e quattro seghetti nascosti in un bocchettone dell’impianto di aerazione. La Polizia, forse convinta di aver sventato il piano dell’evasione, abbassa la guardia e canta vittoria sui giornali. Evidentemente i seghetti avevano già fatto il loro lavoro, e infatti un paio di giorni dopo una dozzina di reclusi riesce ad evadere dal Centro.

macerie @ Dicembre 9, 2012″

Informazioni ed articoli sulla nuova operazione repressiva antianarchica a Trento e Rovereto.

Proseguono le manovre repressive del democraticissimo Stato italiano (quello che ancora non s’è disfatto di molti articoli del Codice Rocco) contro il movimento anarchico. Il 27 Agosto è scattata un’operazione dal nome che è tutto un programma, che vede indagati circa 43 compagni/e per associazione sovversiva (270bis). Per ora sono stati perquisiti spazi ed abitazioni tra Trento e Rovereto, il compagno Massimo Passamani è stato posto sotto arresto ed ora si trova in isolamento nel carcere di Alessandria, mentre un’altra compagna, Daniela, é agli arresti domiciliari. Per conoscere meglio i retroscena di questa nuova, mirabolante impresa dei paladini della legge, vi invito a leggere gli articoli che seguono. Intanto per chi volesse scrivere al compagno in carcere, questo è l’indirizzo attuale: Massimo Passamani,
Carcere San Michele strada Casale 50/A, 15122 Alessandria.

http://www.centrosocialebruno.it/sites/default/files/yabasta/561525_353733021375800_1962829719_n.jpg

Testo del volantino distribuito durante il presidio solidale del 28 Agosto 2012 a Rovereto;

“Massimo Passamani. Un anarchico dalla parte del torto”, riportato da Anarchaos;

“Dopo le Pussy Riot, ora tocca ai Ludd”, riportato da Anarchaos.

 

Appello per una mobilitazione internazionale per la liberazione dei prigionieri politici in Bielorussia.

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Il 23 Settembre prossimo avranno luogo in Bielorussia le elezioni per il rinnovo del parlamento. La Bielorussia è uno Stato particolarmente autoritario, retto col pugno di ferro da Alexander Lukaschenko, un residuato dello stalinismo che in tempi recenti ha iniziato timidamente ad aprire al mercato capitalista, senza però mettere in discussione strutture e modalitá repressive di un tempo. Fra i detenuti politici che si trovano nelle carceri del Paese vi sono 6 compagni anarchici (Ihar Alinevich, Mikalai Dziadok, Artsiom Prakapenka, Pavel Syramolatau, Aliaksandr Frantskievich e Jauhen Vas’kovich), arrestati tra l’autunno 2010 e l’inverno 2011 e condannati nel Maggio 2011 a pene detentive che vanno dai 3 agli 8 anni con l’accusa di aver compiuto una serie di azioni dirette contro simboli del capitale e dello Stato. La vicenda legata alle azioni dirette in oggetto ed ai metodi inquisitori utilizzati dalle forze repressive bielorusse sono narrate in due documentari che consiglio di vedere per conoscere meglio i retroscena della vicenda:

– “Anarchy. Direct action. Impartial”, documentario in due parti realizzato dalla Anarchist Black Cross della Bielorussia nel 2011 (qui la prima parte, qui invece la seconda; per attivare i sottotitoli in italiano cliccare sull’aposito tasto che si trova in basso a destra sulla schermata dei video);

Disregarding The Law(anche qui è possibile attivare i sottotitoli, stavolta in inglese).

Nell’Agosto di quest’anno l’Internazionale delle Federazioni Anarchiche, su invito della Croce Nera Anarchica bielorussa, ha lanciato un appello per una mobilitazione internazionale dal 22 al 23 Settembre a favore dei prigionieri politici detenuti nel Paese. Attualmente l’Unione Europea esercita pressioni sul governo di Lukaschenko affinchè liberi i prigionieri politici, uno status che dall’Ottobre 2011 riguarda anche i sei compagni anarchici in questione grazie al riconoscimento da parte di organizzazioni per i diritti umani. Finora Lukaschenko ha “graziato” 30 prigionieri politici dopo che questi avevano avanzato una richiesta ufficiale di perdono con implicita ammissione di colpa a lui personalmente indirizzata, cosa che gli anarchici rifiutano di fare. A Lukaschenko interessa uscire da vincitore in questa situazione, evitando sanzioni politiche o economiche da parte dell’UE e cercando di far passare la liberazione dei detenuti politici come un suo personale atto di benevolenza che implica la richiesta personale ed il pentimento. Ma i compagni anarchici non sono merce da barattare sul tavolo delle trattative tra burocrati di questo o quell’altro Stato, perciò è richiesta la nostra solidarietà attiva. L’Internazionale delle Federazioni Anarchiche saluta positivamente qualsiasi azione solidale per la liberazione dei compagni in Bielorussia a partire da ora, fino alle giornate del 22/23 Settembre ed eventualmente anche oltre.

Vedi anche:

Articolo dell’ABC Bielorussia sull’attuale situazione detentiva dei sei compagni anarchici.

1-10 Agosto: azioni internazionali di propaganda contro la repressione.

La rete per la traduzione per la controinformazione Contra-Info ha recentemente lanciato un appello internazionale per dieci giorni (dal 1 al 10 Agosto) di propaganda contro la repressione. Nell’appello si invitava a mettere in atto azioni propagandistiche tramite graffiti, striscioni, volantinaggi o altro, su temi ritenuti importanti dalle realtà anarchiche per renderli noti nella società e per suscitare dibattiti al di là dei confini statali o linguistici. Di seguito le foto (tutte prese dal sito Contra-Info) di alcuni fra i tanti graffiti, striscioni e manifesti realizzati in diverse città e Paesi per l’occasione.

MALTA

UCRAINA

FRANCIA (vedi anche 1,2,3)

SERBIA

ARGENTINA

PORTOGALLO

GERMANIA

INGHILTERRA

SPAGNA (anche QUI)

CILE (anche QUI)

GRECIA (vedi anche 1,2,3,4,5…)