Nuova minaccia alla libertà di stampa.

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In Italia si fa gran parlare di libertà di stampa solo quando il direttore responsabile di un grosso giornale finisce nei guai con la legge per aver pubblicato sulla propria testata un articolo falso oltre che diffamatorio nei confronti di diversi individui. Quando però la libertà di pubblicare articoli informativi che parlino di persone note e di argomenti delicati e controversi vorrebbe essere negata distorcendo il significato della parola “diffamazione”, l’ondata di sdegno non raggiunge i livelli dovuti. Eppure la nuova minaccia alla libertà di stampa, un disegno di legge che viene discusso in questi giorni al Senato, dovrebbe interessarci tutti/e: è la nostra libertà, quella di informarci e di informare, quella di discutere e confrontarci che viene minacciata. L’indifferenza di fronte a ciò è compilcità con i censori, è un suicidio dei nostri diritti fondamentali. Informiamoci e informiamo, la libertà dobbiamo conquistarla e difenderla in prima persona.

Segue l’appello pubblicato su Wikipedia:

“Gentili lettori,

ancora una volta l’indipendenza di Wikipedia è sotto minaccia.

In queste ore il Senato italiano sta discutendo un disegno di legge in materia di diffamazione (DDL n. 3491) che, se approvato, potrebbe imporre a ogni sito web (ivi compresa Wikipedia) la rettifica o la cancellazione dei propri contenuti dietro semplice richiesta di chi li ritenesse lesivi della propria immagine o anche della propria privacy, e prevede la condanna penale e sanzioni pecuniarie fino a 100.000 euro in caso di mancata rimozione. Simili iniziative non sono nuove, ma stavolta la loro approvazione sembra imminente.

Wikipedia riconosce il diritto alla tutela della reputazione di ognuno e i volontari che vi contribuiscono gratuitamente già si adoperano quotidianamente per garantirla. L’approvazione di questa norma, tuttavia, obbligherebbe ad alterare i contenuti indipendentemente dalla loro veridicità. Un simile obbligo snaturerebbe i principi fondamentali di Wikipedia, costituirebbe una limitazione inaccettabile alla sua autonomia e una pesante minaccia all’attività dei suoi 15 milioni di volontari sparsi in tutto il mondo, che sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per “non avere problemi”.

Wikipedia è la più grande opera collettiva della storia del genere umano: in 12 anni è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. L’edizione in lingua italiana ha quasi un milione di voci, che ricevono 16 milioni di visite ogni giorno, ma questa norma potrebbe oscurarle per sempre.

L’Enciclopedia è patrimonio di tutti. Non permetteremo che scompaia.


Partecipa alla discussione

Tre film che fanno riflettere.

Un regalo indirizzato a chiunque avesse voluto esser presente all’iniziativa che ho pubblicizzato nello scorso post ma, per un motivo o per l’altro, non ne ha avuto (e non ne avrá) la possibilità: i tre film in questione, che hanno in comune non solo la presenza come attore protagonista dello straordinario Gian Maria Volontè, ma anche il fatto di essere film per molti aspetti tremendamente attuali, sconosciuti ai più giovani, quasi mai mostrati sui teleschermi. Pellicole che offrono uno spaccato lucido e spietato di alcuni aspetti non solo dell’epoca che raccontano, ma anche della società nella quale viviamo tutt’ora, con i suoi rapporti di forza, stili di vita, esercizi di potere e manipolazioni dell’opinione pubblica, elementi che restano immutati in un sistema che può cambiare in parte forma solo per mantenere inalterata la sostanza. Storie drammatiche, raccontate non senza ironia e sfaccettature grottesche, ma non per questo meno adatte a far riflettere. Buona visione quindi, e soprattutto buona riflessione.

Per i morti di Utoya.

Un’anno fa più un giorno, 69 ragazzi e ragazze venivano uccisi dal fanatismo e dalle idee reazionarie di un individuo che ha raccolto i frutti di anni di propaganda islamofoba e antiimmigratoria, propaganda di idee e concetti ritenuti con indifferenza o addirittura con compiacenza “normali” finché non si traducono negli atti di un personaggio perfettamente lucido ma definito pazzo per comodità degli stessi che smerciano quelle idee e quei concetti. I ragazzi e le ragazze morti ammazzati da Breivik quel 22 Luglio del 2011 mentre partecipavano all’annuale campeggio del Partito Laburista Norvegese li sento lontani da me per le loro idee politiche, ma vicinissimi per il modo in cui sono morti: cancellati dall’odio di chi vuole affermare un modello sociale fondato sull’intolleranza, sull’uniformità culturale e sull’oscurantismo religioso, annientati da chi non si ferma nemmeno di fronte a persone inermi. Il terrore scatenato da Breivik ha radici che attechiscono anche in Paesi definiti progressisti e benestanti, è un terrore che alberga nelle pieghe di una società che non sa fare i conti con i propri conflitti sociali e culturali, con le proprie contraddizioni, con l’intolleranza e l’indifferenza latenti che non dovrebbero lasciare nessuno indifferente e ignorante di fronte all’imminenza della catastrofe.

Sul terremoto in Emilia-Romagna.

La tragedia in Emilia-Romagna non é solo il terremoto, ma anche la gestione dell’emergenza. In tali circostanze le dinamiche autoritarie dello Stato e dei suoi apparati si mostrano senza veli, così come si rendono palesi lo sciacallaggio mediatico e le mire profittatrici di chi con le disgrazie altrui ci si arricchisce. Gli anarchici ferraresi hanno pubblicato sul loro sito un breve resoconto su come venga gestita la situazione nei campi per sfollati allestiti nei pressi di alcuni dei centri maggiormente colpiti dal sisma. Nonostante le difficoltà e le istituzioni che intralciano più che aiutare, nonostante il servilismo del governo nei confronti di banche e finanza, l’aspetto migliore della natura umana si vede là dove le persone praticano il mutuo appoggio e l’autoorganizzazione in situazioni estreme come questa, dimostrando che l’anarchia non é solo una possibilitá ma una vera e propria esigenza per l’umanitá. E, a proposito di mutuo appoggio, riporto di seguito un’iniziativa dell’ USI di Parma:

“Giovedì 31 maggio sarà organizzata una raccolta di materiale, in segno di solidarietà ed aiuto alle persone terremotate.

Dalle ore 17.00, alle ore 21.00.

Presso il circolo ARCI Matonge in via Burla N°130, sulla sinistra dopo l’IKEA.

Saranno raccolti:

– Vestiti per bambini e per adulti

– Pannolini

– Coperte

– Materiale per l’igiene personale

NO ALIMENTI

Per informazioni:  3208436753  usi-aitparma@libero.it   usipr.noblogs.org

Organizza l’Unione Sindacale Italiana sez. di Parma e il Gruppo Anarchico “Cieri”-FAI”

Nessuna parabola discendente, solo una linea retta.

Leggo qua e là le notizie pubblicate sui quotidiani online e i relativi commenti dei/lle lettori/trici sulle vicende di attualitá che riguardano corruzione dei partiti, crisi economica e riforma del lavoro e mi stupisco. Mi stupisco del fatto che ci si stupisca. Come si fa a rimanere sorpresi nel venire a sapere che un partito che ha sbraitato per anni slogan populisti e qualunquisti del tipo “Roma ladrona” e “padroni a casa nostra” sia in realtá un covo di ladri e corrotti, insediati a Roma ma ladroni pure a casa loro, quando è evidente che la corruzione è un elemento imprescindibile del sistema politico dominante, un fattore intrinseco a qualsiasi tipo di dominio? Come ci si può lamentare oggi dell’inutilità dei sindacati confederali quando si è taciuto per anni sulla trappola della concertazione, quando numerosi esempi concreti dimostrano che lavoratori e lavoratrici in lotta sono stati spesso abbandonati da tali sindacati, quando per anni sono stati piallati, demoliti, rasi al suolo diritti conquistati con le dure lotte senza che gli organi teoricamente preposti alla tutela dei suddetti diritti muovessero un dito, com’é possibile che ci si sia fidati di personaggi che pur di difendere le proprie garanzie personali, le strutture di potere delle quali sono ai vertici, il sistema che gli permette di parassitare la classe lavoratrice sono disposti ad accettare di buon grado qualunque compromesso, giocando a perdere con la posta altrui, simulando inverosimili opposizioni fin troppo semplici da sputtanare? È necessario ritrovarsi senza un tetto sulla testa per rendersi conto che c’è qualcosa che non va nel sistema di tassazione applicato a chi produce effettivamente la ricchezza di un Paese? Bisogna aspettare scandali e procedimenti legali contro politicanti ladri e partiti sanguisughe per dover staccare la spina ad un sistema politico che non ha nulla a che vedere con la vera democrazia, “potere del popolo”? Si deve arrivare in prossimità del suicidio per capire che benessere e libertà in una società capitalista sono chimere blindate in una cassaforte alla quale hanno accesso in pochissimi? Quante conferme, quante prove, quante cazzo di catastrofi servono ancora per smetterla di stupirsi e iniziare invece, finalmente, a reagire?

Per quelli che vorrebbero che noi anarchici appartenessimo al passato.

Non ho visto il documentario della RAI del quale parla Michele Fabiani nel suo articolo pubblicato per Anarchaos, ma mi rendo ben conto di quale sia uno dei tipici approcci da parte dei nostri detrattori nel trattare con le nostre idee, le nostre pratiche, il nostro passato ed il nostro presente. Da un lato c’è chi ci diffama costruendo l’immagine distorta o spesso completamente inventata dei teppisti o dei terroristi che vogliono il caos e non hanno nulla da proporre: nel creare l’immagine degli “anarchici brutti e cattivi” si ha gioco facile, centinaia di anni di indottrinamento delle masse e pedissequi sforzi per tentare di imbottogliare in spazi sempre più angusti il libero pensiero individuale e la coscienza di classe degli sfruttati hanno dato i loro frutti. Dall’altro lato vi è la tendenza, da parte di alcuni falsi simpatizzanti dell’anarchia, a guardare alle nostre idee come se fossero qualcosa di “bello ma irrealizzabile”, il che è vero soprattutto per chi queste nostre idee non ha mai provato nemmeno per un momento a metterle in pratica o addirittura solo a considerarle come fattibili su un piano razionale e senza pregiudizi, ed a considerare il nostro passato storico come un cimelio dei tempi andati, buono per mausolei polverosi e album di vecchie foto sbiadite, e non come una realtà che continua nel presente e si affaccia al futuro. Non saprei dire quale di questi due approcci sia quello che mi irrita di più, ma forse la falsa accondiscendenza, l’atteggiamento di chi di fronte ti sorride e finge di capirti ma in realtà ti tratta come un idiota, un fenomeno da baraccone è addirittura peggiore di quello di chi ti attacca magari in modo vigliacco e sleale ma perlomeno senza nascondere di essere un tuo nemico. Una cosa comunque é certa: chi cerca gli anarchici e le anarchiche non li troverà nei libri di storia o nei documentari fatti da chi siede da troppo tempo e s´è perfino dimenticato di come si stia in piedi, ma nelle strade, nelle piazze, negli spazi occupati, nelle scuole libertarie, dietro le barricate; troverà le nostre idee in qualsiasi lotta contro dogmi, dominio, sfruttamento ed  ingiustizie, in qualsiasi battaglia e pratica emancipatoria dove i principi di autogestione, solidarietà, azione diretta ed antiautoritarismo vengono messi in pratica da persone che spesso non si dichiarano anarchiche e che addirittura nemmeno sanno esattamente in cosa consistano le idee anarchiche, ma che in effetti stanno realizzando quella che per alcuni è solo un’utopia del passato buona per telespettatori addomesticati.

Qui l’articolo di Michele Fabiani sul documentario della RAI “Quando l’anarchia verrà”.