Massimo Fini, “Il denaro ‘Sterco del demonio'”.

Massimo Fini, “Il denaro ‘Sterco del demonio'”Tascabili Marsilio, 1998 (quarta edizione 2008).

Il libro di Massimo Fini "Il denaro 'Sterco del demonio'"

Massimo Fini é indubbiamente un personaggio difficile da inquadrare nei classici schemi di pensiero o ideologici di “destra” e “sinistra”. Etichettato superficialmente da più parti come “fascista”, in realtà mostra idee poco convenzionali e abbastanza originali, solo in parte frutto di un’eventuale influenza di pensatori dell’estrema destra (vedi il famigerato Julius Evola). Di sicuro, per quanto mi riguarda, mi sento lontano per molti aspetti dal pensiero di Fini, tanto dal suo “elogio della guerra” all’antica o dalla sua difesa del patriarcato o dal suo antimodernismo esasperato e condivisibile solo per alcuni aspetti, quanto dal suo riproporre modelli economici e sociali che si richiamano alla tradizione medioevale europea e che non mettono in discussione concetti quali dominio, gerarchia e autorità. Devo però riconoscere che le sue analisi sono spesso brillanti e per nulla convenzionali, meritevoli di attenzione e, magari, potenziali fonti d’ispirazione come nel caso dell’opera in questione. “Il denaro sterco del demonio” infatti non é solo un’avvincente ricostruzione storica, economica e antropologica su come e quando sia nato il denaro e su come fossero organizzati sistemi economici nei quali la moneta era assente, ma anche e soprattutto una critica devastante e senza mezzi termini al denaro stesso, elevatosi a divinitá dei tempi moderni, una scommessa sul futuro -ovvero sul Nulla. Il denaro condiziona il nostro stile di vita, la nostra esistenza, impedendoci di pensare al presente mentre viviamo in sua funzione ed in funzione di un futuro sempre più lontano ed inafferrabile, ci impone un modello economico, politico e sociale fine a se stesso e non al benessere ed alla felicità dell’umanità, non crea ricchezza reale ma piuttosto sfruttamento. Staccatosi definitivamente col tempo dalla materia, reso ancor più “fantasma” dalle transazioni virtuali, il denaro ha raggiunto la sua perfezione metafisica, ma al tempo stesso si avvicina sempre più alla propria fine, capace solo di riprodurre se stesso teoricamente all’infinito, praticamente fino all’implosione del sistema che ha generato.

Interessante confrontare alcuni concetti chiave sul denaro espressi da Fini in questo suo saggio con le parole pronunciate da David Graeber (alcuni giorni fa ho recensito il suo “Critica della democrazia occidentale”) durante il People’s Economic  Furum nel 2008:

David Graeber, “Critica della democrazia occidentale”.

David Graeber, “Critica della democrazia occidentale. Nuovi movimenti, crisi dello Stato, democrazia diretta”, prefazione di Stefano Boni. Elèuthera, 2012.

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Una delle tesi centrali di questo breve saggio dell’antropologo statunitense David Graeber è che il sistema politico nel quale viviamo non sia realmente democratico. “Ha scoperto l’acqua calda!”, ho pensato nell’accingermi a leggere il libricino, curioso di scoprire quali fossero gli argomenti portati dall’autore a sostegno della sua tesi e cosa egli intendesse con il termine “democrazia”. Innanzitutto per Graeber i termini “anarchia” e “democrazia” sono sinonimi, interpretando quest’ultimo secondo la sua etimologia, “potere del popolo”, esercitato in modo egualitario attraverso processi decisionali collettivi e orizzontali. Un modello che poco o nulla ha a che vedere con la cosiddetta democrazia rappresentativa tanto sbandierata in Occidente, ma che nasce piuttosto tra le pieghe degli Stati e nonostante essi, in diversi tempi e luoghi. Le forme democratiche orizzontali ed autogestite delle quali parla Graeber si contrappongono alla presunta democrazia (tale solo nominalmente) sbandierata dal paradigma occidentalista, autoritaria e promotrice di diseguaglianze, impossibilitata a esistere senza uno Stato che detenga il monopolio della violenza. È proprio a causa della negazione sempre più evidente da parte del sistema dominante di forme reali di democrazia se queste forme vengono rivendicate da movimenti di critica radicale e lotta sociale – movimenti che Graeber affronta in questa sua opera purtroppo solo di sfuggita. In effetti “Critica della democrazia occidentale” è un libro fin troppo breve che richiede al lettore di approfondire altrove le tematiche trattate, ma sicuramente è un’ottima fonte di ispirazione, scritto con uno stile sempice ma capace di spiazzare per via degli argomenti sostenuti, un efficace approccio dal punto di vista antropologico ad un tema di vitale importanza sul quale, ora più che mai, è urgente riflettere senza i paraocchi imposti dalla propaganda del pensiero unico.