Solidarietá ai punk colpiti dalla repressione in Indonesia!

Notizia agghiacciante ma purtroppo vera, tratta dal sito “noncipossocredere“:

“Le creste sono diventate tagli a zero, piercing e catene sono stati fatti sparire, e i giovani “deviati” sono stati costretti a sessioni di preghiera e di purificazione nell’acqua. E’ il destino toccato a 65 punk indonesiani nella provincia di Aceh, dopo una retata effettuata dalla polizia islamica durante un concerto rock che sabato scorso aveva richiamato un centinaio di giovani appassionati nella capitale Banda Aceh, dove vige la sharia.

Gli agenti hanno arrestato gran parte del pubblico, tra cui cinque ragazze, portandoli di forza in una scuola di polizia lontana dalla città. Lì, per 10 giorni avrà luogo la “riabilitazione morale” dei giovani “blasfemi”, descritti dal capo della polizia locale Iskandar Hasan come una specie di anime smarrite da riportare sulla retta via (e dire che il ricavato del concerto andava in beneficenza a degli orfani). “I loro vestiti sono disgustosi. Non si lavano, vivono in strada, non pregano. Gli daremo una lezione”, ha spiegato.

Il trattamento militaresco, che ha spinto alle lacrime alcuni tra gli arrestati, prevede la rimozione di qualsiasi indumento o simbolo di ribellione: via jeans attillati e capelli lunghi, nessun pezzo di metallo al corpo, copertura dei diffusi tatuaggi. E poi ovviamente pulizia e preghiere regolari. Nessuna violazione dei diritti umani, assicura la polizia, convinta della sua missione moralizzatrice; le organizzazioni umanitarie la vedono diversamente.

Il giro di vite conferma la crescita dell’Islam più conservatore nella provincia di Aceh, la più occidentale del Paese, dove dal 2001 è in vigore la legge islamica nell’ambito di una maggiore autonomia concessa dal governo di Jakarta per placare le rivendicazioni separatiste. Recentemente il piccolo ma crescente segmento di “giovani ribelli” della provincia – spazzata dal catastrofico tsunami del dicembre 2004 – aveva già lamentato un progressivo tentativo di repressione da parte delle autorità, che negli ultimi anni hanno punito casi di adulterio e di omosessualità.

Difficile che l’iniziativa abbia però un seguito nel resto del Paese, dove il 90 per cento dei 240 milioni sono musulmani in gran parte di vedute moderate – anche se negli ultimi anni le frange più radicali hanno alzato la voce. Paradossalmente, proprio in Indonesia e nella vicina – e a maggioranza islamica – Malaysia la musica rock è sempre più diffusa, con toni ben più duri rispetto ad altri Paesi del sud-est asiatico dove i giovani tendono a privilegiare l’hip hop o il seguitissimo pop coreano.”

 

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Il compleanno di Babbo Natale.

Il natale é una festa religiosa per origine e tradizione, ma anche una festa consumistica per eccellenza. Nei primi tre filmati,tratti dal piú ampio documentario “Zeitgeist”, troverete la spiegazione della famosa leggenda di Gesú. Alcune informazioni contenute nei video sono tuttavia errate ( ad esempio vi furono storici dell’epoca in questione che testimoniarono l’esistenza di un personaggio riconducibile a Gesú Cristo, ma lo fecero in modo vago e contraddittorio, forse parlavano addirittura di diversi personaggi e non di un unico individuo ), ció non influisce peró in modo particolare sul discorso di fondo:

http://www.youtube.com/watch?v=l5cRcdk80Ok

http://youtu.be/_YvNGJ5XxXE

http://youtu.be/kRvecaETT44

 

Quest’altro video é invece un brevissimo e semplicissimo adbusting, che dovrebbe farvi riflettere sul consumismo indotto e sulle sue conseguenze:

http://youtu.be/85qjOfAm6_E

Con questo non voglio dire che non si debba assolutamente prendere l’occasione di un paio di giorni festivi per divertirsi, semplicemente inviterei a riscoprire il piacere della socializzazione, dello scambio di cultura e di saperi, del donare senza pretendere nulla in cambio. Queste festivitá sono inoltre un’ottima occasione per interrogarsi su diversi temi, a cominciare dall’ ipocrisia e dalla falsitá che spesso permeano i rapporti umani in questa societá, per finire con il problema del consumismo e la possibilitá di rompere il cerchio di sfruttamento che ci opprime, iniziando magari a (ri)scoprire forme di consumo critico che perlomeno riducono il danno creato dal sistema economico capitalista ed eventualmente aprono nuove prospettive per creare reti alternative di scambio, qui e ora, in opposizione alle imposizioni dettate dal totalitarismo di mercato nel quale viviamo.