Come e perchè la Turchia supporta l’ISIS.

I movimenti politico-religiosi islamici sono stati usati dalle potenze occidentali in diversi luoghi e occasioni, soprattutto dall’inizio della guerra fredda tra USA e URSS, come diga all’espansione di idee comuniste, socialiste o semplicemente progressiste, come strumento di controllo sociale e politico sulle popolazioni locali e come bacino di reclutamento anche per forze paramilitari e terroristiche. La Turchia in particolare non è nuova a questo genere di cose, in bilico fin dai tempi della fondazione della repubblica ad opera di Kemal Atatürk tra severo laicismo e spinte alla (re)islamizzazione, ha attraversato fasi durante le quali le frange islamiche più radicali sono state foraggiate dai potenti del Paese con il benestare degli USA e della CIA. Tanto gli Hezbollah sono stati impiegati nella guerra contro le popolazioni curde in Turchia accanto ai fascisti del partito MHP, quanto movimenti come quello di Fetullah Gülen (che si presenta come democratico e moderato, ma ad un’analisi attenta si rivela essere uno dei motori della nuova ondata di islamizzazione in Turchia) hanno ricevuto sostegno e legittimazione non solo dal partito di Erdogan, ma anche da autorità politiche e religiose internazionali. Il problema per le potenze occidentali, insomma, nasce solo quando lo strumento, in questo caso il fondamentalismo islamico, sfugge al controllo e/o non adempie più alle funzioni richieste da chi si erge, a volte con troppe pretese, al ruolo di burattinaio. L’articolo che segue, tratto da Z-Net Italy, illustra alcuni aspetti dell’appoggio offerto dal governo dell’AKP di Erdogan all’organizzazione terroristica Daesh (ISIS):

 “Il segreto di Pulcinella della collaborazione tra la Turchia e lo Stato Islamico

rojava

Di Yasin Sunca

29 Novembre 2015

L’espansione del gruppo terrorista denominato Stato Islamico è sostenuto dall’appoggio risoluto della Turchia, insieme ad alcuni altri stati.

Fin dall’inizio della guerra civile in Siria, il governo turco dell’AKP (Partito per la Giustizia e lo Sviluppo)  ha cercato di perseguire una politica estera informata e motivata dalla sua mentalità esclusoria riguardo alle sue comunità etniche e religiose e anche ai gruppi progressisti e rivoluzionari in Turchia. Il governo dell’AKP, allo scopo di reprimere e contrastare qualsiasi  successo politico  dei Curdi che stanno costruendo un progetto politico radical-democratico in Siria, appoggia qualsiasi tipo di gruppo estremista, compresi il gruppo Stato Islamico, il Fronte al-Nusra, ecc.

Il motivo per cui la Turchia appoggia il Gruppo Stato Islamico

La rinascita dell’approccio neo-Ottomano del governo dell’AKP, che fondamentalmente implica il diventare una regione egemone, e oltre alle questioni socio-politiche della Turchia storicamente radicate, ha spinto il  governo verso una politica regressiva strategicamente programmata che alcuni indicano sia sull’orlo del collasso.

Prima della cosiddetta “Primavera Araba”  il primo ministro allora in carica,  Ahmet Davutoğlu, aveva introdotto una nuova, più aggressiva politica estera intesa a dominare la regione. Ma considerando se stesso come il “grande fratello” della regione, l’AKP credeva che la Turchia potesse essere uno stato egemonico per coordinare l’area insieme alle potenze imperialiste occidentali. In base a questo ragionamento, l’AKP ha attuato una politica a due facce. Da una parte, la Turchia è intervenuta nei paesi della regione attraverso una serie di organizzazioni islamiste, che andavano da diversi rami della Fratellanza Musulmana alle organizzazioni estremiste jihadiste, per rimodellare la formazione della regione nel loro migliore interesse,  dal 2007 in poi. D’altra parte, il governo dell’AKP tentava di costruire buoni rapporti con i poteri regionali allo scopo di far avanzare l’influenza economica e culturale della Turchia, che è stata definita come “soft power turco” dall’attuale   primo ministro Davutoğlu, nel suo controverso libro intitolato “Strategic Depth” (Stratejik Derinlik) , “Profondità strategica”. Questa politica del governo dell’AKP è stata  appoggiata dalle potenze imperialiste occidentali fino alla fine del 2012, poiché cercavano un’alternativa all’Islam politico radicale nel paese.

Tuttavia, per prima cosa gli sviluppi in Egitto e in Tunisia nel contesto della cosiddetta “Primavera Araba” e, secondo, la guerra civile in Siria, hanno cambiato moltissimo tutto per l’AKP nella regione e anche nei loro rapporti con le potenze imperialiste, rendendo visibile il loro impegno/collaborazione con le organizzazioni terroriste/jihadiste.

La Turchia ha eccessivamente appoggiato, facilitato e collaborato con vari gruppi jihadisti, compreso lo Stato Islamico, allo scopo di dare forma al futuro della Siria in linea con i suoi interessi. Per ironia, la collaborazione tra la Turchia e lo Stato Islamico è emersa  in parte grazie alla divisione delle potenze occidentali in schieramenti diversi riguardo alla guerra in  Siria. Durante il vertice del G20 tenutosi in Turchia, il presidente russo Vladimir Putin, che non vuole perdere il suo ultimo alleato nella zona del Mediterraneo, cioè Bashar Assad, ha citato circa 40 nazioni che sostengono  Daesh (ISIS), una delle quali, come il mondo ha appreso in seguito, è la Turchia.

Come detto sopra, la questione curda in Turchia è un fattore determinante per la politica estera della Turchia dalla formazione  della repubblica. Perciò la diplomazia turca è stata orientata a impedire categoricamente qualsiasi genere di progresso politico curdo. Questo si può osservare sia nel Kurdistan iracheno in seguito all’invasione statunitense dell’Iraq che nel Rojava (Kurdsitan Occidentale, Siria Settentrionale), dove i Curdi hanno ottenuto l’attenzione internazionale grazie alla loro eroica resistenza seguita da una vittoria storica contro il gruppo Stato Islamico a Kobanê. Dal momento che qualsiasi progresso politico dei Curdi altrove, catalizzerebbe la lotta dei Curdi nel Kurdistan Settentrionale (Turchia Orientale) contro la Turchia, il blocco dei Curdi a livello internazionale è diventata una delle massime priorità per lo stato turco.

A questo riguardo, il primo aspetto della resistenza curda contro lo Stato Islamico di fronte alla collaborazione tra la Turchia e tale gruppo estremista, è che il governo dell’AKP ha fatto una guerra per procura contro i Curdi del Rojava tramite il gruppo terrorista islamista allo scopo di bloccare o almeno di contenere un successo curdo in Siria. Il governo dell’AKP è anche responsabile degli attacchi dello Stato Islamico contro i Curdi e le persone di sinistra in Turchia e di non aver condotto un’effettiva indagine, malgrado tutte le prove. Lo Stato Islamico ha compiuto tre attacchi con le bombe: a Diyarbakir durante una manifestazione elettorale del partito di sinistra filo-curdo HDP; a Suruç, una città sul confine tra Turchia e Siria, e ad Ankara, durante una dimostrazione pacifista.

Il secondo aspetto è che     la resistenza curda nel  Rojava ha smascherato questa sporca collaborazione, specialmente durante la guerra a Kobanê. Infatti, la collaborazione della Turchia con i gruppi jihadisti e il loro utilizzo, specialmente contro i Curdi, non era iniziata con lo Stato Islamico e non era venuta fuori dal nulla. La Turchi l’ha fatto nell’ambito del suo approccio interventista al Medio Oriente che si può far risalire all’inizio del 2011 quando  appoggiava un altro gruppo jihadista, il Fronte Nusra, il ramo siriano di Al-Qaida che non è meno crudele del gruppo Stato Islamico. In seguito a una divisione interna nel Fronte Nusra, questo è stato rimpiazzato dallo Stato Islamico che fin da allora ha continuato a fare attacchi contro la terra curda liberata,  con l’aiuto del governo AKP. La collaborazione tra AKP e lo Stato Islamico continuerà fino a che uno avrà bisogno dell’altro. Ma c’è ora un equilibrio del terrore per la Turchia, creato dalla Turchia. Nel caso che questo paese interrompa la collaborazione con il gruppo Stato Islamico, e alquanto probabile che il gruppo terrorista gli  si rivolterà contro, dal momento che l’unica porta per le sue necessità logistiche è il confine turco.

In che modo la  Turchia appoggia il Gruppo Stato Islamico

La Turchia è in  collaborazione con lo Stato Islamico sia politicamente che ideologicamente e questa si espande in molti canali come è stato elencato in dettaglio

Da David L. Phillips sull’Huffington Post. Lo  Stato Islamico ha servito gli interessi turchi militarmente combattendo i Curdi, mentre il governo dell’AKP facilitava logisticamente e finanziariamente  la campagna omicida dello Stato Islamico. Il governo dell’AKP forniva anche equipaggiamento militare allo Stato Islamico. Tre camion carichi di armi si sono fermati nella regione di Adana il 19 gennaio 2014. Malgrado la smentita del governo, era chiaro che queste armi sarebbero state consegnate allo Stato Islamico. Secondo molti documenti venuti alla luce e in base alla copertura dei media, oltre a questi tre, ci sono stati molti altri camion di armi consegnate allo Stato Islamico, cosa confermata anche da video e foto fatte dai combattenti curdi dell’YPG (Unità di Difesa del Popolo)  e dell’YPJ (Unità di Difesa delle Donne). Inoltre il suolo turco era usato dai Sauditi per il trasporto di armi all’IS.

Il governo dell’AKP ha anche facilitato l’attraversamento del confine per i membri dello Stato islamico di recente reclutati, secondo un documento firmato dal ministro dell’Interno , Muammer Güler il 13 giugno 2014. E’ stato anche affermato dai media internazionali che il governo di Erdoğan  ha chiuso un occhio sulla “entrata per la jihad” attraverso il confine del pese con la Siria. Molti emendamenti ufficiali e domande nel Parlamento della Turchia proposti dai partiti di opposizione per avere una risposta ufficiale del governo riguardo alle facilitazioni per l’attraversamento del confine date ai jihadisti, sono rimaste senza risposta. Tra  molte di queste domande, il Membro del Parlamento del partito filo-curdo HDP, Ibrahim Ayhan, ha chiesto al ministro se il governo forniva rifugio ai membri dello Stato Islamico nel campo profughi di Akçakale.

Il gruppo dei combattenti  dello Stato Islamico, compresi i comandanti di alto rango, hanno ricevuto assistenza medica e sono stati curati negli ospedali delle città di confine della Turchia. Il giornalista turco Fehim Taştekin sostiene che il governo ha permesso l’acquisto e la vendita di petrolio proveniente dal territorio dello Stato Islamico. Inoltre, secondo altre fonti, alcuni dei membri della famiglia del presidente

Erdoğan, sono coinvolti nel commercio del petrolio dello Stato Islamico.

Nel trattare di questo, è fondamentale tenere a mente che un intervento militare internazionale non servirà a nulla se non al rafforzamento dello Stato Islamico e ad analoghi gruppi terroristi. Invece, appoggiare le forze di terra che combattono per la loro terra e per la loro libertà sarebbe del massimo rendimento.

Infine, essere di continuo solidali con l’esperienza unica  radical-democratica nel Rojava, al centro di una regione piena di violenza e di atrocità, è una responsabilità per tutto il globo e il modo migliore per andare avanti.

Yasin Sunca  è un attivista politico curdo e ricercatore indipendente. Seguitelo su Twitter @kurdeditir

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo”

 

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