Pino Pinelli, la voragine della memoria.

Il 12 Dicembre del 1969, alle ore 16:37, un ordigno esplose nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano, provocando la morte di 16 persone ed il ferimento di altre 88. Oggi sappiamo che quella strage fu opera di fascisti foraggiati e coperti da apparati istituzionali, una strage di Stato, come molti di noi scelgono consapevolmente di definirla, una strage per la quale i tribunali della Repubblica Italiana non puniranno nessuno, salvo affermare nel 2005 che gli esecutori materiali furono appartenenti agli ambienti padovani del gruppo neofascista Ordine Nuovo facente capo a Franco Freda e Giovanni Ventura. In quel lontano Dicembre del 1969 invece, nonostante nel biennio ’68-’69 avvengano 145 attentati  quasi tutti di stampo fascista, le indagini della polizia, i massmedia e di conseguenza l’opinione pubblica imboccarono immediatamente un’altra pista, quella di un attentato di matrice anarchica: più di 80 anarchici vennero arrestati ed interrogati nei giorni successivi alla strage, il ballerino Pietro Valpreda venne accusato di esserne l’autore materiale e resterà in carcere per più di tre anni, ovvero fino a quando non verrà definitivamente scagionato da tutte le accuse a suo carico , mentre il suo presunto complice Giuseppe “Pino” Pinelli, trattenuto illegalmente per tre giorni nei locali della questura di Milano, morirà il 16 Dicembre cadendo da una finestra al quarto piano della questura stessa. Si parlerà inizialmente di suicidio, Pino Pinelli sarebbe stato complice dello stragista Valpreda e, messo alle strette dagli inquirenti, si sarebbe gettato dalla finestra che egli stesso avrebbe chiesto di aprire per prendere un pò d’aria, poi il giudice Gerardo D’Ambrosio emetterà nel 1975 la sentenza ufficiale che parla di malore attivo, secondo la quale Pinelli, sentitosi male, sarebbe caduto da solo dal quarto piano. Una tesi unica nel suo genere, che non convince anche a fronte della sua dubbia dimostrabilità dal punto di vista medico-scientifico. Eppure queste sono le verità ufficiali, una strage impunita e un morto senza colpevoli. Col trascorrere degli anni si susseguiranno non solo i depistaggi sulla strage di Piazza Fontana e sulla morte di Pino Pinelli, ma anche le affabulazioni e i tentativi di negare il ricordo, nel bene e nel male, dei protagonisti di quelle terribili vicende. La voragine aperta dall’ordigno esploso quel 12 Dicembre alla Banca Nazionale dell’Agricoltura sembra essersi aperta anche nella memoria collettiva di un Paese poco propenso a conoscere il proprio passato e soprattutto a fare i conti con esso.

E allora, come ristabilirla, questa memoria, come parlare ad esempio di Pino Pinelli? Mi sembra riduttivo, addirittura ingiusto ricordarlo solo come la vittima di un potere assassino come in effetti fu. Pino Pinelli era molto di più, staffetta partigiana da adolescente nelle brigate anarchiche Bruzzi e Malatesta, studioso di esperanto, ferroviere e sindacalista dell’Unione Sindacale Italiana, fondatore prima del circolo “Sacco e Vanzetti” e in seguito del circolo di Ponte della Ghisolfa, attivo con la Croce Nera Anarchica nella solidarietà ai compagni detenuti, padre di famiglia fuori dagli schemi, un anarchico impegnato ma non dogmatico, aperto al dialogo e che avversava la violenza, un ateo apprezzato e rispettato anche dai cattolici obiettori di coscienza al servizio militare all’epoca obbligatorio. Probabilmente è con le parole di chi meglio lo ha conosciuto che si può ricostrire al meglio un suo ricordo, recuperando frammenti di memorie collettive che non devono andare perdute, alcune delle quali sono sistemate in alcuni video che ho rintracciato nella rete e che qui ripropongo:

Giuseppe Pinelli, documentario del 1970 di Nelo Risi prodotto dal Comitato cineasti italiani contro la repressione: “Attraverso una serie di interviste con Licia Pinelli, la compagna di Giuseppe, e con compagni ed amici dell’anarchico milanese morto nel corso delle indagini sulla strage di piazza Fontana, il “materiale di lavoro” realizzato collettivamente da un gruppo di autori cinematografici italiani si propone di ricostruire i momenti più significativi di quel drammatico 16 dicembre 1969 che vide la morte misteriosa di Giuseppe Pinelli, precipitato dal quarto piano della questura di Milano.
Insieme costruisce un ritratto umano e politico di un uomo coerente e fermo nelle proprie idee, vittima innocente del clima di tensione, di provocazione e di repressione di cui la strage di piazza Fontana è uno dei momenti centrali”

Giuseppe Pinelli l’anarchico:

Oltre a questi documenti ce ne sono molti altri in giro per il web (testimonianze, canzoni, poesie, controinchieste…), spesso composti dalle stesse persone che fin dal primo momento della tragica scomparsa del compagno Pinelli ebbero la determinazione e la lucidità di gridare pubblicamente che la strage di Piazza Fontana era di Stato, Valpreda innocente e che Pinelli era stato assassinato. Verità difficili da trasmettere in un Paese senza memoria, ad una generazione abituata ad un presente facile da consumare e altrettanto facile da scordare, troppo spesso incapace di interrogarsi a fondo su fatti importanti perchè, ammettiamolo, costa troppa fatica. Ma è una fatica che vale la pena di compiere, per tutte le vittime di tutte le stragi impunite e insabbiate, per Pino Pinelli e per tutti i compagni caduti sul cammino verso la libertà e l’uguaglianza, per chiudere ogni maledetta voragine aperta dalle bombe di un potere assassino e dai suoi volenterosi carnefici, perché chi controlla il passato controlla anche il futuro.

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