Copiare non significa rubare.

La recente vicenda dell’arresto dei creatori dei siti Megaupload e Megavideo mi offre la possibilitá di riflettere e scrivere due parole sulla cosiddetta pirateria informatica. Il caso dei creatori e proprietari di Megaupload e Megavideo, che rischiano ora di essere condannati secondo le leggi statunitensi a 50 anni di galera ciascuno, é legato al discorso del copyright, ma non bisogna dimenticare che i siti incriminati avevano scopo di lucro, mentre chi copia materiale protetto dal copyright e/o lo immette in rete per renderlo accessibile ad altri sta solo facendo un lavoro di condivisione. Copiare film, brani musicali, libri elettronici o quant’altro non significa infatti rubare, poiché chi copia non si appropria di un oggetto sottraendolo ad altri, ma lo moltiplica, rendendolo fruibile a piú persone. Sicuramente la condivisione libera e gratuita di qualcosa non piace a chi lucra su tutto, ma d’altra parte, per quanto la cosiddetta “pirateria informatica” sia illegale e nello specifico le creazioni intellettuali siano soggette a rigide norme di copyright, vi é un’altissimo e crescente numero di persone che violano tali leggi. Alle ragioni di queste persone non viene peró dato spazio negli articoli dei vari giornali online che ho avuto modo di leggere nei giorni scorsi, piuttosto viene ribadito che, secondo le accuse mosse a Megaupload, il sito avrebbe portato a perdite superiori ai 500 milioni di dollari a danno dei detentori dei diritti di autore. Perdite? Mancati guadagni, a dire il vero, ma del tutto potenziali: si dá infatti per scontato che chiunque abbia scaricato da Megaupload materiale protetto da copyright avrebbe potuto/dovuto spendere il proprio denaro per un biglietto del cinema o per l’acquisto di un cd o dvd o per un libro stampato su carta.

Un’altra cosa che spesso non viene detta riguardo l’accanita battaglia da parte degli Stati Uniti contro la pirateria informatica é che, con la scusa appunto della violazione di leggi sul copyright, gli USA stanno facendo pressioni affinché anche L’Unione Europea ratifichi l’ ACTA, un prolungamento degli accordi TRIPS sulla protezione della proprietá intellettuale ma anche sull’acquisizione di diritti di proprietá intellettuale (ad esempio su farmaci, organismi viventi e quant’altro). L’ACTA, definito come trattato anticontraffazione e giá ratificato da 22 dei 27 Paesi dell’ UE, non é altro che un modo per rafforzare potere e guadagni delle multinazionali che ingrassano con le leggi sulla proprietá intellettuale, colpendo duramente la libera condivisione senza scopo di lucro e limitando fortemente la libertá giá spesso minacciata sul web, ma anche demandando le querelle legali sul diritto d’autore all’arbitrio dei privati che si ritengono parte lesa senza nemmeno l’intermediazione di organi “imparziali” quali i tribunali, lasciando perfino stimare alla cosiddetta parte lesa l’ammontare dei danni subiti. Contro la ratifica dell’ACTA sono in atto diverse proteste da parte di singoli ed associazioni in diversi Paesi ed esiste una petizione online giá firmata da milioni di persone che chiede che l’accordo non venga ratificato in sede europea.