“Droni di guerra e droidi di Stato”.

Fonte: Umanità Nova, n. 23 anno 93 Giugno.

” Droni di guerra e droidi di stato

 

Guerra tecnologia

 

Droni di guerra e droidi di stato

Lo scorso 23 maggio, alla National defence university, il presidente Obama ha tenuto un lungo discorso in materia di sicurezza internazionale e “controterrorismo”, affrontando anche – per la prima volta, in modo ufficiale – il micidiale e sistematico impiego offensivo dei droni in Pakistan, Afghanistan, Yemen e Somalia. Negli Stati Uniti, infatti, l’utilizzo su larga scala di queste armi guidate a distanza sta sollevando crescenti interrogativi politici, obiezioni morali e proteste civili come quella svoltasi a Washington in contemporanea con l’intervento del presidente.
Sostanzialmente, Obama ha sostenuto che «non è vero che i droni hanno causato un numero enorme di vittime civili; si tratta invece di uno sforzo preciso, calcolato, contro coloro che sono nella lista dei terroristi effettivi, e che vogliono danneggiare gli Stati Uniti», quindi ha annunciato due cambiamenti tattici: modificare i parametri tecnici (aggiustare la mira, passando dai “signature strike” ai “personal strike”) al fine di evitare ulteriori uccisioni di innocenti; inoltre, completare il trasferimento del potere decisionale sulle esecuzioni mirate dalla Cia all’esercito e quindi al presidente stesso (attualmente in Pakistan sono infatti anche i servizi segreti a gestire tale procedura di morte).
Aldilà della propaganda svolta in prima persona da Obama, già paradossale nobel per la pace, i dati e le informazioni note sulla guerra dei droni incrementata e condotta con logica da serial killer durante i suoi due mandati presidenziali parlano da soli.
Iniziato nel 2001 in Afghanistan sotto l’amministrazione Bush, il ricorso ai robot volanti è cresciuto in modo esponenziale con Obama. Negli ultimi nove anni, solo in Pakistan gli Usa hanno portato a termine 366 attacchi con droni e tra questi ben 314 sono stati ordinati dallo stesso Obama; a seguito di questa “campagna”, peraltro del tutto fuorilegge sul piano della legalità internazionale e condannate dal governo di Islamabad, sono rimaste uccise non meno di tremila persone, dei quali solo per una quarantina sarebbe stata accertato un ruolo significativo come “capo” di Al Qaeda o dei gruppi talebani. Per il resto si tratta di civili “sospetti”, tra cui innumerevoli donne, bambini e persino soldati governativi, la cui morte è stata derubricata a spiacevole effetto collaterale (Internazionale, 20 giugno 2013).
Ulteriore conferma dell’ambiguità di Obama è la recente ri-nomina che lui ha deciso, all’inizio di quest’anno, di John Brennan a capo della Cia. Brennan infatti è il teorico dei raid assassini dei droni (da stesso definiti «etici, proporzionati e conformi agli sforzi degli Stati Uniti di risparmiare la vita di civili innocenti»); proprio grazie a lui questi sono divenuti centrali nella strategia anti-terrorismo statunitense (Panorama, 8 gennaio 2013).
Per fortuna, se il presidente Obama ha ormai messo a nudo l’essenza del suo presunto pacifismo, persino tra coloro che guidano, comodamente seduti ad una consolle, i droni killer qualche scrupolo umano si fa strada. Significativa la recente testimonianza di uno di loro, tale Brandon Bryant che, dopo aver ucciso a distanza 1626 persone, è stato dichiarato affetto da “post traumatic stress disorder” a seguito della sua sopravvenuta crisi individuale. Seppur tardivamente, dopo aver asetticamente seminato morte, ad un’importante emittente televisiva americana ha confessato: «Non senti il rombo dei motori e la scia del missile, hai davanti un computer, ma il risultato è lo stesso […] ma come si fa a riconoscere un talebano da un innocente che impugna un Ak-47, in un Paese dove circolare armati è la norma? O come si fa a distinguere un uomo con la vanga in mano da un potenziale fiancheggiatore pronto a piazzare uno Ied?» ( http://www.spiegel.de/international/world/pain-continues-after-war-for-a…).
Domande vane per quanti s’illudono ancora di poter fare la guerra senza assumersi la responsabilità del suo orrore.
In Italia, invece, l’attenzione pubblica per questo sistema d’arma continua ad essere minima, nonostante che i droni siano già ben dentro la politica militare nazionale.
Oltre ai droni Usa e Nato che operano dalla base di Sigonella mettendo in pericolo il traffico aereo civile (si veda Sicilia Libertaria, novembre 2012), le “nostre” forze armate da tempo hanno dotazione un certo numero di droni.
I primi acquisti di droni Predator da parte dell’Aeronautica militare italiana risalgono al 2004, dislocati nella base di Amendola e impiegati in Afghanistan, da Herat, dal 2007 (durante il governo Prodi) con formali compiti di ricognizione e intelligence; ma, secondo alcune indiscrezioni divulgate da fonti statunitensi, lo stato italiano avrebbe ordinato sei droni Reapers con relativi armamenti. Ma l’Italia è ben dentro anche al business connesso ai droni: «L’industria italiana è presente in modo sostanziale in questo settore grazie a Finmeccanica che, con le sue controllate Alenia Aermacchi e Selex, produce diversi modelli di Rpa […] A livello europeo Finmeccanica è impegnata assieme alle altre maggiori industrie europee del settore, a collaborare con la Commissione Ue, per il comune scopo di arrivare all’integrazione dei droni nello spazio aereo entro il 2016, quindi per lo sviluppo di questo mercato» (Il Sole-24 Ore, 4 marzo 2013).
In prevalenza si tratta di programmi destinati al controllo sociale: dalla vigilanza anti-clandestini delle frontiere (come avviene già in Usa per monitorare i confini con il Messico) all’ordine pubblico (così come avviene già in Francia e Gran Bretagna (in Germania, è previsto persino un loro impiego contro i writers), ma dalla polizia interna alla polizia internazionale, si sa, il passo è breve.
Intanto, per far accettare alle persone questa ulteriore e invasiva tappa della videosorveglianza, è stata avviata una sottile campagna volta a promuovere una presunta utilità sociale dei droni (emblematica la sponsorizzazione televisiva del programma “Quarto grado”, col pretesto della ricerca degli scomparsi), con l’evidente scopo di prepararne l’impiego repressivo contro le insorgenze popolari che mirano in alto.

Altra Info
(Altri articoli sui droni sono apparsi in precedenza su Umanità Nova del 13 novembre 2011 e 20 maggio 2012) “

Sulla Protezione Civile.

Fonte: Finimondo.

“Sfruttamento della protezione

«La Protezione Civile sei anche tu»

(slogan del Dipartimento di Protezione Civile)

 

Di solito arrivano dopo le catastrofi. Il loro compito è quello di vagliare la situazione, di circoscriverne gli effetti, di affrontarne le conseguenze. All’inizio, devono portare soccorso a chi è rimasto vittima degli eventi. Poi, devono ripristinare il ritorno alla normalità, al quotidiano andamento delle cose. Sono i membri della Protezione Civile, di cui in questi giorni si fa un gran parlare. Li lodano in molti, e si capisce il perché. Li criticano in pochi, quasi sempre per la qualità dei loro servizi, e ciò sembra già di cattivo gusto. Il loro operato nei momenti più drammatici, più o meno gratuito e non privo di rischi, nonché i sacrifici cui vanno incontro in simili contesti, non dovrebbero bastare per assicurar loro applausi unanimi e metterli al riparo da ogni sospetto o contestazione? Sì, finché questo loro operato viene guardato con gli occhi dell’emotività, capace di far commuovere e genuflettere di fronte al coraggio e all’abnegazione quali che siano le cause che avallano, gli scopi che perseguono, gli interessi che difendono.
Ma se mettiamo da parte il sentimentalismo non possiamo fare a meno di porci due semplici domande: proteggono da cosa? Servono chi?
Secondo uno dei più banali e diffusi luoghi comuni in circolazione, a fare parte della Protezione Civile ci sarebbero solo i volontari. Si tratta di oltre un milione di “comuni cittadini”, 350.000 dei quali al verificarsi di una tragedia sono pronti a precipitarsi sul posto per fornire il loro aiuto. La mente va subito agli «angeli del fango» arrivati a Firenze dopo l’alluvione del 1966, o ai volontari giunti in Friuli o in Irpinia dopo i terremoti del 1976 e del 1980. Vale a dire a una mobilitazione spontanea di donne e uomini confluiti nelle zone devastate per prestare soccorso. Niente di più falso.

Istituito nel 1992, il Dipartimento della Protezione Civile è un organismo statale posto dall’ottobre 2001 direttamente sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri e coinvolge tutti i livelli amministrativi, centrali e periferici — Stato, Regioni, Province, Comuni, enti pubblici nazionali e territoriali, tutte le organizzazioni pubbliche e private presenti sul territorio nazionale. Operativamente può disporre a proprio piacimento anche del Corpo dei Vigili del Fuoco, di tutte le Forze armate, delle forze di Polizia, del Corpo Forestale, dei servizi tecnici nazionali (Enel, Telecom, ANAS, Trenitalia, Rai), dei vari gruppi nazionali di ricerca scientifica (ISPRA, CNR, ENEA), della Croce Rossa Italiana, delle strutture del servizio sanitario nazionale, della Confraternita delle Misericordie, del Corpo nazionale di Soccorso Alpino. A differenza di molti altri paesi, dove la protezione civile è affidata a strutture pubbliche e ad istituzioni locali più o meno autonome che ricorrono a meccanismi collegiali e “orizzontali” di coordinamento basati su accordi prestabiliti, in Italia essa è in mano all’esecutivo dello Stato centrale e ne coinvolge l’intera organizzazione. Con la classica scusa di «meglio coordinare e distribuire», si può meglio controllare e accaparrare. Quanto ai volontari, devono possedere determinati requisiti, far parte di Associazioni o Gruppi comunali (le OOV, Organizzazioni per il Volontariato), iscritti in appositi albi e diffusi in tutto il territorio nazionale, ed aver seguito corsi specifici e standardizzati. Prima di essere chiamati, con il pretesto della necessità di un adeguato addestramento, vengono selezionati, inquadrati e irreggimentati.
Ciò significa che la Protezione Civile non è propriamente l’espressione più o meno organizzata della solidarietà umana (strana solidarietà, quella che indossa le uniformi di chi massacra in guerra, di chi reprime per le strade, di chi gestisce lager per clandestini), bensì la sua gerarchizzazione, programmazione e sfruttamento da parte delle autorità centrali. Non è il risultato di una nobile coscienza sociale, ne è lo scaltro filtro istituzionale. È lo Stato che decide chi, come, dove e perché intervenire. Secondo quale logica, è fin troppo facile intuirlo. Politicamente, ogni situazione di emergenza viene sfruttata dal governo in carica per fare quadrato attorno a sé, per mettere a tacere ogni polemica e quindi ogni dissenso, per ricreare quella «unità nazionale» che è una delle più spudorate menzogne su cui basa il suo potere, per ribadire il monopolio delle sue funzioni, per imporre decisioni ed opere altrimenti inaccettabili. Non a caso le competenze della Protezione Civile sono state estese negli ultimi anni anche ai cosiddetti «grandi eventi», decisione che ha richiesto l’epurazione di chi riteneva che il sostegno alle vittime di tragedie non andasse confuso con il sostegno ad appuntamenti di propaganda — uno dei prossimi eventi di cui dovrà occuparsi, ad esempio, è l’Expo 2015, con tutto ciò che attiene al controllo del territorio.

Economicamente, gli investimenti stanziati in queste circostanze rappresentano una miniera d’oro inesauribile da cui attingere con arbitrio assoluto, al di fuori di ogni verifica e controllo (secondo alcune stime, dal 2001 ad oggi la Protezione Civile avrebbe manovrato oltre 10 miliardi di euro). Il risultato di tutto ciò è che, per «cause di forza maggiore», chi gestisce i fondi per l’emergenza può agire in deroga a qualsiasi normativa in materia, così come emettere ordinanze straordinarie dall’applicazione immediata. Beate siano le emergenze, poiché danno mano libera su tutti i fronti.

Per altro, non è nemmeno vero che lo scopo della Protezione Civile sia solo quello di intervenire per portare soccorso in caso di disastri e calamità, giacché fra le sue funzioni dichiarate vi è anche quella di prevedere e prevenire simili eventi. Si tratta di una pretesa a dir poco esilarante. Se il pianeta è in perenne balìa di fenomeni naturali, le loro drammatiche conseguenze sono quasi sempre catastrofi sociali. Gli stessi esperti in materia sono costretti ad ammettere che l’emergenza è data da «un evento determinato da un agente fisico che produce un impatto distruttivo sul territorio in cui si manifesta, l’entità del quale dipende sia dalle caratteristiche fisiche e fenomenologiche dell’evento stesso, sia dalla struttura socio-politica preesistente nel territorio di riferimento». Se la terra che trema fa crollare molti edifici costruiti con sabbia di mare, se il fiume che esonda dal suo letto cementato sommerge interi paesi, se il treno che trasporta gas infiammabile esplode e distrugge un quartiere, tutto ciò non avviene affatto per motivi naturali. Non siamo di fronte ad eventi frutto di un imperscrutabile caso, ma alle conseguenze di precise scelte. È il risultato di un modo di vita, di un sistema sociale in cui ogni preoccupazione viene assoggettata agli imperativi della politica e dell’economia. Prima vengono il potere e il denaro, poi la vita umana. Prima viene lo Stato, poi l’individuo.
C’è da chiedersi come possa la Protezione Civile, ovvero un organo dello Stato, prevenire i progetti catastrofici del suo stesso datore di lavoro. Prendiamo l’esempio delle centrali nucleari che il governo si accinge a costruire. Prevedere che prima o poi si verificherà un incidente non è difficile, visti i numerosi precedenti. Errare è umano e le macchine non sono esenti da guasti e avarie. Prevenire un incidente è perciò impossibile, una volta che le centrali saranno costruite. Ci sarebbe un solo modo per impedire una nuova Chernobyl: rinunciare al nucleare. Ma ciò andrebbe contro le decisioni già prese dal governo, da cui dipende la Protezione Civile. Quindi?

Quindi la Protezione Civile non prevede e previene un bel nulla, si limita a correre ai ripari a cose fatte. Può solo «gestire l’emergenza» allorquando questa si manifesta. Non potendo evitare i disastri che produce, allo Stato non resta che amministrarli, cercando di trarne il maggior beneficio possibile. Lenire le sofferenze, controllare il disagio, affinché il dolore non si trasformi in rabbia. Ripristinare il più in fretta possibile la normalità interrotta, per garantire la pace sociale. Impossessarsi del territorio, per neutralizzare ogni voce fuori dal coro. Da qui l’enfasi sulla «presenza dei volontari», sulle «forme di gestione associata», sulle modalità di «interventi integrati». Trovate verbali che vorrebbero renderci tutti partecipi alle responsabilità dei soliti pochi, riducendo in questo modo la distanza che divide vittime e carnefici. Le uniche calamità che la Protezione Civile deve prevenire sono le proteste e le critiche all’operato suo e del governo, soprattutto nel corso dell’opera di controllo e gestione di un territorio sotto la loro tutela. In questi giorni in Abruzzo si fa sempre più evidente la natura poliziesca della Protezione Civile, al cui interno c’è chi si candida come alternativa alle ronde in via di costituzione.

Il riconoscimento della dedizione e della buona fede di molti volontari non può diventare una museruola. Ogni ricatto che esiga un tacito consenso in virtù dell’altrui sacrificio va respinto. Bisogna avere la forza di dichiararlo apertamente. Nel migliore dei casi la Protezione Civile è paragonabile al domestico che va a ripulire dove il padrone ha sporcato. Spesso con convinzione, talvolta con riluttanza, ma sempre con fedele obbedienza. Nel peggiore, ne è lo sgherro complice delle stesse nefandezze. Dietro la retorica umanitaria di cui si ammanta e si fa bandiera, è questa la realtà del Dipartimento della Protezione Civile. Finché i volontari accetteranno di marciare e marcire assieme ai soldati, agli sbirri e agli aguzzini oggi al loro fianco; finché la loro generosità verrà messa al servizio dell’ipocrisia e dell’inganno istituzionale; finché la solidarietà sarà considerata un affare di Stato.

 

PROTEZIONE CIVILE: qualche indirizzo – tralasciando i numerosi CE.S.VOL e CSV (Centri Servizi per il Volontariato), facilmente rintracciabili in ogni regione e gli altri organismi citati sopra.

DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE – Ufficio volontariato, relazioni internazionali ed istituzionali
Via Vitorchiano, 4 – 00189 ROMA (tel.: centr. 06/6820.1; diretto 06/6820.2290-2588)

VALLE D’AOSTA
– Loc. Aeroporto 7/A, St. Christophe (AO) – tel. 0165 238222 – Fax 0165 40935
PIEMONTE
– C.so Marche 79, Torino – Tel. 011.432.6600 – Fax 011.740001
LOMBARDIA
– DIRETTORE GENERALE: Marco Cesca – tel. 02 67654557
– CSI S.p.a. Certificazioni e ricerche
Viale Lombardia, 20 – 20021 Bollate (MI) – tel. 02.38330268 fax. 02.38330288
– I.Re.F. (Scuola Superiore di Protezione Civile) Via Copernico 38, Milano – Tel. 02 67507444-414
– Edizioni nazionali srl (Mensile di informazione e studi per componenti del Servizio Nazionale della P.C.)
Viale Faenza 26/5, Milano – Tel. 02 8135018 – 8136669 – Fax 02 8134925
– U.N.I. (Ente Nazionale di Unificazione) – Via Battistotti Sassi 11/b, Milano – Tel. 02.70024200
LIGURIA
– Volontari Protezione Civile Genova – Salita Superiore Forte S.ta Tecla 26, Genova – Tel. 010 511499 GSM Presidente: 329.9446213
– RINA (Registro Italiano Navale) – Via Corsica 12, Genova – Tel. 010.53851 Fax 01.5351000
VENETO
– Centro Regionale di Protezione Civile – Longarone (BL) – Tel. 0437.770559
TRENTINO ALTO ADIGE
– Ass. Prov.le Croce Bianca Via Lorenz-Boehler 3, Bolzano – Tel. 0471 444314 Fax 0471 444371
FRIULI VENEZIA GIULIA
– Protezione Civile Regione Autonoma FVG – Via Natisone 43, Palmanova (UD)
EMILIA ROMAGNA
– Associazione Nazionale Alpini Gruppo Casalecchio / Sasso Marconi
Via Savador Allende 11, Casalecchio di Reno (BO) – Tel. Fax 051 570102
– Consulta Provinciale del Volontariato per la Protezione Civile (31 associazioni)
Sede legale : Viale Jacopo Barozzi 318, Modena
Sede operativa: Strada Pomposiana 325, Loc. Marzaglia Nuova, MO – Tel. 059 200230-200231
– Protezione Civile Regione Emilia-Romagna Viale Silvani 6, Bologna – Tel. 051/5274404
– A.S.Vo. – Associazione per lo Sviluppo del Volontariato – VOLABO – Via Scipione dal Ferro 4 – c/o Villaggio del Fanciullo, Bologna – Tel. 051 340328
TOSCANA
– Centro Intercomunale Colli Fiorentini – Via Sant’Antonio, 17 – Scandicci (FI) – Tel. 055 2509090 Fax 055 2593207
– Cespro (Centro Studi Protezione Civile) – Via Morgagni 48, Firenze – Tel/Fax 055412862
– Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia
– Stogea – Scuola di Organizzazione e Gestione Aziendale – Viale S.Concordio 135, Lucca (Via Bigari, 3 – Bologna)
MARCHE
– Direttore Centro Funzionale Ferretti Maurizio tel. 071.8064307-7707 – Strada Cameranense 60029 Varano (AN)
UMBRIA
– Direzione Regionale Ambiente, Territorio e Infrastrutture – Direttore: Ing. Luciano Tortoioli – Piazza Partigiani 1, Perugia – Tel. 0755042634 Fax 0755042732
ABRUZZO
– Direttore LL.PP. e Protezione Civile ing. Pierluigi Caputi – Recapiti telefonici: Vincenzo Antenucci 0862 363300 Altero Leone 0862-363279 Ernesto Perinetti 0862-363306 Antonella De Felice 0862-363289 Sabatino Belmaggio 0862-363304 Fiorella De Nicola 0862-363286 Emilio Domingo Iannarelli 363276
LAZIO
– Edizioni Nazionali srl c/o ISPRO (Istituto Studi e Ricerche sulla Protezione civile) – Via Cicerone 60, Roma – Tel. 02 8135018
– SPES Associazione Promozione e Solidarietà – Via dei Mille 6, Roma – Tel. 06.44702178 Fax 06.45422576
– Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro – Via Urbana 167, Roma – tel. 06.442801 fax. 06.4820323
– UNITER s.r.l. Organismo di Normazione e Certificazione di Sistemi Qualità Aziendali Commercio e Servizi – P.zza G. G. Bellini 2, Roma – Tel. 06 5895144 – 06 5895418 Fax 06 5866309
CAMPANIA
– Opere pubbliche Coordinatore Italo Giulivo – via De Gasperi 28, Napoli – Tel. 081 7963088 Fax 7963234
– Servizio Volont. Giovanile Resp. Domenico De Lucia, Caserta Tel. 0823.322518
CALABRIA
– Madonna del Rosario onlus – Piazza Gioacchino da Fiore 3, Mendicino (CS) – Tel. 0984 630679
– Sala Operativa Regionale – Viale Europa 35, Loc. Germaneto (CZ) – Tel. 0961 7673 Fax 0961 7673310-1
PUGLIA
– Laboratori urbani (progetto Bollenti Spiriti) dislocati in tutta la regione – EC Volontari d’Italia, Bari
– Protezione Civile Via Nicola Brandi 16 (rione Casale), Brindisi – N. Verde 800.95.95.94 – Fax 0831.565760
SICILIA
– Nucleo Operativo Regionale Via A. Gramsci 310, Riposto (CT) Tel. 095 7795445 Fax 095 779 7878 SARDEGNA
– Uffici P.C. presso l’Autoparco Comunale Via Mercalli 31, Cagliari – fax 070 677 6960

NUMEROSE SONO POI LE AZIENDE CHE COLLABORANO A VARIO TITOLO CON LA PROTEZIONE CIVILE: BASTA MUNIRSI DI PAZIENZA E ANDARE A VEDERE SUL SITO http://www.laprotezionecivile.com/indice.php?p=28

 

[Da “Machete” n. 4, luglio 2009] ”