(Ancora) sull’astensionismo elettorale: botta e risposta.

Ho deciso di elencare alcune delle obiezioni che vengono rivolte più spesso nei confronti di chi afferma di non voler votare, corredate da quelle che sarebbero le mie risposte se tali obiezioni venissero rivolte a me personalmente- cosa che a volte è avvenuta…

-“Se non voti lasci che altri decidano chi ti deve governare”. Se invece andassi a votare eleggerei persone che in gran parte non rispettano il programma elettorale proposto agli/lle elettori/trici e che comunque non mi consultano prima di prendere decisioni, o meglio prima di ratificare decisioni prese altrove, insomma deciderei proprio che siano gli altri a governarmi senza nemmeno sapere fino in fondo chi sono questi “altri”. Inoltre se votassi non è detto che i delegati da me votati (nel caso vengano eletti!) riuscirebbero a far parte di un governo o perlomeno a influenzare le decisioni prese dal governo del quale non fanno parte. Se poi dovessero veramente formare un governo mostrerebbero il loro vero volto di burocrati aserviti alle esigenze del sistema economico. La democrazia rappresentativa è in teoria, tra le altre cose, una dittatura della maggioranza- nei fatti rappresenta solo un paravento per l’oligarchia che in realtà ci domina e decide per noi.

“Non votare non serve a cambiare le cose, col voto si può almeno provare”. Quante volte abbiamo/avete provato a cambiare le cose col voto? A cosa è servito? Solo a legittimare il potere delle istituzioni e le loro scelte che vanno in direzione opposta ai nostri interessi! Per cambiare qualcosa si deve agire in prima persona, non delegare ad altri il cambiamento. È chiaro che astenersi dal votare senza fare altro non serve, si deve andare oltre agendo in prima persona, proponendo in concreto alternative al sistema vigente e fornendo risposte pratiche alle nostre esigenze, cosa che i politicanti rinchiusi nei palazzi del potere mai hanno fatto né mai faranno.

“I nostri avi/ i partigiani sono morti perchè noi potessimo vivere in un sistema democratico. Votare significa anche onorare il loro sacrificio”. I nostri avi sono morti in tanti modi e per tanti motivi diversi. Molti sono morti sul lavoro, oppure di miseria e stenti o si sono suicidati perchè non avevano speranza nel futuro, altri sono stati uccisi dalla repressione e dalle galere, molti sono morti in guerre volute dai vari governanti degli Stati nei quali vivevano. Usare genericamente i morti per propagandare la scelta del voto mi sembra una cosa miserabile. In quanto ai partigiani, anch’essi erano tra loro diversi ed hanno combattuto per la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazifascista portando avanti istanze diverse. C’erano repubblicani e monarchici, liberali e democristiani che volevano una (pseudo)democrazia in stile occidentale forzatamente condizionata dagli interessi statunitensi e comunisti che spesso si battevano per un regime su modello di quello sovietico, ma anche opportunisti che non disdegnavano un modello di governo autoritario solo in parte diverso dal fascismo che non avrebbe avuto bisogno nei fatti di conferme elettorali da parte del popolo e che si erano rivoltati contro il fascismo di Mussolini solo quando la guerra aveva preso una brutta piega. I partigiani che rappresentarono valori ai quali io mi sento vicino sono quelli che combatterono contro il nazifascismo ma che non accettarono l’occupazione americana, che sognavano una società libera senza sfruttati né sfruttatori e che non avevano certo rischiato o addirittura perduto le loro vite per una qualsiasi democrazia rappresentativa puramente simbolica con tutte le sue ipocrite costituzioni, istituzioni e autorità.

– “Il voto è servito a ottenere diritti civili e conquiste progressiste… Il diritto di voto stesso è una conquista civile!”. Le conquiste di diritti, per quanto parziali e pur sempre revocabili (revocabili da chi? Ma da governi “democraticamente” eletti!), sono state ottenute con lotte dure nei posti di lavoro, nelle scuole, per le strade, nella cosiddetta società insomma. Il parlamento le ha tutt’al più trasformate in leggi, smorzandone le reali potenzialità emancipatorie. Attraverso il processo di istituzionalizzazione delle rivendicazioni emancipatorie, queste perdono la loro carica rivoluzionaria e vengono integrate in un ambito comodo al sistema, ambito che contempla ovviamente anche il tanto decantato diritto di voto che serve in fondo solo a legittimare i governi nelle loro scelte nefaste ed antipopolari e può far esclamare ai governanti “se sto qui è perchè la maggioranza degli/lle elettori/trici mi ha votato!”.

– “La peggiore delle democrazie è pur sempre meglio della migliore delle dittature”. A ben guardare l’unica differenza è che almeno in una dittatura i sudditi hanno ben chiara la natura del sistema nel quale vivono e non vengono presi in giro dicendogli che godono della libertà di scelta e che il potere è nelle loro mani. Oltretutto non è raro che i confini tra dittature e governi cosiddetti democratici siano piuttosto sfumati e si basino su dettagli di forma. La scelta del meno peggio porta sempre al peggio e ci porta pure ad accettarlo, “non si sa mai, potrebbe andare peggio!”…che tristezza!

– “Se non vai a votare alcuni candidati verranno eletti lo stesso e un governo verrà formato, con o senza il tuo consenso. In più le schede nulle o bianche vengono conteggiate come premio di maggioranza per la coalizione vincitrice, in pratica se non voti regolarmente fai un favore al partito/coalizione che prende più voti”. Questa affermazione mostra implicitamente che il mio voto in pratica non vale una sega. Va da sè che governi vengono comunque formati senza il mio consenso. Per quanto riguarda l’annoso problema del “come astenersi”, devo ammettere di non sapere esattamente quale sia il più efficace. Esistono diatribe infinite sul web tra chi sostiene la tesi dei voti nulli distribuiti come premio di maggioranza e chi dice che ciò non sia vero, c’é chi cita leggi e chi con leggi controbatte, mentre c’é chi informa su come rendere ufficiale la propria astensione rifiutando la scheda presso il seggio- anche qui discussioni infinite sull’efficacia e sulla fattibilità di questo metodo. Personalmente, da quando ho deciso di non votare, non ho proprio messo piede in un seggio elettorale, ma a questo giro m’hanno spedito direttamente a casa il kit del “perfetto cittadino che fa il suo dirittodovere” con annessi certificato elettorale, schede e busta preaffrancata per rispedire il tutto, visto che secondo la legge sarei un cittadino italiano residente all’estero. Non ho ancora deciso se smaltire il tutto nel bidone della spazzatura previo stracciamento o se rispedire al mittente la scheda dopo averci scritto sopra qualcosa di più significativo di tutte le obiezioni all’astensionismo che ho sentito finora. Una frase breve ma molto significativa ce l’ho già in mente: “I MIEI SOGNI NON ENTRERANNO MAI IN UN’ URNA ELETTORALE”.

“Non generalizziamo!!!”: giornate di riflessioni e pratiche su individualità, sessualità e ruoli di genere.

(Per leggere il programma in caratteri più grandi clicca qui).

Anti-Flag, “The General Strike”.

Band: Anti-Flag
Album: The General Strike
Year: 2012

Tracklist:

1. Controlled Opposition = 0:00
2. The Neoliberal Anthem = 0:21
3. 1915 = 3:39
4. This is the New Sound = 6:31
5. Bullshit Opportunist = 9:17
6. The Ranks of the Masses Rising =11:52
7. Turn a Blind Eye = 14:21
8. Broken Bones =15:40
9. I Don´t Wanna =18:44
10. Nothing Recedes Like Progress = 21:10
11.Resist = 23:28
12. The Ghost of Alexandria = 24:29

Innanzitutto grazie all’utente che ha postato su YT quest’album. Chi volesse leggere/scaricare i testi, cosa che consiglio vivamente, li può trovare su questa pagina web. La mia opinione su quest’album può essere condensata in 10 lettere: entusiasmo assoluto per la musica, ancor più per i testi. Per quanto riguarda la solita vecchia polemica sul fatto che una band che si dichiara anarchica o comunque “contro il sistema” non dovrebbe mai firmare un contratto con una major discografica, non ho un’opinione netta o definitiva sulla questione, anche se tendenzialmente sono disposto ad accettare la spiegazione fornita da Justin Sane, chitarrista e voce della band, in un’intervista del 2006 al quotidiano inglese The Guardian:

“We’ve been approached by the major labels over the past seven or eight years but we thought we were having an impact where we were. They were never willing to give us complete control. This time they were willing to give us complete control over what we record, the artwork, who we tour with. We won’t be censored. If there was ever a time to take a chance to be heard on a mass scale then this is the time. I feel like we’ve been a voice in the wilderness for too long.”
Che poi, il loro rapporto con una major (RCA Records) è durato solo un paio d’anni e i soldi guadagnati dall’impennata di vendite dei due album pubblicati con tale etichetta sono serviti agli Anti-Flag per fondare un’associazione no-profit (Military Free Zone) contro la propaganda militarista nelle scuole statunitensi tesa al reclutamento nell’esercito degli studenti.