Un parco, sfumature e prospettive.

No, non ho deciso di scrivere un pezzo sulla pittura impressionista, come si potrebbe pensare leggendo il titolo qui sopra. Sto pensando a ciò che accade in Turchia da cinque giorni a questa parte: è scoppiata una rivolta estesa e pertecipata nata dall’esigenza di difendere il parco di Gezi a Istanbul, minacciato di distruzione per far posto ad un centro commerciale e ad una moschea. La polizia è “diventata” violenta e i manifestanti non sono rimasti a guardare, cosicchè al quinto giorno di proteste si contano tre morti e 2500 feriti (dato fornito dall’associazione dei medici turchi) tra i manifestanti, mentre il governo, per bocca del vicepresidente Bulent Arinc, lamenta il ferimento di 244 poliziotti a fronte di “soli” 64 manifestanti feriti. Potrebbe stupire il fatto che decine di migliaia di persone siano scese in piazza pronte a tutto per difendere un parco, ma ho come la netta impressione, leggendo alcuni approfondimenti sulla vicenda, che il tentativo di imporre  questa ennesima decisione contro l’interesse di gran parte della popolazione abbia rappresentato la classica goccia che fa traboccare il vaso: la speculazione edilizia, la marginalità, la precarietà, lo sfruttamento e la risposta violenta delle autoritá per nulla inclini al dialogo sono gli elementi principali che hanno creato l’esplosione alla quale ora assistiamo. Il fatto che il governo turco continui a minimizzare la violenza delle forze dell’ordine tentando allo stesso tempo di dividere i manifestanti in moderati ambientalisti ed estremisti violenti e destabilizzatori ( da rintracciare soprattutto, sempre a detta del vicepremier, nei partiti d’opposizione) non è nulla di nuovo. A me fa ridere (amaramente) il fatto che i telegiornali tedeschi parlino di abusi di polizia e sostengano che i manifestanti siano dalla parte della democrazia, quando ch vive in Germania dovrebbe sapere benissimo che le forze dell’ordine il 30 Settembre 2010 a Stoccarda, per sgomberare un parco difeso pacificamente anche da studenti minorenni e pensionati ha fatto ricorso a manganellate, spray al pepe ed idranti (questi ultimi anche contro persone arrampicate a diversi metri d’altezza sugli alberi, il che significa potenzialmente un tentato omicidio) provocando più di trecento feriti, uno dei quali ha perso la vista. Chi difendeva quel parco a Stoccarda lo faceva contro il progetto ferroviario “Stuttgart 21”, messo fortemente in discussione da numerosi cittadini per motivi ambientali, paesaggistici ed economici, ma anche perchè si trattava di un progetto deciso dall’alto a vantaggio degli interessi economici di alcune grosse imprese ed istituzioni senza consultare la cittadinanza. Da che parte stava in quel caso la democrazia? Non erano evidenti gli abusi di potere (che, non mi stancherò mai di ripeterlo, è già di per sè un abuso) e l’uso indiscriminato della violenza da parte degli apparati statali? I bei discorsi valgono solo se certi episodi accadono lontani da casa nostra e i “cattivi” sono i governi degli “altri”? Allo stesso modo mi chiedo cosa ne pensi il ministro degli Affari Esteri Emma Bonino, che giudica eccessiva l’azione delle forze dell’ordine in Turchia, della strategia usata dalle forze dell’ordine in Italia contro gli/le attivisti/e che da anni lottano per difendere le loro terra dal mostruoso progetto del TAV. Magari sarebbe opportuno rinfrescare la memoria a ministri e giornalisti, in Italia, Germania e ovunque, su cosa sia la violenza di Stato a prescindere dal Paese nel quale viene esercitata e su come la risposta popolare possa essere tenace e, perchè no, vittoriosa.

Can’t hack it.

Le notizie pubblicate ieri da diversi giornali riguardo l’operazione repressiva scattata in tutta Italia contro membri del movimento di hacktivisti Anonymous, che ha portato all’arresto di 4 persone e ad una decina di perquisizioni in diverse città (altri 6 sarebbero gli indagati a piede libero), non mi convince. Tutti gli articoli online che ho letto finora parlano infatti degli arrestati come di persone che avrebbero scatenato attacchi informatici contro siti istituzionali e di aziende non con motivazioni politiche, come invece è sempre stato chiaro nel caso di azioni firmate Anonymous Italia, ma per interessi personali: questi hackers avrebbero infatti, stando alle news dei massmedia, offerto consulenze a pagamento alle aziende ed alle istituzioni colpite per risolvere i disturbi da essi stessi causati. Vero? Possiblie? Nel dubbio, formulo quelle che mi sembrano le due ipotesi attualmente più plausibili. La prima è che alcuni hackers abbiano veramente, dopo aver compiuto attacchi agli obiettivi in questione, tentato di ricavare profitto personale proponendosi come soluzione ai problemi da loro provocati: un atteggiamento perlomeno ambiguo, se non del tutto da biasimare. La seconda ipotesi è che non basti agli inquirenti una semplice operazione repressiva contro quella che è a tutti gli effetti un’organizzazione informale e virtuale come Anonymous. Sapendo di non poter smantellare facilmente una struttura così evanescente, gli inquisitori passano ai massmedia asserviti informazioni false (i quattro arrestati diventano nelle parole dei quotidiani “il vertice italiano di Anonymous Italia”) per incutere timore e suggerire l’onnipotenza del sistema repressivo che avrebbe dato scacco matto all’ “organizzazione”, mentre al tempo stesso diffamano gli hacktivisti insinuando che essi non siano mossi da propositi politici bensì da interessi personali (il nome dell’organizzazione viene definito “marchio”, come se servisse a vendere un prodotto in qualche negozio, tanto per rafforzare il concetto di qualcosa legato al profitto e non a un ideale). Personalmente questa seconda ipotesi mi pare la più probabile, anche visti i tanti -troppi- precedenti. Intanto sul sito ufficiale di Anonymous Italia è gia apparsa una breve ma decisa dichiarazione sull’operazione repressiva. Come a dire, rivolti a chi vorrebbe mettere a tacere qualsiasi opposizione al sistema dominante: can’t hack it!

R/esiste.

Articolo tratto da Umanità Nova online:

” R/esiste

Grecia

Se si dovessero usare due parole per descrivere gli ultimi 15 giorni in Grecia, per gli anarchici una della due sarebbe “repressione”.
Lo stato greco, barcollante e sul punto di cedere su tutti i fronti ad ogni richiesta della troika e dell’estrema destra, pur di riuscire a mantenere lo status quo, ha dato il via ad un nuovo giro di repressione contro tutti gli esempi di resistenza attiva contro la la realtà che le classi dirigenti stanno cercando di imporre.
Repressione, contro i compagni arrestati per aver partecipato al gruppo rivoluzionario “Epanastatikos Agonas” (Lotta Rivoluzionaria) i quali sono stati condannati a pene illogiche: 86 anni a Nikos Maziotis e Pola Roupa, 87 anni a Costas Gournas.
Repressione, per i media alternativi del movimento; dopo le pressioni dell’estrema destra e del ministro della pubblica sicurezza, con un ordine giudiziario sono stati bloccati athens.indymedia.org, radio 98 fm, radio entasi.
Repressione, per gli immigrati °clandestini° imprigionati nel campo di concentramento di Corinto, i quali, dopo essersi ribellati alle continue angherie alle quali erano sottoposti dai guardiani-aguzzini ed aver deciso di iniziare lo sciopero della fame, hanno subito l’attacco delle “forze dell’ordine” con lacrimogeni, getti d’acqua e persino fucilate.
Repressione, contro gli abitanti di Ierissos, in Chalkidiki, dove interi paesi si battono contro la distruzione della foresta per la creazione di una gigantesca miniera d’oro; dove la notte tra il 9 e il 10 Aprile, due abitanti sono stati rapiti dalle loro abitazioni da agenti dell’antiterrorismo per essere arrestati per presunta partecipazione all’attacco contro i container della ELDORADO GOLD e la loro distruzione.
Ma l’altra parola, sicuramente sarebbe “resistenza”.
Resistenza, con la solidarietà ai compagni in carcere oppure in clandestinità.
Resistenza, con la solidarietà ai media bloccati e con tanta voglia di far sentire di nuovo la voce del movimento, di non lasciar vincere quelli che cercano di soffocare la verità. Perché la lotta deve essere multiforme.
Resistenza, per i detenuti al lager di Corinto, i quali continuano a domandare quello che è ovvio: essere trattati da esseri umani.
Resistenza, per gli abitanti di Ierissos arrestati, e non solo dagli anarchici, né solo verbale ma con i fatti: la notte stessa del loro arresto, i loro compaesani hanno dato fuoco alla stazione di polizia di Ierissos (precedentemente evacuata dai poliziotti per ovvio timore di rappresaglie da parte degli abitanti, tanto che per la furia di scappare i poliziotti hanno lasciato dietro pure delle armi…), ed il giorno seguente si sono recati in massa davanti alla centrale di polizia di Poligyros, dove erano provvisoriamente detenuti i due, per manifestare. E Sabato 13 Aprile, due grandi manifestazioni, una ad Atene (foto qui: http://www.social-revolution.gr/2013/04/13-2013.html) ed una a Salonicco, in solidarietà alla lotta contro le miniere.
Perché in questo momento, bisogna combattere tutti assieme, su tutti i fronti contemporaneamente, con ogni mezzo disponibile.

Giorgos,
Gruppo Comunisti Libertari, Atene

Sull’attuale lotta per la difesa degli spazi occupati in Grecia.

villa

Villa Amalias, con i suoi 23 anni di storia il più longevo spazio occupato e autogestito di Atene, è finito recentemente nel mirino della repressione governativa per mano della quale ha subìto uno sgombero il 20 Dicembre del 2012. La scusa per scatenare la repressione nei confronti di una realtà anticapitalista, antiautoritaria e autogestita nel cuore di Atene è stata una retata antidroga, durante la quale la polizia sperava inoltre di trovare un vero e proprio arsenale di armi. Nonostante la delusione degli sbirri dopo la perquisizione dei locali, che ha fruttato solo il ritrovo di bottiglie di birra vuote e poco combustibile usato per il riscaldamento, il tutto prontamente trasformato dagli avvoltoi della stampa asservita in materiale per fabbricare molotov, sono stati arrestati otto occupanti presenti durante l’azione di sgombero (rilasciati poi cinque giorni dopo). La reazione dei/lle solidali non si è fatta attendere: numerose manifestazioni hanno avuto luogo nei giorni successivi in tutta la Grecia, inoltre ci sono state azioni dimostrative di solidarietà anche all’estero. Come se non bastasse l’azione repressiva del governo, il 22 Dicembre i neonazisti di Alba Dorata danno fuoco al centro sociale Xanadu nella cittá di Xanthi provocando ingenti danni materiali e mettendo in pericolo la vita degli/lle occupanti- il centro sociale viene attualmente ristrutturato. A seguito di una telefonata anonima che denuncia il commercio di “articoli illegali”, il 28 Dicembre le cosiddette forze dell’ordine operano arresti in un mercato di fronte alla facoltá di economia dell’ Universitá di Atene, occupano la facoltà e irrompono in alcuni locali autogestiti al suo interno, sequestrando tra l’altro il locale della radio anarchica „radio98fm“ che trasmetteva da lì da circa 10 anni.

Di fronte a queste aggressioni il movimento anarchico e chi con esso solidarizza non restano a guardare. Si susseguono le manifestazioni e le azioni dirette, tra cui il danneggiamento di alcune sedi dei partiti di governo PASOK e Nea Dimokratia e l’incendio di un tribunale ad Atene, fino ad arrivare alla rioccupazione di Villa Amalias la mattina del 9 Gennaio da parte di un centinaio di persone. La polizia reagisce con l’uso di lacrimogeni e l’arresto di 92 persone, mentre alcuni solidali nelle stesse ore occupano la sede centrale del partito di governo Dimar, subendo di conseguenza denunce e fermi. Nello stesso giorno viene sgomberato dalla polizia anche il centro sociale Skaramangá, attivo dal 2009, e sette persone presenti al suo interno vengono arrestate. Ancora una volta le azioni di solidarietà non si fanno attendere e, oltre ai cortei (il più numeroso dei quali, forte di 10mila partecipanti, si è svolto nella capitale greca il 12 Gennaio) ed agli attacchi simbolici contro i simboli del potere, si risponde con nuove occupazioni di sedi radio a Xanthi, Salonicco e Atene e con l’occupazione della facoltà di Economia ad Atene e di una sede del partito governativo Nea Dimokratia a Candia. E la lotta continua…

Uno dei comunicati tra i tanti diffusi a seguito dello sgombero di Villa Amalias e degli eventi successivi contiene a mio parere un’analisi semplice e al tempo stesso chiara sull’azione dello Stato, sulla sua vera natura. Parole pienamente condivisibili scritte da persone che di fronte alle manovre repressive degli apparati di potere non hanno la minima intenzione di arrendersi, compagni e compagne ai/lle quali va tutta la mia più sincera solidarietà.

“Atene: nuovo comunicato da Villa Amalias”, su Informa-Azione.

Nuova minaccia alla libertà di stampa.

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In Italia si fa gran parlare di libertà di stampa solo quando il direttore responsabile di un grosso giornale finisce nei guai con la legge per aver pubblicato sulla propria testata un articolo falso oltre che diffamatorio nei confronti di diversi individui. Quando però la libertà di pubblicare articoli informativi che parlino di persone note e di argomenti delicati e controversi vorrebbe essere negata distorcendo il significato della parola “diffamazione”, l’ondata di sdegno non raggiunge i livelli dovuti. Eppure la nuova minaccia alla libertà di stampa, un disegno di legge che viene discusso in questi giorni al Senato, dovrebbe interessarci tutti/e: è la nostra libertà, quella di informarci e di informare, quella di discutere e confrontarci che viene minacciata. L’indifferenza di fronte a ciò è compilcità con i censori, è un suicidio dei nostri diritti fondamentali. Informiamoci e informiamo, la libertà dobbiamo conquistarla e difenderla in prima persona.

Segue l’appello pubblicato su Wikipedia:

“Gentili lettori,

ancora una volta l’indipendenza di Wikipedia è sotto minaccia.

In queste ore il Senato italiano sta discutendo un disegno di legge in materia di diffamazione (DDL n. 3491) che, se approvato, potrebbe imporre a ogni sito web (ivi compresa Wikipedia) la rettifica o la cancellazione dei propri contenuti dietro semplice richiesta di chi li ritenesse lesivi della propria immagine o anche della propria privacy, e prevede la condanna penale e sanzioni pecuniarie fino a 100.000 euro in caso di mancata rimozione. Simili iniziative non sono nuove, ma stavolta la loro approvazione sembra imminente.

Wikipedia riconosce il diritto alla tutela della reputazione di ognuno e i volontari che vi contribuiscono gratuitamente già si adoperano quotidianamente per garantirla. L’approvazione di questa norma, tuttavia, obbligherebbe ad alterare i contenuti indipendentemente dalla loro veridicità. Un simile obbligo snaturerebbe i principi fondamentali di Wikipedia, costituirebbe una limitazione inaccettabile alla sua autonomia e una pesante minaccia all’attività dei suoi 15 milioni di volontari sparsi in tutto il mondo, che sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per “non avere problemi”.

Wikipedia è la più grande opera collettiva della storia del genere umano: in 12 anni è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. L’edizione in lingua italiana ha quasi un milione di voci, che ricevono 16 milioni di visite ogni giorno, ma questa norma potrebbe oscurarle per sempre.

L’Enciclopedia è patrimonio di tutti. Non permetteremo che scompaia.


Partecipa alla discussione

Tre film che fanno riflettere.

Un regalo indirizzato a chiunque avesse voluto esser presente all’iniziativa che ho pubblicizzato nello scorso post ma, per un motivo o per l’altro, non ne ha avuto (e non ne avrá) la possibilità: i tre film in questione, che hanno in comune non solo la presenza come attore protagonista dello straordinario Gian Maria Volontè, ma anche il fatto di essere film per molti aspetti tremendamente attuali, sconosciuti ai più giovani, quasi mai mostrati sui teleschermi. Pellicole che offrono uno spaccato lucido e spietato di alcuni aspetti non solo dell’epoca che raccontano, ma anche della società nella quale viviamo tutt’ora, con i suoi rapporti di forza, stili di vita, esercizi di potere e manipolazioni dell’opinione pubblica, elementi che restano immutati in un sistema che può cambiare in parte forma solo per mantenere inalterata la sostanza. Storie drammatiche, raccontate non senza ironia e sfaccettature grottesche, ma non per questo meno adatte a far riflettere. Buona visione quindi, e soprattutto buona riflessione.