Basiano. Lavoratori o schiavi?

Fonte: Anarres-info.

“A Basiano, nei pressi di Milano, c’è un magazzino dove vengono lavorate le merci per il supermercato il Gigante.
In questo magazzino, gestito dalla Gartico, una delle società che si occupa servizi di magazzinaggio per conto de “il Gigante”, lavorano circa 120 operai, dipendenti da due cooperative, la Sinergy del gruppo Alma per il facchinaggio e la movimentazione merci, e la ItalTrans che gestisce la sezione trasporti attraverso un’altra cooperativa, la Bergamasca del gruppo CISA.
Un intrico di appalti e subappalti dove vige il caporalato del secondo millennio.

Gli operai di Bergamasca – quasi tutti pakistani – grazie ad un balzello che consente alla cooperativa di pretendere 2.500 euro di quote sociali come compenso per le “perdite” della cooperativa – prendono 400 euro al mese in meno dei colleghi di Alma, dove i lavoratori sono quasi tutti egiziani. Il lavoro per gli uni e per gli altri è lo stesso.
A metà maggio i lavoratori della Bergamasca entrano in sciopero per il salario, e quelli di Alma li appoggiano.

A fine mese la coop Alma disdice l’appalto, lasciando a casa 90 lavoratori, che, nonostante lo preveda la legge, non vengono riassorbiti dall’altra cooperativa, che decide di avvalersi di lavoratori sin allora utilizzati a “chiamata” dai “caporali”. Licenziano decine di operai che lavoravano a 9 euro all’ora per sostituirli con altri, più ricattabili, a soli 6 euro l’ora.

L’8 giugno scatta lo sciopero: i lavoratori di Alma occupano il magazzino, quelli di Bergamasca lo appoggiano. Arriva la polizia, sgombera, carica, picchia: cinque operai finiscono all’ospedale. Da quel giorno scatta un presidio permanente.

Ma il peggio deve ancora venire.
La mattina dell’11 giugno arrivano i pullman dei crumiri accompagnati dalla polizia, i licenziati fanno picchetto davanti ai cancelli. Poi scatta la mattanza: lacrimogeni sparati direttamente sulle gambe, pestaggi durissimi di persone cadute in terra, teste spaccate, gambe fratturate.
Venti operai finiscono all’ospedale, alcuni feriti in modo grave. Tutti e venti verranno arrestati con l’accusa di resistenza aggravata. Nei giorni successivi alla maggior parte vengono attenuate le misure cautelari: qualcuno va ai domiciliari, altri hanno l’obbligo di firma.
Sabato scorso un migliaio di persone hanno manifestato a Milano in solidarietà ai lavoratori di Basiano, vittime di una legislazione che consente il caporalato. Se i lavoratori sono immigrati la loro sorte è ancora peggiore, perché, quando perdono il lavoro, perdono anche il permesso di soggiorno e rischiano l’espulsione.
La condizione dei lavoratori immigrati è ormai, sempre la più, la condizione di tutti i lavoratori, obbligati a contratti precari, senza alcuna garanzia per il futuro. Il ricatto occupazionale spinge ad accettare orari sempre più lunghi e salari sempre più bassi.
Nel nostro paese stanno varando una riforma del lavoro che renderà le nostre vite ancora più difficili e precarie. I padroni potranno licenziare come e quando vorranno.
Alzi la testa, lotti per il salario, la sicurezza sul lavoro, contro il dispotismo di capi e caporali? Di te non c’è più bisogno, vai via!
Si torna indietro e ci dicono che stiamo andando avanti.
Da anni il lavoro è diventato una roulette russa: i lavori precari, malpagati, pericolosi, in nero sono diventati la regola per tutti.
Chi si fa ricco con il lavoro altrui non guarda in faccia nessuno. Chi governa racconta la favola che sfruttati e sfruttatori stanno sulla stessa barca e elargisce continui regali ai padroni.
I padroni si sentono forti e passano all’incasso di quel che resta di garanzie, libertà, salario. Un macello che gronda sangue.
Monti vuole la fine delle lotta di classe, con la resa senza condizioni dei lavoratori. Cgil; Cisl e Uil lo hanno accontentato. I lavoratori, strangolati dalla crisi, dall’aumento di tariffe e dalla riduzione di salari e garanzie saranno disponibili a fare altrettanto?
O decideranno di difendere le loro vite, di lottare contro lo sfruttamento, di costruire un mondo diverso, senza servi né padroni.

Ci vogliono far credere che è impossibile. Mentono.

Cambiare la rotta è possibile. Con l’azione diretta, costruendo spazi politici non statali, moltiplicando le esperienze di autogestione, abbandonando l’illusione elettorale, perché destra e sinistra in questi anni si sono divise su tutto ma non su quello che conta. Hanno attuato lo stesso programma: farci pagare la crisi dei padroni finanziando le imprese e tagliando i servizi.
Facciamola finita con chi ci dice di abbassare sempre la testa, di tirare a campare, di rassegnarsi. Che se ne vadano tutti!
Un mondo di liberi ed eguali è possibile. Tocca a noi costruirlo.!

Per info e contatti:
Federazione Anarchica Torino
corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21
338 6594361 fai_to@inrete.it
http://anarresinfo.noblogs.org

Sul terremoto in Emilia-Romagna.

La tragedia in Emilia-Romagna non é solo il terremoto, ma anche la gestione dell’emergenza. In tali circostanze le dinamiche autoritarie dello Stato e dei suoi apparati si mostrano senza veli, così come si rendono palesi lo sciacallaggio mediatico e le mire profittatrici di chi con le disgrazie altrui ci si arricchisce. Gli anarchici ferraresi hanno pubblicato sul loro sito un breve resoconto su come venga gestita la situazione nei campi per sfollati allestiti nei pressi di alcuni dei centri maggiormente colpiti dal sisma. Nonostante le difficoltà e le istituzioni che intralciano più che aiutare, nonostante il servilismo del governo nei confronti di banche e finanza, l’aspetto migliore della natura umana si vede là dove le persone praticano il mutuo appoggio e l’autoorganizzazione in situazioni estreme come questa, dimostrando che l’anarchia non é solo una possibilitá ma una vera e propria esigenza per l’umanitá. E, a proposito di mutuo appoggio, riporto di seguito un’iniziativa dell’ USI di Parma:

“Giovedì 31 maggio sarà organizzata una raccolta di materiale, in segno di solidarietà ed aiuto alle persone terremotate.

Dalle ore 17.00, alle ore 21.00.

Presso il circolo ARCI Matonge in via Burla N°130, sulla sinistra dopo l’IKEA.

Saranno raccolti:

– Vestiti per bambini e per adulti

– Pannolini

– Coperte

– Materiale per l’igiene personale

NO ALIMENTI

Per informazioni:  3208436753  usi-aitparma@libero.it   usipr.noblogs.org

Organizza l’Unione Sindacale Italiana sez. di Parma e il Gruppo Anarchico “Cieri”-FAI”

“Forma e sostanza del regime dei banchieri”.

Articolo scritto da Michele Fabiani e pubblicato sul sito Anarchaos:

“Forma e sostanza del regime dei banchieri (di Michele Fabiani)

 

In un precedente articolo ho iniziato un percorso di studi sul rapporto fra la democrazia e il capitalismo. E’ bene ricordare che il capitalismo non è sempre stato democratico, anzi non lo è stato quasi mai. Ed essere pignoli non lo è stato mai.

 

Democrazia e governo rappresentativo

Uno dei pregiudizi nati nel Novecento e che ancora ci portiamo appresso è quello che distingue la democrazia “diretta” da quella “indiretta”, come se fossero ramificazioni da una stessa radice comune. La democrazia diretta era quella antica (Atene), quella indiretta invece è rappresentata dal regime contemporaneo in Occidente. Bisogna perdere cinque minuti per confutare tale pregiudizio. In primo luogo, non è vero che la democrazia antica fosse una democrazia diretta. In secondo luogo, non è vero che il regime contemporaneo sia un regime democratico.

La democrazia ateniese non era affatto una democrazia senza incarichi. Vi erano delle magistrature e numerose persone vi erano deputate, negli ambiti più disparati della vita civile nella sua complessità. Non è nemmeno vero che tutti partecipassero alla vita politica: le donne, gli schiavi, gli stranieri ne erano esclusi. Anzi, proprio quei momenti di democrazia “diretta” si rendevano possibili perché vi era una classe di sfruttati che mandava avanti la società ateniese anche quando i suoi cittadini erano in assemblea. Esattamente quello che avveniva a Sparta, con la differenza che invece che giocare alla democrazia gli spartiati giocavano alla guerra e mentre gli schiavi messeni mandavano avanti la società i cittadini si addestravano per il combattimento. Insomma la democrazia – che non è una democrazia “diretta” – non è poi una cosa così bella.

Ma se la democrazia antica non era una democrazia diretta, ma era “la” democrazia, cosa distingue il regime antico da quello contemporaneo? La divisione fra democrazia diretta e democrazia indiretta salta. Non è vero che prima c’era l’assemblea popolare mentre oggi ci sono i deputati. La distinzione sta nel modo con cui vengono nominati i governanti. Nella democrazia i governanti vengono estratti a sorte per dare a tutti i cittadini le stesse opportunità statistiche di essere nominati, nel sistema contemporaneo invece ci sono le elezioni.

Mi rendo conto che una tale affermazione può sembrare sorprendente: come le elezioni non sono il baluardo della democrazia? Se prendiamo la letteratura politica – da Aristotele a Rousseau – la distinzione fra democrazia e aristocrazia sta nel fatto che nella democrazia c’è l’assemblea sovrana e l’estrazione a sorte degli esecutori, mentre nell’aristocrazia c’è l’elezione dei migliori e il potere esecutivo diviene a tutti gli effetti un governo. Oggi infatti “esecutivo” e “governo” sono sinonimi, il che non è possibile in democrazia dove, per definizione, il governo è del demos, i cittadini che non fanno parte delle classi oppresse, e gli esecutori sono dei meri funzionari estratti a sorte. E’ evidente che quindi le forme dei governo occidentali oggi in vigore non sono governi democratici, ma aristocratici, almeno secondo la letteratura politica classica.

Tale letteratura ebbe una forte influenza fino alla fine del XVIII secolo. Non a caso gli estensori della Costituzione USA non si consideravano dei democratici, ma dei repubblicani. Tutti i regimi rappresentativi contemporanei non nascono da democrazie, ma da regimi monarchici elettoralizzati. Prendiamo l’Italia. L’Italia non discende “geneticamente” dalle repubbliche democratiche cittadine rinascimentali (da Venezia a Firenze), ma dal regime dei Savoia. Il salto che ci ha portati dai Savoia alla Repubblica, per quanto abbia assunto con la Resistenza momenti rivoluzionari presto traditi, non è un salto di sostanza, ma solo, in parte, di forma. Tanto è vero che oggi lo Stato che ci opprime non è uno Stato “altro” rispetto a quello precedente, come ci dimostra Napoletano che, festeggiando i 150 anni dell’Unità d’Italia, riconosce anche la monarchia come la forma precedente di una stessa nazione. La nazione è la stessa dei tempi della monarchia, con l’elezione del Capo dello Stato invece che la discendenza dinastica.

 

Mussolini e Monti: due governi legali ma infami

Bisogna distinguere ciò che è legale da ciò che è giusto. Gli storici si sono a lungo interrogati sulla legalità o meno del fascismo rispetto alla “costituzione” dell’epoca, lo Statuto Albertino. Interessante il fatto che il regime di Mussolini si sia insediato senza il bisogno di sovvertire le istituzioni monarchiche-costituzionali preesistenti. Insomma sul piano della legalità, il regime fascista era un regime legale. Questo significa che fosse un regime giusto e buono? Ovviamente no. La legalità è stata da sempre la giustificazione degli oppressori per ogni infamità.

Combattere il fascismo in quanto illegale era l’operazione teorica che stava alla base dei partigiani monarchici: per loro Mussolini era un usurpatore semplicemente perché non aveva più la fiducia del Re e guidava uno stato (la Repubblica Sociale Italiana) fantoccio in mano all’occupante tedesco. Fino a quando Mussolini era il capo del governo, formalmente incaricato dal Re, per i monarchici era una gran brava persona. Viceversa, per la stragrande maggioranza dei combattenti della lotta armata antifascista, il fascismo era ingiusto, infame, violento e reazionario riguardo alla sostanza del suo essere politico.

Il parallelismo fra Mussolini e Monti è molto istruttivo. Anche Monti, a mio avviso, è una degenerazione legale del regime esistente. Non sono d’accordo con chi ritiene Monti una sospensione della democrazia.  In primo luogo, perché prima non c’era la democrazia. Ma in ogni caso perché Monti non viola la Costituzione Repubblicana. Credo, anzi, che l’insistere sull’illegalità del governo Monti, sull’illegalità delle intrusioni di Napolitano nel dibattito politico, porti ad un suicidio tattico: dimostrata la legalità del regime dei banchieri, verrà castrato il movimento rivoluzionario.

Dobbiamo quindi uscire dal giustizialismo di chi vuole cacciare Napolitino e Monti perché golpisti. Naplitano e Monti vanno cacciati riguardo alla sostanza della loro nefasta azione politica, non riguardo alla forma.

Capitalismo e involucro liberale: fine di un matrimonio di interesse

E’ evidente che siamo di fronte ad una forzatura reazionaria, autoritaria. Siamo di fronte ad una rottura mondiale – sicuramente europea – fra il capitalismo e la cosiddetta democrazia liberale (che democrazia non era nemmeno quella).

Il mio intervento, sia ben chiaro, non vuole in nessun modo giustificare tale svolta; piuttosto vuole spiegare che non è sulla via della legalità, del giustizialismo, dell’invocazione patriottica della Costituzione che possiamo difenderci dall’attacco.

Può sembrare un gioco di parole, ma stiamo entrando nell’epoca del liberismo illiberale. Il capitalismo, nella sua forma più sfrenata, nel suo più estremo liberismo, non sopporta più quei lacci e laccioli che un regime liberali prima comunque prevedeva. In un regime liberale ci sono dei principi certamente capitalisti (la proprietà privata), ma ce ne sono altri che invece in questa fase non sono tollerabili: la dignità della persona umana, la libertà di espressione, la libertà di protestare.

Il punto è che se continuiamo a porci in un’ottica difensiva, conservatrice non ne usciremo mai. Come nel calcio, se ti chiudi in difesa finisci per perdere.

Tanto più che il terreno della legalità sarebbe totalmente sbagliato. Non è quello il campo su cui si sta giocando tale partita. Il governo Monti rappresenta una forzatura della Costituzione, così come il fascismo era una forzatura dello Stato Albertino; ma comunque tale forzatura è del tutto legale, almeno fino ad ora. Chi oggi fa appello alla Corte Costuzionale contro Napolitano ci trascina nello stesso gravissimo errore che già fecero i liberali e i socialisti nel voler contrastare l’ascesa di Mussolini per vie legali, quando era l’ora della lotta armata.

Un errore simile è stato fatto nei primi anni ’70. Dopo la strage di stato di piazza Fontana si diffuse la tesi complottista (illuminante un articolo comparso recentemente su anarchaos contro il complottismo di Lucio Garofalo) secondo la quale un colpo di stato era alle porte. Il pericolo di golpe era certamente reale, ma i veri dietrologi era i bravi democristiani che dietro a tali minacce ne approfittarono per incatenare la sinistra alla difesa della “democrazia” in pericolo, rinunciando all’attacco. Un errore strategico madornale che porterà ad anni di pace sociale, almeno fino al ’77 – anche quelli puniti con una nuova strage, a Bologna nell’80, e anche quella strage non portò al golpe ma a nuova pace sociale fondata sulla lotta al terrorismo.

Non vorrei che oggi si ripetesse la stessa cosa: si afferma che Monti è un golpista, ci si stringe uniti per la difesa della “democrazia” e si finisce ingabbiati nella Costituzione e in generale nelle compatibilità con lo Stato liberale.

 

La sostanza politica del regime dei banchieri

Il regime dei banchieri è certamente una degenerazione. Tale degenerazione, fino ad ora legale, si traduce sul piano sostanziale in una aggressione senza precedenti dai tempi dell’ultima guerra mondiale. Si tratta di un peggioramento terribile delle condizioni di vita ormai di centinaia di milioni di persone: il regime dei banchieri ha messo ormai propri uomini alla guida di paesi come l’Italia, la Grecia, la Romania, governa indirettamente la Spagna, il Portogallo e l’Irlanda, e si parla fortemente di una Grande Coalizione che unisca di nuovo democristiani e socialdemocratici perfino in Germania. La ricetta è più o meno la stessa: non potendo stampare moneta a causa del nefasto euro si abbassano i salari, si aumentano le tasse indirette per evitare di sfuggire al fisco, si introducono i licenziamenti facili, in sintesi si mobilita l’intero corpo dello Stato al servizio del capitalismo finanziario tagliando i servizi e ottenendo maggiori entrate con una tassazione forsennata.

E’ questo il piano sostanziale dello scontro. Non penso che facendo appelli alla Corte Costituzionale contro le esternazioni ormai non più superpartes di Napolitano in materia di lavoro che si possa rispondere alla violenza dell’attacco.

 

Napolitano e Monti: servi o traditori?

C’è chi afferma che Monti e Napolitano, soprattutto il secondo in quanto garante, sarebbero dei traditori. L’accusa è di aver svenduto la nazione alla finanza internazionale. Da qualche tempo, anche un demagogo come Grillo sta cavalcando questa ondata di indignazione democratica. Nessuna menzogna poteva essere camuffata con altrettanta arte in verità. Monti e Naplitano certamente hanno consegnato milioni di sfruttati al servizio del potere finanziario. Il nostro sudore serve a pagare il credito delle elité che hanno investito sulla crisi. Tale operazione di vera e propria rapina, però, non si configura come un tradimento della Costituzione e dello Stato. Viceversa è assolutamente coerente con lo scopo ultimo dello Stato da quando questo esiste: essere il cane da guardia delle classi dominanti. Nondimeno, è persino legale sul piano costituzionale, dato che siamo in un regime parlamentare.

Il contrasto alla svolta autoritaria ed alla rapina attuata dal regime dei banchieri non può più essere sostenuto sul terreno della legalità. Non dobbiamo difendere lo Stato da dei traditori, ma abbatterlo con tutti il suo codazzo di servi.

Michele Fabiani”

Sullo stesso argomento, sempre di Michele Fabiani: “Dai colonnelli ai banchieri. Quando al capitalismo la democrazia liberale sta stretta” e “L’onore e il sacrificio al tempo del regime dei banchieri“.