Quando il problema sono i poveri e non la povertà.

SAVIANO

Non posso certo dire che lo scrittore napoletano Roberto Saviano sia in cima alla mia personale lista delle persone che ammiro – tutt’altro. In svariate occasioni ho avuto modo di contestare le sue opinioni su diversi temi ed episodi, ma stavolta, leggendo una sua dichiarazione sul Decreto Minniti, appena passato alla Camera dei Deputati, non posso fare a meno di associarmi alle sue parole. Ecco un estratto dal suo post sull’argomento, pubblicato sul suo profilo Facebook:

Il Decreto Minniti sulla sicurezza urbana, considerato da questo Governo cosa di “straordinaria necessità e urgenza”, è un provvedimento di destra, intriso di razzismo e classismo. Tanto valeva introdurre il colore della pelle come fattore discriminante, si sarebbe dissolta ogni ipocrisia.I sindaci, per ripulire i centri storici delle città, avranno il potere di allontanare chiunque venga considerato “indecoroso”, non occorre che sia indagato o che abbia commesso un reato. A queste persone il sindaco potrà applicare un “mini Daspo urbano”. Daspo, perché in Italia tutto è calcio e tifo, anche la politica. Stiamo assistendo alla criminalizzazione dell’uomo anche quando per fame rovista in un cassonetto della spazzatura per prendere ciò che altri hanno buttato via. Domandiamoci ora quale sarà il risultato di questo decreto vergognoso: centri storici magari ripuliti dai clochard e dagli immigrati, ma periferie ghetto.”
Saviano ricorda inoltre come dal Decreto sia stata cancellata invece la misura che prevedeva il codice di identificazione sui caschi degli agenti di polizia e invita a scappare dal PD chiunque abbia ancora rispetto per l’Uomo, non risparmiando però nel contempo critiche al Movimento 5 Stelle, reo di essersi astenuto sul voto alla Camera esprimendo riserve sull’applicabilita finanziaria e non sui contenuti del Decreto Minniti.

Lo scrittore napoletano sembra essersi finalmente accorto che ormai la sinistra istituzionale è diventata reazionaria tanto quanto la destra. A questo punto mi sento però di aggiungere che è proprio sulla questione “legalità”, sempre tanto cara a Saviano, che il governo fa leva. Le leggi vengono fatte e disfatte in base agli interessi della classe dominante. Laddove non si possano o non si vogliano impiegare ammortizzatori sociali per ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche prodotte dal capitalismo, non resta che allontanare gli spiacevoli prodotti di tali disuguaglianze dalla vista delle “persone perbene”, dei cittadini più abbienti che fanno shopping in centro così come dei turisti. Nemmeno è consentito ai poveri di recuperare quello che l’opulenta società della sovrapproduzione butta via in quantità industriale. Il recente episodio avvenuto a Follonica, dove due donne romní sono state rinchiuse da alcuni giovani dipendenti del discount Lidl nel gabbiotto dei rifiuti ingombranti mentre tentavano di recuperare merci fallate, ha suscitato sui social network più commenti razzisti che indignazione per il trattamento riservato alle due donne. Osservando questo desolante scenario ci si dovrebbe immediatamente accorgere che quel che manca nei Paesi occidentali (post)industriali non sono i beni materiali, quanto una equa redistribuzione di questi beni, ma ancor di più mancano umanità e solidarietà, empatia e spirito di condivisione. Quel che ci rimane è il mantra dell’ideologia dominante, che afferma che chi è povero se l’è voluta, non si è dato abbastanza da fare (dimenticando di dire che chi è ricco non ha mai lavorato tanto, piuttosto ha sfruttato il lavoro altrui, ereditato o vissuto di rendita), e che affronta le conseguenze della povertà come problemi di ordine pubblico. Che si tratti di immigrati illegali o autoctoni senzatetto e/o mendicanti, la soluzione proposta dal sistema è “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, con la minaccia della violenza legalizzata per chi trasgredisce. Di fronte a tutto ciò, chi tace acconsente ed è complice. Per tutti gli altri e tutte le altre, vale l’applicazione di quei principi di umanità, solidarietà e condivisione a noi tanto cari, uniti alla disobbedienza nei confronti di quelle leggi, norme e decreti che ci sono nemiche, atte a trasformarci in “spazzatura sociale” o in aguzzini, a seconda dei ruoli. La legge non è un obbligo, l’etica sì.

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The beautiful game and the horrible gain.

Mancano ormai pochi giorni all’inizio del campionato europeo di calcio in Francia, un Paese che nelle ultime settimane ha fatto notizia più che altro per la dura battaglia contro la riforma della legge sul lavoro portata avanti da movimenti di lotta, sindacati e svariate categorie sociali e individualità che vedono nella loi travail l’ennesimo attacco ai diritti lavorativi e l’avanzamento del neoliberismo. Basta poco però per trovare un nesso tra quel sistema economico messo in discussione nelle piazze francesi e il prossimo grande evento sportivo, perché quello che un tempo era il gioco della classe lavoratrice, the beautiful game, da tempo ormai è occasione per pochi per far profitti da capogiro senza curarsi delle ricadute sociali negative. Propagandati come occasioni di sviluppo, investimenti e lavoro dai massmedia acritici, i grandi eventi sportivi internazionali in realtà portano con sé sfruttamento della manodopera a basso costo ancora più brutale del solito, corruzione e spreco di denaro pubblico, emarginazione, censura e riduzione della libertà di espressione, militarizzazione e violenza nei confronti di poveri, emarginati, dissidenti e di chiunque si senta penalizzato/a e abbia intenzione di farlo pubblicamente presente… il tutto per la gioia di grandi imprese, investitori e pochi burocrati collocati ai piani alti della piramide capitalista, che si accordano tra loro come meglio gli conviene senza aver bisogno di chiedere il permesso, dal momento in cui a dare permessi sono loro. La memoria di molti è breve e la distrazione grande nel pensare ad un pallone che rotola, quindi sarà meglio ricordare un paio di cose tra tante:

…e Francia, Duemilasedici. Stavolta forse non basterà il richiamo al patriottismo da due soldi o alla grande occasione per l’economia per distrarre chi lotta, come non bastò in Brasile due anni fa. Quella volta il potere si fece largo, nel nome dell’orribile guadagno, a suon di ruspe, bastonate, lacrimogeni e pallottole e l’attenzione mediatica si spostò altrove dopo la fine del mondiale. In Francia è più probabile che si faccia leva sull’aspetto securitario a fronte dei recenti attentati di matrice fondamentalista islamica per spaventare ma soprattutto reprimere con la forza qualsiasi forma di dissenso e lotta durante lo svolgimento del teatrino calcistico. È solo una possibilitá, un timore: il futuro comunque è ancora tutto da scrivere.

Vite precarie.

Rosetta, il film del 1999 diretto dai fratelli belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne, in molti se lo saranno già dimenticato o non l’avranno affatto visto. Peccato, perchè si tratta di un capolavoro, che parla di una situazione tipo non troppo diversa da quella vissuta da molte persone ancora oggi in Europa e non solo. Durante le manifestazioni sindacali in Belgio, successivamente all’uscita del film, veniva scandito lo slogan “Siamo tutti Rosetta”. In quanti/e lo sono ancora? Per quanti/e la prospettiva di una vita “normale” è ancora un miraggio, e per quanti una vita “normale” è sinonimo di un lavoro stabile, una casa, una famiglia senza problemi? Quando l’essenziale sembra irraggiungibile non si può aspirare a qualcosa che vada oltre, che ci liberi definitivamente dalla spirale di sfruttamento e precarietà delle nostre esistenze in balìa di meccanismi che ci stritolano giorno dopo giorno?

Notizie e approfondimenti sui riots a Stoccolma.

Stockholm riots

Alcuni articoli di controinformazione in diverse lingue sulla recente rivolta scoppiata a Stoccolma a seguito dell’omicidio di un anziano da parte della polizia:

“Stoccolma: seconda notte di Rivolta!”, da Infoaut;

“Svezia, calma apparente a Stoccolma ma i riot si estendono”, da Infoaut;

“Ancora sui riots di Stoccolma”, da Infoaut;

“Sweden, Stockholm, Megafonen statement on Stockholm riots”, da A-Ifos (inglese);

“Megafonen: We don’t start no fires”, da Libcom (inglese);

“Solidarität mit den Rebellierenden in Stockholm, da Contra-Info (tedesco);

“Do not treat us like animals”, documentario sull’ organizzazione Pantrarna e sulle problematiche dei quartieri periferici a Stoccolma (svedese, sottotitoli in inglese);

-“Stoccolma Riot. È la fine del capitalismo dal volto umano”, da Anarchaos.

“Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani…”

L’Odio (La Haine) è un film francese del 1995 scritto, sceneggiato e diretto da Mathieu Kassovitz. Ambientato sullo sfondo degli scontri avvenuti nelle banlieue di Parigi a seguito del ferimento di un ragazzo fermato dalla polizia (un fatto realmente avvenuto), “L’Odio” racconta una giornata tipo di tre amici alle prese con la precaria vita nel ghetto parigino, una giornata però diversa dalle altre dal momento in cui il loro amico ferito dalla polizia lotta tra la vita e la morte in ospedale e uno di loro, trovata la pistola persa da un agente la notte prima durante gli scontri, giura vendetta nel caso in cui il ragazzo ferito dovesse morire…

I punti forti del film, pensavo mentre lo guardavo, sono sicuramente la caratterizzazione dei personaggi, il realismo abbastanza riuscito della vita quotidiana nel contesto sociale di un quartiere-ghetto e l’ironia che traspare da alcuni dialoghi e scene a volte grottesche nonostante l’atmosfera diciamo pesante della storia di per sè, profondamente drammatica. Non capivo però come molti potessero definire “L’Odio” un capolavoro, almeno finchè non ho visto gli ultimi 10 minuti circa del film: é la caduta, quella della quale si accennava fin dall’inizio, quella che per alcuni é giá avvenuta e che aspetta altri dietro l’angolo, quella che aspetta la nostra società malata che crea situazioni esplosive e poi non é in grado di dare altre risposte se non quelle che possono solo peggiorare la situazione, in un crescendo di problemi evitabili ma non evitati e risolvibili ma mai risolti, semmai acuiti. Sì, un capolavoro, questo film, la nitida foto di una catastrofe reale.

http://www.youtube.com/watch?v=vA5JyLHM6iI