Iniziative No TAV, No MUOS e No Ponte.

Fonte: Notav.Info 

” Difendiamo la nostra terra, e difendiamo il nostro futuro!

574951_530297293681553_1917674626_nAncora una volta scendono insieme in piazza i movimenti che lottano per la difesa della salute e del territorio contro le grandi opere inutili , dannose ed imposte ai cittadini:

il 16 MARZO a MESSINA per chiudere definitivamente la partita del Ponte sullo Stretto e continuare le lotte per la Rinascita del Territorio, ribadendo la necessità di sopprimere la Stretto di Messina Spa, il recesso dal contratto con Eurolink (General Contractor per la progettazione e costruzione del Ponte), il non riconoscimento di alcuna penale e alcun debito.

il 23 MARZO in VALSUSA per impedire che una nuova linea TAV devasti inutilmente una valle. Mentre un intero sistema di trasporto pubblico è al collasso le grandi lobby guardano alle linee di alta velocità come al più grande business del secolo: impedire lo scempio e smascherare le complicità del forte intreccio politica/mafia è possibile e più che mai urgente.

il 30 MARZO a NISCEMI per revocare ed impedire la costruzione del Muos, il sistema d’antenne satellitari ad alto inquinamento elettromagnetico pensato per governare le guerre planetarie del terzo millennio (quelle degli aerei senza pilota, della guerra automatizzata), per smantellare le 46 micidiali antenne già installate , per la smilitarizzazione dei nostri territori .

Un mese di mobilitazione in cui faremo sentire le nostre voci all’unisono, in cui ricorderemo nuovamente che le lotte contro il ponte sullo stretto, contro il TAV in Val di Susa, e contro il MUOS in Sicilia si intrecciano naturalmente in un’unica battaglia per la difesa dei beni comuni. Diverse sono le specificità delle nostre lotte ma un filo rosso le unisce nei comuni obiettivi di fondo e nelle forme di una protesta la cui forza è continuamente alimentata da un’ampia partecipazione popolare.

Le nostre lotte hanno un forte legame con quelle per il lavoro e per la difesa dei diritti, unite purtroppo anche dalla stessa dura repressione, mentre rimane inascoltata la domanda sempre più urgente di una democrazia in cui cittadini possano decidere del loro futuro.

Una democrazia incompatibile con le grandi opere che devastano territori e utili solo ad alimentare il grande business del malaffare sottraendo risorse pubbliche alla sanità, alle pensioni, alla scuola, alla cultura, alla messa in sicurezza del territorio e degli edifici; una democrazia che rifiuta l’occupazione militare di vaste aree del nostro paese per preparare nuove micidiali guerre in tutto il mondo.

Difendiamo la nostra terra, e difendiamo il nostro futuro!

Facciamo appello a tutte le realtà che lottano contro le grandi opere inutili a mobilitarsi con noi promuovendo iniziative nel proprio territorio

Movimento NoPonte
Movimento NoTav
Coordinamento regionale dei comitati NoMuos

“Fermiamo la guerra in Mali”: comunicato della FAI.

Fonte: Anarchaos.

” Fermiamo la guerra in Mali! [Comm. Rel. Internazionali FAI]

http://federazioneanarchica.org/archivio/20130216cri.html

Fermiamo la guerra in Mali!

L’11 gennaio il governo francese ha dato inizio ad un’operazione militare in Mali. Ha dichiarato di intervenire per sostenere le unità maliane contro il terrorismo di matrice islamica che imperversa in quell’area e per difendere la popolazione dalle violenze. Qualche giorno dopo, il 14 e il 17, rispettivamente la Germania e l’Italia, attraverso i loro ministri degli esteri, hanno affermato di appoggiare l’attacco francese in Mali e di essere disponibili a offrire supporto logistico. Passano poche settimane e, all’inizio di febbraio il presidente francese Hollande “atterra” tra le sue truppe a Timbuctu, ripreso dalle telecamere delle TV internazionali, sottolineando che le milizie islamiche/tuareg sono in fuga e il Mali è quasi completamente liberato: “Sosterremo i maliani fino alla fine di questa missione nel nord – ha dichiarato – ma non intendiamo star qui per sempre”.

Una frase che deve essere interpretata in senso esattamente opposto se si allarga lo sguardo alla politica estera dei governi francesi degli ultimi anni.
Infatti, c’è perfetta continuità tra Sarkozy che bombarda la Libia e Hollande che bombarda il Mali.
Sin dal 2007, in Niger, si è sviluppato un movimento tuareg, e dopo quasi cinquantanni di rapporti esclusivi con la Francia,questo paese aveva di recente aperto a compagnie non francesi lo sfruttamento delle risorse minerarie.
Certo, si potrebbero evidenziare le contraddizioni di chi interviene militarmente, ora in difesa della popolazione, ora per togliere di mezzo il dittatore scomodo. Insomma un giorno si spargono i “semi” della democrazia, l’altro si sostengono le forze ribelli con soldi e armi. A volte capita che i nemici di oggi siano stati gli amici di ieri (durante l’attacco alla Libia, Francia e Gran Bretagna hanno fatto ampio uso degli islamisti per combattere le forze armate di Tripoli, poiché i separatisti della Cirenaica non erano interessati a rovesciare Mu‘ammar Gheddafi una volta che Bengasi fosse diventata indipendente).
La campagna di comunicazione massmediatica preferisce mostrare le folle festanti che sventolano la bandiera francese invece delle migliaia di profughi che si sono concentrati in pochi giorni presso i confini maliani. Il ritornello si ripete mostrando i danni che i fondamentalisti hanno provocato al patrimonio culturale, (la biblioteca di Avicenna e i mausolei di Timbouctou) sottolineando il divieto di ascoltare la musica o di vestirsi senza seguire i dogmi religiosi. La distruzione generata dai bombardamenti dell’aviazione, invece, non appare mai.
L’opinione pubblica occidentale si confronta con l’ennesimo conflitto in modo apparentemente indolore: la distanza che ci separa dagli scenari di guerra favorisce, infatti, un certo “distacco”.
Non dobbiamo, però, scordare che gli interventi degli eserciti degli stati alimentano il pericolo “terrorista” (i recenti fatti che hanno interessato l’impianto energetico di In Amenas in Algeria rappresentano un esempio lampante).
Gli effetti di queste politiche neocolonialiste, travestite da missioni umanitarie, si estendono, comunque, anche all’interno dei confini dei paesi europei grazie alle legislazioni speciali antiterrorismo che, in nome della “sicurezza” continuano a erodere gli spazi di libertà e costituiscono uno “strumento repressivo e politico pronto all’uso” per fronteggiare le forme più pericolose e crescenti della protesta sociale.
Esaminando più nel dettaglio l’intervento militare in Mali ci si rende conto dell’infondatezza delle motivazioni ufficiali e delle mille contraddizioni che ne scaturiscono.
L’esercito francese era, da tempo, pronto a intervenire; la richiesta d’aiuto del presidente golpista Dioncounda Traorè è stata solo il pretesto.
È’ impossibile credere che sia stata l’emergenza umanitaria a spingere l’Europa a intraprendere questa nuova guerra. L’Africa è vessata, da decenni, da miriadi di focolai di violenza e nessuna potenza occidentale se ne è mai seriamente interessata. Si dirà che in Mali ad aggravare la situazione c’è l’emergenza “terrorismo islamico”.
Non dimentichiamo, inoltre,il ruolo degli Stati Uniti,in questa guerra,che da decenni contendono alla Francia il controllo della FrancAfrique.
Significativo il fatto che circa tre settimane dopo l’intervento francese in Mali, gli Stati Uniti abbiano siglato un accordo con il governo di Niamey per l’installazione di una base militare statunitense ad Agadez, nel nord del Niger nella zona uranifera del paese.

Dobbiamo considerare questa “nuova” guerra come la prosecuzione naturale della campagna libica e renderci conto che, probabilmente, ci troviamo di fronte a una precisa strategia neo-coloniale di controllo politico del territorio, finalizzato allo sfruttamento delle risorse naturali e inquadrato in un’ottica di contrasto dell’avanzata dei capitali cinesi in Africa. La Cina, infatti, è il primo partner commerciale di Tanzania, Zambia, Congo ed Etiopia (dove il PIL cresce con una media del 5,2% l’anno, cifre impressionanti) e in molte zone vanta l’esclusiva sui diritti di estrazione delle risorse.
Il governo francese ha enormi interessi economici nell’area centro-nord africana e sta cercando, anche con mosse azzardate, di mantenere sotto la propria influenza quelle zone di interesse strategico per l’abbondanza di risorse minerarie ed energetiche.
Il Mali potrà diventare importante nel prossimo futuro, ma il Niger lo è già ora. Non può sfuggire che, poco oltre il confine sud-est del Mali, sono collocate le più importanti miniere d’uranio nigeriane. Il riferimento è alla miniere di Arlit ed Akokan da cui la multinazionale Areva ricava gran parte dello “yellowcake” destinato ad alimentare i 58 reattori nucleari francesi. Nella stessa zona è prevista l’apertura di quella che è destinata a diventare una delle più grandi miniere al mondo per l’estrazione dell’uranio, Imouraren. Non mancano poi l’oro e il petrolio. Quindi, un grande affare che lo Stato francese – “spalla” di multinazionali come Total e Areva (giusto per fare due nomi) non può lasciarsi scappare.
Non si può dimenticare che la politica energetica francese è fondata sull’energia nucleare, una scelta che ha radici nel passato perché direttamente legata alla necessità di rafforzare il proprio ruolo militare nello scenario geopolitico internazionale. Sappiamo bene che non c’è soluzione di continuità tra gli impieghi, cosiddetti, civili dell’energia atomica e quelli finalizzati alla costruzione di ordigni destinati a minacciare l’umanità. Una scelta di sistema che rende, nell’attuale contesto d’instabilità, difficile, per il governo francese, individuare fonti energetiche alternative. La disponibilità dell’uranio rimane, quindi, una questione essenziale almeno in una prospettiva di medio periodo.
Quando l’esercito francese tornerà in patria sarà solo perché il controllo della situazione sarà affidato alle armi amiche delle forze africane alleate con la Francia.
Non è un caso che le forze armate della CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) siano state, velocemente, schierate lungo il confine tra Mali e Niger. La necessità di “proteggere” le aree d’interesse minerario da una possibile espansione della rivolta è stata subito evidente.
La nostra epoca è già contraddistinta da crisi energetiche e difficoltà di approvvigionamento di materie prime e non c’è da stupirsi che il capitalismo mondiale stia cercando di correre al riparo, ancora una volta, per garantirsi, con ogni mezzo, una parte del bottino. Tutti noi sappiamo che la guerra e la finanziarizzazione dell’economia sono mezzi per movimentare repentinamente enormi capitali, per riorganizzare equilibri politici di governi, stati e confini nazionali non più funzionali al profitto di multinazionali e società finanziarie.

Nel vicino Niger, da 40 anni, Areva e le sue consociate estraggono l’uranio senza alcun rispetto per l’ambiente e per i lavoratori, gli abitanti vicini ai siti di Arlit e Akokan hanno pagato e pagano un prezzo altissimo in termini di salute e di morte, come risulta da studi indipendenti (CRIIRAD – ROTAB). I minatori di uranio sfruttati infatti, sono esposti a radiazioni ionizzanti nelle cave, nelle miniere sotterranee, nelle officine di lavorazione del minerale grezzo, ma anche nelle città e nelle loro case. In questa zona 35 milioni di scorie radioattive sono raccolte all’aria aperta sin dall’inizio dell’attività estrattiva. Grazie al vento gas radon e altri derivati considerati cancerogeni si spargono nell’ambiente. Ma l’Areva opera anche sul territorio italiano. Il trasporto di materiale irraggiato passa per il nostro paese verso l’impianto di la Hague dove si estrae plutonio (per le bombe) e produce il mox (un combustibile di riciclo con cui funzionano alcune centrali). In Mali è la guerra di sempre, di stato e capitale, dove sfruttamento e saccheggio ai danni della popolazione non conoscono confini nazionali!

Diffondere l’informazione contro l’ipocrisia del potere, rafforzare la consapevolezza per far crescere la voglia di giustizia sociale sono solo i presupposti per sostenere le lotte che in ogni parte del mondo devono liberare gli oppressi da vecchie e nuove schiavitù, economiche, militari o religiose che siano.
Solo attraverso l’internazionalismo, l’antimilitarismo e la solidarietà di classe possiamo da anarchiche ed anarchici fermare l’orda di questo ennesimo, nuovo e lurido conflitto.

Fermiamo la guerra in Mali!
Solidarietà a tutte le popolazioni colpite dalla guerra!

Commissione Relazioni Internazionali
della Federazione Anarchica Italiana”

L’altra Israele.

Nel momento in cui scrivo vige finalmente la tregua, ma le vittime dell’aggressione israeliana nella striscia di Gaza, giunta al suo settimo giorno, sono salite a 164: persone con nomi e cognomi, con le loro vite alle quali è stata posta fine per mano del governo e delle strutture militari di uno Stato che non vuol sentire ragioni e va avanti nel tempo con la sua politica fatta di massacri, razzismo, prepotenza, una politica che nuoce in primo luogo ai palestinesi ma anche, collateralmente, agli stessi cittadini israeliani. Questi ultimi si trovano a dover vivere sotto la costante minaccia di attentati compiuti da persone disperate, alle quali i governi israeliani succedutisi negli anni hanno tolto sempre piú la speranza di una vita dignitosa e di una soluzione equa e pacifica del conflitto. Il terrorismo dello Stato d’Israele non viene perciò appoggiato da tutti/e gli/le israeliani/e: chi si rifiuta di obbedire all’autoritá e di partecipare ai soprusi, alla negazione di diritti elementari ed ai massacri nei confronti della popolazione di Gaza fa parte per ora di una minoranza di persone consapevoli e coraggiose che si spera diventi col tempo sempre più numerosa. Quelle che seguono sono solo alcune tra le tante storie di cittadini/e israeliani/e che hanno voltato le spalle al nazionalismo, al militarismo, al lavaggio del cervello imposto dai dogmi religiosi, all’obbedienza cieca, in nome di altri valori.

Natan Blanc, diciannovenne di Haifa, preferisce la prigione all’arruolamento nell’esercito;

Manifestazione di attivisti/e israeliani nel centro di Tel-Aviv contro l’attacco a Gaza, 15 Novembre;

Sbirri impediscono manifestazione di attivisti/e israeliani a Gerusalemme contro l’attacco a Gaza, 15 Novembre;

Obiettori/trici di coscienza israeliani;

Noam Gur and Alon Gurman refuses to serve in the Israeli military;

Refuseniks and Israeli Soldiers speaks out;

La storia di Jonathan Ben Artzi;

Lettera di un obiettore di coscienza israeliano;

Anarchici contro il muro.

Nessun M346 a Israele!

Mentre i massmedia allineati ci frantumano periodicamente i maroni con il presunto programma di sviluppo atomico ad uso militare portato avanti dal governo iraniano, c’é chi si preoccupa invece di parlare di pericoli più concreti ed immediati che non riguardano possibilitá ma certezze, ricordandoci la vera natura di quello Stato che per molti è l’avamposto della democrazia occidentale in Medioriente di fronte alla barbarie islamica. A tale proposito diffondo una e-mail giuntami alcuni giorni fa e invito gli/le eventuali lettori/trici non solo a diffonderla a loro volta, ma anche ad attivarsi concretamente riguardo al tema in questione. In quanto anarchico posso anche ritenere superflui e/o inoppurtuni i richiami a leggi ed istituzioni nazionali e internazionali per sostenere gli argomenti, peraltro ben condivisibili, del testo, ma si tratta in fin dei conti di dettagli di fronte ai quali il discorso centrale- il rifiuto della guerra e del militarismo e lo schierarsi dalla parte degli oppressi- prende il sopravvento e senza esitazione spinge le nostre coscienze ad agire. Inutile aggiungere che il titolo della e-mail potrebbe essere efficacemente completato con “…né a nessun altro Stato!”, ma mi pare che il rifiuto in generale della guerra e degli strumenti di morte che la consentono risulti in modo chiaro da alcuni inequivocabili passaggi presenti nel testo.

” Nessun M346 a Israele
Dedicato a Stefano Ferrario

Fin dal 2005 è operativo uno scellerato accordo di “cooperazione
militare”, economica e scientifica tra il nostro Paese ed Israele.
Un accordo che non è stato scalfito neppure dall’ “Operazione
piombo fuso” del dicembre 2008 – gennaio 2009, che ha visto Israele
colpire con il suo “potere aereo” la popolazione palestinese
civile inerme (1400 uccisi, di cui ca 400 bambini).  Un’ azione
militare brutale, senza giustificazioni, nella quale sono state usate
anche armi sconosciute o già vietate dalle Convenzioni internazionali
(fosforo bianco, bombe D.I.M.E., uranio impoverito) e nella quale
Israele ha commesso crimini di guerra e contro l’umanità (come
documentato dall’ ONU nel “Rapporto Goldstone”). Un’operazione
condannata dalle principali organizzazioni internazionali per la
promozione e la difesa dei diritti umani.

L’Italia, almeno di fronte a ciò, avrebbe dovuto condannare Israele
e recedere da quegli accordi di cooperazione militare. Ma come avrebbe
potuto quando anch’essa, dopo l’introduzione del “Nuovo Modello
di Difesa” nel 1991 – che ammette interventi militari “ovunque i
propri interessi siano minacciati” – viola sistematicamente
l’articolo 11 della nostra Costituzione, che invece “ ripudia la
guerra”?  Quando partecipa alle iniziative militari USA e NATO e fa
“carta straccia” dello Statuto dell’ONU che voleva
“risparmiare la guerra alle generazioni future”, vietandola
esplicitamente ?

Il nostro paese non avrebbe dovuto sottoscrivere quell’accordo di
cooperazione militare perché esso viola la  Legge 185/90 che pone
limiti all’export di armi verso paesi belligeranti; a maggior
ragione verso Israele, paese in conflitto e fuorilegge per la
sistematica violazione delle Risoluzioni ONU e dei pareri della Corte
Internazionale  di Giustizia dell’Aja a tutela dei diritti del popolo
palestinese.

Il Tribunale Russell (un’istituzione composta da personalità
emerite, giuristi e intellettuali, tra cui diversi premi Nobel) ha
infatti affermato che il popolo palestinese è “soggetto a un regime
istituzionalizzato di dominazione che integra la nozione di Apartheid
come definita nel diritto internazionale”. E lo Statuto della Corte
Penale Internazionale all’art. 7 comma 1 include l’Apartheid tra i
“crimini contro l’umanità”, definendolo  “atto inumano
commesso nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione
sistematica e dominazione di un gruppo razziale su di un altro, e
commesso con l’intento di mantenere quel regime”.

Invece accade che, facendo “carta straccia” anche della L.185/90,
AleniaAermacchi, la società di Finmeccanica con sede nazionale e
stabilimenti significativi a Venegono (Varese), si accinge a
consegnare ad Israele 30 jet M346 , definiti come “addestratori
tecnologicamente avanzati” ma in realtà già  strutturati per
essere armati con missili o bombe. Queste armi verranno sicuramente
testate contro i palestinesi, prima di tutti.

Nella sua qualità di addestratore l’M346 è finalizzato a formare i
piloti all’uso di cacciabombardieri  tecnologicamente più evoluti
tra i quali il “netcentrico” e “invisibile” F35, di cui
Israele si vuole dotare (19 + 56 in opzione), e che anche l’Italia
sta purtroppo acquistando per le guerre future.

Negli ultimi mesi è cresciuta in Italia una significativa opposizione
all’acquisto degli F35  per il loro costo esorbitante ( non meno di
15 miliardi di euro) che sottrae risorse all’economia civile e ai
settori dello “Stato Sociale” già colpiti dai tagli operati da
governi più o meno tecnici, capaci solo di colpire i più deboli. Ma
l’opposizione agli F35 non è certo solo economica; è soprattutto
opposizione alla “neoguerra”, pratica affermatasi negli ultimi 20
anni che chiama “pace” la guerra, e la vorrebbe giustificare  come
strumento di “sicurezza preventiva” e di “esportazione di
democrazia”, giungendo così a definirla “umanitaria”.

Ma “guerra umanitaria” è un ossimoro: la guerra provoca solo
morti, feriti, distruzioni e genera odio, rancori e vendette; essa è
quanto di più disumano si possa immaginare.

L’acquisto da parte di Israele degli M346 e degli F35 – questi
ultimi verranno prodotti e periodicamente revisionati a Cameri
(Novara) proprio da AleniaAermacchi  – è inoltre inserito
all’interno di un quadro di riarmo ad alta tecnologia, che impegna
l’industria bellica israeliana e che fa perno anche sulle sue armi
nucleari (come già denunciò nel 1986 il fisico israeliano Mordechai
Vanunu  che scontò per questo 18 anni di carcere in isolamento).

Grazie ad una accorta manipolazione mediatica Israele, che non ha mai
firmato il “Protocollo di Non Proliferazione Nucleare” e che è
ben dotato di armi nucleari, si presenta come   legittimato ad
intraprendere una guerra contro l’Iran, che invece quel Protocollo
ha firmato e che afferma di voler utilizzare l’energia prodotta da
generatori nucleari solamente a fini civili. Una guerra questa che
dobbiamo scongiurare a tutti i costi perché, tra l’altro, potrebbe
degenerare in un’escalation incontrollata.

Mai più  guerra, avventura senza ritorno.
Questi aerei non devono essere venduti.
Le armi non devono essere prodotte.

Nel maggio di quest’anno si è già svolto a Varese un importante
convegno contro l’F35 e sui temi del ripudio della guerra, del
taglio alle spese militari e della riconversione al civile.

Chiediamo ai lavoratori di AleniaAermacchi e di tutte le aziende a
produzione militare di non accettare il ricatto occupazionale e di
adoperarsi affinché le fabbriche non  producano strumenti di morte ma
siano destinate alla produzione di beni socialmente utili ed
ecologicamente compatibili.

Tra l’altro, in questo caso, la “vendita” degli M346 ad Israele
sarà “ compensata”dalla cessione all’Italia di altre armi:
infatti a fronte della commessa da 1 miliardo per la fornitura dei 30
velivoli, l’accordo commerciale prevede che noi acquistiamo da
Israele materiale bellico per il  valore di  2 miliardi.
Non possiamo più attendere, diciamo:

Solidarietà ai lavoratori che si trovano costretti a contraddirsi
nell’ etica,
ma NO alla Guerra, NO alle produzioni belliche ed ai mercanti di
morte.
Nessun M346 né altra arma deve essere data ad Israele.
L’Italia receda dall’accordo di cooperazione con quel Paese.
Siano riconosciuti i diritti del popolo palestinese.
Siano garantite Pace e Giustizia per tutti i popoli di quella
regione.
Un nuovo apartheid merita una nuova mobilitazione.

Uniamo le forze di tutti quelli che si oppongono alla violenza, alla
prepotenza, alla falsità di chi (parlando di pace e giustizia e
facendo la guerra) pratica e promuove la predazione delle nostre vite,
delle nostre speranze, delle nostre idee, del nostro lavoro. Di chi ci
fa continuamente passare sopra la testa, come malefici
cacciabombardieri, scelte di morte, di sopraffazione, di subdolo
dominio finanziario che minano la democrazia e vanificano la
sovranità popolare.
Sostenitori della Palestina, pacifisti, antinucleari, tutori dei beni
comuni, ambientalisti, oppositori di “grandi opere”e servitù
militari, associazioni umanitarie, culturali e sociali, collettivi,
reti, lavoratori e rappresentanze sindacali, disoccupati, precari,
studenti, tutti uniti in quanto vittime, o dalla parte delle
vittime…., troviamoci allora in tanti, tanti, arricchiti delle
nostre differenze, nonviolenti, a Venegono Superiore davanti ad
AleniaAermacchi, così come abbiamo fatto in passato davanti alle basi
militari di Comiso, Camp Darby, Vicenza, Solbiate Olona e alle aziende
belliche di tutta Italia, così numerose in provincia di Varese. 

VI INVITIAMO ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE
di sabato13 Ottobre 2012
presso l’AleniaAermacchi di Venegono-Varese

Il Comitato promotore varesino  (segreteria tel 0332-238347)

Da allora molte sono state le associazioni anche nazionali che hanno
aderito all’iniziativa, tra le quali Pax Christi – Ponti e non
muri, la Commissione Giustizia e Pace dei Missionari Comboniani,
Attac, Arci – Servizio Civile, Assopace e una serie di altri
soggetti che sostengono il popolo palestinese, ecc. (vedi anche
nessunm346xisraele.blogspot.it)

Lo Stesso Padre Alex Zanotelli interverrà durante la manifestazione
che si terrà attorno agli stabilimenti di AleniaAermacchi che produce
l’M346 (che ha peraltro sede legale proprio a Venegono).

Per adesioni (di associazioni, gruppi e singole persone) invia una
mail a nessunm346xisraele@gmail.com

Venegono (Varese), 30 Giugno 2012

Per favore fate girare a tutte le vostre conoscenze.

Per sostegno economico, all’organizzazione della Manifestazione
“Nessun M346 a Israele” del 13 ottobre 2012, potete effettuare un
versamento, in posta, su:
CARTA POSTA PAY, intestata a Uslenghi Anna Maria n°4023600590951168
causale (se richiesta): No M346 ad Israele

Molte Grazie

Elio Pagani (per il Comitato promotore) “

 

Contro il programma MUOS.

C’è chi definisce l’Italia, già dai tempi del secondo dopoguerra mondiale, come una sorta di colonia militare della NATO: basterebbe dare un’occhiata ad una qualsiasi mappa aggiornata che indica basi ed altre installazioni militari NATO sul territorio italiano per rendersi conto che tale affermazione non è un’esagerazione propagandistica. Le installazioni militari sono sinonimo di devastazione ambientale, rischi per la salute umana, spesa militare che è denaro sottratto ad altre necessità, impatto negativo sul tessuto sociale e sull’economia locale (“ma le basi militari creano posti di lavoro”, affermano alcuni: ma quanti altri “posti di lavoro”, se fosse questo l’obiettivo principale di una base militare, potrebbero venir creati su un territorio demilitarizzato?), senza ovviamente dimenticare il loro ruolo principale di strumento di guerra. Fra i tanti progetti portati avanti in queste zone franche, fuori dal controllo e dal potere decisionale delle popolazioni che vivono nei loro pressi, vi è quello recente del MUOS. Per spiegare megio di cosa si tratta mi affido alla definizione fornita sul sito web NO MUOS:

Il Mobile User Objective System (MUOS) ( Sistema Oggetto ad Utente Mobile) è un sistema di comunicazioni satellitari (SATCOM) ad altissima frequenza (UHF) ed a banda stretta composto da quattro satelliti e quattro stazioni di terra, una delle quali è in fase di realizzazione in Sicilia, nei pressi di Niscemi. Il programma MUOS, gestito dal Ministero della Difesa degli Stati Uniti, è ancora nella sua fase di sviluppo e si prevede la messa in orbita dei quattro satelliti tra il 2010 ed il 2013. Il sistema MUOS integrerà forze navali, aeree e terrestri in movimento in qualsiasi parte del mondo ed ha l’obiettivo di rimpiazzare l’attuale sistema satellitare UFO. E’ composto da tre trasmettitori parabolici basculanti dalle dimensioni di circa 20 metri ad altissima frequenza 2 antenne elicoidali UHF per un totale di circa 2059 mq di cementificazione. Sino ad oggi “attive” ve ne sono tre: Virginia, Hawaii e Australia, istallate in zone desertiche. Un quarto gli Stati Uniti lo vorrebbero istallare  nella base di C.da Ulmo di Niscemi ( NTFR-NASSIG-NATO), nel bel mezzo della Riserva Naturale Orientata Sugereta di Niscemi. Secondo alcune ipotesi mediche, i campi elettromagnetici prodotti, potrebbero interferire su qualunque apparecchiatura elettrica, quali by-pass, sedie a rotelle, pace-maker, anche a distanza di oltre 140 km, come si evince da studi americani. Tutto ciò comporterebbe “a lunga distanza” insorgenze tumorali agli organi riproduttivi e leucemie.”

Questa bella trovata, il cui costo si aggira intorno ai 3 miliardi di dollari- ma la cifra potrebbe addirittura raddoppiare, è parte del progetto di evoluzione delle tecnologie militari con le quali condurre in modo più efficace e “scientifico” le future guerre contro fantomatici nemici, ieri i comunisti, oggi i musulmani, sempre e comunque chiunque non si allinei alle scelte ed agli interessi del blocco imperialista filoamericano e si trovi in posizione di debolezza militare rispetto agli aggressori. I danni all’ambiente ed alla salute umana sono effetti collaterali già messi in conto, così come sono danni collaterali i sempre più numerosi civili che cadono vittime di conflitti oggigiorno orwellianamente definiti come “missioni di pace” o “interventi umanitari”.

Contro l’ennesimo scempio militarista la popolazione siciliana non è rimasta però a guardare. Su tutto il territorio sono nati comitati NO MUOS che hanno promosso incontri informativi e iniziative di protesta con il chiaro obiettivo di fermare il progetto. L’opposizione al MUOS è variegata e comprende diverse realtà politiche e individui che partono da presupposti diversi, resta da vedere se questa varietà di posizioni risulterà essere un ostacolo e causa di divisioni interne nelle fasi cruciali delle lotte o se, al contrario, sarà decisiva a livello non solo di coinvolgimento numerico ma anche di contaminazione di idee e varietà di pratiche adottate. In ogni caso la questione MUOS non è un problema che riguarda solo gli/le abitanti del territorio nel quale l’installazione dovrebbe venire a trovarsi, ma chiunque abbia a cuore la difesa dell’ambiente e della salute umana e l’opposizione al militarismo. Inoltre la problematica è più ampia di ciò che possa sembrare e riguarda anche il controllo dei flussi migratori, l’uso del nucleare per scopi militari, la sovranità teritoriale e le strategie geopolitiche decise da chi comanda il pianeta. Anche per questo l’ambizione del movimento di opposizione al MUOS è quella di estendersi a livello nazionale, sensibilizzando e coinvolgendo sempre più persone nella lotta. Fra le tante iniziative promosse dai comitati NO MUOS è prevista dal 26 Settembre al 6 Ottobre una settimana di mobilitazione per la smilitarizzazione del territorio siciliano che si concluderà con una manifestazione nazionale a Niscemi il 6 Ottobre 2012. Per informazioni e adesioni alla manifestazione: futuro-verde@hotmail.it – 3895155514-3297439783; beni.comuni@virgilio.it; 333-3067017. A chi volesse tenersi aggiornato/a sulla vicenda ed avere maggiori informazioni sul progetto e sull’opposizione ad esso consiglio di seguire il sito Sicilia Libertaria, in particolare i tags “MUOS” e “NO MUOS”, oltre ai siti dei comitati NO MUOS reperibili in rete.

Firenze: assemblea pubblica e dibattito sulla gestione dei terremoti e delle “emergenze”.

Fonte: Informa-Azione.

” A CHI ANCORA CREDE NELLE ISTITUZIONI
I terremoti sono sempre più spesso utilizzati dallo Stato per sperimentare fino a che punto può spingersi il controllo, fino a che punto può arrivare la sopportazione della gente. Quello che i media non vi diranno mai è che all’interno dei campi della PROTEZIONE CIVILE i terremotati non possono consumare cioccolata, alcool, caffè e, nel modenese, persino tabacco. Che gli viene impedito di riunirsi, di distribuire volantini, di protestare. Circondati da autentici check-point di militari, “volontari” e sbirri di ogni tipo, devono mostrare i documenti tutte le volte che entrano ed
escono. Che devono indossare permanentemente braccialetti di identificazione. Che chi non accetta la Protezione di Stato si vedrà tagliato fuori dai fondi per la ricostruzione e non avrà più una casa, né la propria né un’altra.
Ieri all’Aquila, oggi in Emilia, lo Stato si allena a tenere in pugno, ricattare e sradicare un’intera popolazione, sperimentando forme di controllo che oggi vengono applicate all’”emergenza”, ma che presto verranno imposte all’intera società. La Protezione Civile, con i suoi illimitati poteri, è insieme una sorta di super-polizia e la lunga mano della speculazione a venire.
Ma alcuni non ci stanno e danno vita a campi autogestiti, minacciati di sgombero.
Vogliamo sostenere queste esperienze e insieme chiederci come spezzare i meccanismi di coercizione dello Stato. Contro una pelosa Protezione, per una reale auto-organizzazione.

Ne parliamo con alcuni testimoni diretti.

18 luglio a partire dalle ore 18.00 – in Piazza D’Azeglio

ASSEMBLEA PUBBLICA E DIBATTITO
con alcuni compagni che partecipano all’esperienza dei campi autogestiti e alcuni dell’Aquila

in serata aperitivo con cibo tutto offerta libera tutto benefit e

a seguire proiezione

PUNTO DI RACCOLTA DI GENERI DI NECESSITA’ (alimenti non deteriorabili, coperte, giocattoli, assorbenti, pannolini ecc) PER I CAMPI AUTOGESTITI (E NON PER QUELLI DELLA PROTEZIONE CIVILE!) ”

Boicottiamoli sempre.

“Scioperate contro la guerra, perché senza di voi nessuna battaglia può essere combattuta! Scioperate contro le granate, i gas, le bombe e tutti gli altri oggetti di morte! Scioperate contro i preparativi di morte e distruzione di milioni di esseri umani! Non siate stupidi ed obbedienti schiavi di un esercito distruttivo! Siate gli eroi di un esercito costruttivo!”

La frase qui sopra è di Helen Keller, che pur essendo diventata cieca e sorda all’età di due anni fu capace in vita sua di vedere e sentire più della maggior parte delle persone ritenute “normali”. Le cosiddette persone “normali”, in Italia, si svegliano alla vigilia del 2 Giugno del 2012 chiedendo che la parata militare organizzata per la Festa della Repubblica venga sospesa in segno di lutto e di rispetto nei confronti delle vittime del sisma che ha colpito l’Emilia-Romagna. Con i soldi che si spenderebbero per le celebrazioni del 2 Giugno (“Troppo tardi, già spesi”, ricorda un ministro dell’attuale governo tecnico), dicono, si potrebbe aiutare la ricostruzione delle zone terremotate. Ma é da quel dì che un pugno di pazzi privi di amor patrio continua a ripetere che il denaro investito nelle spese militari é denaro sottratto ad altri servizi utili alla comunitá, denaro che alimenta una macchina di morte e di oppressione! Questi pazzi anormali dicono che senza gli Stati non ci sarebbero guerre e senza obbedienza cieca, miseria economica e morale e mancanza di senso critico non ci sarebbero eserciti, affermano che le guerre sono necessarie al sistema economico capitalista per la creazione di nuovi mercati e l’approvvigionamento (leggi:rapina) di nuove risorse, ma anche per sottomettere chi si oppone alle smanie di dominio delle superpotenze mondiali. Questi pazzi che non amano la loro Patria più di tutte le altre Patrie, che non salutano la bandiera, che non onorano il Presidente, sono i disertori di sempre, coloro che fomentano l’insubordinazione e invitano all’indisciplina: un tempo sarebbero stati fucilati o sbattuti in galera (non che le due opzioni non siano valide ancora oggi, specialmente la seconda ma ogni tanto anche la prima) per statuire un esempio e mantenere l’ordine. Meno male che viviamo in un mondo di persone normali, altrimenti a qualcuno salterebbe in mente non solo di boicottare la parata militare del 2 Giugno per un fatto di circostanza, ma magari di boicottare l’esercito, la Patria, lo Stato e tutte le strutture che creano diseguaglianza, sfruttamento ed oppressione, ogni dannato giorno dell’anno.

Longsleeve: Abolish Capitalism - Smash The State - For A Free Humanity - For Anarchism

Ricordando Vittorio Arrigoni.

Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, che è la famiglia umana“.

Vittorio Arrigoni può essere ricordato in tanti modi. Su di lui possono venir scritte poesie, articoli, canzoni, si possono far video, opere pittoriche, magari anche monumenti. Per quanto mi riguarda, il modo migliore per ricordarlo, per ricordare la sua vita, non la sua morte, è continuare ad impegnarsi per far conoscere la verità su ciò che subisce la popolazione palestinese a Gaza (e non solo), solidarizzando con gli oppressi, aiutando come si può pur sapendo di non star facendo abbastanza, ma soprattutto continuando a sentire la sofferenza di queste persone come se fosse la nostra- una frase che sembrerà insignificante a chi vive tranquillo e intontito nel proprio piccolo mondo, ma che per me vuol dire tutto.

Per continuare a controinformare, aprendo una breccia nel muro di silenzio innalzato dai complici delle umiliazioni, delle discriminazioni, delle violenze, della negazione di una vita dignitosa perpetrate quotidianamente con un chiaro progetto politico dallo Stato di Israele contro la popolazione palestinese, contro il terrore usato contro chiunque si opponga a tale situazione: restiamo umani, non restiamo in silenzio.

Quelli che seguono sono alcuni documentari informativi che affrontano temi quali le condizioni di vita dei palestinesi nei territori occupati, la repressione e la guerra contro i civili condotta dallo Stato israeliano, ma anche le lotte contro l’oppressione portate avanti anche da cittadini/e israeliani/e che rifiutano di essere complici di tali ingiustizie e atrocitá:

-“Good times. Il muro della vergogna sionista“;

-“Only for one of my two eyes” (sottotitolato in italiano);

-“Jenin, Jenin” (sottotitolato in italiano);

-“Gaza risponde a Roberto Saviano” e “Israele risponde a Roberto Saviano“;

“Shachaf Polakow- Anarchists Against The Wall” (english language).