Notizie e approfondimenti sui riots a Stoccolma.

Stockholm riots

Alcuni articoli di controinformazione in diverse lingue sulla recente rivolta scoppiata a Stoccolma a seguito dell’omicidio di un anziano da parte della polizia:

“Stoccolma: seconda notte di Rivolta!”, da Infoaut;

“Svezia, calma apparente a Stoccolma ma i riot si estendono”, da Infoaut;

“Ancora sui riots di Stoccolma”, da Infoaut;

“Sweden, Stockholm, Megafonen statement on Stockholm riots”, da A-Ifos (inglese);

“Megafonen: We don’t start no fires”, da Libcom (inglese);

“Solidarität mit den Rebellierenden in Stockholm, da Contra-Info (tedesco);

“Do not treat us like animals”, documentario sull’ organizzazione Pantrarna e sulle problematiche dei quartieri periferici a Stoccolma (svedese, sottotitoli in inglese);

-“Stoccolma Riot. È la fine del capitalismo dal volto umano”, da Anarchaos.

Iniziative No TAV, No MUOS e No Ponte.

Fonte: Notav.Info 

” Difendiamo la nostra terra, e difendiamo il nostro futuro!

574951_530297293681553_1917674626_nAncora una volta scendono insieme in piazza i movimenti che lottano per la difesa della salute e del territorio contro le grandi opere inutili , dannose ed imposte ai cittadini:

il 16 MARZO a MESSINA per chiudere definitivamente la partita del Ponte sullo Stretto e continuare le lotte per la Rinascita del Territorio, ribadendo la necessità di sopprimere la Stretto di Messina Spa, il recesso dal contratto con Eurolink (General Contractor per la progettazione e costruzione del Ponte), il non riconoscimento di alcuna penale e alcun debito.

il 23 MARZO in VALSUSA per impedire che una nuova linea TAV devasti inutilmente una valle. Mentre un intero sistema di trasporto pubblico è al collasso le grandi lobby guardano alle linee di alta velocità come al più grande business del secolo: impedire lo scempio e smascherare le complicità del forte intreccio politica/mafia è possibile e più che mai urgente.

il 30 MARZO a NISCEMI per revocare ed impedire la costruzione del Muos, il sistema d’antenne satellitari ad alto inquinamento elettromagnetico pensato per governare le guerre planetarie del terzo millennio (quelle degli aerei senza pilota, della guerra automatizzata), per smantellare le 46 micidiali antenne già installate , per la smilitarizzazione dei nostri territori .

Un mese di mobilitazione in cui faremo sentire le nostre voci all’unisono, in cui ricorderemo nuovamente che le lotte contro il ponte sullo stretto, contro il TAV in Val di Susa, e contro il MUOS in Sicilia si intrecciano naturalmente in un’unica battaglia per la difesa dei beni comuni. Diverse sono le specificità delle nostre lotte ma un filo rosso le unisce nei comuni obiettivi di fondo e nelle forme di una protesta la cui forza è continuamente alimentata da un’ampia partecipazione popolare.

Le nostre lotte hanno un forte legame con quelle per il lavoro e per la difesa dei diritti, unite purtroppo anche dalla stessa dura repressione, mentre rimane inascoltata la domanda sempre più urgente di una democrazia in cui cittadini possano decidere del loro futuro.

Una democrazia incompatibile con le grandi opere che devastano territori e utili solo ad alimentare il grande business del malaffare sottraendo risorse pubbliche alla sanità, alle pensioni, alla scuola, alla cultura, alla messa in sicurezza del territorio e degli edifici; una democrazia che rifiuta l’occupazione militare di vaste aree del nostro paese per preparare nuove micidiali guerre in tutto il mondo.

Difendiamo la nostra terra, e difendiamo il nostro futuro!

Facciamo appello a tutte le realtà che lottano contro le grandi opere inutili a mobilitarsi con noi promuovendo iniziative nel proprio territorio

Movimento NoPonte
Movimento NoTav
Coordinamento regionale dei comitati NoMuos

Sull’attuale lotta per la difesa degli spazi occupati in Grecia.

villa

Villa Amalias, con i suoi 23 anni di storia il più longevo spazio occupato e autogestito di Atene, è finito recentemente nel mirino della repressione governativa per mano della quale ha subìto uno sgombero il 20 Dicembre del 2012. La scusa per scatenare la repressione nei confronti di una realtà anticapitalista, antiautoritaria e autogestita nel cuore di Atene è stata una retata antidroga, durante la quale la polizia sperava inoltre di trovare un vero e proprio arsenale di armi. Nonostante la delusione degli sbirri dopo la perquisizione dei locali, che ha fruttato solo il ritrovo di bottiglie di birra vuote e poco combustibile usato per il riscaldamento, il tutto prontamente trasformato dagli avvoltoi della stampa asservita in materiale per fabbricare molotov, sono stati arrestati otto occupanti presenti durante l’azione di sgombero (rilasciati poi cinque giorni dopo). La reazione dei/lle solidali non si è fatta attendere: numerose manifestazioni hanno avuto luogo nei giorni successivi in tutta la Grecia, inoltre ci sono state azioni dimostrative di solidarietà anche all’estero. Come se non bastasse l’azione repressiva del governo, il 22 Dicembre i neonazisti di Alba Dorata danno fuoco al centro sociale Xanadu nella cittá di Xanthi provocando ingenti danni materiali e mettendo in pericolo la vita degli/lle occupanti- il centro sociale viene attualmente ristrutturato. A seguito di una telefonata anonima che denuncia il commercio di “articoli illegali”, il 28 Dicembre le cosiddette forze dell’ordine operano arresti in un mercato di fronte alla facoltá di economia dell’ Universitá di Atene, occupano la facoltà e irrompono in alcuni locali autogestiti al suo interno, sequestrando tra l’altro il locale della radio anarchica „radio98fm“ che trasmetteva da lì da circa 10 anni.

Di fronte a queste aggressioni il movimento anarchico e chi con esso solidarizza non restano a guardare. Si susseguono le manifestazioni e le azioni dirette, tra cui il danneggiamento di alcune sedi dei partiti di governo PASOK e Nea Dimokratia e l’incendio di un tribunale ad Atene, fino ad arrivare alla rioccupazione di Villa Amalias la mattina del 9 Gennaio da parte di un centinaio di persone. La polizia reagisce con l’uso di lacrimogeni e l’arresto di 92 persone, mentre alcuni solidali nelle stesse ore occupano la sede centrale del partito di governo Dimar, subendo di conseguenza denunce e fermi. Nello stesso giorno viene sgomberato dalla polizia anche il centro sociale Skaramangá, attivo dal 2009, e sette persone presenti al suo interno vengono arrestate. Ancora una volta le azioni di solidarietà non si fanno attendere e, oltre ai cortei (il più numeroso dei quali, forte di 10mila partecipanti, si è svolto nella capitale greca il 12 Gennaio) ed agli attacchi simbolici contro i simboli del potere, si risponde con nuove occupazioni di sedi radio a Xanthi, Salonicco e Atene e con l’occupazione della facoltà di Economia ad Atene e di una sede del partito governativo Nea Dimokratia a Candia. E la lotta continua…

Uno dei comunicati tra i tanti diffusi a seguito dello sgombero di Villa Amalias e degli eventi successivi contiene a mio parere un’analisi semplice e al tempo stesso chiara sull’azione dello Stato, sulla sua vera natura. Parole pienamente condivisibili scritte da persone che di fronte alle manovre repressive degli apparati di potere non hanno la minima intenzione di arrendersi, compagni e compagne ai/lle quali va tutta la mia più sincera solidarietà.

“Atene: nuovo comunicato da Villa Amalias”, su Informa-Azione.

3 Dicembre: manifestazione No TAV a Lione (Francia).

Per altre informazioni clicca qui.

E visto che ci sono, prendo l’occasione per esprimere la mia solidarietà alle persone colpite nell’ambito dell’ultima operazione repressiva condotta contro il movimento No TAV. La violenza dello Stato, gli interessi di speculatori e profittatori, le menzogne di politicanti e pennivendoli vari non fermeranno la lotta per la difesa del territorio, in Val Susa e altrove. ORA E SEMPRE NO TAV!

Genova: iniziativa contro sgomberi, sfratti ed espropri.

Genova - Contro sfratti, sgomberi ed espropri

Fonte: blog Genova 27 Ottobre.

“CONTRO SGOMBERI, SFRATTI ED ESPROPRI NO GENTRIFICATION NO TERZO VALICO SABATO 27 OTTOBRE, H.15 CORTEO PIAZZA RAIBETTA GENOVA

La cronaca locale dei giornali cittadini di questi ultimi mesi ha riempito le proprie pagine con articoli su occupazioni di anarchici, sfratti di inquilini morosi di case popolari, espropri per la realizzazione del Terzo Valico. E’ ora di dire qualcosa al proposito.

A Genova sono attualmente nel mirino del Comune oltre quattrocento famiglie che stanno vivendo in case popolari senza pagare l’affitto. Verranno sfrattate il prima possibile.
Come ricordano i giornali, uno sfratto per morosità a così tante persone, tutte assieme, non si è mai verificato a Genova. Non importa che il paese sia sull’orlo del collasso e che le persone perdano lavoro e casa; per il Comune è inaccettabile che ci si rifiuti di pagare per avere un tetto. Da un lato perché deve fare cassa, e lo fa sulla pelle dei proletari, dall’altro è necessario che passi un messaggio: non si possono rifiutare le loro tasse e le loro imposizioni, si tratti di occupazioni o sfratti morosi non ci si può sottrarre ai meccanismi sociali che riproducono privilegio ed esclusione.

Nel centro storico sotto attacco delle autorità ci sono le occupazioni di quelli che loro chiamano “antagonisti, anarchici, centri sociali”. Ad agosto è stata sgomberata la casa occupata Giustiniani 19. Chi l’aveva occupata era stanco di pagare un affitto, voleva aprire uno spazio di confronto, dibattito e lotta, convinto che riappropriarsi di ciò che è nostro e praticarlo insieme fosse un modo per iniziare.
Oggi sono sotto minaccia di sgombero le successive occupazioni di Piazza delle Vigne 4, un palazzo storico abbandonato da 18 anni aperto e rimesso a disposizione della città, e quella di Vico Untoria 3, occupazione abitativa e di contrasto al progetto di gentrification del Ghetto.
Infatti dietro la retorica della riqualificazione del centro storico c’è, da parte delle Istituzioni, un’idea e un progetto di città come merce da vendere ai turisti e ai ricchi che non tollera voci e presenze dissidenti.

In Valpolcevera infine il Comune, insieme al Cociv, sta da mesi tentando di espropriare terre e case per realizzare il Terzo Valico, variante genovese del TAV, ovvero una grande opera costosissima, dannosa e utile solo a padroni e lobbies mafiose. Nel momento in cui non ci sono più soldi per niente e piovono tagli e licenziamenti quest’ulteriore ferita nella già martoriata Valpolcevera viene giustificata con la necessità di far viaggiare più veloci manager e merci, in una parola, il profitto!

Riqualificare/gentrificare il centro storico espellendo i poveri, sfrattare i morosi e sgomberare occupanti, costruire il Terzo Valico sono facce dello stesso progetto: profitto, speculazione, guerra ai poveri, modellare un mondo a misura dei ricchi. Mentre tutto sta per crollare, è importante per mafiosi e affaristi spremere le ultime gocce e contemporaneamente dare un’immagine luccicante e rassicurante che nulla sta accadendo.
Attraverso queste storie che s’intrecciano si dimostra in modo chiaro quali sono i piani dei potenti; levandoci case dove vivere e spazi dove condividere esperienze vogliono renderci sempre più deboli, isolati e ubbidienti. E’ urgente rompere il silenzio, prendere posizione e scendere in strada. E’ urgente reagire e praticare la solidarietà perché solamente insieme, soltanto mettendo in comune le lotte possiamo costruire quella forza sociale in grado di opporsi ai piani dei potenti, in grado di trasformare le nostre vite.”

Informazioni ed articoli sulla nuova operazione repressiva antianarchica a Trento e Rovereto.

Proseguono le manovre repressive del democraticissimo Stato italiano (quello che ancora non s’è disfatto di molti articoli del Codice Rocco) contro il movimento anarchico. Il 27 Agosto è scattata un’operazione dal nome che è tutto un programma, che vede indagati circa 43 compagni/e per associazione sovversiva (270bis). Per ora sono stati perquisiti spazi ed abitazioni tra Trento e Rovereto, il compagno Massimo Passamani è stato posto sotto arresto ed ora si trova in isolamento nel carcere di Alessandria, mentre un’altra compagna, Daniela, é agli arresti domiciliari. Per conoscere meglio i retroscena di questa nuova, mirabolante impresa dei paladini della legge, vi invito a leggere gli articoli che seguono. Intanto per chi volesse scrivere al compagno in carcere, questo è l’indirizzo attuale: Massimo Passamani,
Carcere San Michele strada Casale 50/A, 15122 Alessandria.

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Testo del volantino distribuito durante il presidio solidale del 28 Agosto 2012 a Rovereto;

“Massimo Passamani. Un anarchico dalla parte del torto”, riportato da Anarchaos;

“Dopo le Pussy Riot, ora tocca ai Ludd”, riportato da Anarchaos.

 

Genova – Occupato vico Untoria 3 dopo lo sgombero di Giustiniani19.

Fonte: Informa-Azione.

Ci togliete la casa, ci riprendiamo tutto – Occupato vico Untoria 3

Oggi 12 agosto prendiamo possesso dei sei appartementi di Vico Untoria 3, nel Ghetto del centro storico genovese. Li occupiamo perché siamo tutti senza una casa, da quando, martedì 7 agosto, le autorità genovesi hanno deciso di sgomberarci dalla casa occupata di via dei Giustiniani 19. Li occupiamo perché non possiamo permetterci un affitto e perché riteniamo giusto e legittimo non pagarlo nel momento in cui decine di migliaia di spazi, abitativi e non, vengono lasciati vuoti e inutilizzati dalle amministrazioni pubbliche, dalla Chiesa e da ricchi privati di vario genere per mantenere alti i livelli del mercato immobiliare. Li occupiamo perché vogliamo continuare a vivere insieme, perché crediamo che l’autorganizzazione e la condivisione reale siano anch’esse modi per fronteggiare la miseria materiale e affettiva a cui l’attuale società costringe tutti quanti.
Occupiamo questo edificio consapevoli che a fine mese partirà un bando di concorso per la sua assegnazione.
I proprietari, Ri.Genova e il Comune, diranno che rubiamo le case ai poveri, che ostacoliamo un progetto sociale, un esempio concreto di sana gestione della “cosa pubblica”.
Non è così. Abbiamo letto il bando e abbiamo capito le reali intenzioni del Comune e di Ri.Genova su questo edificio e sulla generale riqualificazione di questa fetta di centro storico.
Abbiamo capito che per la giunta Doria, quella dell’amministrazione partecipata, la giunta vicina ai cittadini, per avere “diritto” ad una casa bisogna, sostanzialmente, non essere poveri. Di fatto bisogna avere tutte quelle garanzie sociali che da anni stanno venendo meno come un lavoro fisso e un reddito stabile. E’ necessario non avere debiti con Equitalia o enti affini, non aver subito sfratti per morosità (proprio nella città che ne presenta, con il 73%, la più alta percentuale d’Italia); meglio ancora essere una coppia etero e un nucleo familiare tradizionale.
Tutti questi criteri di assegnazione evidenziano uno scollamento dalla realtà sociale fatta di precarietà, disoccupazione, indigenza e la volontà di escludere una buona fetta di popolazione con bisogni e necessità urgenti, dettati proprio da quelle condizioni materiali e umane non considerate prioritarie dal Comune. Si escludono anche tutte quelle forme di convivenza e condivisione non normate, liberamente scelte e praticate come sostegno e appoggio reciproco alternative alla famiglia tradizionale.
Si tratta di una scelta precisa che mostra quale tipo di riqualificazione l’amministrazione vuole attuare, guardando anche agli altri interventi che si stanno portando avanti.
Il quartiere del Ghetto, oggi presentato come una delle zone buie del centro storico, in mano al degrado, allo spaccio e alla criminalità, con un’altissima precentuale di immigrati, dovrebbe subire quella serie di interventi urbanistici tipici ormai di moltissimi centri cittadini d’Europa e nota come gentrification: rimessa a nuovo estetica, innalzamento dei prezzi immobiliari e commerciali, espulsione dei suoi storici abitanti e comunità popolari ed inserimento di nuove fasce di popolazione abbienti per rimodellarne il volto.
Non vi sarà alcun posto, nel Ghetto del futuro, per chi lo vive, lo anima e lo valorizza con la sua presenza. Piuttosto diventerà una vetrina chic per i turisti, con la sua particolarità storica mantenuta solo di facciata, abitato da manager e ricchi con pruriti alternativi.
Un processo di questa portata non si realizza da un giorno all’altro. Non sarebbe possibile, oggi, alzare di molto il valore immobiliare reale di questo quartiere. E, soprattutto, nessun ricco vi si inserirebbe, ora.
Ecco il perché di un bando simile. Inserire una fascia di popolazione intermedia che contribuisca a modificare a poco a poco la realtà sociale, spostando progressivamente i poveri lontano dal centro e ammassandoli nelle periferie.
Noi rifiutiamo di accettare la completa distruzione della comunità umana, del carattere popolare dei quartieri che ancora la conservano. Pensiamo che solo i rapporti reali e concreti della gente che li abitano possano valorizzarli e renderli vivi.
Noi non riconosciamo all’amministrazione comunale alcuna leggitimità per decidere sui nostri e altrui bisogni. Per queste ragioni ci riprendiamo una piccola parte di ciò che è anche nostro.
Noi siamo gli invendibili, gli incollocabili, quelli che, come tanti, non corrispondono ai criteri dell’assegnazione.
Da oggi siamo qui.
Il bando è chiuso.

giustiniani 19 in esilio

“Fratelli di TAV” e “I peccati della Maddalena”.

“Fratelli di TAV” é un documentario-inchiesta diretto da Manolo Luppichini e Claudio Metallo, realizzato nel 2008, che rivela quali siano gli “effetti collaterali” del progetto dell’alta velocità ferroviaria. Attraverso interviste a ingegneri, economisti, sindacalisti, scrittori/trici, operai, attivisti/e del movimento NO TAV ed altre persone “comuni”, il ducumentario fa luce sugli interessi economici legati al faraonico progetto TAV e sui legami fra la grande opera e la criminalità organizzata, mettendo in evidenza le conseguenze nefaste del progetto anche attraverso le testimonianze di persone direttamente danneggiate. Mafie, corruzione politica, sprechi di denaro pubblico, militarizzazione del territorio, violenza poliziesca, devastazione ambientale, danni irreparabili al tessuto sociale ed economico locale: c’é tutto questo dietro il progetto TAV, che però di fronte a sé trova l’accanita resistenza della popolazione della Val Susa e di tutti/e i/le resistenti e solidali che da ormai vent’anni lottano contro una truffa vantaggiosa per pochi e disastrosa per i più. In appendice al documentario il video “I peccati della Maddalena”, anch’esso realizzato da Luppichini, breve cronaca dello sgombero da parte del braccio violento della legge di quella che venne ribattezzata la Libera Repubblica della Maddalena, avvenuto nel Giugno del 2011. Buona visione, informatevi e informate!

 

Estate NO TAV…

Fonte: Morire Contro.

“L’operazione giudiziaria del 26 Gennaio scorso, secondo le parole del procuratore capo di Torino Caselli, ha voluto colpire dei singoli fatti delittuosi e non il movimento NO TAV  nel suo insieme. Il reale tentativo è stato quello di isolare dal proprio contesto i fatti del 27 Giugno e del 3 Luglio, depoliticizzare quelle giornate, colpendo chiunque si trovasse fisicamente ad affrontare la polizia per difendere la Libera Repubblica della Maddalena prima e per cercare di riprenderla poi.
Portare la valle in città
La solidarietà agli arrestati si è diffusa in tutta Italia confermando che la lotta NO TAV non è solamente una lotta locale, ma trae la sua forza dal collegamento e dalla vicinanza con le altre lotte. Il movimento NO TAV ha assunto la questione repressiva come già aveva fatto dopo il 3 Luglio, quando una campagna mediatica si era scatenata per costruire l’identikit del black bloc sbarcato in Val Susa per attaccare la polizia. Il “siamo tutti black bloc” seguito dal “si parte e si torna insieme” da semplici slogan sono diventate pratiche e modalità condivise. Così anche nella fase processuale, momento particolarmente delicato, è necessario che si rivelino in tutta la loro forza, in quanto patrimonio collettivo. Il fatto che la maggior parte degli arrestati non fossero abitanti della Val Susa ha provocato l’effetto opposto rispetto a ciò che si auspicavano i magistrati. Dopo gli arresti sono state innumerevoli le azioni di solidarietà diffuse in tutta la penisola e oltre, dai blocchi stradali alle occupazioni di stazioni, passando per i benefit e gli incontri pubblici a sostegno della lotta. Il collegamento del movimento NO TAV con il resto del paese si è reso ancora più evidente, ancora più intenso.
Il processo è parte della lotta No Tav
Non sono solo la vicinanza e la solidarietà attiva agli arrestati a fare del processo una parte della lotta NO TAV. E’ necessaria un’assunzione da parte di tutti, un’elaborazione comune delle pratiche e delle parole giuste per affrontare ogni fase processuale. Serve un collegamento tra i momenti giuridici, che si reggono su un terreno a noi ostile, e il ritmo della lotta stessa. L’intensità raggiunta con le esperienze vissute durante le varie fasi della lotta costituisce una risorsa preziosa che non possiamo permetterci di disperdere. Mentre il processo inizierà il 6 Luglio, un campeggio sarà già presente in valle, creando un spazio d’incontro dove intensificare i legami già esistenti e conoscere nuovi compagni. La circolazione tra questi due ed altri momenti sarà un’occasione per rafforzare il movimento e trasformare l’operazione repressiva, lanciata dalla magistratura, in un boomerang che le si rivolga contro. Subire un arresto, dover passare mesi in carcere, sentire la mancanza di un compagno, un amico indispensabile per la lotta ha un peso enorme sulla forza del singolo e della collettività che gli è vicino. D’altra parte sono i momenti difficili a svelare quanto di politico nasconde un’amicizia, quanto è forte e indissolubile prendere dei rischi insieme, stringersi per non sentirsi soli a subire la repressione. Il volto del potere non assume i tratti di un’astratta figura che dirige e impone dall’alto, come un moderno Leviatano, ma è qualcosa di molto più familiare fatto di funzionari che ci negano permessi, poliziotti che ci svegliano nel cuore della notte, comportamenti che a volte noi stessi riproduciamo e dispositivi che ci tengono divisi. Dagli arresti del 26 Gennaio le misure restrittive sono state dure, tenendo ancora in carcere quattro compagni a distanza di quasi cinque mesi, censurando le corrispondenze, respingendo richieste di permessi. L’accanimento repressivo dimostra quanto la lotta NO TAV faccia paura, perché capace di rendersi offensiva e non solo resistente, continuativa ma anche attraversata da momenti di accelerazione.
Ipotesi su una difesa collettiva
A Milano alcuni imputati del processo NO TAV si sono incontrati con altri compagni per iniziare a confrontarsi su come affrontare il processo che inizierà il 6 Luglio al tribunale di Torino. La volontà di costituire un’unità al processo, non è solo una scelta di difesa ma una possibilità d’attacco, in quanto l’obiettivo della giustizia, come già avvenuto con l’operazione repressiva, è quello di dividerci. Per questo le scelte individuali o le deleghe non consapevoli agli avvocati rischierebbero di depotenziare la difesa collettiva e di prestare il fianco all’accusa. Unità non vuol dire uniformarsi ad una linea monolitica di difesa o cadere in un frontismo neutro che annulli le divergenze, ma significa arrivare compatti pur nella diversità di posizioni e di sensibilità. L’eterogeneità non deve essere un ostacolo:può diventare un’occasione per elaborare insieme le scelte su ogni passaggio processuale. Il processo dovrebbe essere affrontato con la stessa attitudine con cui il movimento NO TAV è riuscito a rimanere compatto nelle sue differenze, anche nei momenti difficili. Così come parte e si torna insieme nei boschi della Clarea, e tra i guardrail dell’A32, con lo stesso spirito dobbiamo affrontare l’infame aula del tribunale. Difesa comune significa confrontarsi il più possibile tra imputati e avvocati sulle scelte da fare, allargando la presa in carico del processo a tutto il movimento NO TAV. Fondamentale è il collegamento con le prossime fasi della lotta, portando tutta la forza che il campeggio saprà esprimere all’interno del tribunale. Scegliere il rito ordinario è un’occasione per collegare le fasi processuali con la lotta. Andare a dibattimento, portare testimonianze ed elementi difensivi significa entrare in un terreno ostile non come soggetti passivi che attendono il giudizio, ma prendendo parte al processo con lo spirito combattivo che caratterizza il movimento NO TAV. Rinunciare a questa opzione e fare la scelta del rito abbreviato preclude ogni possibilità di rendere questo processo un’occasione politica e di rilancio della lotta. Oltre che esporre se stessi e gli altri a rischi maggiori, questo confermerebbe la tesi dell’accusa di trovarsi di fronte ad un movimento frammentato. Pur consapevoli delle difficoltà soggettive ed emotive che attraversano gli imputati, la posizione più forte che possiamo sostenere è che davanti ai giudici non ci saranno degli individui chiamati a rispondere delle loro azioni, ma un intero movimento di lotta che non si è fermato davanti alle cariche e nemmeno davanti ad arresti e processi. L’intenzione di questo documento è proporre una discussione rispetto al processo, alle scelte tecniche e un confronto per non arrivare divisi in aula, per non partire già rassegnati alla condanna.”

Occupato edificio di proprietà della provincia a Bologna.

Il comunicato che segue è tratto dal sito Anarchaos, che a sua volta lo riprende da emiliaromagna.indymedia.org:

” Bologna- Perchè abbiamo occupato lo stabile di via Libia 67

La sera del 13 aprile abbiamo occupato lo stabile di proprietà della provincia situato in via Libia 67 A Bologna in risposta agli espropri dei terreni della popolazione della Val Susa, legalizzati il giorno 11 aprile, per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.

Da tempo il ritornello “portare la Valle in città” sta rimbalzando in tutta Italia arrivando ad oltrepassarne i confini. Siamo convinti che questo significhi innanzitutto riportare in ogni città la determinazione che le lotte dei valsusini hanno avuto nel corso degli ultimi 20 anni, per riuscire ad individuare in ogni territorio le pieghe delle contraddizioni di questo sistema e ad infilarsi al loro interno per contrastarle.
Viviamo in territori violentati in nome delle scelte economico-politico-strategiche di chi detiene le chiavi del potere.
Lorsignori ci parlano di “valorizzazione del territorio” e di “riqualificazione” e per farlo rendono i nostri quartieri e le nostre valli degli eterni cantieri con la promessa di farci vivere in luoghi migliori, più efficienti, più funzionali, più sicuri… ma ciò che resta è solo la devastazione delle lobbies del cemento.
Progettano il futuro sulla base di un efficientismo economico che non risponde a null’altro se non ali loro stessi profitti chiedendo però enormi sacrifici a tutti noi.
Puntano a relegare nelle periferie dell’esistente chi è sfruttato, perchè se alzasse la testa sarebbe troppo pericoloso.
Incarcerano chi si oppone ai loro meccanismi di sfruttamento e devastazione perchè in questa società è necessario restare allineati per far parte del gioco.
Riempiono le strade di valle e di città di sbirri e militari per abituarci alla loro presenza e alla loro idea di sicurezza basata su una violenza bruta ma legalizzata.

Il mondo che vogliamo non è solo un mondo senza TAV. Questo ci ha insegnato la lotta che da anni va avanti in Val di Susa.
A Bologna abbiamo occupato uno stabile di proprietà della provincia che come ultima destinazione ha avuto quella di sede della polizia municipale. Dopo due bandi di vendita andati a vuoto l’area di via Libia 67 è rimasta inutilizzata.
Vogliamo condividere con tutto il quartiere questo spazio, per farne un luogo aperto e non un fortino (come dicono i giornali in questi giorni), per creare un luogo di socialità autentica e non quella che ci impone chi non sa far altro che costruire centri commerciali, per condividere ciò che ciascuno di noi conosce e sa fare, per sviluppare legami diversi da quelli che ci impongono il lavoro, la velocità del denaro, la paura di non saper cos’altro cercare.

Temono la libertà perchè le loro gerarchie non la possono controllare, non ne conoscono la bellezza e non la conosceranno mai.

OCCUPANTI NO TAV VIA LIBIA 67 – BOLOGNA”