Iniziativa sul caso di Giuseppe Uva al Kinesis di Tradate (Varese).

Fonte: Kinesis Tradate.

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” VENERDÌ 18 GENNAIO 2013 ore 20.30
al KINESIS via carducci 3 TRADATE
proiezione gratuita del documentario
NEI SECOLI FEDELE. Il caso di Giuseppe Uva
dopo la proiezione interverrà Lucia Uva, sorella di Giuseppe

La notte del 14 giugno 2008 Giuseppe Uva viene fermato dai carabinieri Dal Bosco e Righetto di Varese e portato nella caserma di Via Saffi, insieme al suo amico Alberto (sono presenti anche degli agenti di polizia). Ed è proprio Alberto a richiedere i primi soccorsi al 118, quando sente il suo amico gridare «Ahi! Ahi! Basta!», ma l’operatore all’altro capo del telefono, dopo averlo rassicurato «Va bene, adesso mando l’ambulanza», chiama in caserma e si accorda coi carabinieri per non inviare alcun aiuto «Sono due ubriachi, ora gli togliamo il cellulare». Saranno poi gli stessi carabinieri, poche ore dopo, a chiamare una guardia medica, che richiederà all’Ospedale di Circolo di Varese di effettuare un T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Il corpo di Giuseppe è pieno di lividi, il suo naso è rotto, i suoi testicoli sono blu, la sua pelle è segnata da alcune bruciature di sigaretta, dal suo ano esce del sangue che forma una grossa macchia sui pantaloni, ma non viene curato per le lesioni e niente di tutto ciò viene trascritto sui documenti del ricovero. Gli vengono però somministrati dei tranquillanti. Egli inoltre racconta alla psichiatra di essere stato brutalmente pestato in caserma: ma da parte dell’Ospedale non parte nessuna denuncia. La stessa psichiatra aspetterà ben tre anni e mezzo per raccontare queste tragiche parole di Giuseppe, probabilmente le sue ultime. Tutti fingono di non vedere, di non sapere. Tutti fingono che tutto ciò sia normale. Anche quando Beppe, dopo poche ore, muore. E infatti, nonostante il suo corpo presenti evidenti segni di violenza la magistratura sceglie di indagare solo un paio di medici, attribuendo la morte di Uva ad una errata somministrazione di farmaci, e non a quanto avvenuto in precedenza in caserma. Ma le perizie smentiscono questa ipotesi: Giuseppe non è morto a causa dei farmaci, che in nessun caso potevano ucciderlo; le cause della sua morte sono invece da ricercarsi in un mix di fattori, fra cui le misure di contenzione ed i traumi da corpi contundenti che ha subito. Nonostante questo, ad oggi nessun carabiniere o poliziotto è indagato per quanto accaduto e l’unico testimone presente quella notte non è mai stato sentito dal giudice. La verità su quanto accaduto, è ormai sotto gli occhi di tutti. Carabinieri, Polizia di Stato, Magistratura, 118, Pronto Soccorso, Reparto di Psichiatria: la sintonia con cui hanno agito o lasciato agire è il risultato di comportamenti ed abitudini a lungo tramandate. Le responsabilità per la morte di Giuseppe non possono essere ricondotte al singolo gesto, al singolo uomo, al singolo momento. Esse piuttosto perdurano nel riprodursi continuo di gesti di dominio e sottomissione. La violenza, di tutti gli sbirri di tutto il mondo, è resa possibile solo dal collaborazionismo, dall’indifferenza, e dal silenzio di tutti quegli altri che nella loro complicità si fanno un po’ sbirri anch’essi. Ma aldilà di ogni democratico tribunale (o divino, o politico) cui non chiediamo giustizia, crediamo che l’assassinio di Giuseppe ci riguardi tutti. Così come la storia antica e comune della violenza di coloro che si sono resi forti grazie alla collaborazione di alcuni fra i presunti deboli. Così come la comune necessità di riscossa contro gli oppressori e i loro sgherri. Adesso.

NEI SECOLI FEDELE. Il caso di Giuseppe Uva è un documentario ideato da Adriano Chiarelli (già autore del libro Malapolizia) per la regia di Francesco Menghini. Ricostruisce le ultime ore di vita di Giuseppe Uva, la battaglia per la verità portata avanti dalla sorella Lucia e la conseguente vicenda giudiziaria. Inoltre, attraverso le voci dei suoi amici e parenti, restituisce la figura di Beppe al suo ambiente, ai suoi luoghi, alle sue abitudini, alla sua dignità continuamente negata dalle istituzioni dopo la sua morte. ”

“Non generalizziamo!!!”: giornate di riflessioni e pratiche su individualità, sessualità e ruoli di genere.

(Per leggere il programma in caratteri più grandi clicca qui).

Tre film che fanno riflettere.

Un regalo indirizzato a chiunque avesse voluto esser presente all’iniziativa che ho pubblicizzato nello scorso post ma, per un motivo o per l’altro, non ne ha avuto (e non ne avrá) la possibilità: i tre film in questione, che hanno in comune non solo la presenza come attore protagonista dello straordinario Gian Maria Volontè, ma anche il fatto di essere film per molti aspetti tremendamente attuali, sconosciuti ai più giovani, quasi mai mostrati sui teleschermi. Pellicole che offrono uno spaccato lucido e spietato di alcuni aspetti non solo dell’epoca che raccontano, ma anche della società nella quale viviamo tutt’ora, con i suoi rapporti di forza, stili di vita, esercizi di potere e manipolazioni dell’opinione pubblica, elementi che restano immutati in un sistema che può cambiare in parte forma solo per mantenere inalterata la sostanza. Storie drammatiche, raccontate non senza ironia e sfaccettature grottesche, ma non per questo meno adatte a far riflettere. Buona visione quindi, e soprattutto buona riflessione.

Argentina: crisi economica, lotte ed esperienze di autogestione.

Tre documentari sulla crisi economica che colpì l’Argentina alla fine degli anni ’90 del secolo scorso e sulle lotte dei ceti sociali vittime di tale crisi.

Diario del saccheggio, di Fernando E. Solanas, 2005. Narra le vicende della crisi economica in Argentina fino al Dicembre del 2001, data della caduta del governo di De La Rùa. Un vero e proprio atto di accusa nei confronti del genocidio sociale compiuto da politici, banche e multinazionali, supportato da una mole di informazioni rese però accessibili da un montaggio efficace e da una narrazione semplice e diretta. E, a proposito di “diretta”, a molti sembrerà di viverci dentro, a questo film: le analogie con molti aspetti  dell’attuale situazione italiana si sprecano.

La dignità degli ultimi, di Fernando E. Solanas, 2005. La prosecuzione ideale del documentario precedente (stavolta l’arco di tempo è dal 2001 al 2004), incentrato però maggiormente su storie personali di uomini e donne che hanno deciso di unirsi e resistere alla miseria, ai soprusi ed all’ingiustizia del potere. Toccante ma non stucchevole, a tratti poetico: le storie raccolte da Solanas hanno molto da insegnare e ridanno significato pieno a termini troppo spesso abusati e svuotati quali solidarietà, dignità, umanità e coraggio.

The Take- La Presa, di Avi Lewis (sceneggiatura di Naomi Klein), 2004. Il documentario è incentrato sull’occupazione delle fabbriche dismesse compiuta degli/lle ex operai/e rimasti disoccupati in seguito alla crisi economica ed alla fuga dei padroni. Estremamente formativo: quello che gli anarchici vanno ripetendo da sempre viene messo in pratica negli anni della crisi in Argentina da persone spinte dalla necessità e prive di preparazione teorica, che mettono in pratica principi quali autogestione, azione diretta, democrazia di base, mutuo appoggio, nonostante le difficoltà quotidiane e la reazione del capitale e dei suoi sgherri.

Torino Ribelle 4.

http://torinoribelle.noblogs.org/files/2012/07/torino-ribelle-4.jpg

” Torino Ribelle

L’UNICO FESTIVAL DI CINEMA INDIPENDENTE E AUTOPRODOTTO PROIETTATO SUI MURI DELLA TUA CITTA’

Torino Ribelle è un concorso internazionale di arti visive aperto a tutti e a tutte. Si tratta di una inedita combinazione di cinema, video, azione diretta e occupazione.

Il requisito principale che viene richiesto per accedere al concorso è l’adesione delle opere proposte al tema della rassegna: la RIBELLIONE ALL’INTERNO DELLA NOSTRA ESISTENZA. Questo tema potrà essere sviscerato in ogni sua sfumatura a seconda dei gusti personali di ciascun videomaker.

La proiezione dei lavori avviene in luoghi non convenzionalmente riservati al cinema, nel tentativo di dar vita ad un nuovo percorso attraverso quegli spazi metropolitani che hanno fatto la storia del movimento antagonista torinese. La riappropriazione fisica e simbolica di questi luoghi costituisce la vera ragione di fondo della rassegna.

Puoi trovare tutti i volantini, i promo e il BANDO DI CONCORSO alla pagina Scarica & Diffondi, mentre nella sezione Edizioni precedenti sono riassunte le mirabolanti gesta degli anni passati.

Per informazioni, domande o per spedire i tuoi lavori vai alla pagina Contatti – Indirizzi.”

( Fonte: torinoribelle.noblogs.org ).

“Fratelli di TAV” e “I peccati della Maddalena”.

“Fratelli di TAV” é un documentario-inchiesta diretto da Manolo Luppichini e Claudio Metallo, realizzato nel 2008, che rivela quali siano gli “effetti collaterali” del progetto dell’alta velocità ferroviaria. Attraverso interviste a ingegneri, economisti, sindacalisti, scrittori/trici, operai, attivisti/e del movimento NO TAV ed altre persone “comuni”, il ducumentario fa luce sugli interessi economici legati al faraonico progetto TAV e sui legami fra la grande opera e la criminalità organizzata, mettendo in evidenza le conseguenze nefaste del progetto anche attraverso le testimonianze di persone direttamente danneggiate. Mafie, corruzione politica, sprechi di denaro pubblico, militarizzazione del territorio, violenza poliziesca, devastazione ambientale, danni irreparabili al tessuto sociale ed economico locale: c’é tutto questo dietro il progetto TAV, che però di fronte a sé trova l’accanita resistenza della popolazione della Val Susa e di tutti/e i/le resistenti e solidali che da ormai vent’anni lottano contro una truffa vantaggiosa per pochi e disastrosa per i più. In appendice al documentario il video “I peccati della Maddalena”, anch’esso realizzato da Luppichini, breve cronaca dello sgombero da parte del braccio violento della legge di quella che venne ribattezzata la Libera Repubblica della Maddalena, avvenuto nel Giugno del 2011. Buona visione, informatevi e informate!

 

“Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani…”

L’Odio (La Haine) è un film francese del 1995 scritto, sceneggiato e diretto da Mathieu Kassovitz. Ambientato sullo sfondo degli scontri avvenuti nelle banlieue di Parigi a seguito del ferimento di un ragazzo fermato dalla polizia (un fatto realmente avvenuto), “L’Odio” racconta una giornata tipo di tre amici alle prese con la precaria vita nel ghetto parigino, una giornata però diversa dalle altre dal momento in cui il loro amico ferito dalla polizia lotta tra la vita e la morte in ospedale e uno di loro, trovata la pistola persa da un agente la notte prima durante gli scontri, giura vendetta nel caso in cui il ragazzo ferito dovesse morire…

I punti forti del film, pensavo mentre lo guardavo, sono sicuramente la caratterizzazione dei personaggi, il realismo abbastanza riuscito della vita quotidiana nel contesto sociale di un quartiere-ghetto e l’ironia che traspare da alcuni dialoghi e scene a volte grottesche nonostante l’atmosfera diciamo pesante della storia di per sè, profondamente drammatica. Non capivo però come molti potessero definire “L’Odio” un capolavoro, almeno finchè non ho visto gli ultimi 10 minuti circa del film: é la caduta, quella della quale si accennava fin dall’inizio, quella che per alcuni é giá avvenuta e che aspetta altri dietro l’angolo, quella che aspetta la nostra società malata che crea situazioni esplosive e poi non é in grado di dare altre risposte se non quelle che possono solo peggiorare la situazione, in un crescendo di problemi evitabili ma non evitati e risolvibili ma mai risolti, semmai acuiti. Sì, un capolavoro, questo film, la nitida foto di una catastrofe reale.

http://www.youtube.com/watch?v=vA5JyLHM6iI

 

Ricordando Vittorio Arrigoni.

Io non credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia, che è la famiglia umana“.

Vittorio Arrigoni può essere ricordato in tanti modi. Su di lui possono venir scritte poesie, articoli, canzoni, si possono far video, opere pittoriche, magari anche monumenti. Per quanto mi riguarda, il modo migliore per ricordarlo, per ricordare la sua vita, non la sua morte, è continuare ad impegnarsi per far conoscere la verità su ciò che subisce la popolazione palestinese a Gaza (e non solo), solidarizzando con gli oppressi, aiutando come si può pur sapendo di non star facendo abbastanza, ma soprattutto continuando a sentire la sofferenza di queste persone come se fosse la nostra- una frase che sembrerà insignificante a chi vive tranquillo e intontito nel proprio piccolo mondo, ma che per me vuol dire tutto.

Per continuare a controinformare, aprendo una breccia nel muro di silenzio innalzato dai complici delle umiliazioni, delle discriminazioni, delle violenze, della negazione di una vita dignitosa perpetrate quotidianamente con un chiaro progetto politico dallo Stato di Israele contro la popolazione palestinese, contro il terrore usato contro chiunque si opponga a tale situazione: restiamo umani, non restiamo in silenzio.

Quelli che seguono sono alcuni documentari informativi che affrontano temi quali le condizioni di vita dei palestinesi nei territori occupati, la repressione e la guerra contro i civili condotta dallo Stato israeliano, ma anche le lotte contro l’oppressione portate avanti anche da cittadini/e israeliani/e che rifiutano di essere complici di tali ingiustizie e atrocitá:

-“Good times. Il muro della vergogna sionista“;

-“Only for one of my two eyes” (sottotitolato in italiano);

-“Jenin, Jenin” (sottotitolato in italiano);

-“Gaza risponde a Roberto Saviano” e “Israele risponde a Roberto Saviano“;

“Shachaf Polakow- Anarchists Against The Wall” (english language).