Due parole su famiglia e matrimoni gay.

Risultati immagini per matrimoni gay usa satira La famiglia è il primo nucleo sociale con il quale un individuo viene a contatto. L’individuo in questione viene “educato” solitamente secondo i valori dei componenti adulti di questo nucleo, che a loro volta hanno normalmente introiettato le norme ed i principi della più ampia società e cultura nelle quali essi vivono. La famiglia è solitamente una struttura gerarchica e quindi un nucleo nel quale si riproducono le dinamiche di repressione, condizionamento e sfruttamento in atto in tutta la società, nella quale i membri adulti riversano le proprie ansie, frustrazioni, aspettative e nevrosi su quelli più piccoli, deboli, malleabili, incapaci di difendersi. La formula che potrebbe adattarsi meglio a descrivere la famiglia patriarcale/tradizionale è quella del “nach oben bücken, nach unten treten”, ovvero sottomettersi coi superiori e sfogarsi coi sottoposti. È la regola che vige sempre in una società gerarchica fondata sul dominio e sullo sfruttamento, grande o piccola che sia. Un tipo di famiglia diversa da quella tradizionale farebbe eccezione? Sto pensando al fatto che nei giorni scorsi i matrimoni gay sono stati legalizzati in Irlanda e negli Stati Uniti d’America, due Paesi ritenuti comunemente molto tradizionalisti, dove la religione cristiana svolge un ruolo ancora determinante a livello sociale. Un tipo di nucleo familiare più aperto porta con sé valori emancipatori o tende comunque a riprodurre le funeste dinamiche sopra citate? Basta che a sposarsi siano due uomini o due donne invece che un uomo e una donna per far sì che si goda maggiore libertà e parità di diritti all’interno di questa unione? E ancora, non sarebbe meglio abolire direttamente l’istituzione del matrimonio, o perlomeno rinunciarvi fintanto che questa esiste? Partiamo dall’aspetto pratico della faccenda: le legislazioni di diversi Stati, per quanto io ne sappia, prevedono che le coppie sposate godano di maggiori diritti rispetto quelle non sposate, ragion per cui si potrebbe ricorrere al matrimonio per mero opportunismo. Tra i diritti in questione vi è anche quello di poter adottare dei bambini e sinceramente mi è impossibile rimanere indifferente di fronte al fatto che con le adozioni si possono sottrarre dei minori ad un destino fatto di violenza, abbandono e miseria -sempre che questi elementi non vengano riprodotti anche nel nucleo familiare che adotta!-, impossiblie anche negare il fatto che l’esclusione arbitraria dal godimento di un diritto andrebbe percepita spontaneamente come ingiustizia. D’altra parte non va dimenticato che l’istituzionalizzazione di un diritto ne annulla la carica potenzialmente sovversiva nei confronti dell’ordine di cose esistente…sempre che il diritto al matrimonio possieda una qualche potenzialità sovversiva! Semmai le forme di famiglia, etero o gay, allargate o meno, costruite sulla base di rapporti realmente paritari, di affetto e rispetto reciproco, il più possibile liberate da forzature, menzogne, violenza e tirrannie varie, nelle quali un individuo può formarsi e svilupparsi nel modo più libero possibile ricevendo gli strumenti per poter affrontare in modo consapevole ed autonomo la vita, possono rappresentare un punto di partenza per scardinare pian piano i valori tradizionali, reazionari ed autoritari, fondati sul dominio, sulla diseguaglianza e sulla sopraffazione. Partendo dalla famiglia e dalle famiglie, ripensandone il concetto di fondo e gli obiettivi, le forme e la struttura, si può cambiare molto, dall’interno innanzitutto. Per il momento, senza facili entusiasmi, rimane la soddisfazione di aver almeno dato una pedata ai soliti reazionari difensori della famiglia “tradizionale”…

Risultati immagini per matrimoni gay usa satira…come queste Fratelle d’Itaglia capitanate dalla Meloni che, secondo tradizione, dovrebbe star a casa a sfornar figli e infornar torte di mele. Nel ricordare a costoro che di mamma non ce n’è una sola (ché la mia non è la loro, meno male!) e che quella dei cretini è sempre incinta e lorsignori/e ne sono la prova vivente (o morente, ci si augura), resto fiducioso del fatto che presto i vari residuati fascisti tricolorati e i fondamentalisti religiosi tutti dovranno ingoiare un’altro boccone amaro anche nel “loro” Paese.

Otto Marzo.

Per alcune oggi è il giorno della cenetta romantica, della serata in discoteca o dello spogliarello maschile visto con le amiche, un giorno di regalini e futile consumo, un giorno in cui poter dire “oggi è la mia festa e decido io”- e i restanti 364 giorni dell’anno? Per altre invece era, è e sarà ben altra cosa, ben altri significati e gesti, in nome della liberazione e dell’autodeterminazione delle proprie vite. Oggi, come tutti i giorni, è il giorno della scelta.

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Interviste sul (e dal) Kurdistan: dalla resistenza ad una nuova forma di società.

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Spesso non è facile reperire informazioni attendibili e di prima mano sugli sviluppi della situazione in Rojava, sulla natura dei cambiamenti in corso nel kurdistan siriano e sulla situazione e le prospettive rivoluzionarie dei curdi in Siria. L’ultima buona notizia giunta nei giorni scorsi è che la città di Kobane è ora nelle mani delle forze di autodifesa popolare e le truppe dello Stato Islamico si sono ritirate, ma è necessario andare oltre i resoconti delle battaglie sul piano militare e le notize fornite dai media mainstream che ignorano volutamente l’esistenza di milizie popolari di fondamentale importanza come YPG e YPJ e non parlano dell’autogestione in chiave emancipatoria della comunità locali. Soprattutto negli ambienti anarchici/libertari/antiautoritari crescono attenzione e dibattito sulla genuinità della rivoluzione sociale in Rojava e c’è chi, come David Graeber, arriva addirittura a fare paralleli tra la rivoluzione spagnola del 1936 e l’attuale situazione nel kurdistan siriano.

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Le informazioni su quella che è la realtà quotidiana, le forme di organizzazione democratiche di base, il ruolo delle organizzazioni politiche, le prospettive emancipatorie, egualitarie e antiautoritarie, vanno cercate tra quelle fornite da chi vive nei territori interessati o da essi proviene o chi è stato in tempi recenti in quelle zone, resoconti attendibili e analisi verosimili dei fatti necessari per avere un quadro più completo della situazione in corso e per consentirci eventualmente di immaginare sulla base degli eventi in corso i possibili sviluppi futuri, ma anche per avere un punto di partenza nel caso si voglia contribuire concretamente ad aiutare, per quanto possibile, gli sforzi di chi combatte per quella che noi riteniamo essere una causa condivisibile. Ho deciso perciò di segnalare alcuni resoconti diretti e interviste che trattano gli aspetti dei quali ho appena accennato. Penso che le eventuali divergenze su alcuni fatti e opinioni riportati e qualche imprecisione (dovuta, immagino, a errori di traduzione o di mancata correzione dei testi) non intacchino la validità né l’importanza delle testimonianze:

Il resoconto di Zaher Baher dalla sua visita in Rojava (riportato sul sito di Barbara Collevecchio);

Intervista col Kurdistan Anarchist Forum sulla situazione in Iraq/Kurdistan (riportato sul sito di Barbara Collevecchio);

Intervista al comandante delle YPG a Serêkaniyê (dal sito dell’ onlus Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia);

Intervista al giornalista Ozgur Amed (dal sito ZNET Italy);

Intervista a compagni e compagne del DAF (pubblicato su Umanità Nova);

Intervista al fumettista Zerocalcare al ritorno dal suo viaggio in Rojava (dal sito Il Becco del Tucano).

PEGIDA e il razzismo che avanza in Germania.

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Sembrano esserci riusciti, gli islamofobi tedeschi, a trovare un contenitore ed una strategia appropriati per portare per le strade  il loro messaggio con un seguito consistente di seguaci. Dopo i tentativi falliti di creare un nutrito movimento di protesta conto immigrazione ed islam, portati avanti già da alcuni anni a questa parte dalle organizzazioni della destra populista PRO- (PRO-Deutschland, PRO-NRW, Pro-Köln, ecc…), a manifestare per le strade di diverse città tedesche è stata recentemente l’iniziativa HO.GE.SA (“Hooligans Gegen Salafisten”, “hooligans contro i salafisti”), animata da frange violente del tifo calcistico in gran parte autodichiaratesi apolitiche e da personaggi legati ad ambienti di estrema destra. Nonostante alcuni successi di partecipazione numerica, come nel caso della manifestazione tenutasi a Colonia lo scorso 26 Ottobre alla quale parteciparono dalle 4000 alle 4500 persone, l’HO.GE.SA non è un movimento attraente per il cittadino medio tedesco avente tendenze reazionarie e razziste, al quale si rivolge invece il messaggio tanto semplice quanto facente leva su sentimenti irrazionali, sciovinismo e darwinismo sociale del movimento PEGIDA (“Patriotische Europäer Gegen Islamisierung Des Abendlandes”, “patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente”). Difatti le manifestazioni organizzate da e con gli hooligans sono situazioni nelle quali la folla si scatena dando sfogo alla violenza in buona parte fine a se stessa, ma anche indirizzata verso il “diverso”, come nel caso del grosso corteo a Colonia, iniziato con lanci di bottiglie e bengala e aggressioni contro negozi e persone dall’aspetto “straniero”, proseguito col rovesciamento di una camionetta della polizia e interrotto infine dalle cosiddette forze dell’ordine. Il movimento di protesta PEGIDA, attivo dall’autunno 2014, promette invece di non voler usare la violenza: esso si rivolge ai cittadini tedeschi preoccupati per le politiche a loro dire troppo permissive in materia di immigrazione, riecheggiando in parte rivendicazioni fatte proprie dal partito euroscettico e ultraconservatore AfD (“Alternative für Deutschland”, “Alternativa per la Germania”) e presentandosi come movimento che intende difendere la libertà di opinione ed il benessere tedesco, minacciati dall’avanzare dell’islamismo in Germania e dai troppi diritti e sussidi concessi agli immigrati, promuovendo passeggiate in diversi  centri tedeschi per richiamare l’attenzione della classe politica e della cittadinanza su tali problematiche.

Ma guardiamo più da vicino le idee di questi “patrioti europei antiislamici”. Nella sostanza le loro richieste sono simili a quelle di diversi partiti e movimenti europei della destra populista, moderate nei toni dei proclami ufficiali rintracciabili sul web, ma più radicali quando espresse nelle piazze o nelle conversazioni private. Accanto al classico euroscetticismo in nome della sovranità nazionale si evidenziano chiare posizioni razziste, laddove si paventa una minaccia da parte di culture diverse da quella locale o più genericamente da quella “occidentale” con particolare riferimento al mondo islamico, si accusano i  migranti di voler abusare di diritti e ammortizzatori sociali e si associa la presenza di “stranieri” all’aumento della criminalità, anche quando i dati statistici non supportano queste tesi; l’unico tipo di immigrazione accettabile è quello di persone qualificate ed istruite che possano giovare al benessere economico della Nazione e che vogliano integrarsi alla svelta, il tutto in una chiara ottica di darwinismo sociale ed in funzione sciovinista. È d’obbligo qundi un richiamo ai valori tradizionali, perciò anche alla famiglia come classico nucleo composto da uomo e donna con ruoli ben definiti ( ecco l’elemento omofobo e sessista, nemmeno troppo latente) ed al “popolo tedesco” come “comunità nazionale” che dovrebbe venir interpellata nelle decisioni prese dal parlamento: qui non è tanto la critica parziale alla democrazia rappresentativa che dovrebbe saltare all’occhio, quanto la volontà di richiamarsi al “modello svizzero”. In questo quadro reazionario, discriminatorio ed esclusivo non può certo mancare il richiamo all’ordine calato dall’alto e mantenuto con la violenza dallo Stato, laddove si chiedono più mezzi e poteri per la polizia (ironico, quella stessa polizia attaccata dai manifestanti dell’ HO.GE.SA. a Colonia…). Abbozzando un’analisi sociologica, risulta evidente che a raccogliersi attorno alla sigla PEGIDA sono persone bisognose di un’identità di gruppo, che si sentono minacciate da un possiblie decadimento del loro benessere e che rivalutano se stesse individualmente, superando i propri complessi d’inferiorità e le proprie incertezze, attraverso la marginalizzazione e l’attacco nei confronti di categorie di persone considerate “inferiori”. Bisognosi di una guida e di un contenitore all’interno del quale esprimere la propria rabbia, sono spesso resistenti ad argomenti razionali e dati di fatto che contrastino con le loro tesi. L’unico motivo per il quale un movimento come PEGIDA si dichiara avverso al neonazismo -smentendosi nei fatti- è la volontà di entrare a far parte di un discorso politico che non venga ritenuto né resti marginale e possa quindi attrarre maggiori consensi ed attenzione anche da parte della classe politica dominante.

Sarebbe opportuno inoltre gettare uno sguardo, oltre che alle idee promosse da PEGIDA, anche ai personaggi che animano il movimento. Il fondatore dell’iniziativa protestataria è un certo Lutz Bachmann. Classe 1973, di Dresda, un passato turbolento alle spalle fatto di processi e condanne per guida in stato d’ebbrezza, furto e rapina, calunnia, istigazione a delinquere, violazione della legge sul pagamento degli alimenti (Verletzung der Unterhaltspflicht) e lesioni, Bachmann riuscì per alcuni anni a sottrarsi alla giustizia tedesca emigrando (!) in Sudafrica , Paese dal quale venne cacciato dopo esser stato trovato per due volte in possesso di cocaina. Tra i promotori delle singole manifestazioni si trovano esponenti dei movimenti PRO-, mentre tra i partecipanti sono riconoscibili elementi noti del neonazismo organizzato e alcuni di quegli Hooligans, sedicenti apolitici, che hanno partecipato ad altre manifestazioni promosse sotto la sigla HO.GE.SA. Anche alcuni politici del Partito AfD non disdegnano mostrarsi alle “passeggiate” islamofobe prendendo addirittura all’occorrenza la parola sul palco. Eppure, nonostante alcune di queste tanto inequivocabili quanto ingombranti presenze, le “tranquille” e “pacifiche” passeggiate organizzate da PEGIDA sono riuscite ad attrarre “comuni cittadini” il cui latente razzismo si combina con un’attitudine poco incline allo scontro violento o al teppismo: poco importa se poi ai margini di tali “passeggiate” non siano mancate aggressioni contro manifestanzi antirazzisti ad opera degli elementi meno inquadrati nel concetto di facciata del “cittadino medio preoccupato”. L’epicentro delle proteste islamofobe è Desda, dove ogni Lunedì si svolgono le passeggiate di PEGIDA. Il numero di partecipanti è salito dalle 350 persone della prima iniziativa svoltasi lo scorso 20 Ottobre alle 10-15mila del 15 Dicembre (nona manifestazione finora). In altre città le derivazioni locali di PEGIDA ( DüGIDA a Düsseldorf, KAGIDA a Kassel, WüGIDA a Würzburg, BOGIDA a Bonn…) hanno avuto meno successo, ma in alcuni casi hanno potuto comunque contare sulla presenza di diverse centinaia di partecipanti.

Di fronte al triste spettacolo di razzisti che tentano di rendere popolari e accettabili le loro idee gli/le antifascisti/e e antirazzisti/e non sono rimasti/e a guardare. A Dresda, pur essendo spesso in inferiorità numerica, hanno bloccato in almeno due occasioni i cortei di PEGIDA, in altre città si sono presentati all’appuntamento in forze numericamente superiori: esemplare è il caso di Bonn, dove alla prima iniziativa di BOGIDA hanno preso parte 300 persone, alle quali 1600 controdimostranti hanno impedito non solo di “passeggiare”, ma anche di tenere un qualsiasi comizio udibile a distanza, subissando i razzisti radunati in pochi metri quadri con fischi, slogan e musica. È proprio la superiorità numerica, unita a strategie appropriate alla situazione in corso, l’elemento principale sul quale possono contare in diversi casi gli/le oppositori/trici di PEGIDA nel contrastare e impedire le iniziative razziste. A monte rimane indispensabile un lungo e paziente lavoro quotidiano di contrasto di qualsiasi tendenza razzista, sessista, omofoba, sciovinista e nazionalista, in qualsiasi forma tali tendenze si manifestino.

Moscow Death Brigade.

Tizi coi muscoli pompati e pose da gangster che trattano le donne come se fossero oggetti e invitano a “diventare ricchi o morire provandoci” infilando un insulto sessista o omofobo ogni cinque parole mentre la telecamera che riprende le loro mosse stereotipate per il prossimo video da trasmettere su MTV inquadra auto di lusso, party vanesi, catenoni d’oro e abbigliamento di marca: era questa l’idea che avevo della scena hip hop nella seconda metà degli anni ’90 fino a buona parte del primo decennio di questo nuovo millennio, finchè ho scoperto artisti e gruppi che con certi cliché non hanno nulla a che fare.

Un’altro mondo del quale fanno parte anche i Moscow Death Brigade, gruppo hardcore-hip hop che si è fatto un nome nella scena underground russa- e non solo. Composta da elementi provenienti dalla scena punk e hardcore, la band si distingue non solo per i testi politici che riflettono in modo critico sulla realtà sociale e la vita quotidiana in Russia, ma anche per l’attivismo dei suoi membri coinvolti in progetti quali Food Not Bombs, manifestazioni antifasciste e antirazziste, supporto ai compagni incarcerati ed alle famiglie delle vittime delle violenze neonaziste, iniziative contro la brutalità poliziesca e la repressione statale. I concerti dei Moscow Death Brigade in Russia e in altre ex repubbliche dell’URSS sono spesso accompagnati da minacce da parte dei neonazisti e dalla presenza di polizia antisommossa. Nell’anno appena iniziato la band sarà in tour insieme ai What We Feel:

Photo: PLEASE REPOST!</p>
<p>So, finally tour is fully booked!! Thank you all for gig offers, in 2 days we got about 30 mails, for 5 blank dates))) We are thinking to make second part of tour in september-oktober, for dates thats not fits this spring.</p>
<p>so, finally..<br />
1/05 Berlin (D) / Barrio 161 Kreuzberg open air<br />
2/05 Saalfeld (D) / Schlossberg<br />
3/05 Prague (CZ) / Pilot<br />
4/05 Manchester (UK) / 0161 festival<br />
4/05 Katowice (PL) / Marcholt<br />
5/05 Warsaw (PL) / Znosna Lekkosc Bytu<br />
6/05 Kosice (SK) / Collosseum<br />
7/05 Bratislava (SK) / TBA<br />
8/05 Nurnberg (D) / Desi<br />
9/05 Frankfurt (D) / AU<br />
10/05 Dusseldorf (D) / AK47<br />
11/05 Siegburg (D) / SJZ<br />
12/05 Aachen (D) / AZ<br />
13/05 Leuven (BE) / TBA<br />
14/05 Nancy (F) / TBA<br />
15/05 Jena (D) / JG-Stadtmitte<br />
16/05 Hamburg (D) / Skorbut<br />
17/05 Rostock (D) / Riot in my heart<br />
18/05 Berlin (D) / TBA</p>
<p>if you have any questions and booking request for second part of tour - please write to our booking email wwfhcbooking (@) gmail.com

(Testo tradotto dal russo all’inglese da BlacKronstadt, che è anche l’autore dell’ottimo blog RABM):

  1. Heroes do exist in this world, they’re here near us
  2. But your sight passes by them, dimmed by propaganda.
  3. Behind the mess of decay, through the hell smoke of mass media
  4. They commit the feats, asking no reward
  5.  
  6. The paradise of a glamour world, streams of lies from the TV screen –
  7. Consume it until your eyes would sore like rotten wounds
  8. Swallow it! – says the dealer – Because you must!
  9. Just another golden calf leads the herd
  10. Of TV idiots, narco-clowns from the nightclubs,
  11. Venal “patriots” and gibbering “truthsayers”
  12. Silicone lips, greasy face…
  13. Do you want your daughter to be like them? To sell out yourself?
  14. And there are another “heroes”:
  15. On a frontline with stars on their shoulder straps,
  16. Listening to the screeching siren, they’re shepherds of Babylon’s herd (a reference to widespread police brutality and injustice – B.K.)
  17. Set the sound on TV more louder to drown out the moans.
  18. These are the new icons, the examples to follow,
  19. To writhe in ecstatic adoration.
  20. They’ll teach you to be trendy, to keep up with fashion –
  21. Dealer, Antikiller (a movie reference: http://www.imdb.com/title/tt0325005/ – B.K.), a 1000 tonns of cardboard monsters
  22.  
  23. Heroes do exist in this world, they’re here near us
  24. But your sight passes by them, dimmed by propaganda.
  25. Behind the mess of decay, through the hell smoke of mass media
  26. They commit the feats, asking no reward
  27.  
  28. Divide et impera, this law is older than world –
  29. Every segment of consumerism has its idols.
  30. No matter if you’re “guardian of a nation” or a hardcore junkie –
  31. There’s only one puppet master, everything goes in one mouth, in one wallet.
  32. The opium of mass media dictates you whom to be proud of,
  33. Who deserves the respect – come on, memorize their faces!
  34. Got insomnia again? Reach for the remote control,
  35. Feed the addiction in your brain, join the cult!
  36. Blind worship, a whole generation standing on knees,
  37. Heroes are only on the TV screen, you’ll forever remain in their shadow,
  38. Tycoons’ children, thieves, pimps, cops –
  39. They’ll get mountains of gold, you’ll get only a bullet in your head
  40. Stories about drugs, guns, nightclubs,
  41. Money and success built on blood.
  42. These “colossal spirits” teach you to kill for fun,
  43. To solve the moral questions as easy as cracking nuts
  44.  
  45. Heroes do exist in this world, they’re here near us
  46. But your sight passes by them, dimmed by propaganda.
  47. Behind the mess of decay, through the hell smoke of mass media
  48. They commit the feats, asking no reward
  49.  
  50. The luxury-satiated bitches are going crazy with boredom,
  51. But this track is for those who never lay down their hands,
  52. Who does not give up despite the verdict of doctors,
  53. Who reached the fatal line but is going for his dream ’til the end;
  54. For single mothers who raise their children
  55. Despite the poverty, problems and government lies.
  56. Life is getting more and more filthy, injustice burns our eyelids,
  57. But the strong conviction and perseverance can even stop the rivers to flow.
  58. It’s for those who didn’t forgot the heritage of our fathers,
  59. Who didn’t chose the easy but curvy road of scoundrels
  60. Who didn’t betray his calling and his oath to live for people,
  61. It’s for firefighters, rescue workers, medics, teachers –
  62. For those who spend the day in work, and get up before dawn
  63. Who kill the health at three jobs to raise a family,
  64. Who forget their life for the sake of duty…
  65. It’s hard to save yourself, but too easy to lose!
  66.  
  67. Heroes do exist in this world, they’re here near us
  68. But your sight passes by them, dimmed by propaganda.
  69. Behind the mess of decay, through the hell smoke of mass media
  70. They commit the feats, asking no reward

Dove c’è Balilla c’è Casa (Pound?).

Al Signor Barilla, quello della pasta e dei biscotti, piace la famiglia tradizionale, pertanto nelle sue pubblicità ci saranno solo, come sempre, famiglie composte da mamma e papà sorridenti, anziani sani e di bella presenza, bambini belli puliti e ordinati, il tutto condito da paesaggi idilliaci e armoniosi. Non sia mai che la realtà faccia capolino negli stereotipi falsati voluti da certi spot commerciali! Niente anziani invalidi e bisognosi di cure, distrutti da una vita di duro lavoro e da amare delusioni; niente coppie separate con figli nati da diversi matrimoni, niente ragazze madri o ragazzi padri; nessun marito che, incapace di risolvere i propri problemi e frustrazioni lottando contro ciò che lo fa soffrire, si accanisce usando violenza contro moglie e figli. Nella visione distorta proposta da spot in stile Mulino Bianco non c’é posto per una realtà fatta di disagio, problemi lavorativi e abitativi, difficoltà economiche, diversità: viva la famiglia tradizionale, quindi, anzi viva l’immagine ideale di ciò che la famiglia tradizionale non è mai stata. Non a caso le notizie di cronaca intervallate da suddette idilliache pubblicità ci parlano ogni giorno di padri di famiglia che “impazziscono” e ammazzano consorte e prole, di abusi sessuali nei confronti di minori compiuti da parenti prossimi, di separazioni e divorzi a colpi di denunce, veleni e rancori di ogni sorta tra ex-coniugi che non risparmiano il coinvolgimento dei figli. Che bella quindi la famiglia partiarcale, quella nella quale per la donna c’é sempre un posto sicuro come figura centrale coronata dallo slogan “Kinder, Küche, Kirche”, un pò come la vergine madre di Gesù, disposta a soffrire ed a sacrificarsi mettendo da parte le proprie necessità in nome del destino e del volere superiore, brava a sfornare torte e figli, abile nelle faccende di casa, sempre lì a pulire e spadellare mentre il marito, dopo una dura giornata di lavoro, si ubriaca al bar con gli amici o la cornifica con qualcuna sbrigativamente definita “poco di buono” e “rovinafamiglie” (solo lei, l’uomo no, non sia mai!). Di fronte all’immagine dello scontro frontale tra le cazzate della famiglia perfetta usata per vendere pasta e biscotti e la realtà dello sfacelo della famiglia tradizionale crollata sotto il peso delle proprie contraddizioni, dei mutamenti sociali e delle esigenze del capitalismo, preferisco un mondo nel quale le persone si amino liberamente e consapevolmente in modo sincero, rispettandosi a vicenda, senza ipocriti conformismi dettati dalla pseudomorale vigente. Preferisco accettare la diversità in nome della felicità del singolo e dell’arricchimento collettivo, in una società nella quale ognuno/a scelga la propria identità ed i propri ruoli senza forzature né coercizioni, ricercando la soddisfazione dei propri bisogni insieme agli altri e non a scapito degli altri.

Mi rendo conto, rileggendo quanto ho appena scritto, di non aver parlato espressamente di omosessuali. Questo dimostra che l’attaccamento di certi tradizionalisti alla famiglia patriarcale ha risvolti ben più ampi di quelli riguardanti solo le coppie formate da persone dello stesso sesso. Ciò dovrebbe far doppiamente riflettere, è una questione che ci riguarda tutti/e.

Habemus la solita merda.

Questi sono alcuni tra gli alti prelati riunitisi per scegliere il nuovo pontefice della chiesa cattolica romana:

…E questo è il nuovo pontefice (se la foto non vi dice nulla cliccate qui per avere delucidazioni):

Infine, visto che pareri autorevolissimi di calciatori, politicanti, ballerine e soubrette ne abbiamo sentiti abbastanza, ecco il mio parere (e quello di parecchi/e altri/e non intervistati in tivvù) sull’organizazione dalla quale provengono i personaggi di cui sopra:

http://argentina.indymedia.org/uploads/2007/09/iglesia_basura.jpg

Irlanda: Le responsabilità dello Stato e le Case Magdalen.

Fonte: Anarkismo.

” Irlanda: Le responsabilità dello Stato e le Case Magdalen

Una lavanderia Magdalen negli anni '40.

Pubblicata la relazione finale dell’inchiesta

Dopo 18 mesi di investigazioni, la commissione governativa – presieduta dal senatore Martin McAleese – nominata dal governo per stabilire i fatti riguardanti il coinvolgimento dello Stato irlandese nelle lavanderie Magdalen ha pubblicato la sua relazione finale (1). Il documento non ha disatteso le aspettative e stabilisce infatti che lo Stato era coinvolto direttamente nel sistema gestito dalle Case Magdalen, a gestione di ordini di suore cattoliche.

In passato lo Stato irlandese ha sostenuto di non avere avuto alcuna responsabilità nella questione, dal momento che si trattava di istituzioni private, ma le investigazioni dimostrano che lo stesso Stato appaltava contratti di gran valore alle Case Magdalen – esentando le lavanderie da qualsiasi obbligo a livello di contributi – e inoltre eseguendo periodiche ispezioni da parte dell’Ispettorato di Lavoro. Le Case Magdalen, in qualità di organizzazioni a scopo caritatevole, erano esenti dalle tasse (sulle imprese, sui redditi e quelle comunali).

I ricoveri

Uno degli aspetti esaminati dalla relazione del Comitato – che ha studiato 11.000 ricoverate dagli anni ’20 fino agli anni ’80 – era il modo in cui le donne furono ricoverate nelle Case Magdalen. In alcuni casi (circa il 16%) i ricoveri vengono definiti “autoricoveri”. Questa categoria include donne che cercavano ricovero a causa di povertà, abusi domestici o per essere rimaste senza casa.

Circa il 10% dei ricoveri erano su richiesta delle famiglie delle donne e quasi il 9% su richiesta di un prete cattolico.

Altri ricoveri furono effettuati su richiesta della NSPCC (Ente nazionale per la prevenzione di crudeltà ai bambini) e della Legio Mariae.

Comunque, la maggioranza dei ricoveri avvenne tramite organi dello Stato e in particolare dal sistema giudiziario, scolastico e sanitario, per un totale del 26% dei ricoveri. Va tenuto presente che che in Irlanda la Chiesa ha un importante ruolo sia nel sistema scolastico che in quello sanitario.

Per quanto riguarda la giustizia, le donne furono rinviate in custodia presso le Case Magdalen dai tribunali sia in attesa di processo che in libertà vigilata a fine pena. In quest’ultimo caso, la relazione nota che il personale necessario per vigilare mancava e spesso le corti irlandesi ricorrevano a personale volontario, generalmente proveniente da organizzazioni quali la Legio Mariae, l’Esercito della Salvezza (in casi riguardanti protestanti) e la Società San Vincenzo De Paoli (in casi di maschi). I reati per i quali queste donne erano state condannate andavano dall’omicidio, infanticidio o tentato suicidio a reati banali quali furto, atti che avrebbero potuto provocare scandalo, prostituzione o addirittura il non pagamento del biglietto sul treno. In alcuni casi la polizia stessa ha consegnato direttamente la donna alla Casa Magdalen.

Per sistema scolastico si intendono le cosiddette scuole industriali (istituite per bambini abbandonati, maltrattati e orfani) e le scuole riformatorio (in effetti carceri minorili). Sono già ben documentati gli abusi fisici e sessuali che avvenivano negli anni in questi luoghi. Comunque, la Commissione ha trovato molti casi di ragazze trasferite direttamente da queste scuole alle Case Magdalen (almeno 622 casi), ognuno dei quali consentito dalle leggi in vigore.

I rimandi alle Case Magdalen da parte dei servizi sanitari avvenivano da vari enti tra cui il Ministero della Salute, i dipartimenti sanitari delle autorità comunali e regionali, i servizi sociali, gli ospedali, gli ospedali e servizi psichiatrici, gli istituti per i disabili intellettuali e i cosiddetti Mother& Baby Homes. Quest’ultime erano istituzioni gestite dalla Chiesa ma finanziate dallo Stato, dove si ricoveravano giovane nubili incinte fino alla nascita del figlio, dopo il quale si cercava di persuadere la ragazza di darlo in adozione.

Gli abusi

Uno degli aspetti più importante del noto film di Peter Mullan, “Magdalene”, è quello delle sofferenze di queste donne nelle lavanderie. Lo scandalo è venuto alla luce nel 1993 con la scoperta di una fossa comune contenente oltre 150 corpi nei terreni di una delle Case Magdalen. Il film di Mullan, che seguiva un documentario della Channel 4 inglese, ha portato la storia a un pubblico molto più vasto. Una Commissione governativa nel 2009 ha confermato l’esistenza di abusi di ogni genere su bambini irlandesi in varie istituzioni, ma solo in seguito a un appello da parte del Comitato ONU contro la tortura, il governo irlandese si è sentito costretto ad avviare un’inchiesta formale per esaminare la responsabilità dello Stato in questo affare.

La sezione della relazione dedicato agli abusi fisici e psicologici è basata su interviste fatte a oltre 100 sopravvissuti delle Case Magdalen. Naturalmente di tratta di una minima parte del totale di persone trattenute o “ospitate” in queste istituzioni, ma è comunque indicativo delle condizioni nelle lavanderie. Quasi la totalità delle donne intervistate negano l’esistenza nelle lavanderie di abusi fisici, tranne in rarissimi casi, ma quasi tutte parlano di abusi psicologici. Emerge dalle interviste un’immagine di un luogo dove erano normali gli insulti delle suore (“bastarda”, “tua madre era illegittima”, “hai il diavolo in te”, “tuo padre è un ubriacone pedofilo”, “stai qui perché la tua famiglia non ti vuole”, ecc.), la fame, l’assenza di amicizie, il lavoro continuo. Parlano anche delle punizioni inflitte per varie infrazioni, anche minori, quali l’isolamento per più giorni, esclusione dalla cena, giacere per terra e baciarla. L’uso di radere la testa come punizione (o per altro motivo) era negato da tutte.

Ma la cosa che creava più terrore tra le donne della Case Magdalen era non sapere mai quando sarebbero uscite. In gran parte dei casi, il ricovero avvenniva senza indicazione della durata. Inoltre molte donne che sono uscite credevano che in qualsiasi momento avrebbero potuto essere di nuovo ricoverate, così prolungando l’agonia per anni dopo l’esperienza dentro l’asilo.

Il lavoro

Tutte le donne intervistate parlano di lavoro molto duro dov’era anche vietato parlare. Le mansioni includevano lavoro nella lavanderia e cucire. Anche nelle ore di ricreazione non c’era libertà, e le ragazze dovevano occuparsi lavorando a maglia o creando rosari. Alcune delle donne intervistate descrivevano la loro giornata così: “Preghiera, colazione, preghiera, lavoro, preghiera, lavoro, cena, preghiera”. La quantità di lavoro è intuibile quando si guarda l’elenco di alcuni dei clienti più importanti delle Lavanderie Magdalen: Áras an Uachtaráin (residenza del Presidente della Repubblica), la megafabbrica della Guinness, il teatro Gaiety, l’ospedale Dr Steevens’, la Bank of Ireland, il Ministero della Difesa, il Ministero dell’Agricoltura, CIÉ (azienda nazionale dei trasporti pubblici).

Nestor McNab

Nota:
1. L’intera relazione è online in inglese: http://www.idcmagdalen.ie/

“Non generalizziamo!!!”: giornate di riflessioni e pratiche su individualità, sessualità e ruoli di genere.

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Il pericolo Alba Dorata.

La crisi e il “sonno della ragione“.

Tra gli effetti più devastanti della crisi economica che colpisce la Grecia vi è l’ascesa di un movimento neonazista sempre più forte, dotato di un’ampia base di consensi anche attivi da parte di una popolazione stremata che si lascia sedurre e ingannare dalle promesse e dagli slogan xenofobi e populisti di un manipolo di teppisti che ora siede in parlamento e pattuglia le strade alla caccia di “nemici”. Il bersaglio facile è, come spesso accade, lo “straniero” e più in generale il “diverso”, accusato di rubare il lavoro ai greci,di minare le basi dei valori nazionali e di godere di fantomatici privilegi quando un numero sempre più crescente di persone soffre gli effetti delle misure varate dai governi agli ordini della troika BCE-UE-FMI. Questo movimento si chiama Chrysi Avgi (Alba Dorata), partito greco che si richiama esplicitamente all’ideologia nazista e al concetto di “sangue e suolo”. Fondato nel 1985 (e riconosciuto ufficialmente come partito nel 1993) dall’ex paracadutista Nikolaos Michaloliakos, Alba Dorata ha registrato rispettivamente il 6,97 % dei voti (21 seggi) alle elezioni nazionali greche svoltesi il 6 Maggio 2012 e il 6,92% (18 seggi) a quelle del 17 Giugno successivo . La maggior parte dei consensi al partito provengono dai ceti benestanti timorosi di poter perdere i loro privilegi, dagli abitanti di quartieri il cui mancato sviluppo economico suscita sentimenti di rancore nei confronti della classe dirigente e dagli agenti di polizia (si stima che oltre il 50% degli agenti delle forze dell’ordine avrebbe votato per Alba Dorata). Tra i sostenitori di Alba Dorata vi sono anche molti esponenti della scena black metal di ispirazione nazista (NSBM), tra cui musicisti delle bands Der Stürmer, Legion of Doom, Naer Mataron, oltre che i soliti teppisti senza arte nè parte reclutati soprattutto tra le tifoserie calcistiche. La scarsa conoscenza della storia e delle ideologie nazifasciste, della dittatura di Ioannis Metaxas, dell’occupazione italo-tedesca in Grecia durante la Seconda Guerra Mondiale, della guerra civile greca e della dittatura militare reazionaria dei colonnelli durata fino al 1973 gioca un ruolo importante soprattutto tra i più giovani, attratti dall’avventurismo e dalle presunte buone intenzioni del partito nei confronti dei greci “di sangue puro”.

I temi centrali sui quali questa organizzazione tenta- attualmente con successo- di raccogliere consensi sono l’antieuropeismo e l’opposizione all’immigrazione. Omofobia e antisemitismo (Michaloliakos ha negato pubblicamente la Shoah ed ha elogiato Hitler in alcuni suoi articoli di giornale, in particolare in quello del 1987 dall’inequivocabile titolo “Hitler per 1000 anni”, pubblicato sulla rivista che portava lo stesso nome dell’organizzazione da lui fondata) sono anch’essi parte integrante dell’ideologia del partito, seppure messi momentaneamente in ombra dalla piú intensa attivitá xenofoba/antiimmigratoria. Il populismo di stampo xenofobo dei membri dell’organizzazione si manifesta nelle loro iniziative da un lato “caritatevoli” (ad esempio la donazione di sangue destinato solo “a persone di comprovata origine greca” e la distribuzione gratuita di generi di prima necessità a persone indigenti anch’esse di comprovata origine greca, a sostegno della quale il partito ha anche aperto sedi a New York, Montreal e Melbourne per raccogliere fondi da destinare a quest’ultima attvitá), dall’altro si concretizza in aggressioni contro immigrati, persone di origine straniera e avversari politici. In tal senso basterà citare alcuni episodi saliti di recente alla ribalta della cronaca, vale a dire l’aggressione fisica in diretta televisiva durante un dibattito politico da parte di Ilias Kasidiaris, portavoce del partito neonazista, ai danni di una rappresentante del partito comunista e la distruzione di alcune bancarelle gestite da immigrati presumibilmente privi di licenza in un mercato nella città di Rafina, azione alla quale hanno preso parte attiva i deputati Giorgos Germenis e Panayiotis Iliopoulos. Tra gli avvenimenti di vecchia data che sarebbe opportuno ricordare vi è l’omicidio di due immigrati ed il ferimento di altri sette da parte del militante di Alba Dorata Pantelis Kazakos, che scatenò una sparatoria ne centro di Atene il 22 Ottobre 1999 poichè si sentiva insultato dall’incendio di una bandiera nazionale greca ad opera di tifosi albanesi durante l’incontro di calcio Grecia-Albania svoltosi il 6 Ottobre nella capitale greca. Anche il caso di Antonios Androutsopoulos, membro di spicco dell’organizzazione, colpevole del tentato omicidio di tre studenti di sinistra e latitante dal 1998 al 2005 -presumibilmente grazie ad agganci nell’ambiente delle forze dell’ordine- dovrebbe far riflettere. In particolare le aggressioni nei confronti di “stranieri” e immigrati da parte di picchiatori legati ad Alba Dorata sono all’ordine del giorno. Skordeli Themis, giá candidata del partito alle elezioni amministrative di Atene, e lo stesso Ilias Kasidiaris sono sospettati di aggressioni a sfondo razzista e pertanto sotto processo. Aggressioni che possono rivelarsi mortali, come nel caso dell’immigrato di origine irachena accoltellato a morte da un gruppo di razzisti in motocicletta la notte del 12 Agosto di quest’anno. Il fatto che il governo nel 2010 abbia promulgato una legge che prevede il pagamento di 100 € per ogni denuncia presentata alla polizia non aiuta, così come non aiuta il fatto che in molti casi siano gli stessi agenti di polizia a collaborare con le aggressioni razziste o a coprirle, mentre l’attuale governo conservatore presieduto da Samaras porta avanti una campagna denominata “Xenios Zeus” contro l’immigrazione clandestina che ha finora portato a diverse migliaia di arresti nei confronti di immigrati sprovvisti di documenti in regola, inviati solitamente in centri detentivi al confine con la Turchia in attesa di espulsione, centri detentivi che, come annunciato dal governo ad Aprile, aumenteranno di 30 unità nel 2014. È evidente quindi una convergenza almeno parziale di intenti tra governo e neonazisti nel trattamento dell’immigrazione, ritenuta un problema grave in tempo di crisi. Ovviamente sia i neonazisti che le istituzioni tacciono sul fatto che la manodopera straniera sia stata usata per anni- e viene tuttora usata- per svolgere mansioni faticose, pericolose e generalmente poco appetibili in cambio di un’infima retribuzione e di condizioni lavorative oltremodo pessime, che non possono essere contestate da persone la cui condizione è precaria e legalmente non garantita e le cui necessità immediate sono pressanti. Si tace ovviamente anche sul fatto che la Grecia sia divenuta solo di recente una meta (spesso solo di transito) per gli immigrati e che fino a vent’anni fa era un luogo di emigrazione piuttosto che d’immigrazione: a tale proposito basterà ricordare che Melbourne, la città australiana dove Alba Dorata ha aperto una propria sede, è considerata “la terza cittá della Grecia” visto l’elevato numero di residenti di origine ellenica.

Tra violenza e tentativi di smarcamento.

È evidente che l’ascesa di Alba Dorata crei preoccupazione, anche se solo formale, anche a livello internazionale. Quello che fino a pochi anni fa era solo un piccolo movimento considerato da molti ridicolo ma soprattutto innocuo è oggi un partito molto attivo con una base sociale ed elettorale presumibilmente destinata a crescere. Se da un lato esso prosegue con rinnovata intensitá gli attacchi violenti di stampo razzista e fascista, dall’altro tenta di accreditarsi come movimento serio, in grado di risolvere la complessa situazione di crisi nella quale versa il paese e di alleviare le sofferenze della popolazione con provvedimenti di efficacia immediata, facendo leva sulle paure più irrazionali di una societá attraversata da una crisi non solo economica ma anche sociale e culturale e sbandierando revanchismo nazionale e ostilitá, perlomeno a livello propagandistico, nei confronti dell’Unione Europea e della moneta unica. Da una parte si scatenano pogrom contro gli immigrati seminando terrore e insicurezza, dall’altro si fa presa su concetti securitari organizzando ronde e gruppi di difesa dei cittadini greci contro la presunta minaccia della criminalità straniera; da un lato si fa sfoggio pubblico di atteggiamenti marziali e violenza estetizzata, dall’altro ci si presenta come vittime della diffamazione orchestrata dalla stampa al servizio dei poteri forti e di non meglio precisati interessi stranieri; si palesano legami con l’ideologia nazista, il metaxasismo, il nazionalismo più estremo e si afferma contemporaneamente di non essere un movimento fascista, ma solo un’organizzazione che ha a cuore il destino ed il benessere del popolo greco. Resta da vedere quanto potrà durare questa impostazione apparentemente schizofrenica, ma tipica dei movimenti di ispirazione fascista in bilico tra due tendenze apparentemente inconciliabili, quella militantista e quella in doppiopetto impegnata a rendersi presentabile agli occhi dell’opinione pubblica nazionale e internazionale. È certo però che il pericolo derivato da Alba Dorata non è solo quello di un suo possibile aumento di peso ed influenza nel parlamento e nelle istituzioni greche, sebbene anche questa prospettiva non andrebbe trascurata né sottovalutata (attualmente alcuni sondaggi indicano i potenziali voti per il partito tra il 9% e il 12%). Il pericolo urgente e concreto che ci si trova ad affrontare è quello di un movimento organizzato, dotato di fondi, strutture, sedi, militanti violenti e consenso crescente tra alcune fasce della popolazione, oltre che appoggiato in forma sia attiva che passiva da elementi delle istituzioni (forze dell’ordine in primis).

La risposta antifascista.

Gli antifascisti greci tentano di contrastare le attivitá dei neonazisti attraverso la propaganda e l’azione diretta, non senza rischi per la propria incolumità personale. Il problema non sono solo gli attacchi da parte di militanti e sostenitori di Alba Dorata, ma anche la repressione poliziesca ai limiti della legalitá stessa. Di questa hanno fatto le spese, cito un caso recente, un totale di circa 40 antifascisti arrestati tra lo scorso 30 Settembre e i giorni successivi ad Atene a seguito di manifestazioni, sfociate in scontri, in solidarietà con un centro culturale tanzanese devastato nei giorni precedenti dai neonazisti. Gli arrestati, una volta rilasciati, hanno dichiarato di aver subito pestaggi, umiliazioni e torture di vario genere da parte di alcuni agenti di polizia protetti dall’omertà degli altri colleghi, che avrebbero anche minacciato di fornire a “quelli di Alba Dorata” le generalitá degli antifascisti vittime della brutalitá poliziesca se questi avessero denunciato pubblicamente la cosa (il fatto è poi stato sì denunciato, ma in forma anonima…). Ciò non impedisce comunque volantinaggi, affissioni, cortei motorizzati  e marce antifasciste, che a volte culminano in confrontazioni fisiche con gli estremisti di destra. Anche la distruzione di sedi di partito di Alba Dorata e il danneggiamento delle proprietà appartenenti a personaggi ad essa legati svolgono un ruolo importante nel campo dell’azione diretta antifascista. Uno dei casi piú emblematici in questo senso è l’attacco del 15 Marzo di quest’anno all’ufficio di Alba Dorata a Patrasso, inaugurato tre giorni prima: un centinaio di antifascisti/e hanno raggiunto in corteo l’ufficio, sono penetrati al suo interno ed hanno gettato dalla finestra materiale propagandistico dato poi alle fiamme, hanno divelto sanitari e spaccato tubature in modo da allagare il locale, hanno vergato scritte sui muri ed hanno danneggiato la struttura muraria a martellate rendendo così l’ufficio completamente inagibile. In altri casi si ricorre ad attacchi incendiari, come quelli dello scorso 12 e 22 Agosto, indirizzati rispettivamente contro l’ufficio di Alba Dorata a Pagrati e contro azienda e veicolo di proprietà di Efstathios Boukouras, candidato del partito. L’attivismo antifascista sembrava aver dato risultati positivi nel Dicembre del 2005, quando Michaloliakos dichiarò sciolta la sua organizzazione a seguito di scontri di strada con gli anarchici; i militanti e i quadri dirigenti di Alba Dorata rimasero però attivi in altri gruppi e il partito riprese ufficialmente le sue attivitá nel Marzo 2007.

Visti i collegamenti internazionali di Alba Dorata e la presenza di suoi militanti a iniziative organizzate da movimenti di estrema destra all’estero, è evidente che il problema non può essere circoscritto alla sola Grecia: quando parliamo di solidarietà internazionale dovremmo ricordare che la lotta che sta avvenendo in Grecia è una lotta che riguarda noi tutti/e, contro un problema, quello dell’estremismo di destra, che non possiamo permetterci il lusso di trascurare. Altrimenti rischiamo di trovarci di fronte agli stessi mostri originati dal “sonno della ragione” di fronte ai quali si trovarono i nostri nonni. Ma anche senza arrivare a tanto è sufficiente pensare al numero stimato di 500 aggressioni di stampo razzista avvenute in Grecia negli ultimi 6 mesi per spingerci a fare tutto ciò che è in nostro potere per supportare la lotta degli/lle antifascisti/e, in Grecia e ovunque ve ne sia bisogno.

Fonti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.