Can’t hack it.

Le notizie pubblicate ieri da diversi giornali riguardo l’operazione repressiva scattata in tutta Italia contro membri del movimento di hacktivisti Anonymous, che ha portato all’arresto di 4 persone e ad una decina di perquisizioni in diverse città (altri 6 sarebbero gli indagati a piede libero), non mi convince. Tutti gli articoli online che ho letto finora parlano infatti degli arrestati come di persone che avrebbero scatenato attacchi informatici contro siti istituzionali e di aziende non con motivazioni politiche, come invece è sempre stato chiaro nel caso di azioni firmate Anonymous Italia, ma per interessi personali: questi hackers avrebbero infatti, stando alle news dei massmedia, offerto consulenze a pagamento alle aziende ed alle istituzioni colpite per risolvere i disturbi da essi stessi causati. Vero? Possiblie? Nel dubbio, formulo quelle che mi sembrano le due ipotesi attualmente più plausibili. La prima è che alcuni hackers abbiano veramente, dopo aver compiuto attacchi agli obiettivi in questione, tentato di ricavare profitto personale proponendosi come soluzione ai problemi da loro provocati: un atteggiamento perlomeno ambiguo, se non del tutto da biasimare. La seconda ipotesi è che non basti agli inquirenti una semplice operazione repressiva contro quella che è a tutti gli effetti un’organizzazione informale e virtuale come Anonymous. Sapendo di non poter smantellare facilmente una struttura così evanescente, gli inquisitori passano ai massmedia asserviti informazioni false (i quattro arrestati diventano nelle parole dei quotidiani “il vertice italiano di Anonymous Italia”) per incutere timore e suggerire l’onnipotenza del sistema repressivo che avrebbe dato scacco matto all’ “organizzazione”, mentre al tempo stesso diffamano gli hacktivisti insinuando che essi non siano mossi da propositi politici bensì da interessi personali (il nome dell’organizzazione viene definito “marchio”, come se servisse a vendere un prodotto in qualche negozio, tanto per rafforzare il concetto di qualcosa legato al profitto e non a un ideale). Personalmente questa seconda ipotesi mi pare la più probabile, anche visti i tanti -troppi- precedenti. Intanto sul sito ufficiale di Anonymous Italia è gia apparsa una breve ma decisa dichiarazione sull’operazione repressiva. Come a dire, rivolti a chi vorrebbe mettere a tacere qualsiasi opposizione al sistema dominante: can’t hack it!

4 thoughts on “Can’t hack it.

  1. Vista la risonanza con cui questa notizia è circolata nei tiggì, è abbastanza evidente che si tratti di un operazione di denigrare Anonymus per i motivi che hai detto te..
    Ma comunque se si conoscesse il nome dei presunti arrestati la cosa avrebbe dei riscontri più chiari ma siccome nomi e cognomi non sono usciti fuori…Sicché, voglio dire.. Anche ammettendo che i 4 arrestati sono reali mi da l’impressione che siano dei finti anonymus, è gente che non c’entrerebbe nulla con le finalità e ideali di ANOnymus.

  2. Gli articoli dei vari quotidiani online che ho consultato riportavano in alcuni casi le iniziali, l’età e le città di residenza degli arrestati, ma non è questo il punto: tutti gli articoli dicono praticamente le stesse cose, dettaglio più dettaglio meno, gettano lì il sospetto che si tratti di persone che hanno usato Anonymous per scopi personali, da ciò deriva la mia supposizione che gli inquirenti tentino non solo di colpire l’organizzazione con gli arresti, ma anche e soprattutto di gettar fango su di essa. Se anche i 4 arrestati avessero davvero agito come insinuato dalla stampa, si tratterebbe in effetti di un loro problema, ciò non cambierebbe il fatto che quelli/e di Anonymous compiono azioni politiche, sempre motivandole (basta leggere il loro sito ufficiale) e che chiunque può nascondersi dietro un’organizzazione simile per far cose che non c’entrano con lo spirito che anima il gruppo. Chiunque provi sincera simpatia per questa “organizzazione” non dovrebbe cambiare idea su di essa dopo l’operazione repressiva appena scattata, resta il fatto che con la storia delle “motivazioni personali” viene (volutamente e maliziosamente, secondo me, come ho scritto sopra) gettata un’ombra anche su chi agisce per motivi etici, morali o ideali che dir si voglia. Magari molti cascheranno in questa trappola e rimarranno delusi da quelli che credevano essere attivisti informatici sinceramente dediti a smascherare il marciume in Italia…Pertanto invito a riflettere e a non credere a tutto ciò che scrivono i giornali e dicono i tg, il che è sempre e comunque una buona regola.

  3. La penso come te e neanche non credo che si tratti di una supposizione, è la realtà. Vogliono che abbiano degli effetti, in un certo senso è il tipico comportamento delle bande di racket o della mala, con la sottile differenza che questi sono istituzionalizzati e voglionlo apparire con aria rassicurante come “tutori dell’ordine costituito”. Più che passa il tempo più sono sopratutto preso da un senso schifato da troppe cose che ci circondano: dalla polizia, lo stato i partiti politici istituzionali e perfettamente aderenti e funzionali a questo sistema che aspetta solo il crollo. Un saluto e abbraccio

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