Marcia mondiale contro Monsanto-25 Maggio 2013.

Per il prossimo 25 Maggio è stata indetta una giornata di mobilitazione internazionale contro Monsanto, multinazionale leader nel mercato degli organismi geneticamente modificati. L’iniziativa è stata lanciata dal gruppo Occupy Monsanto per richiamare l’attenzione e protestare contro le politiche particolarmente aggressive del colosso degli OGM, mettendo in guardia sulle conseguenze derivate dalla scelta e dalla diffusione di organismi geneticamente modificati. Finora, in particolare negli Stati Uniti d’America, la Monsanto ha avuto il sostegno del governo grazie ad un’intensa attività di lobbing ed ha tentato più volte di far cambiare a suo favore la legislazione europea in materia di OGM trovando sempre una forte opposizione suprattutto tra agricoltori, movimenti dei consumatori ed ecologisti.  Per conoscere meglio la questione OGM, le multinazionali che ne traggono vantaggio, le conseguenze per economia, ambiente e salute umana e le lotte intraprese finora, consiglio la lettura dei tre articoli linkati qui sotto. I tre link successivi rimandano invece alla pagina Facebook dei promotori dell’iniziativa, alla pagna che spiega le motivazioni della protesta e le soluzioni proposte ed infine alla lista di iniziative contro Monsanto che avranno luogo un pò in tutto il mondo il prossimo 25 Maggio.

“L’anno del granoturco”, di Paolo Soldati;
Biopirati: la storia del pizzo legalizzato”, di Earth Riot;
Monsanto semina la morte tra i contadini indiani”, di Vandana Shiva.

Pagina Facebook (english);
Obiettivi e proposte (english);

Lista degli eventi.

 

 

 

Firenze: corteo contro omicidi di Stato e repressione.

Fonte: Morire Contro.

FIRENZE:CORTEO CONTRO GLI OMICIDI DI STATO E DI POLIZIA E CONTRO LA REPRESSIONE
(SABATO 18 MAGGIO, PIAZZA DELLA REPUBBLICA, ORE 14:30)

ASSASSINI! – Tra Gennaio e Febbraio del 2012, due uomini furono assassinati nelle camere di sicurezza della Questura di FirenzeIl primo, Youssef Ahmed Sauri, marocchino, venne prelevato da una pattuglia della polizia intorno alle 8 di sera davanti all’ospedale di Santa Maria Nuova mentre gridava disperatamente “aiuto!”. A un passante che si era messo nel mezzo gli sbirri intimarono di farsi gli affari suoi. Tre ore dopo, gli infermieri ne constatavano il decesso in Questura. Secondo le forze dell’ordine si era impiccato. Il secondo, Rhimi Bassem, tunisino, 26 anni, venne fermato nei pressi della stazione Leopolda. Condotto in Questura, sarebbe morto per un malore. Peccato che i parenti ne abbiano visto la salma martoriata dalle percosse, come documentato persino da una foto del cadavere che aveva ferite al volto e un buco sulla nucaNei mesi successivi, in città, si ebbero alcune proteste. Le comunità marocchina e tunisina scesero in strada al grido di “Basta morti in Questura!”. Anche alcuni anarchici, a più riprese, dissero la loro. Perché era chiaro a tutti che la polizia aveva nuovamente assassinato due di quegli indesiderabili che tutti i giorni gli sbirri fermano, picchiano e rinchiudono. Il 29 Marzo 2012, nei dintorni di Piazza Dalmazia, la Digos, col supporto di tre volanti, tenta di fermare un gruppetto di anarchici mentre protesta contro gli omicidi polizieschi. Dopo un parapiglia ne porta via tre in malo modo. Anche altri compagni, accorsi a manifestare solidarietà sotto la Questura, vengono fermati. La giornata si chiude con tre arrestati per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, due compagne rilasciate con denunce per gli stessi reati e tre compagni colpiti da foglio di via. Una punizione esemplare per chi aveva osato denunciare ciò che era sotto gli occhi di tutti. Come nella vecchia fiaba il re era nudo. Bisognava azzittire il bambino che ne aveva additato le vergognose nudità, con ogni mezzo necessario. Perché gli sbirri possano continuare a fare il loro mestiere di assassini, ripulendo le città dorate da tutti quegli indesiderabili che le infestano  – specie se sono senza soldi e senza documenti. Perché i piani dell’autorità si impongano sempre sulle esigenze della libertà, a qualsiasi costo – morti compresi. Perché lo Stato e il Capitale possano continuare a detenere il monopolio della violenza. Se autopsie compiacenti, giornalisti reticenti e una dura risposta repressiva hanno insabbiato questa vicenda, per noi la questione non è affatto chiusa. Anzi. Il 23 Maggio si apre il processo a 5 compagne e compagni denunciati per aver gridato che la polizia uccide. Non lasciamoli soli, non restiamo in silenzio. Portiamo in strada la rabbia per tutti gli Youssef Sauri e gli Aldo Bianzino, per i Rhimi Bassem e i Giuseppe Uva, per i Marcello Lonzi e i Michele Ferrulli, per i tanti e le tante che ogni giorno muoiono assassinati da mano poliziotta. SOLIDARIETA’ AI 5 PROCESSATI DI PIAZZA DALMAZIASolidarietà ai processati del 15 Ottobre, ai compagni anarchici rinchiusi a Ferrara e a tutti i colpiti dalla repressione delle lotte.
SABATO 11 MAGGIO, AI GIARDINI DEL MEZZETTA (SAN SALVI), DALLE ORE 16, PRESENTAZIONE DEL CORTEO.
GIOVEDI’ 23 MAGGIO, DALLE 9:30, IN CONCOMITANZA CON IL PROCESSO AI COMPAGNI, PRESIDIO A PIAZZA DALMAZIA.

Presentazione del progetto Ortiga.

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Il progetto Ortiga nasce dal desiderio di alcuni individui di provare a cambiare la propria vita ridefinendo il proprio quotidiano attraverso nuove pratiche, di agricoltura biologica, autogestita sulla base delle proprie possibilità e della propria volontà.

Per fare questo vogliamo cominciare – anche – da un orto collettivo, condiviso, da qualcosa di tangibile e molto concreto, sul quale non fermarsi a immaginare  un nuovo quotidiano ma cercando di costruirlo in autogestione. Fin da subito. Perché vogliamo che il nostro orto sia l’inizio della nostra personale rivoluzione… A schiena dritta!

La compagnia dell’ortiga”

Per ulteriori informazioni su come raggiungere il luogo dell’iniziativa e per tenersi aggiornati sul progetto: http://ortiga.noblogs.org/

Torino: tre edifici occupati sgomberati dalla polizia.

Fonte: Infoaut.

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“Nuovi sgomberi a Torino, questa mattina, in quartiere Barriera. Alle prime luci dell’alba sono state sgomberate un’occupazione abitativa in via Aosta, un’altra in via foggia e lo squat “la Miccia” sempre in via Foggia. Imponente la militarizzazione delle forze dell’ordine, che hanno chiuso l’isolato e deviato le corse dei mezzi di trasporto pubblico nelle vie limitrofe. Addirittura una linea era stata già deviata dalla sera prima per garantirsi agibilità al momento dell’operazione. Le occupazioni abitative di via Aosta e di via Foggia, davano casa a decine di famiglie, due recenti occupazioni che davano una soluzione a quanti devono far fronte al problema della casa.

Una ventina di persone sono state accompagnate in questura per essere identificate. Gli occupanti della “miccia” sono per ora trattenuti al commissariato di via Tirreno mentre gli occupanti dell’altra casa di via Foggia al commissariato di Porta Palazzo. Alcune fonti di informazione riferiscono che nei loro confronti scatterà una denuncia per invasione di edificio.

Continua così la politica di sgomberi da parte delle questure delle maggiori città italiane, una linea adottata ancora una volta per contrastare le crescenti occupazioni a scopo abitativo che si stanno dando all’interno delle metropoli. Una strategia attuata a livello nazionale dopo i recenti sgomberi dell’edificio di Tor Tre Teste a Roma che ospitava centinaia di famiglie.”

Vedi anche: “Roma. Cariche della polizia contro sgomberati di Tor Tre Teste”.

Immigrati, le vittime nascoste dell’austerità in Grecia.

“Into the Fire” è un documentario indipendente sulla situazione degli immigrati in Grecia, vittime di umiliazioni, soprusi e violenze da parte degli apparati dello Stato e dei neonazisti di Alba Dorata. Diffuso sul web lo scorso 21 Aprile, il documentario è stato finanziato tramite il metodo del crowd funding e tradotto in diverse lingue (per selezionare i sottotitoli cliccare sul simbolo corrispondente in basso a destra).

Chi semina vento raccoglie tempesta.

In questi ultimi giorni ho pensato parecchio a quanto accaduto Domenica a Roma, di fronte a Palazzo Chigi. Stavolta non si tratta del solito suicidio, che ormai non fa quasi più notizia, eppure la disperazione è la stessa che ha spinto finora parecchie persone senza prospettive ad ammazzarsi. Luigi Preiti aveva deciso, Domenica scorsa, di sparare ai politici proprio nel giorno del giuramento del nuovo governo: non riuscendoci, ha sparato a chi i politici li difende. Osservato con lucidità, si tratta di un gesto inutile, per il semplice fatto che ammazzare un rappresentante istituzionale non elimina le istituzioni stesse. Sembrerà strano, ma il mio desiderio è che gli squallidi personaggi che siedono nei palazzi del potere possano campare cent’anni e in salute, a patto che se ne vadano, che perdano potere e privilegi, a patto che nessuno accetti più le stronzate che escono dalle loro bocche e dalle loro penne come fossero perle di saggezza o anche solo pareri di esperti, a patto che nessuno prenda il loro posto. In alternativa, visto il perdurare dello stato di cose, uno finisce per odiare le singole persone oltre che il loro ruolo sociale. È comprensibile, dato che la disperazione non nasce dal nulla ed è logico anche alla luce delle dichiarazioni rilasciate dai vari potenziali bersagli di Prieti dopo l’accaduto. Uno di loro ha detto che “chi semina vento raccoglie tempesta”: vero, spero che costui si sia guardato dento nel pronunciare tali parole. La disperazione nasce non solo da una situazione di disagio economico e dalla mancanza di prospettive, ma anche e soprattutto dal fatto di sentirsi soli. Immagino persone che hanno perso il lavoro (che nella nostra società non è solo una fonte di sostentamento, ma addirittura un valore che ci inculcano fin da bambini, mischiato ad altro pattume vario fatto di patrie, gerarchie, istituzioni, obbedienze, rispetto delle leggi e coesioni in nome di qualcosa), vedono disgregarsi la propria famiglia (altro valore monolitico sul quale si regge il castello di ipocrisia nel quale viviamo), sono oberate dai debiti e magari non hanno nemmeno qualcuno con cui parlare dei propri problemi, delle proprie angosce. Eppure i disperati sono tanti, potrebbero unirsi per cercare soluzioni comuni a problemi comuni, sostenersi a vicenda, creare strutture e reti solidali attraverso le quali far fronte alle loro esigenze concrete, riconoscere l’uno il valore dell’altro a prescindere dalle funzioni sociali e da quello che ci dicono che dovremmo essere… Bei propositi, darei non so cosa per vederli applicati nella realtá quotidiana più di quanto non lo siano ora. Immagino però che quando si è davvero disperati sia difficile pensarla in questo modo, a forza di prendere calci in faccia dalla vita non si diventa persone “migliori”, più empatiche, disposte ad occuparsi costruttivamente dei problemi propri ed altrui. Magari un giorno si prende una pistola e si decide di usarla contro chi viene ritenuto causa di fondo dei propri problemi. Ai politici potranno aumentare la scorta, potranno mettere in giro più telecamere di quante già non ce ne siano, transennare e blindare luoghi ritenuti a rischio, schierare altri militari a difesa dei palazzi del potere, reprimere preventivamente ogni forma di dissenso, ma finchè il sistema economico, sociale e politico continuerà a fabbricare disperati, c’è chi non potrà dormire sonni tranquilli. Lo sanno bene quelli che fingono pubblicamente di sentirsi sollevati dal fatto che quello di Preiti sia stato un gesto isolato. I gesti solitari, isolati, senza speranza né costrutto dei disperati sono quelli che dovrebbero far più paura, soprattutto a chi sa bene cos’ha seminato e cosa, di conseguenza, prima o poi potrebbe trovarsi suo malgrado a dover raccogliere.