Settimana di azione della campagna “RYANAIR DON’T CARE”.

La campagna “Ryanair Don’t Care” ( “Ryanair se ne frega”)  invita ad una settimana internazionale di mobilitazione dal 12 Marzo 2012 contro lo sfruttamento del lavoro e la truffa della formazione lavorativa da parte della Ryanair. La campagna “Ryanair Don’t Care” è stata creata da John Foley dopo che sua figlia, accompagnatrice di volo presso la Ryanair, è stata repentinamente licenziata e lasciata in mezzo ad una strada in una città lontana da casa, senza un soldo in tasca. È grazie a questa campagna che i cinici metodi di sfruttamento e la truffa dell’apprendistato sono venuti pubblicamente alla luce.

 I/le potenziali dipendenti della compagnia aerea devono pagare una quota di 3000 € per i corsi di formazione organizzati dall’azienda. Subito dopo la fine dei corsi vengono licenziati 60 lavoratori/trici, dopodichè sono altre 200 persone a perdere il lavoro e nessuno di loro riceve denaro dall’azienda. Se si considera che attalmente sono in atto 11 corsi di formazione che termineranno a fine Marzo ci si può fare un’idea sulla quantità di denaro incassata dall’azienda. I giovani aspiranti dipendenti della Ryanair vengono formati in centri lontani dalle città di residenza anche per poter meglio esercitare su di loro pressioni psicologiche. Prima che la figlia di John Foley venisse licenziata un suo superiorele aveva consigliato di lasciare lei stessa il lavoro: in tal caso la ragazza avrebbe dovuto pagare 200 €, la somma che regolarmente sono tenuti a versare all’azienda i/le dipendenti che si licenziano. Quando lei ha chiesto un volo per poter tornare alla sua città di residenza ciò le è stato negato con la motivazione che chi non è più un dipendente non ha diritto a questo tipo di servizio.

Chi supera il periodo di formazione ha di fronte a sè 12 mesi di lavoro in prova con uno stipendio decisamente inferiore a quello di chi è assunto regolarmente e la differenza di stipendio, per un totale di 24 milioni di Euro, viene intascata dalla Ryanair. Lo stipendio mensile, tolti costi come quelli per l’abbigliamento da lavoro (25 €), può ridursi a circa 520 € mensili. Le condizioni di lavoro sono altrettanto cattive: si pretende che i/le lavoratori/trici prestino servizio senza stipendio per 11 ore settimanali in un aereoporto del loro Paese, mentre per le 8 ore settimanali in aereoporti stranieri si viene pagati 3 € netti all’ora, per il resto si viene pagati solo per le ore di volo effettive. Come racconta un dipendente Ryanair: “Vieni pagato solo per il tempo in cui ti trovi in volo. Non vengono pagati nè i 45 minuti di briefing prima della partenza dell’aereo, nè vieni pagato per il tempo che impiegano i passeggeri a salire a bordo”.

I massmedia britannici hanno iniziato a prestare crescente attenzione alla vicenda da quando John Foley ha inscenato alcune azioni spettacolari, ad esempio entrando in campo durante la partita di calcio Everton-Manchester City trasmessa dal vivo in televisione ed ammanettandosi al palo di una porta.

La campagna “Ryanair Don’t Care” invita a: sostenere la settimana di protesta dal 12 al 18 Marzo, organizzare presidi di protesta presso aereoporti, uffici e centri di formazione della Ryanair, inviare lettere, fax e e-mails alla Ryanair per protestare contro la truffa della formazione lavorativa.

Qui trovate il sito ufficiale (in lingua inglese) della campagna.

( Questo post è basato su informazioni tradotte e rielaborate dal sottoscritto, tratte originariamente da QUI).

Per quelli che vorrebbero che noi anarchici appartenessimo al passato.

Non ho visto il documentario della RAI del quale parla Michele Fabiani nel suo articolo pubblicato per Anarchaos, ma mi rendo ben conto di quale sia uno dei tipici approcci da parte dei nostri detrattori nel trattare con le nostre idee, le nostre pratiche, il nostro passato ed il nostro presente. Da un lato c’è chi ci diffama costruendo l’immagine distorta o spesso completamente inventata dei teppisti o dei terroristi che vogliono il caos e non hanno nulla da proporre: nel creare l’immagine degli “anarchici brutti e cattivi” si ha gioco facile, centinaia di anni di indottrinamento delle masse e pedissequi sforzi per tentare di imbottogliare in spazi sempre più angusti il libero pensiero individuale e la coscienza di classe degli sfruttati hanno dato i loro frutti. Dall’altro lato vi è la tendenza, da parte di alcuni falsi simpatizzanti dell’anarchia, a guardare alle nostre idee come se fossero qualcosa di “bello ma irrealizzabile”, il che è vero soprattutto per chi queste nostre idee non ha mai provato nemmeno per un momento a metterle in pratica o addirittura solo a considerarle come fattibili su un piano razionale e senza pregiudizi, ed a considerare il nostro passato storico come un cimelio dei tempi andati, buono per mausolei polverosi e album di vecchie foto sbiadite, e non come una realtà che continua nel presente e si affaccia al futuro. Non saprei dire quale di questi due approcci sia quello che mi irrita di più, ma forse la falsa accondiscendenza, l’atteggiamento di chi di fronte ti sorride e finge di capirti ma in realtà ti tratta come un idiota, un fenomeno da baraccone è addirittura peggiore di quello di chi ti attacca magari in modo vigliacco e sleale ma perlomeno senza nascondere di essere un tuo nemico. Una cosa comunque é certa: chi cerca gli anarchici e le anarchiche non li troverà nei libri di storia o nei documentari fatti da chi siede da troppo tempo e s´è perfino dimenticato di come si stia in piedi, ma nelle strade, nelle piazze, negli spazi occupati, nelle scuole libertarie, dietro le barricate; troverà le nostre idee in qualsiasi lotta contro dogmi, dominio, sfruttamento ed  ingiustizie, in qualsiasi battaglia e pratica emancipatoria dove i principi di autogestione, solidarietà, azione diretta ed antiautoritarismo vengono messi in pratica da persone che spesso non si dichiarano anarchiche e che addirittura nemmeno sanno esattamente in cosa consistano le idee anarchiche, ma che in effetti stanno realizzando quella che per alcuni è solo un’utopia del passato buona per telespettatori addomesticati.

Qui l’articolo di Michele Fabiani sul documentario della RAI “Quando l’anarchia verrà”.

NO TAV: blocchi, repressione e solidarietà senza confini.

Riporto i link ad alcune notizie trovate sul web sulle attività di lotta e resistenza NO TAV in corso in questi ultimi giorni giorni:

– Sullo sgombero violento dei blocchi stradali in Val Susa, durati due giorni e due notti: “Val Susa. Truppe in movimento” e “No Tav. Una lunga giornata di resistenza, tra botte, gas e insulti“;

Un’elenco incompleto di azioni e iniziative solidali da diverse parti d’Italia e d’Europa.

100 milioni di lavoratori/trici in sciopero in India.

Circa 100 milioni di lavoratori e lavoratrici hanno partecipato il 28 Febbraio in India a quello che può essere definito uno degli scioperi più grandi della storia. Oltre una dozzina di grosse federazioni sindacali e circa 5000 sindacati hanno aderito alle agitazioni, che hanno coinvolto principalmente lavoratori/trici di banche pubbliche, ferrovie, trasporti stradali, assicurazioni, porti, aereoporti, minatori carboniferi e settore energetico, ma hanno visto la partecipazione massiccia di altri settori tra i quali quello degli/lle insegnanti. Tra le richieste principali avanzate dai/lle lavoratori/trici in lotta e dalle diverse organizzazioni e federazioni sindacali vi sono: salario minimo garantito a livello nazionale, parità di diritti fra lavoratori assunti a tempo determinato e lavoratori con contratto a tempo determinato e assunzione definitiva dei lavoratori a tempo determinato, creazione di un fondo assicurativo nazionale, difesa dei diritti sindacali, adeguamento degli stipendi al costo della vita e blocco dell’aumento dei prezzi, lotta alla corruzione, aumento delle pensioni,  blocco della privatizzazione/svendita di settori pubblici. Il governo indiano ha bollato lo sciopero come un’errore e la camera associata del commercio e dell’industria indiana (Assocham) ha definito ingiustificabile l’astensione lavorativa, calcolando una perdita per l’economia nazionale pari a circa 20 milioni di dollari. A livello locale le autorità hanno preso contromisure per far sì che non venisse interrotto il “businnes as usual”, ad esempio nel Bengala occidentale sono stati messi in circolazione 1000 autobus statali, mentre a Kolkata il capo della polizia ha dispiegato 10mila agenti; a livello nazionale vi sono stati un centinaio di arresti a danno di attivisti che bloccavano il traffico stradale e ferroviario, oltre a diverse migliaia di altri arresti in diverse parti del Paese a danno di scioperanti . Lo sciopero è comunque stato un grande successo, almeno questa è l’impressione che si ha leggendo i commenti dei rappresentanti di alcune organizzazioni sindacali coinvolte: a Mumbai, capitale finanziaria dell’India, le banche sarrebbero rimaste tutte chiuse, a Nuova Delhi difficile trovare mezzi di trasporto pubblici in circolazione, così come a Karnataka, dove gran parte delle attività commerciali sono rimaste chiuse, mentre a Nagpur ,oltre a banche e trasporti, per la prima volta in tempi recenti hanno scioperato anche gli/le operai/e della fabbrica di armamenti pesanti “Ordnance Factory” di Ambhajhari.

Per approfondire vedi l’articolo in lingua inglese “India strike: A preliminary report- To Break their Haughty Power“.

PS: i massmedia del vostro Paese hanno dato il giusto risalto a questa notizia? Se la risposta è “no” dovreste riflettere sul perchè!